ESTRATTO DA “IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI” di Mauro Giovanelli – Dal Cenozoico al Neozoico

ESTRATTO DA “IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI”
di Mauro Giovanelli

 dal Cenozoico al Neozoico

(Estratto da “Il leggio a nove posizioni” – Codice ISBN: 9788892306882 acquistabile on-line sul sito lafeltrinelli.it e presso le Librerie Feltrinelli di tutta Italia)

[…]
– Ok, va bene, adesso dimmi per favore a che intendevi riferirti.
– Nulla! Stavo considerando l’esatto momento in cui nacque quell’uomo, analizzare il prima e il dopo, ci deve essere un punto determinato, una faglia da cui far partire l’analisi. Ricordo i miei vecchi quando controllavano il guscio delle uova esaminandole traverso la lanterna. Se osservi con impegno, molta concentrazione, trovi sempre una piccola fessura che ti consenta di fare la tua scelta, decidere.
– Cioè?
– Gli esseri umani che l’hanno preceduto, le grandi civiltà sorte e scomparse, le loro leggi, gli Dei che hanno adorato e venerato, e questi duemila anni.
– Quindi?
– Cosa faceva il tuo Dio a quel tempo?
– Ascolta! Sono io che ho necessità di risposte, non tu! E la tua Dea?
[L’amico] rimane sorpreso da tale bestemmia.
– Lei è in equilibrio perfetto con tutto ciò che ti ho detto, e quanto sto per narrarti. Non ti permettere di nominarLa.
– Alla faccia! Allora che aspetti? Sputa il rospo!
– Te la senti?
– Avanti! Che avrei da perdere?
– Questo devi saperlo tu. La preistoria! Secondo una visione sufficientemente condivisa la preistoria ebbe inizio due milioni e mezzo di anni fa per arrivare al suo secondo periodo, la protostoria (9), diciamo intorno al diecimila a. C. Allora mi sorgono alcune domande. La prima è: quando fu l’uomo? Intendo dire l’essere la cui condizione nei confronti degli Dei oscilla tra la constatazione della sua mortalità e l’idea che possegga un elemento d’eccellenza che lo raffiguri a loro simile per la sua razionalità e la presenza di un elemento incorporeo, mente, anima, spirito che lo definiscano capace di elaborare concetti, operare scelte, indagare l’ignoto. Così, a spanne, possiamo dichiarare due milioni di anni fa? Un milione? Centomila? Diecimila prima di Cristo? La venuta di quell’uomo è ormai riferimento della storia.
– Diciamo diecimila.
– Mi sembrano pochi, come vedremo. Considera che il modello più accreditato dell’evoluzione umana, dopo i cinque, forse sei milioni di anni in cui ci siamo separati dagli scimpanzé…
– Ecco ciò che mi interessa! Quel preciso momento. Tu sai quale?
– Ci arriveremo, forse. Mi stavo riferendo agli ardipithecus, Kadabba, Ramidus, quel che vuoi, e gli australopithecus, anamemsis, afarensis, africanus, bosei. Lucy!10)
– Chi era?
– Lucy? Il suo nome in aramaico significa “tu sei meravigliosa”, chissà se ha amato, sofferto, pregato, sarebbe interessante saperlo, allora i tuoi diecimila anni diventerebbero tre milioni e mezzo circa. E non dobbiamo dimenticare i generi paranthropus, aethiopicus, robustus…
– Parlami di lei, Lucy.
– Non c’è molto da dire, non distrarti.
– Mi stavo domandando se fosse una “persona”.
– È proprio questo il punto, vedo che cominci a capire, seguimi! In particolare a partire da circa due milioni e mezzo di anni fa, un milione circa dopo la tua Lucy, hanno convissuto quasi contemporaneamente cinque “specie” di nostri antenati del genere “homo”.
– Ecce Homo!(11)
– Che hai detto?
– Ecco l’uomo!
– Accidenti se corri, potrebbe essere, perché no? È questa l’incognita che dobbiamo trovare.
– Non farci caso, pensavo a voce alta. Ti ascolto.
– Stavo dicendo che da circa due milioni e mezzo di anni il genere “homo” si differenzia dall’australopithecus. Cosa significa? Che in quel momento è appunto l’uomo, come tu hai detto. Mi spiego? E chi ci dice che non fosse anche prima, Lucy, Dinqinesh, “tu sei meravigliosa”? Le differenze tra questi e gli ominidi sono il cranio più o meno piatto, la lunghezza degli arti e il fatto che insieme ai miseri resti fossero stati rinvenuti moltissimi manufatti in pietra dalla fattura elementare, tra cui utensili, i chopper(12), tali da far presumere avessero requisiti “umani” secondo il nostro modo di considerare le cose, cioè acuminati, utili anche alla difesa. E se coloro che li hanno preceduti non avessero avuto la pur minima voglia di spaccare il cranio a qualcuno con un aggeggio dal bordo tagliente ma solo con la loro propria forza? Significa che non provavano dolore, passione, sentimenti? Non avessero un’anima?
– Adesso sei tu che corri.
– Non me ne sono accorto! Forse perché il tempo fluisce. Che dire dell’homo abilis, rudolfensis, ergaster, erectus, antecessor, in Asia, Europa, Africa, i così detti “cinque di Dmanisi”(13)? Possedevano caratteristiche tutte riconducibili ad un’unica specie tesa all’homo sapiens, neanderthalensis. “Se si potesse reincarnare un Neanderthal e porlo nella metropolitana di New York, opportunamente lavato, sbarbato e modernamente vestito, si dubita possa attrarre alcuna attenzione”(14). Io credo che succederebbe lo stesso pure per un Ardipithecus Kadabba, di questi tempi poi. Mi sono spiegato? Mi segui?
– Ho la sensazione che tu abbia poca stima di me. Eccome se ho compreso, solo non credo tu possa arrivare ad una conclusione
– Senti chi parla! E quale sarebbe la strada giusta?
– La fede!
– Allora nessun problema. Io ho fede, infatti non cerco risposte, so chi sono, cosa voglio.
– In tal caso perché sei qui? Io penso per qualcosa che non abbia alcunché a che fare con il viaggio nelle valli dal tardo cenozoico al neozoico.
– Facile ironia. Pur sempre c’era Dio in quei percorsi, o no? E se sì di che si occupava?
– Creava. E si rigenerava.
– Se lo dici tu! E loro, gli umani?
[L’amico] ha un attimo di esitazione, si porta un fazzoletto alla bocca, tossisce convulsamente.
– Scusa! Da qualche tempo ho conati di vomito, dolori al basso ventre, stavo parlando di quegli esseri, come devo chiamarli? Dopo l’homo neanderthalensis e l’homo sapiens possiamo ritenere, almeno da quel momento, che coltivassero un diverso senso della vita, delle cose, che potessero avere un’anima, e stiamo parlando di duecentomila anni fa quindi, ripeto, i tuoi diecimila sono niente.
– Cerchi l’Adamo biblico?
– Sei tu a invocarlo! Uno solo? Dieci, cento! Dio dov’era? E loro, gli spiriti di tutti quei defunti, i morti, ammazzati e non, chissà quanti delitti, lotte, battaglie, sopraffazioni, per una donna, una preda, il territorio, il rito. Un sacrificio di migliaia e migliaia di anni fa non è importante tanto per sapere a chi venisse offerta la vittima, ma perché. Immolare un capro, un vitello, un umano, fosse pure al Sole, la Luna, il buio della notte, il dolore di un figlio perduto, è significativo o no per dirci che comunque pregavano, credevano, pensavano? Tu come la vedi?
[Il compagno] è a disagio, non gli era mai capitato di riflettere in questi termini sul “prima” del mondo. [l’amico] coglie la sua titubanza.
– Tuttavia, tralasciando di ponderare sul destino moralmente infame riservato a costoro, poiché indegni di essere considerati individui, privi di anima, in questi ultimi diecimila anni cosa è accaduto?
– Non saprei.
– Te lo dico io! Inserendo anche le civiltà precolombiane, per uscire da una sorta di sciatto eurocentrismo, ci sono stati gli abitanti delle Americhe caratterizzati al nord da popolazioni la cui attività preminente era il nomadismo, che non consentì loro di raggiungere un grado intellettuale elevato, ammesso lo volessero, anche se la cultura Folsom(15) nel Wyoming, Colorado e limitrofe ci dice il contrario. Invece quelle stanziali concentrate soprattutto nella valle del Messico dove sorsero grandi insediamenti urbani raggiunsero di sicuro altissimi livelli di civilizzazione.
– Vediamo di stringere!
– È per palesare il loro essere stati umani,
[…]

