GIORNATA MONDIALE DEDICATA ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE (The day after)

GIORNATA MONDIALE DEDICATA ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE
(The day after)

Siamo all’indomani della “giornata mondiale dedicata alla violenza contro la donna” anche se per me non esiste soluzione di continuità in tal senso, un articolo “No alla violenza contro le donne”, pubblicato su “Memoria Condivisa” il 16/9/2015 e “postato”, l’avevo appunto scritto due mesi fa, come “L’origine del mondo” ispirato al famoso dipinto di Gustave Courbet esposto al Museo d’Orsay di Parigi (sebbene rimase nascosto nei magazzini per lungo tempo essendo considerato “osceno”).
“Fine della lezione”, che di seguito ripropongo, mi ha intrigato per il rispetto e al contempo la profonda venerazione verso la femmina. È duplice il messaggio. Dopo anni di amore clandestino è lui che decide di lasciarla “libera”, perdonatemi il termine, per consentirle di raggiungere l’obiettivo che lei, non più giovane, ha maturato, e darle la possibilità di coronare il nuovo sogno prima che il tempo la privi dell’arma per eccellenza del gentil sesso: L’essere attraente. E qui sta il sacrificio dell’uomo: pur consapevole di aver ascendente sulla partner rinuncia ad avvantaggiarsene, alla fine cede, sa che la sua aspirazione è “sensata”, sono queste le regole cui ci si deve prima o poi adeguare. Non gli resta che straziarsi della perdita “urlando” il proprio dolore..
A proposito di regole, l’impareggiabile poesia “Urlo” di Allen Ginsberg fu pubblicata in Italia nel 1965 ma negli USA uscì nel 1957 e subito ritirata “poiché conteneva riferimenti troppo espliciti a pratiche etero e omosessuali”. Seguì l’arresto e successivo processo, sia all’autore (un genio) sia alla casa editrice nella persona del proprietario, Lawrence Ferlinghetti, ottimo poeta e letterato (non era come Berlusconi che quando lo informarono dell’impennata di vendite della sua Mondadori per grazia ricevuta da un romanzo, “Il piccolo naviglio”, disse: “Tabucchi? E chi sarebbe costui?” senza alcun riferimento al “Carneade?” del manzoniano “I promessi sposi” che per lui altro non sono che le nipoti di Mubarak in viaggio di nozze a Dubai (con soldi suoi). Quindi tornando al lamento, se così vogliamo chiamarlo, di Pike Bishop, oltre al rispetto dell’amante per la legittima ambizione, che lui non poteva soddisfare, c’è pure una patologica venerazione, passione allo stato puro, del suo corpo, la carica erotica, l’intelligenza, il senso di libertà, proprio quell’amore che lo indurrà infine a sacrificarsi per lei. Credo sia superfluo aggiungere che il suo “stolta! Insensata! Ottusa!” o l’augurio di ritrovarsi nella “consuetudine” insieme a un mediocre in salopette sia lo sfogo della profonda ferita che lo dilania, la mancanza di cui soffre, la morte dell’anima.
Vi annoio ma sarà per l’ultima volta, oggi ho deciso di perdere un po’ di tempo, il mio sicuramente più prezioso di quello che inutilmente viene messo a disposizione dei molti la cui arguzia arriva fino a un: “…di uomini è pieno il mondo”.
Per quanto riguarda il dibattito, sempre e comunque proficuo qualora le opinioni siano costruttive, non dimentichiamoci che viviamo in un Paese dove il romanzo “L’amante di Lady Cahatterley” fu messo all’indice, per non parlare di “Histoire d’O” presentato nel 1954 dall’autrice francese Dominique Aury sotto lo pseudonimo di “Pauline Réage” che in Italia girò clandestinamente, con copertina gialla senza alcuna attribuzione (di queste credo di avere l’unica copia originale esistente essendo cresciuto in una famiglia “aperta” all’interno della quale la libera circolazione di idee, cultura, libri e attenzione all’evoluzione del pensiero erano, è il caso di dirlo, di casa); la scrittrice confessò solamente 40 anni dopo d’aver effettivamente scritto lei la storia, su insistenza del critico letterario nonché suo amante Jean Paulhan. Ma la tempesta si placò nel 1976 così Guido Crepax ne fece un fumetto d’autore formidabile con copertina argento edito dalla Olympia Press Italia. “Tropico del Cancro” e “Tropico del Capricorno” di Henry Miller fecero gridare allo scandalo. “Diario di un vecchio sporcaccione” del grande Henry Charles Bukowsky non ne parliamo proprio, e tanti tanti altri.
