OMAGGIO ALL’AMICO DI SEMPRE E ARTISTA GENOVESE ENRICO BAFICO

OMAGGIO ALL’AMICO DI SEMPRE E ARTISTA GENOVESE ENRICO BAFICO

Nasce da famiglia genovese (originaria di Santa Margherita Ligure) nel tragico settembre del 1943 a Borgo San Dalmazzo (CN). Conseguita la maturità classica, negli anni ’60 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza sollecitato dal genitore avvocato ma abbandona i corsi per seguire le lezioni di Arte presso l’Accademia Ligustica di Genova sotto la direzione di Guido Zanoletti e Rocco Borella. Contemporaneamente approfondisce anche gli studi di filosofia per laurearsi alla facoltà di Genova presentando una tesi in Estetica. La formazione classica e gli argomenti da lui trattati saranno fondamentali per la sua produzione artistica. Nel 1968 si interessa al futurismo.
Nel 1971 si reca a Carrara dove apprende i rudimenti della tecnica della scultura in marmo. Nel 1975 viene selezionato per la Quadriennale di Roma dove fu esposta una sua opera di tendenza concettuale dal titolo “Crittogramma simultaneo”. Sempre nell’ambito dell’arte concettuale compie poi un’altra incursione facendo eseguire un buco conico da parte a parte su quattro volumi impilati della storia dell’arte di G. C. Argan dal titolo “Per andare dove dobbiamo andare”. Tale opera è stata realizzata con il contributo dell’Officina Navale Zamponi di Genova utilizzando un potente alesatore. Opera rimasta confusa tra i suoi libri per quarant’anni che adesso ripropone, il titolo è preso in prestito dal noto film “Totò Peppino e la Malafemmina”. Si guadagna da vivere nelle arti applicate alla pubblicità e nel 1984 realizza per la “Società del Grés” di Bergamo l’opera “La città in Grès” consistente in un plastico a pianta di poligono irregolare del diametro di circa tre metri sul quale costruisce una città ideale dell’Italia medioevale dei Comuni. A tal fine vengono impiegati nei vari colori tutti i materiali prodotti dall’azienda con la possibilità di smontarli e riassemblarli ad uso dei vari stand fieristici del settore. La realizzazione è stata esposta per la prima volta alla fiera del “Riabitat” di Genova. Di quegli anni rimangono il bronzo “Profiteroles” e “La maschera trifacciale dell’uomo che ride” e il “Soffio”. Dal 1985 in poi si dedica pressoché esclusivamente alla pittura ad olio in continua esplorazione dello spazio metafisico.
I soggetti del suo immaginario pittorico sono pervasi da enormi cachi, signori al biliardo rigorosamente attrezzati di guanti gialli, più spettatori che competitori, kellerine in divisa con grembiule e crestina, gnomi, cani, visioni oniriche della Genova ottocentesca, navi infinite dalle innumerevoli ciminiere che cariche di enigmi cercano di invadere lo spazio circostante solcando il mare sul filo ambiguo che separa ciò che è impresso sulla tela e lo spettatore. Nei suoi dipinti tutto è pervaso da un grande silenzio, da una quiete che si percepisce solo apparente poiché ogni particolare è pronto, si potrebbe quasi dire sta all’erta, per cercare di attenuare un eventuale risvolto tragico che incombe su tutto il paesaggio. Nella sua pittura è costantemente presente un aspetto di amara ironia che trasforma il tutto nella partita conclusiva del giocatore scanzonato e compulsivo inevitabilmente destinato a perdere. Si prova la sensazione che ogni oggetto potrebbe dissolversi da un momento all’altro come la nuvola di fumo dell’ultima sigaretta.
Il dipinto presente alla biennale di Venezia del 2011 dal titolo attesa o il nostro biliardo, scelto dall’amico, filosofo e germanista Anacleto Verrecchia, è particolarmente significativo di questo suo messaggio pittorico poiché per uscire da una mentalità culturalmente arretrata nella continua e ossessiva ricerca del “nuovo” ad ogni costo, Enrico propone il porto e la lanterna della sua amata Genova. Occorre aggiungere che nelle sue opere ci sono quasi sempre un interno e un esterno a stabilire un confine tra il finito e l’infinito, la permanenza e il transitorio riconducibili alla vita e alla morte. Significativa e emblematica della natura dell’artista la cura del dettaglio che sta a dimostrare il suo mancato definitivo “distacco” dall’infanzia, unico periodo della vita dove ogni particolare assume l’importanza sconfinata di un mondo ancora vergine e tutto da esplorare. Anche nei ritratti che gli vengono commissionati i protagonisti sono donne e uomini in attesa di qualcosa di indefinibile, immobili come cristalli e immersi nel costante ripasso di un intimo monologo interiore. Essi comunicano solo la loro fragile umanità soverchiata dal destino che incombe. I cani e i vari frutti inseriti in ogni dipinto pare invece siano “umani” al punto di interagire con l’osservatore rivitalizzando in parte lo scenario complessivo. Addirittura le sue navi infinite pare siano masse organiche in movimento che cercano di sfondare la tela per scompigliare tutto il gioco di incastri del dipinto.
Per chi non conoscesse a fondo il percorso artistico di Enrico Bafico, solo in un ritratto sono stati assegnati al modello un corpo e una mente che invadono il perimetro di gioco esterno dove il suo sguardo scruta minuziosamente sia lo spettatore che tutto l’al di là del dipinto. Quest’opera, intitolata “Mauro Giovanelli e l’amicizia vissuta dall’infanzia”, è importante per delineare il carattere dell’artista che nel rappresentare colui che lo riconduce totalmente nel suo universo infantile, nel suo habitat, lo invita ad abbandonare inconsapevolmente il suo apparente cinismo.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Enrico Bafico – “Mauro Giovanelli e l’amicizia vissuta nei luoghi della nostra infanzia”, olio su tela, cm. 75 x 100, 2010 e Enrico Bafico ci osserva attraverso la sua “prova d’artista” – Montaggio eseguito dall’Autore