Mauro Giovanelli – Genova
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Estratto da “Il leggio a nove posizioni” – Codice ISBN: 9788892306882 acquistabile on-line sul sito lafeltrinelli.it e presso le Librerie Feltrinelli di tutta Italia.

Immagine in evidenza: Copertina e quarta di copertina de “Il leggìo a nove posizioni”

(9) Il termine deriva dal greco πρῶτος (prôtos, «primo, iniziale») e ἱστορία (historía, «storia»), cioè quello, per quanto riguarda l’Europa, in linea di massima compreso tra l’età del bronzo (prima metà del IV millennio a. C.) e quella del ferro (che ha inizio nel Mediterraneo orientale attorno al XII secolo a. C.).

(10) In onore della canzone “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles, mentre in aramaico è nota come Dinqinesh, che significa “Tu sei meravigliosa”. Il suo nome in codice è A. L. 288.
(11) Ecce Homo (Giovanni 19, 5), espressione che significa letteralmente Ecco l’Uomo, è la frase che Ponzio Pilato, allora governatore romano della Giudea, ha rivolto ai Giudei nel momento in cui ha mostrato loro Gesù flagellato. Secondo quanto raccontato dai Vangeli, Gesù, al momento dell’arresto, viene ritenuto innocente dal Governatore, ma dato che i Giudei lo volevano giustiziare ugualmente, Pilato lo fece flagellare, credendo che questa pena potesse essere la massima che gli si potesse infliggere. Quando ebbero finito con tale punizione, Pilato ripropose ai Giudei il Cristo coperto di piaghe e ferite sanguinanti e disse “Ecce Homo” come per dire “Eccovi l’Uomo, vedete che l’ho punito?”. Ciò non fu però giudicato sufficiente, cosicché i sommi sacerdoti lo fecero crocifiggere.

(12) Con il termine “chopper” si intende anche un tipo di utensile usato dai primi ominidi tra la fine del Terziario e l’inizio del Quaternario. La prima specie del genere Homo in grado di fabbricare questi strumenti fu H. habilis, circa due milioni e mezzo di anni fa.