Il 5 febbraio 1960, terminata la proiezione in prima nazionale de “La dolce vita”, uno dei pilastri della cinematografia mondiale, all’uscita dal Capitol di Milano, Federico Fellini fu fermato da una signora che lo accusò di consegnare il Paese in mano ai bolscevichi e l’indomani il celebre regista ricevette in un solo giorno 400 telegrammi che lo accusavano di essere comunista, traditore ed ateo. Anche Marcello Mastroianni fu offeso pesantemente. Venne richiesta una verifica della pellicola “per motivi di ordine pubblico” ed essendo cominciata a circolare l’ipotesi del sequestro, già la mattina dopo nelle sale cinematografiche si formarono file lunghissime alla cassa. “Fascino del proibito” definirono questo afflusso, a mio parere siamo un popolo di ipocriti morbosi, soggiogati da secoli di clericalismo, gente che si masturba pensando a quello che vorrebbe fare, o gli fosse fatto, ma carenti di materia prima. Viviamo il sesso in un continuo “embargo” mentale. Con “Ultimo tango a Parigi” si raggiunse l’apoteosi. Il film causò in Italia un forte impatto alla moralità e decenza dei cittadini per le numerose sequenze di erotismo e in particolare per una scena di sodomizzazione nella quale il personaggio interpretato stupendamente da Marlon Brando penetra, dopo averle lubrificato il retto con del burro, la giovane ventenne espressa da una Maria Schneider eccezionale. Vennero subito censurati otto secondi nei quali l’attrice sembrerebbe aver raggiunto un vero orgasmo. La settimana seguente il film fu requisito per “esasperato pansessualismo fine a se stesso”. In seguito a questa e altre denunce, cominciò un iter giudiziario che approdò alla sentenza di “distruzione della pellicola”, si dovettero bruciare tutte le copie in circolazione. Era l’anno 1976, ovvero 376 anni dopo il rogo che in Campo de’ Fiori a Roma spense la vita del più grande filosofo dell’umanità: Giordano Bruno. Comunque c’è sempre qualche persona capace di pensare e dotata di lungimiranza per cui alcune copie furono salvate. Oggi si trovano presso la Cineteca Nazionale da conservare come “corpo del reato”. Per il regista ci fu una sentenza definitiva per offesa al comune senso del pudore, fu privato dei diritti politici per cinque anni e condannato a quattro mesi di detenzione.
Concludo nel sottolineare un aspetto del tutto trascurato, come sempre accade in questi casi, al fine di segnalarlo agli amici di buona volontà giunti fin qui invitandoli a dare un’occhiata al quadro del pittore toscano Fulvio Leoncini che ho accostato a “Fine della lezione”, presente nel mio blog www.icodicidimauro.com, sul diario e nel libro “Tracce nel deserto”. Non è che la mia scelta sia stata condizionata per attinenza dell’argomento trattato con il soggetto riprodotto, neppure per il fatto che faccia parte di una serie di raffigurazioni dal titolo “13 stazioni per Lady Chatterley“, percorso elaborato dall’artista nel 2012 e dedicato alla “passione”, ma semplicemente perché lo considero un’opera d’arte, il miraggio di un vero professionista, un capolavoro. Non aggiungo altro per quest’opera, lascio giudicare a voi, io non mi stanco mai di guardarlo, mi dà gioia, serenità, senso del bello, infonde calore, desiderio di estraniarsi da tutto e tutti, quiete, appagamento dei sensi. Non avendo l’originale mi dispiace solo di essere costretto ad ammirare la foto ma a pensarci bene anche questa situazione surrogata potrebbe essere un modo di masturbarsi il cervello.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Fulvio Leoncini – 13 stazioni per lady Chatterley – 2012 – Dedicato alla passione – Collezione privata – la medesima con la quale è stata proposta, sotto lo pseudonimo di Pike Bishop la poesia “Fine della lezione” proposta nella “Giornata mondiale dedicata alla violenza contro le donne”

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Fine della lezione

So che stai soffrendo
come un animale in calore.
Purtroppo non ci sono
a soddisfare i tuoi istinti,
la smania che ti assale
rimane inappagata.