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Nota dell’artista:

Vorrei chiarire, per chi lo volesse, circa l’utilizzo del famoso non-sense tratto dal film “Totò Peppino e la malafemmina”. Ho ritenuto di poterlo adottare non fosse altro per i tre anni di militare a Cuneo che toccarono a papà.
“Per andare dove dobbiamo andare…” dà titolo ad una mia opera cartacea recante un buco tronco-conico praticato su libri che trattano di saperi e modi umani. Se bucare il “sapere” può sembrare impertinenza è al contrario un atto di fiducia verso il progredire della conoscenza. Negare, affermando, è un ossimoro concettuale contro il prevalere della certezza sul dubbio.
In quanto a me sto andando dove devo andare con il mio vissuto ed i miei ossi…mori.
Con spirito libero e lieve.

Enrico Bafico

Genova, 13 febbraio 2016                                                       

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SE SÌ VERSIONE II (cercando di sgombrare il campo circa l’equivoco sulla posizione di Renzi Matteo quale Presidente del Consiglio)

DOPO LUNGO CONFRONTO QUESTA VERSIONE COMPLETATA DOVREBBE METTERE UN PUNTO FERMO ALL’ANOMALA POSIZIONE DI RENZI QUALE ATTUALE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E SULLE DUBBIE DECISIONI ASSUNTE IN TAL SENSO DA NAPOLITANO DURANTE IL SUO MANDATO.

SE SÌ VERSIONE II
(cercando di sgombrare il campo circa l’equivoco sulla posizione di Renzi Matteo quale Presidente del Consiglio)