(13) Il sito definito “l’ombelico del mondo” del Pleistocene.

(14) William Straus, anatomista e paleontologo statunitense della Johns Hopkins University, noto per la correzione di errori ricostruttivi in paleontologia. Quarterly Review of Biology, vol. 32, pp. 348 – 63.

(15) Folsom (Folsom Tradition in inglese) è il nome con cui gli archeologi indicano una specifica cultura paleoamericana che occupò la parte centrale dell’America settentrionale. Il termine fu usato per la prima volte nel 1927 da Jesse Dade Figgins, il direttore del Colorado Museum of Natural History. Si pensa che questa cultura sostituì quella Clovis attorno al 9000-8000 a. C.

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I FAVOLOSI ANNI ’60 – LETTERATURA – DUE FOTOGRAFIE EMBLEMATICHE

I FAVOLOSI ANNI ’60 – LETTERATURA – DUE FOTOGRAFIE EMBLEMATICHE

A sinistra
Interno ristorante giapponese di San Francisco Kikkoman Shoyu. Sono presenti:
Allen Ginsberg, Peter e Julius Orlowsky, Donald Allen, Lawrence Ferlinghetti, Shig Murao, Bob Dylan (nato come Robert Allen Zimmerman; assunse il nome d’arte con cui lo conosciamo in onore del poeta inglese Dylan Thomas). Bob Dylan faceva inizialmente parte del più rivoluzionario gruppo di scrittori e poeti che si ricordino a memoria d’uomo per cultura, inventiva, rottura con la tradizione, idea di libertà, capacità letteraria, poetica cui le successive generazioni devono molto. Ovviamente tanti altri non sono presenti, non ultimi Henry Miller, Charles Bukowski (dissociato), Neal Cassady, William Seward Burroughs, Philip Whalen, Michael McClure, Gregory Corso e mi fermo qui poiché l’elenco sarebbe molto lungo.
Scoperta, importazione e valorizzazione della letteratura americana li dobbiamo al grande Cesare Pavese ed alla sua allieva, studiosa e intervistatrice degli autori oltre oceano, l’indimenticabile Fernanda Pivano.

A destra
Uscita da un locale pubblico al termine di un “reading” gremito di giornalisti e fotografi (oggi la gente neppure sa che significhi “lettura pubblica di brani poetici da parte degli autori”) ma, quel che è peggio, che senso possa avere parteciparvi.
Al manubrio Jack Kerouac parzialmente riconoscibile dai tratti del viso e il tipo di camicia che era solito portare all’epoca. La ragazza sul sellino posteriore un’ammiratrice. Allora usava così negli Stati Uniti… mentre in Italia ci si masturbava nei confessionali o negli ultimi posti dei cinema parrocchiali.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal Centro Culturale Tina Modotti Caracas – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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VENTO IDIOTA (IDIOT WIND) – SENZA PERDERE LA TENEREZZA Versione 2