E ti vai spegnendo.

Adesso non puoi dire
che il mio egoismo è senza limiti,
tanto da farti sentire uno zero,
avrei dovuto darti di più, queste le tue ultime parole,
altro ancora, ed erano solo inutili convenzioni,
nulla valevano ma tu non lo capivi.

Ora beneficia della tua ovvietà.

Nell’ultimo anno mi hai pressato,
non hai inteso, due come noi
sono senza alternative,
avresti dovuto pensare come un uomo,
prendere e gioire, dare e godere,
solo così avremmo sfidato il tempo.

E insieme… risultare vincitori.

Non sei riuscita, proprio non ce l’hai fatta
ad anteporre i sensi, la passione, la carne, gli umori
di cui restavamo impregnati, sudore, sperma,
liquidi escretori delle tue fertili mucose,
mi stringevi, con le unghie ti avvinghiavi a me,
perciò si aggiungeva sangue, e gradevole dolore.

Ma eri tu a mugolare di piacere.

Tutto qui! È semplice in fondo.
Stolta! Ma come puoi non aver inteso
che l’universo è questo,
il resto sono cantine ammuffite, strade senza sbocco,
lavori in corso, chiedere permesso, ricerca di un parcheggio,
falsi valori, passeggiate senza meta.

Se non hai una tua vita segreta.

Inviti a cena, convenevoli, raduni salottieri,
insopportabili opinioni, consuetudini, discussioni,
condivisioni, visite di cortesia, amici di facciata,
un caffè al bar, saluti stiracchiati, presenze fastidiose
mentre accanto si incrociano destini di altri…
alla disperata ricerca di amore.

Che noi avevamo… ora è dolore.

Non è possibile, né smetterò mai di domandarmelo,
eppure te l’avevo insegnato, spiegato bene,
avevamo compiuto il prodigio,
un caso su mille, diecimila… che dico? Unico.
Solo noi eravamo arrivati a destinazione,
la compiutezza, il gioco dei corpi, l’attrazione.

Ma ha vinto la necessità della finzione.

Ed io di questo godo, soffro da morire ma godo
della tua angoscia. Donna insensata!
Quante volte ho detto: “devi essere mia, come una schiava”,
quando lo sussurravo al tuo orecchio, te lo chiedevo
mentre ti ero dentro, nei tanti modi che da me hai imparato
e che volevi… “Sono tua, prendimi!” Rispondevi.

“Farò ciò che vuoi… ti scongiuro, amami per sempre!” Supplicavi.

Sempre! Avevamo resa autentica questa parola.
E dove lo trovo un altro come te! Piangevi…
A parte questo, nulla hai capito,
e ogni giorno che mi vorrai e non ci sarò
mentre davanti ai tuoi fornelli con un lui sereno
chinato sulla tavola a fare i conti, chissà perché

me lo immagino in salopette

per cattiveria sai, se non la indossa è nel cervello
che di sicuro ce l’ha. Allora mentre ti asciugherai
le mani, i piatti avrai lavato, getterai uno sguardo
furtivo al mio anello, ti tornerà alla mente l’attimo
in cui decidesti di pianificare la tua vita,
la paura dell’insicurezza che ora è terrore della ripetitività.

Difficile poter tornare indietro.

La vecchiaia… sei stata tu a richiamare la sua attenzione,
hai voluto sederti ad aspettarla, con me correvi, era lei disperata,
non ci raggiungeva, adesso piano piano ti si avvicina,
ogni giorno lascia il segno, ferite sul tuo corpo,
le ore passano in silenzio, la tua mente è svuotata,
hai già fatto la spesa, il momento del suo rientro si avvicina,

a questo pensi mentre sei in cucina.