Ecco come Jean Paul Sartre, nel 1952, sintetizzava dal punto di vista esistenziale la condizione di squilibrio tra la feroce dittatura di Stalin (non dimentichiamo che costui rese il termine “comunista” una parola impronunciabile) che nel 1940 riuscì finalmente a far assassinare il suo peggior rivale Lev Trockij facendo crollare definitivamente il sogno di Marx ed Engels su un affrancamento dell’umanità dal “bisogno” e il conseguimento del “socialismo reale”:
I comunisti sono colpevoli perché hanno torto nella loro maniera d’aver ragione, e ci rendono colpevoli, perché hanno ragione nella loro maniera d’aver torto”.
La citazione potrebbe non dire alcunché su quanto segue al contrario qualcuno, chissà, magari sarebbe in grado di trovarla attinente. Andiamo al nocciolo della questione e mettiamola così:
“E’ corretto dire che secondo la Costituzione Titolo III articoli 92 e seguenti il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio, ecc. ecc.” Questo è vero.
Se sì…
– Posso affermare che è altrettanto corretto dire che dopo l’ultimo Presidente del Consiglio nominato dal Presidente della Repubblica a seguito di regolari elezioni (Berlusconi, dimissionario dal 2011) i tre successivi (Letta, Monti, Renzi) sono stati scelti dal medesimo Presidente della Repubblica senza disporre di alcuna indicazione di voto?
Qui mi devo soffermare per una’importante precisazione che a prima vista potrebbe sembrare attenuante invece, osservandola al microscopio polarizzato, a me pare un’aggravante non da poco.
È vero che dopo il catastrofico Monti (voluto da chi? La scusa si conosce: “per salvare l’Italia”. Da che cosa?) ci furono le elezioni del 2013 “vinte” dal PD di Bersani per un pelo di acaro avendo il M5S, rivelatasi seconda forza politica nazionale, scompigliato equilibri risalenti al Triassico Medio. Venne comunque conferito al buon Pier Luigi l’incarico di formare il Governo (diciamolo pure, non è un fulmine di guerra, omologato come tanti altri, e la sua campagna elettorale affidata interamente alla tintoria sotto casa per “smacchiare” il giaguaro fu disastrosa, e pure leggermente patetica, come quella della “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria). Il filosofo uscito dalla Università di Bologna Alma mater non riuscì a far capire a Beppe Grillo la “critica della ragion pura” di Immanuel Kant quindi dovette ritirarsi con “summo gaudio” di tutti i suoi colleghi di Partito (valli a capire questi). E cosa fa il capo dello Stato? Si inventa Letta (nipote), mica l’ultimo arrivato, uno sveglio al punto che, stranamente, riesce a fare il miracolo (sarà l’ultimo): formare il Governo. In tutto il suo mandato tre sono state le invenzioni di Enrico: “Non sono Babbo natale”, “Non ho la bacchetta magica” e, micidiale, “Mica ci ho scritto ‘Jo Condor’ in fronte”. Un inciso: In Spagna (Repubblica unitaria, Monarchia costituzionale, Sistema parlamentare) nella attuale situazione post recenti elezioni è stato dato tempo ai partiti di trovare un accordo di governo entro il prossimo 2 maggio. Se per tale data non ci sarà un Presidente, saranno convocate nuove elezioni già fissate per il 26 giugno. Perché Napolitano non ha fatto altrettanto? Già dopo Berlusconi, ma pure con il fallimento Bersani, e anche dopo il soporifero Letta (nipote).
Se sì…
– Posso asserire che, essendo la nostra una Repubblica Parlamentare e non Presidenziale, dopo il primo evidente errore di valutazione da parte di Napolitano sulla scelta effettuata (voluto o no?) con Monti, ed il secondo sbaglio con Enrico Letta, alla terza “distrazione” con Renzi Matteo l’Italia è da cinque anni nelle mani delle (dubbie?) decisioni del Capo dello Stato a parte le elezioni del 2013?
Se sì…
– È giusto porsi la domanda del perché, almeno dopo Letta, egli non abbia sciolto le Camere e chiamati i cittadini alle urne?
Se sì…
È esatto dichiarare che in questo lustro il Popolo Italiano non ha più avuto modo di decidere da quale partito o coalizione di maggioranza relativa statuita a seguito di regolari elezioni Napolitano avrebbe dovuto “estrarre” il nome cui assegnare l’incarico di formare il Governo? In questo caso il suffragio del 2013 non ha peso.
Se sì…
È esatto dire che Renzi Matteo è al Governo per decisione del Capo dello Stato (cui gli è consentito farlo) ma non su indicazione della volontà dei cittadini?
Se sì…
E tenendo conto che mai nella storia della Repubblica si è verificata una situazione così palesemente contraria ai princìpi di una Repubblica Parlamentare…
È regolare dire che Renzi Matteo governa legalmente ma non legittimamente? Ossia svolge quell’incarico senza che gli sia stato assegnato dal Popolo sovrano?
Se sì…
Ho finito, grazie. Anzi no, neppure si potrebbe parafrasare Jean Paul Sartre “Renzi (e Napolitano) sono colpevoli perché hanno torto nella loro maniera d’aver ragione, e ci rendono colpevoli, perché hanno ragione nella loro maniera d’aver torto” che sarebbe un po’ come dare un colpo al cerchio e uno alla botte per il semplice fatto che abbiamo una legge elettorale dichiarata incostituzionale da tempo per cui “Renzi (e Napolitano) sono colpevoli”. Punto

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web – Montaggio eseguito dall’Autore

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IMPUTATI E VITTIME ITALIANI (Assolvere chi porta voti, dimenticare gli altri ? Del tipo: “chi c’è, c’è, chi non c’è non c’è ?)