VENTO IDIOTA (IDIOT WIND)
SENZA PERDERE LA TENEREZZA – Versione 2

Il Pontefice ha lasciato Cuba esortando il popolo, i governanti, e la Nazione tutta alla “rivoluzione della tenerezza”. Bella persona papa Francesco, da agnostico quale sono è la prima volta che provo emozione di fronte al capo della Chiesa Cattolica, e massimo rispetto: la borsa che si porta appresso un po’ logora, modesta, gonfia, la gestualità dell’uomo semplice, le scarpe nere “comode”, pianta larga e suola robusta, la papalina sempre in equilibrio precario che non sopporta. È una persona che “cade”, non teme di mostrare la sua vulnerabilità. Quando ha incespicato mentre saliva la scaletta dell’aereo mi ha strappato dalla mente la considerazione che in quell’istante non c’era alcun Simone di Cirene a raccogliere la croce, neppure una Veronica a detergergli con un panno di lino il volto sporco di sudore e sangue, che ha dentro di sé, nella sua solitudine. Lo vedo un uomo isolato nella battaglia che conduce per cercare di cambiare l’umanità. Si è alzato da solo, senza aiuto alcuno, con orgoglio, naturalezza e volontà incredibili. Soprattutto mi colpisce il suo sguardo sincero, aperto, con un’ombra di malinconia, sconforto, che ti dilania, penetra i tuoi dubbi, vorresti abbracciarlo, sento che ha necessità di aiuto, avverto che vive la sua fede con profonda convinzione, ma ho l’impressione che allo stesso tempo si renda conto quanto potrebbero essere vani l’impegno e la dedizione che profonde nella missione che gli è stata assegnata.
Il Vicario di Cristo si è poi recato negli USA presentandosi dinanzi al Congresso e successivamente al Palazzo dell’ONU, immagino portando alla Nazione più potente della Terra e a tutti i “governanti” lo stesso messaggio, il richiamo alla rivolta dell’amore.
Tenerezza! Deve essere una parola magica. Ha subito indirizzato il mio pensiero a una delle migliori e più complete biografie su Ernesto Che Guevara, giocatore di rugby, appassionato di scacchi, eccellente poeta, ottimo fotografo, medico competente specializzato in allergologia, appassionato lettore che passava con disinvoltura da Jack London, Jules Verne ed Emilio Salgari ai saggi di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung fino ai trattati filosofici di Bertrand Russell, sebbene l’esempio che lo attirasse di più fosse Mohandas Karamchand Gandhi conosciuto come il “Mahatma” ossia “Grande Anima”. Fu anche un provetto motociclista tanto che con la sua Norton, cui venne dato il soprannome di “La Poderosa II”, dopo la laurea viaggiò per tutto il Sudamerica, Bolivia, Ecuador, Panamá, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, El Salvador, Guatemala. A proposito della più importante guida spirituale dell’India, che teorizzava e praticava la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa fino a regalare l’indipendenza al suo Paese, Ernesto Guevara, dopo aver visto la povertà delle popolazioni che incontrava ed essere stato influenzato dalle letture sulle teorie marxiste, concluse che solo la rivoluzione avrebbe potuto risolvere le disuguaglianze sociali ed economiche dell’America Latina coltivando il sogno di vedere un giorno il Sudamerica come un’unica entità. Per arrivare a ciò riteneva quindi necessaria una strategia di ampio respiro che non poteva certamente identificarsi con la “non violenza”. Nell’itinerante momento della sua vita si fermò per prestare attività di volontariato presso il lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni. Quanti sono i legami che ci uniscono tutti! E lavoriamo solo per scioglierli. Basta una semplice parola, un gesto onorevole, per fare collegamenti impensabili, intessere una tela di bei gesti tutti mirati al bene comune, la fratellanza e la solidarietà… e l’amore. Almeno così capita a me. San Francesco! Che nel 1203/4, dopo la sua conversione maturata nel 1154 a seguito dell’esperienza della guerra fra Perugia guelfa e Assisi ghibellina, quest’ultima soccombente dopo la sconfitta nel 1202, e la conseguente prigionia, rimase sconvolto a tal punto da indurlo a un totale ripensamento della sua vita. Da lì iniziò un cammino di mutamento che col tempo lo portò “a vivere nella gioia di poter custodire Gesù Cristo nell’intimità del cuore”. Ciononostante pensò di partecipare alla Crociata, quindi provò a raggiungere a Lecce la corte di Gualtieri III di Brienne, per poi muovere con gli altri cavalieri alla volta di Gerusalemme. Partecipare come cavaliere a questa missione era a quel tempo considerato uno dei massimi onori per i cristiani d’Occidente. Tuttavia, giunto a Spoleto, si ammalò nuovamente ed ebbe un profondo ravvedimento. La malattia potrebbe essere stato un “segno” per far sì che non fossimo privati di questo santo? Il fatto è che Francesco rinunciò al proprio progetto e tornò ad Assisi. Da allora egli non fu più lo stesso uomo. Si ritirava molto spesso in luoghi solitari a pregare ed in lui germogliò un crescente senso di compassione, che gli ispiravano i deboli, i lebbrosi, i reietti, gli ammalati, gli emarginati che si sarebbe trasformato poi in una vera e propria “febbre d’amore” verso il prossimo. In questo senso, e non solo, uno degli uomini più “illuminati” della nostra epoca, Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore e regista, un genio della erudizione mondiale, che mai viene citato dai mass media o dalla TV ed è tenuto pure ai margini della cultura ufficiale, come non fosse esistito, diceva: “Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e in servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui”.
Sta di fatto che Francesco, amante di ogni forma di umiltà, si trasferì dopo pochi mesi presso il lebbrosario di Gubbio, intitolato a “san Lazzaro di Betania”, restando con i lebbrosi e servendoli con estrema cura. Dunque il “Che” nel lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni, san Francesco 750 anni prima a prestare la stessa opera in Toscana, Pasolini a percorrere negli anni ‘60 le polverose periferie di Roma nell’estenuante ricerca di un perché alle ingiustizie di questo Mondo. Ciascuno spinto dalla necessità di tenerezza.
A volte penso che sia tutto inutile e vengo assalito da una profonda afflizione. Mi domando se quanto viene detto negli incontri fra Capi di stato, dai “politicanti”, sui quotidiani o nei dibattiti televisivi, nelle omelie pronunciate nei funerali dei morti ammazzati per i motivi più abietti, seguiti da applausi al passaggio dei feretri, insomma questa marea di bla, bla, bla in fondo non siano altro che parole al vento, un vento idiota, “Idiot wind” come cantava Bob Dylan negli anni ’70, che lasciano il tempo che trovano. L’ultima strofa di questa poesia/canzone dice “…vento idiota che soffia tra i bottoni dei nostri cappotti, che soffia tra le lettere che abbiamo scritto, vento idiota che soffia tra la polvere sui nostri scaffali, siamo degli idioti, bambino, è un miracolo persino che riusciamo a nutrirci da soli”.
Il resto lo conosciamo tutti, o quasi, ma il punto è rispondere alla domanda che di certo vi state ponendo, cioè per quale motivo mi sono infilato in questo discorso. Perché sono convinto che il Santo Padre conosca la vita e le opere del grande talento italiano che trovò la morte nella notte tra il 1º e il 2 novembre 1975, ucciso in maniera brutale, percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, località del Comune di Roma, “crocifisso” da un balordo, uno dei tanti “ragazzi di vita” che voleva salvare. Credo che apprezzi anche il menestrello del Minnesota, il poeta del country e del rock, mica il Vicario di Cristo è uno che porta calzature di vernice rossa griffate Prada. Neppure ho dubbi che il papa non abbia letto la biografia sul braccio destro e consigliere di Fidel Castro, redatta da “Paco Ignacio Taibo II” e che consiglio pure a voi di dare un’occhiata. L’autore scrive: “Ernesto Che Guevara continuerà a farmi visita nei sogni, rimproverandomi come mai non sono in qualche parte del Mondo a costruire una scuola”. Il titolo del libro? Dimenticavo: “Senza perdere la tenerezza”.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “VENTO IDIOTA (IDIOT WIND) – SENZA PERDERE LA TENEREZZA – Versione 2” è stato pubblicato il 5 luglio 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it e inviato a Papa Francesco il 1° ottobre 2015.
Di seguito la sua risposta:

Egr Signore
Sig. Mauro Giovanelli
via______________
16129 GENOVA GE

La Segreteria di Stato porge distinti ossequi e, nel comunicare che quanto è stato inviato al Sommo Pontefice è regolarmente pervenuto a destinazione, esprime a Suo nome riconoscenza per il premuroso pensiero e Ne partecipa il benedicente saluto.

Ho riproposto questo pezzo per ringraziare Francesco della Sua attenzione. Allo stesso tempo mi pongo diverse domande ma, per non dilungarmi troppo, al momento desidero solo rendervene partecipi aggiungendo una riflessione: mi chiedo se in questo Paese il Pontefice non sia l’unica figura rassicurante. Sono certo di sì. I traumi che quotidianamente la politica ci impone diventano ogni volta più grevi. Altra considerazione, per quanto mi riguarda, è che nel quarantesimo anniversario della sua morte non credo ci sia miglior riconoscimento per il grande Pier Paolo Pasolini se non quello di essere entrato, pur nelle poche righe delle quali vi suggerisco la rilettura, all’interno della società occupando il posto che gli compete fra coloro che si sono spesi, e si prodigano tuttora, nella ricerca della tenerezza.

Mauro Giovanelli – Genova
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IL CERCHIO MAGICO

IL CERCHIO MAGICO

Quando in una oligarchia come l’attuale dove in Italia il potere è nelle mani di quello che Eugenio Scalfari definisce “cerchio magico”, mentre il sottoscritto battezza “cricca infame”, costituito da una decina di persone che, sotto la direzione della guida scout Renzi Matteo & corifei, Elena Boschi in testa, ne determina la strategia politica ed economica a favore del “capitale”, tutti gli intellettuali, così la cultura, la conoscenza e l’informazione, diventano corpi estranei alla stregua di inclusioni sane all’interno di un organismo che vuole essere malato. La crisi di rigetto è quindi inevitabile.
E quando le decisioni a livello mondiale vengono prese da un gruppo di 130 individui, le maggiori personalità nel campo economico, politico e bancario che ogni dodici mesi si riuniscono in hotel o resort di lusso in varie parti del mondo, e i nomi dei partecipanti sono resi pubblici attraverso la stampa ma la conferenza avviene a “porte chiuse”, impedito l’ingresso al pubblico, persino ai parenti, tanto meno ai mass media, allora qualcosa non quadra. Qui e in questo modo vengono disegnate le strategie da adottare sui temi globali, economici e politici del Pianeta. È il “Gruppo Bilderberg”, il nome deriva dal luogo dove si tenne la prima conferenza, appunto all’Hotel de Bilderberg, a Oosterbeek (Paesi Bassi) nel 1954. Da sottolineare che si diede inizio a questa “tradizione” quando furono passati nove anni dalla fine della seconda guerra mondiale, sei dalle elezioni del 18 aprile 1948 che segnò uno straordinario successo della Democrazia cristiana a scapito delle sinistre ma ad un solo anno dalle votazioni del 7 giugno 1953 (quelle passate alla storia per la degasperiana “legge truffa” elettorale, che scatenò in Parlamento un’autentica battaglia tra i due fronti politici) dove la DC perse due milioni di voti. Tutto dovette ricominciare da capo essendo vanificato il faticosissimo percorso fino a lì compiuto al fine di tenere le sinistre lontane dal Governo. Ecco che il “Gruppo Bilderberg” scese in campo.
Quando ti accorgi che i giornalisti, così come i direttori dei TG o i conduttori di talk show sono diventati servi del regime essendosi trasformati in parroci di campagna che alle lamentazioni dei cittadini rispondono con notizie monche, se non rassicuranti del buon operato del Governo che alla lunga… e ti danno da recitare due Ave Maria e quattro Pater Nostro per penitenza così da guadagnarti una vita migliore nell’aldilà.
E quando ti accorgi che sono finiti i tempi in cui i professionisti dell’informazione erano i guardiani del Governo anziché alleati dei parlamentari, quando sui quotidiani trovavano spazio giuristi e storici di valore come Arturo Carlo Jemolo che su “La Stampa” del 2 giugno 1974 aveva scritto: “L’aria pareva più pura, persino la natura più bella; quanta fiducia nelle persone, quanta speranza che fosse sorta l’era degli uomini di buona volontà, disinteressati, senza ambizioni, per cui gli alti uffici fossero soltanto un dovere e una missione […] Fu lo spazio d’un mattino”. Quando c’erano penne affilate come scimitarre arabe del calibro di Indro Montanelli, Mario Melloni detto Fortebraccio, Giorgio Bocca, Giuseppe D’Avanzo, e tanti altri che sull’Espresso prima maniera non ne lasciavano passare una al politico di turno o al cardinale andato fuori dalle sue competenze, come Franco Cordero, giurista e scrittore italiano. Famoso rimase il suo articolo del 1° febbraio 1970 “L’inferno siete voi” in risposta al cardinale Carlo Colombo che gli inviò una melliflua lettera contestandogli la scelta, in qualità di professore di filosofia del diritto all’Università Cattolica, del libro di testo “Gli osservanti”.