Cerchi di scacciare il mio ricordo… ti dilania il pensare,
ritrovarsi il biglietto vincente della lotteria
e incassarlo a metà anziché spendere tutto
fino in fondo, all’avventura. Che follia è stata!
Ma il fondo mai l’avremmo toccato, e tu sai perché.
La nostra passione dilatava sempre i confini.

Ne scoprivamo di nuovi stando vicini.

E adesso che più non ti usi? Che manca il maestro?
I glutei andranno infiacchendosi, la pelle si indebolirà,
già avviliti sono i capezzoli, piangenti e nostalgici i seni perfetti.
E il clitoride rosa che feci risorgere? Era nascosto, umiliato.
Ricordi? Le piccole labbra… hai gemuto la prima volta,
poi mi chiedesti di succhiarle ancora, prenderle, viziarle…

…mi tenevi premuta la testa, pervasa dall’eternità.

Ma chi potrebbe mai sfiorarti le gambe come so fare io?
Lentamente arrivavo fino alle mutandine ma…
non andavo oltre, pregustavo ciò che sarebbe stato,
tornavo alle ginocchia, i polpacci, i piedi, tu fremevi,
e allargavi le cosce sempre più, seduta al mio fianco, in auto,
guidavo e ti toccavo, tornavo su, pizzicavo la parte più tenera…

il loro interno, in alto, vicinissimo alla vagina.

E lì avvertivo calore di femmina, plasmata
per me, compiuta, sentivo umido, caldo umido,
così abbiamo girato per motel e ristoranti
musei, chiese romaniche, barocche, ci sposavamo nelle sacrestie,
poi alberghi, birrerie, ogni sorta di pub, bar, spiagge di sera,
di giorno, scogliere protettive, cabine, e tu bruciavi…

a volte dicevi di accostare, subito… non potevi aspettare.

Non mi è possibile perdonarti, mai potrò farlo,
è come se tu avessi inferto uno squarcio all’Infinito
che avevamo raggiunto, toccato, in cui abitavamo.
Ricordi bene che sembrava un susseguirsi di dune
di sabbia finissima, il sole sempre basso, al nostro fianco,
e il mondo era solo una percezione lontana, ad occidente…

le nostre ombre unite, lunghe, guardavano l’oriente.

Anteporre la sicurezza, la stabilità, il timore
di un futuro incerto che neppure sai se arriverà,
cominciare a pensare a sistemarti, organizzarti!
Parole orribili, prive di libertà.
Dove? Con chi? Come? Per aspettare di morire?
E quando dovesse giungere quel momento?

Sai che cercherai la mia mano, annasperai, ed io… dove sarò?

Come hai fatto a non capire che stavamo
cogliendo il meglio di ciascuno di noi…
nascondendoci da tutto. Splendido! Assoluto!
ci incontravamo solo nel nostro reale vissuto
fossimo stati insieme, come due coniugi
o compagni, non avrebbe potuto durare…

Solo i clandestini arrivano alla meta senza smettere di amare.

Stolta! Ottusa! Te l’avevo detto
Di abbandonare la normalità
Ubbidire a me
passivamente, senza nulla pensare
se non a noi.
Ma la tua indole femminile… il timore,

ti hanno corrotta, ed io ho fallito.

Però… ho scoperto qual è la verità! Questa è l’ultima lezione.
Alla fine sta in un pensiero che a tutto sopravvive,
e accetta il passaggio offerto dalla prima foglia che s’invola,
da una brezza amica che si fa messaggera,
il riverbero di un raggio di sole distratto, il vento di scirocco,
un gabbiano che sconfina, il bagliore complice della luna

per giungere in tempo fino a te… e farti sentire la mia mano
che tiene stretta la tua.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Fulvio Leoncini – 13 stazioni per lady Chatterley – 2012 – Dedicato alla passione – Collezione privata – la medesima con la quale è stata proposta, sotto lo pseudonimo di Pike Bishop la poesia “Fine della lezione” proposta nella “Giornata mondiale dedicata alla violenza contro le donne”

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