IMPUTATI E VITTIME ITALIANI
(Assolvere chi porta voti, dimenticare gli altri ? Del tipo: “chi c’è, c’è, chi non c’è non c’è ?)

Personalmente dei quattro tecnici italiani dipendenti della società di costruzioni Bonatti rapiti in Libia lo scorso luglio ne sento parlare, con dovizia di particolari, solo adesso. Ed erano vittime innocenti di cui due hanno perso la vita. Dei marò, che comunque devono rispondere, piaccia o meno e fino a prova contraria, dell’uccisione di due persone che hanno lasciato vedove e orfani, c’è stato un vero e proprio assalto alla baionetta da parte dei “media”, a cronista alterno, con ritmo quotidiano, senza soluzione di continuità. Perché? Mi sfugge qualcosa?
Mauro Giovanelli – Genova

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web. Montaggio eseguito dall’Autore.

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UN POMERIGGIO PROSSIMO ALLA PRIMAVERA

UN POMERIGGIO PROSSIMO ALLA PRIMAVERA

Per il resto della giornata
ho pensato a Lucrezia.
Che emozione!
All’istante ti ho vista cresciuta,
l’attimo successivo,
così come sempre accade,
nel senso che in un lampo
sei balzata nella fase in cui
cerchi ancora di restare bambina,
senza più convinzione.
Percepisci qualcosa di te allontanarsi,
avverti che il primo stadio del modulo
si è sganciato,
ha adempiuto la funzione
di vincere la gravità e,
come da programma,
la navicella prosegue il viaggio
con strumenti utili ad esplorare
altre visioni.
Sei più incuriosita che contenta,
riflessiva,
anche un po’ malinconica,
per nulla impaurita,
cautamente entusiasta.
Ho captato e registrato
diversi segnali
da te emessi tutti in una volta.
Nessun capriccio
per guardare i cartoni animati,
forse l’avevi chiesto anzitempo
nel tentativo di tornare indietro,
poi, insieme, con calma,
ci siamo gustati il gelato,
abbiamo parlato, scherzato,
in modo sereno, intelligente,
hai sostenuto complice il mio sguardo.
Può essere che
dicembre prossimo
fingerai di credere ancora
a Babbo Natale,
più per noi e la sorellina Angelica
che per te,
ma il successivo non potrai farlo,
l’adolescenza ti aspetta.
Oggi 4 marzo 2016
senza che ti venisse richiesto
hai detto:
“nonno, ti voglio bene”.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza scattata dall’Autore da un Ghat di Varanasi (Benares) India – Alba sul Gange

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SE SÌ (cercando di sgombrare il campo circa l’equivoco sulla posizione di Renzi Matteo quale Presidente del Consiglio)

SE SÌ
(cercando di sgombrare il campo circa l’equivoco sulla posizione di Renzi Matteo quale Presidente del Consiglio)