E quando dobbiamo constatare che gli appartenenti al “cerchio magico” sono persone di basso profilo morale, infimo livello di competenza e professionalità, oserei dire anche di scarsa intelligenza, allora significa che il peggio deve purtroppo ancora arrivare. Emblematico a questo proposito l’inopportuno attacco di Renzi contro la sinistra inglese: “Jeremy Corbyn? è una ricetta per la sconfitta elettorale, ai laburisti piace perdere”, spiegava lunedì scorso (21/9/15) in direzione Pd il premier, che non si accontenta più di strigliare la minoranza del suo partito, ma espande i suoi orizzonti da Londra ad Atene. “Anche sto Varoufakis se lo semo tolti. Chi di scissioni ferisce, di elezioni perisce” è stata l’elegante dichiarazione della guida scout tanto per lanciare un subliminale “consiglio” alla sua minoranza. Abbiamo un Presidente del Consiglio, non eletto, di sinistra (?), cui dispiace quando perdono le destre. E considerando che per il famoso “aplomb” degli inglesi il laburista neppure l’ha degnato di considerazione, come merita, il più sanguigno Yanis Varoufakis (stessa faccia ma, in questo caso, non proprio stessa razza) replica mettendolo al tappeto: “Sotto un’estrema costrizione da parte dei leader europei, tra cui anche il signor Renzi che ha rifiutato di discutere ragionevolmente le stesse proposte della Grecia, il mio primo ministro, Alexis Tsipras, è stato sottoposto il 12 e 13 luglio a un bullismo insopportabile, a un ricatto nudo, a pressioni disumane”. L’ex Ministro greco dell’economia incalza “il premier italiano ha svolto un ruolo centrale nell’aiutare la rottura di Alexis, con la sua tattica del poliziotto buono, sulla base dell’assunto «se non cedi, essi ti distruggeranno»”. Avete inteso? Abbiamo anche un coraggioso alla guida della Penisola, un uomo di carattere, un cavaliere senza macchia e senza paura, un eroe insomma, di quelli che decantava l’Ariosto. E poi la stoccata finale: “Signor Renzi, ho un messaggio per te: puoi gioire tanto quanto ti pare per il fatto che io non sia più ministro delle finanze o deputato. Ma non ti sei sbarazzato di me, io sono vivo e vegeto politicamente, e come persona in Italia mi riconoscono quando cammino per le strade del vostro bel Paese. Ciò di cui vi siete sbarazzati partecipando a quel colpo vile contro Alexis Tsipras è la democrazia greca“. E forse anche della nostra, aggiungo io.
Quando viviamo in una società dove la gran parte della popolazione del pianeta, il 98%, è stanca di stare ad osservare quel 2% che sta rapinando le risorse a disposizione e che da solo detiene più della metà della ricchezza della Terra (World Institute for Development Economics Research delle Nazioni Unite con sede a Helsinki – n.d.a.) non c’è posto per gli intellettuali.
Allora lunghi funerali lentamente, senza tamburi sfilano, né musica dentro l’anima. Vinta, la Speranza piange, e l’atroce angoscia sui nostri crani pianta, dèspota, i suoi vessilli neri.”(*)

Mauro Giovanelli – Genova
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(*) CHARLES BAUDELAIRE (libera interpretazione)

SENZA PERDERE LA TENEREZZA (Versione 1)

SENZA PERDERE LA TENEREZZA (Versione 1)

Oggi (22/9/2015) il Pontefice lascia Cuba e invita alla “rivoluzione della tenerezza”. Adesso è in volo verso gli USA, immagino per recare alla Nazione più potente della Terra lo stesso messaggio.
Grande persona papa Francesco, il suo richiamo alla rivolta dell’amore mi ha subito riportato a una delle migliori e più complete biografie su Ernesto Che Guevara, giocatore di rugby, appassionato di scacchi, eccellente poeta, ottimo fotografo, medico competente specializzato in allergologia, provetto motociclista tanto che con la sua Norton Modello 18 di 500 cc del 1939, cui venne dato il soprannome di “La Poderosa II”, dopo la laurea viaggiò per tutto il Sudamerica, Bolivia, Ecuador, Panamá, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, El Salvador, Guatemala. In questo itinerante momento della sua vita si fermò per prestare attività di volontariato presso il lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni.
Il “Che” era pure un appassionato lettore e passava con disinvoltura da Jack London, Jules Verne ed Emilio Salgari ai saggi di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung fino ai trattati filosofici di Bertrand Russell, sebbene l’esempio che lo attirava di più fosse Mohandas Karamchand Gandhi conosciuto come il “Mahatma” ossia “Grande Anima”. A proposito della più importante guida spirituale dell’India, che teorizzava e praticava la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa fino a regalare l’indipendenza al suo Paese, Ernesto Guevara, dopo aver visto la povertà delle popolazioni che incontrava ed essere stato influenzato dalle letture sulle teorie marxiste, concluse che solo la rivoluzione avrebbe potuto risolvere le disuguaglianze sociali ed economiche dell’America Latina coltivando il sogno di vedere un giorno il Sudamerica come un’unica entità. Per arrivare a ciò riteneva quindi necessaria una strategia di grande respiro che non poteva certamente identificarsi con la “non violenza”.
Il resto lo conosciamo tutti, o quasi, ma il punto è rispondere alla domanda che di certo vi state ponendo, cioè per quale motivo mi sono infilato in questo discorso. Perché sono convinto che il Santo Padre abbia letto la biografia sul braccio destro e consigliere di Fidel Castro, redatta da “Paco Ignacio Taibo II” e che consiglio pure a voi di dare un’occhiata. L’autore scrive “Ernesto Che Guevara continuerà a farmi visita nei sogni, rimproverandomi come mai non sono in qualche parte del Mondo a costruire una scuola”. Il titolo del libro? Dimenticavo: “Senza perdere la tenerezza”.

Mauro Giovanelli – Genova
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SIAMO UOMINI E CAPORALI? Ovvero: CAPI DI GOVERNO O GUIDE SCOUT – PARTE II

SIAMO UOMINI E CAPORALI? Ovvero: CAPI DI GOVERNO O GUIDE SCOUT – PARTE II

Tsipras, Primo Ministro greco eletto dal popolo, aveva indetto un referendum per ascoltare la voce dei cittadini circa il destino della nazione a seguito dei vincoli imposti dall’Unione Europea. Successivamente, stretto dalla morsa dei Poteri Forti che tengono sotto scacco l’intero Continente, con interessi trasversali che si intersecano con quelli delle grandi Potenze Mondiali, non ha potuto onorare il programma che si era dato, tanto meno dar seguito al responso emerso dalla consultazione popolare. Di conseguenza a fine agosto scorso annunciò le dimissioni per verificare, attraverso votazioni anticipate, se ancora legittimamente titolato a ricevere un nuovo incarico.
A spoglio avvenuto il premier uscente risulta vincitore delle elezioni e oggi, 21 settembre 2015, Alexis Tsipras presta giuramento tornando quindi alla guida della Grecia. Dopo la netta affermazione comunica che già stasera potrebbe designare il nuovo Governo.
Il nostro Presidente del Consiglio Renzi Matteo, non eletto, da oltre due anni continua imperterrito la sua corsa a colpi di fiducia, con un Governo di nominati e, aggrappandosi a destra e manca (manca nel senso che di sinistra non c’è alcunché), vorrebbe perfino toccare la Costituzione.
Il grande Totò diceva “Siamo uomini o caporali?” Caporali, caro principe Antonio Griffo Focas De Curtis di Bisanzio, caporali purtroppo e… guide scout.

Mauro Giovanelli – Genova
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NO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

NO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Adesso sto per dire una cosa banale, così scontata da meravigliarmi di scriverla, davvero stupida, di basso livello, quasi fossi uno scolaretto che fa il suo primo tema, ma.. tu maschio, come puoi usare violenza alla forma animale più bella e amabile che ci sia a questo Mondo, appagante, che attira solo carezze, baci, forse qualche piccolo morso come si fa con i neonati, ti dà l’unico motivo per cui esisti, ed esisti in quanto vieni da lei ed in lei vieni, versi il tuo seme dentro quel corpo tornito, morbido, bello, da sfiorare appena per paura di farle male, e lei ti regala la continuità di una tua parte, maschio, che nutre con lo stesso seno da cui attingi piacere, godimento, amore, senso di appartenenza, gioia di esserci… tu maschio conti nulla, non credere alle tante corbellerie che migliaia di anni fa si sono trasmessi i popoli nomadi quando sostavano nei caravanserragli e decidevano intorno al fuoco le leggi da applicare.
Quelli hanno reso soccombente la parte debole, indifesa, dotata di muscoli usi solo ad offrire soavità.
Per questo tu, maschio, puoi cadere nella vigliaccheria, ti credi destinato a chissà che, sei nulla senza lei.
Ritorni fango nel momento stesso in cui solo puoi pensare di far male a quella creatura divina, in qualunque modo si voglia interpretare questa parola.
Sei tu maschio la parte derivata. Non dimenticarlo, è lei l’integrale che risolve l’equazione della vita.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web – Jean Désiré Gustave Courbet, “Il sonno”