Ecco come Jean Paul Sartre, nel 1952, sintetizzava dal punto di vista esistenziale la condizione di squilibrio tra la feroce dittatura di Stalin (non dimentichiamo che costui rese il termine “comunista” una parola impronunciabile) che nel 1940 riuscì finalmente a far assassinare il suo peggior rivale Lev Trockij facendo crollare definitivamente il sogno di Marx ed Engels su un affrancamento dell’umanità dal “bisogno” e il conseguimento del “socialismo reale”:
“I comunisti sono colpevoli perché hanno torto nella loro maniera d’aver ragione, e ci rendono colpevoli, perché hanno ragione nella loro maniera d’aver torto”.
La citazione potrebbe non dire alcunché su quanto segue al contrario qualcuno, chissà, magari sarebbe in grado di trovarla attinente. Andiamo al nocciolo della questione e mettiamola così:
“E’ corretto dire che secondo la Costituzione Titolo III articoli 92 e seguenti il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio, ecc. ecc.” Questo è vero.
Se sì…
– Posso affermare che è altrettanto corretto dire che dopo l’ultimo Presidente del Consiglio nominato dal Presidente della Repubblica a seguito di regolari elezioni (Berlusconi, dimissionario dal 2011) i tre successivi (Letta, Monti, Renzi) sono stati scelti dal medesimo Presidente della Repubblica senza disporre di alcuna indicazione di voto?
Qui mi devo soffermare per una’importante precisazione che a prima vista potrebbe sembrare attenuante invece, osservandola al microscopio polarizzato, a me pare un’aggravante non da poco.
È vero che dopo il catastrofico Monti (voluto da chi? La scusa si conosce: “per salvare l’Italia”. Da che cosa?) ci furono le elezioni del 2013 “vinte” dal PD di Bersani per un pelo di acaro avendo il M5S, rivelatasi seconda forza politica nazionale, scompigliato equilibri risalenti al Triassico Medio. Venne comunque conferito al buon Pier Luigi l’incarico di formare il Governo (diciamolo pure, non è un fulmine di guerra, omologato come tanti altri, e la sua campagna elettorale affidata interamente alla tintoria sotto casa per “smacchiare” il giaguaro fu disastrosa, e pure leggermente patetica, come quella della “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria). Il filosofo uscito dalla Università di Bologna Alma mater non riuscì a far capire a Beppe Grillo la “critica della ragion pura” di Immanuel Kant quindi dovette ritirarsi con “summo gaudio” di tutti i suoi colleghi di Partito (valli a capire questi). E cosa fa il capo dello Stato? Si inventa Letta (nipote), mica l’ultimo arrivato, uno sveglio al punto che, stranamente, riesce a fare il miracolo (sarà l’ultimo): formare il Governo. In tutto il suo mandato tre sono state le invenzioni di Enrico: “Non sono Babbo natale”, “Non ho la bacchetta magica” e, micidiale, “Mica ci ho scritto ‘Jo Condor’ in fronte”. Un inciso: In Spagna (Repubblica unitaria, Monarchia costituzionale, Sistema parlamentare) nella attuale situazione post recenti elezioni è stato dato tempo ai partiti di trovare un accordo di governo entro il prossimo 2 maggio. Se per tale data non ci sarà un Presidente, saranno convocate nuove elezioni già fissate per il 26 giugno. Perché Napolitano non ha fatto altrettanto? Già dopo Berlusconi, ma pure con il fallimento Bersani, e anche dopo il soporifero Letta (nipote).
Se sì…
– Posso asserire che, essendo la nostra una Repubblica Parlamentare e non Presidenziale, dopo il primo evidente errore di valutazione da parte di Napolitano sulla scelta effettuata (voluto o no?) con Monti, ed il secondo sbaglio con Enrico Letta, alla terza “distrazione” con Renzi Matteo l’Italia è da cinque anni nelle mani delle (dubbie?) decisioni del Capo dello Stato a parte le elezioni del 2013?
Se sì…
– È giusto porsi la domanda del perché, almeno dopo Letta, egli non abbia sciolto le Camere e chiamati i cittadini alle urne?
Se sì…
È esatto dichiarare che in questo lustro il Popolo Italiano non ha più avuto modo di decidere da quale partito o coalizione di maggioranza relativa statuita a seguito di regolari elezioni Napolitano avrebbe dovuto “estrarre” il nome cui assegnare l’incarico di formare il Governo? In questo caso il suffragio del 2013 non ha peso.
Se sì…
È esatto dire che Renzi Matteo è al Governo per decisione del Capo dello Stato (cui gli è consentito farlo) ma non su indicazione della volontà dei cittadini?
Se sì…
E tenendo conto che mai nella storia della Repubblica si è verificata una situazione così palesemente contraria ai princìpi di una Repubblica Parlamentare…
È regolare dire che Renzi Matteo governa legalmente ma non legittimamente? Ossia svolge quell’incarico senza che gli sia stato assegnato dal Popolo sovrano?
Se sì…
Ho finito, grazie. Anzi no, si fottano (con gentilezza ovvio) tutti quelli che difendono questa anomala e ridicola commedia se non fosse tragica. E non mi piace Renzi, neppure Alfano e Verdini e la combriccola che sta esercitando illegittimamente il potere esecutivo. Cazzo!

Mauro Giovanelli – Genova
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BANALI RIFLESSIONI IN ORDINE SPARSO

BANALI RIFLESSIONI IN ORDINE SPARSO

A proposito di “migranti”
I cadaveri ritornano sempre a galla proprio dove ininterrottamente stanno i pochi potenti e potentati che con la loro politica e concezione di vita in società sono causa di morte e distruzione.

A proposito di Salvini e Trump
Gli uomini che usano il “riporto” non si accettano per quello che sono essendo coscienti della loro miseria intellettuale. Infatti pure Salvini appartiene a questa tribù solo che lui il “riporto” se l’è fatto fare sotto la scatola cranica.

A proposito del Bene e il Male e altre discordanze.
Senza contrapposti non ci sono punti di riferimento per definire alcunché.
Cit. – “…Dunque tu chi sei?”
– “Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene”
Goethe, Faust

A proposito dell’ amico e artista e Fulvio Leoncini
Caro amico, scrivi e dipingi per cortesia e quando ti sarai stancato, assalito da una leggera malinconia, allora cambia, dipingi e scrivi, e nel momento in cui si farà più forte il disagio, che so magari per un altro pensare, più vigoroso, intenso, ritorna a fare ciò in cui ti eri impegnato prima: scrivi e dipingi.

Mauro Giovanelli – Genova
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COMMENTO SU PASOLINI – “La ricotta”

COMMENTO SU PASOLINI – “La ricotta”

Questa pellicola, “La ricotta”, fu sequestrata per vilipendio alla religione di Stato. Soltanto nel 1964 la Corte d’Appello di Roma assolverà il regista che rilascerà poco dopo un’intervista di cui si riporta uno stralcio (dal post Facebook della cara amica Selvaggia Rodriguez, 4 marzo 2016):

“- Cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?
– Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.
– Che cosa ne pensa della società italiana?
– Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa.
– Che cosa ne pensa della morte?
– Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione.”
Pier Paolo Pasolini, “La ricotta”, 1963

Commento:

La Chiesa cattolica, 1963… quando nel resto del mondo occidentale, appena usciti da un reading, o subito dopo aver visto “Gioventù bruciata”, in Italia falsificando la carta d’identità per entrare al cinema perché vietato ai minori (ma questo era prima, nel ’55), o “Easy Rider” e qui saltiamo al ’69, seguito da “Fragole e sangue” del ’70, o tornando al ’61 con “Splendore nell’erba”, stesse acrobazie per vederli, non ne ho perso uno, ricordo a memoria, giuro, la poesia di William Wordsworth “… Ma se la radiosa luce che una volta, tanto brillava negli sguardi è tolta, se niente può far che si rinnovi all’erba il suo splendore e che riviva il fiore, della sorte funesta non ci dorrem, ma ancor più saldo in petto godrem di quel che resta…” che alla fine viene recitata in classe, fra le lacrime, dalla bellissima Natalie Wood. E naturalmente le pellicole di Pasolini, dal celeberrimo “Accattone” del ’61 a “Salò o le 120 giornate di Sodoma” del 1975 e “Porno-Teo-Kolossal”, incompiuto a causa della sua morte. Fece capolino postumo nel ’76 ma tutto era già cambiato da quasi un lustro. Lui fu il Maestro, ci accompagnò lungo tutto il tragitto tenendoci per mano, con le sue poesie, il pensiero, la narrativa, teatro, saggi, dialoghi. Precettore di vita e di contemplazione del divino che c’è in noi.
Stavo dicendo… la Chiesa cattolica, 1963, e la censura, il bigottismo, ipocrisia, puritanesimo. Però si rubava l’amore e lo si faceva coricati su sellino e serbatoio della moto, per la strada, in un angolo buio, solo qualche fioco riflesso dell’unico lampione aggrinfiato al muro, tipo quelli dei caruggi di Genova, sufficiente per vedere i corpi sudati, esattamente come piaceva a me… o nella mitica “Fiat 500”, che non era quella di adesso, una scatoletta di sardine, ma quante posizioni per prenderci l’un l’altra, leccarci, stringere e godere. Al confronto il Kamasutra è un corso di catechismo…
E adesso scomunicatemi, cazzo!