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ISTINTO GLOBALE

ISTINTO GLOBALE

Anthony Hopkins è magistrale nell’interpretare la parte del naturalista Ethan Powell, in attesa di giudizio fra le mura di un ospedale psichiatrico. L’accusa è omicidio. Il silenzio in cui si è rinchiuso viene penetrato dal dott. Theo Caulder (Cuba Gooding Jr.), determinato e competente psichiatra che più si addentra nella mente dello scienziato più questi si insinua nella sua, finché nell’orrore che ha travolto l’uomo vedrà riflesse le ambizioni che insegue, specchio di un mondo bestiale, il nostro. Chi non avesse visto “Istinto primordiale”, pellicola di Jon Turteltaub, è meglio corra subito ai ripari.
Il film, comunica allo spettatore una sorta di percorso inverso. Infatti non è l’antropologo ad aver commesso il reato, al contrario sono i cacciatori di frodo che, insinuatisi nel branco di gorilla dove lo studioso si era inserito, ne fanno una carneficina. Gli assassini sono loro. Uccidendo un paio di queste canaglie per fermarle, Ethan Powell ha difeso il territorio, la sua famiglia, ha fatto giustizia. In un dialogo tra i due protagonisti si coglie la vera essenza del messaggio che si vuol dare, in particolare quando lo scienziato racconta al medico l’esperienza vissuta nella giungla con i primati. “…Avevo perfino bisogno di loro” gli dice “ad un tratto, senza preavviso, accadde, non mi sentivo più un intruso, per la prima volta ero nel gruppo, lì nel cuore di quella foresta, lontano da tutto ciò che conosci, che ti è stato insegnato a scuola, dai libri o dalle canzoni, dalla poesia… trovi la pace, l’affinità, l’armonia, finanche la sicurezza”. “C’era violenza?” domanda lo psicoterapeuta affascinato da quella storia. “No! C’erano… segnali. Mi avvicinai a un cucciolo, intervenne la madre, dovetti allontanarmi ma… quando capì, fu lei a portarmelo. Era una brava madre e una valida maestra, il piccolo era sempre protetto, disciplinato, seguito, sempre accarezzato, al sicuro, vegliavamo su di lui, come il vecchio capobranco vigilava su tutti noi, anche su di me. È sorprendente la sensazione di essere protetto, nel suo sguardo ho scoperto più che semplice sorveglianza… c’erano tolleranza, accettazione.”
Segnali al posto della violenza, protezione anziché abbandono, il capobranco che controlla. È la società dei gorilla descritta da Dian Fossey, la zoologa statunitense mancata il 26 dicembre 1985 dopo un vita dedicata e trascorsa fra questi animali.
Con tutto il compatimento che mi ha provocato l’espressione smarrita di Dell’Utri, seduto all’ultimo posto di un volo di linea, destinazione carcere, dico che mi ha fatto riflettere l’annuncio che sarà portato all’ospedale della casa di pena per essere “monitorato”. È giustissimo che ci si preoccupi della sua salute, come di chiunque altro, e sacrosanto preservare la dignità dell’uomo. Però mi domando… Federico Aldrovandi? Studente ferrarese di 18 anni perito il 25 Settembre 2005 per “anossia posturale” causata dal caricamento sulla schiena di uno o più poliziotti durante l’immobilizzazione. Stefano Cucchi, 31 anni? Deceduto il 22 ottobre 2009 nel reparto detentivo dell’Ospedale “Sandro Pertini” di Roma a seguito di un “fermo”? Riccardo Boccaletti, 38 anni? Dopo il suo ingresso in prigione per reati legati alla droga non gli furono forniti gli interventi specialistici che il grave e disperato quadro clinico avrebbe richiesto, morì il 24 luglio 2007 nel penitenziario di Velletri. E Riccardo Rasman, 34 anni? Giulio Comuzzi, 24? Manuel Eliantonio, 22? E tanti, tanti altri. In questi casi il capobranco dove era? Nella pellicola il gorilla anziano perde la vita nel tentativo di salvare Ethan Powell. Voi avete la sensazione “sorprendente”, come dice lo scienziato del film, di essere protetti dai capibranco che ci ritroviamo? I nostri strapagati ministri e parlamentari, tanto per capirci, quelli che ci riempiono di F24 per comprare F35, invadono le nostre abitazioni di cartelle esattoriali, logorano i cittadini con “accertamenti”, avvisi, intimazioni, perfino “istruzioni”. Per non parlare degli esosi super manager statali e parastatali nostrani. Vi trasmettono forse tranquillità, tolleranza, accettazione? Vi fanno sentire a casa vostra? E i grandi Economisti a capo dei colossi della finanza internazionale? I Banchieri? Vi infondono senso di appoggio? Pensate stiano spremendosi il cervello per noi, voi, la comunità?
A proposito, lo sapevate che oggi al mondo ci sono meno di mille gorilla di montagna? Affermazione sconvolgente ma vera. Pensate un po’ che i bracconieri uccidono questi “animali” anche per tagliar loro le mani allo scopo di farne posacenere da tavolo, per gli arredi di cui ci circondiamo, gli uffici in generale, molto richiesti dal mercato, anche questo nostro, globale intendo.

Mauro Giovanelli – Genova
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Jean Paul Charles Aymard Sartre

Jean Paul Charles Aymard Sartre

“I comunisti sono colpevoli perché hanno torto nella loro maniera d’aver ragione, e ci rendono colpevoli, perché hanno ragione nella loro maniera d’aver torto”

Commento:
Così Sartre sintetizzò nel 1952 la condizione di squilibrio tra l’ideale e la feroce dittatura di Iosif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin (acciaio), che rese il termine “comunista” una parola impronunciabile. Nel 1940, precisamente il 21 agosto, il feroce dittatore riuscì finalmente a far assassinare da un sicario il suo peggior rivale Lev Trozkij che si trovava in esilio a Coyoacán, delegazione di Città del Messico. Il sogno di Marx ed Engels su un affrancamento dell’umanità dal “bisogno” e il conseguimento del “socialismo reale” crollò definitivamente.

Mauro Giovanelli – Genova
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