Mauro Giovanelli – Genova
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Il commento su Pasolini “LA RICOTTA” è stato pubblicata il 05 marzo 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it di “Memoria Condivisa”.

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COMMENTO SU PASOLINI – L’ultima generazione

COMMENTO SU PASOLINI – L’ultima generazione

“Per questo provoco i giovani: essi sono presumibilmente l’ultima generazione che vede degli operai e dei contadini: la prossima generazione non vedrà intorno a sé che l’entropia borghese.”
PIER PAOLO PASOLINI

Commento:

Cazzo!!! Scusatemi, mi è scappato, ma… qui ci troviamo di fronte a qualcuno che non poteva essere racchiuso entro i confini dei nostri limiti, dell’umanità intendo, neppure sarebbe stato possibile imprigionarlo in una lampada anche se i differenti autori che dal X secolo hanno composto la famosa fiaba potrebbero essersi ispirati ad un uomo fuori da ogni regola così detta razionale… Pasolini era un corpo estraneo, la società ne soffriva, provava dolore, sofferenza, pativa in continuazione di crisi di rigetto fino a quando non decise di disfarsene rivolgendosi a chirurghi esperti, autentici professionisti del bisturi. Quasi sarebbero da comprendere, nel profondo significato cristiano: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

Mauro Giovanelli – Genova
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COMMENTO SU PASOLINI – Senza più alcun segno

COMMENTO SU PASOLINI
Senza più alcun segno

“Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone. Poiché erano esclusi da tutto nessuno li aveva colonizzati. Io ho paura di questi negri in rivolta, uguali al padrone, altrettanti predoni, che vogliono tutto a qualunque costo. Questa cupa ostinazione alla violenza totale non lascia più vedere di che segno sei”.
( Pier Paolo Pasolini, ultima intervista a Furio Colombo, 1 novembre, 1975 ).

Commento:

“La semplicità è una complessità risolta” (Costantin Brancusi – scultore rumeno). Qui si evince il senso di libertà intellettuale e morale cui Pasolini era legato, una immensa malinconia che di giorno in giorno si stratificava nella sua mente perché il domani si sarebbe presentato di un dx (infinitesimo) diverso dal giorno prima, una sommatoria, addizioni su addizioni di frazioni del tempo, fino a raggiungere l’integrale, l’entalpia, l’area, la superficie ordinata, senza alcun segno, preconfezionata dal Potere affinché la conflittualità del diseredato non mirasse più ad abbattere il “padrone” per ottenere giustizia bensì tendesse ad attribuirsi la medesima collocazione sociale al fine di diventare essa stessa demonio.

Mauro Giovanelli – Genova
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COMMENTO SU PASOLINI – Entropia

COMMENTO SU PASOLINI

“Chi è nato in questa entropia, non può in nessun modo, metafisicamente, esserne fuori. È finita.”
Pier Paolo Pasolini

Commento:

Come tutti sappiamo l’entropia viene interpretata come una misura del disordine presente in un sistema fisico qualsiasi incluso l’Universo. È un termine scientifico che non credo Pasolini abbia usato a caso. Infatti, per ricondurre il dibattito alla frase del poeta, che non escludo fosse rivolta a studenti in materie tecniche e appartenenti a famiglie umili, a mio modesto parere intendeva dire, in un linguaggio a loro comprensibile, che quella generazione di giovani sarebbe stata l’ultima a vedere operai e contadini aggregati e ben riconosciuti nella classe di appartenenza. Successivamente sarebbe seguito uno sconvolgimento (disordine) voluto, oserei dire studiato a tavolino dalle “caste” (di questo potremmo parlare in altra sede) che in quel contesto lui definì “borghesi” il cui termine individua sì nella sua più ampia accezione l’uomo amante del vivere quieto e ordinato, legato al proprio benessere materiale a lui sufficiente, e perciò conservatore, che per il “proletario” rivoluzionario rappresenta invece già una sorta di “padrone”, uno o due gradini sopra la sua condizione.
Pasolini si esprimeva anche in relazione alla scolarizzazione dell’interlocutore cui rivolgeva il suo messaggio. Mica era uno sprovveduto.

Mauro Giovanelli – Genova
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