CHECK-IN

CHECK-IN

Veniamo tutti alla luce
muniti di carta d’imbarco
per un volo destinazione ignota.
La fila in direzione del banco “check-in”,
lunghissima, chiassosa, caotica, spesso violenta,
senza sosta si esaurisce ed autoalimenta.
Non è consentito alcun bagaglio a mano
e tutto quanto appresso ci portiamo,
oggetti personali compresi,
al momento del controllo ultimo
dovrà essere depositato
sul nastro trasportatore che
in una stiva infernale si inabissa.
Oscuro il motivo per cui,
incessantemente,
alcuni superano la coda
ed altri retrocedono
ma è solo questione di frazioni del tempo.
Infatti di tale discriminazione
nessuno mai si lamenta.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Renato Guttuso – La capanna del silenzio – Olio su tela – Dimensioni cm 634×480

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ANÀMNEṠİ

ANÀMNEṠİ

Sono inebriato di silenzi,
lacerano la mente,
s’involano nel passato,
rifuggono il presente.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Immagini in evidenza: Tavole XXII e XXIII dell’opera unica di FULVIO LEONCINI dal titolo “DI SOLE OMBRE” – Tomo dimensioni cm. 35 x 27

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TU UOMO VIOLENTO…

TU UOMO VIOLENTO…

Qualcosa di banale sto per scrivere,
così scontata da rimanerne io stesso stupito,
davvero insensata, di basso livello,
quasi fossi uno scolaretto
che fa il suo primo tema,
magari li avessi tutti conservati, ma…
Tu maschio! Come puoi usare violenza
alla forma animale più bella e amabile
che sia stata donata all’Universo,
appagante, richiama solo carezze, baci,
forse qualche tenero morso
come si fa con i neonati,
ti offre l’unico motivo per cui esisti,
ed esisti in quanto vieni da lei
ed in lei vieni,
versi il tuo seme nel suo corpo tornito,
morbido, incantevole,
da sfiorare appena per paura di farle male,
ed il cambio non è alla pari
poiché ella elargisce persistenza di una tua parte,
che nutre con lo stesso seno da cui attingi piacere,
godimento, amore, senso di appartenenza,
gioia di esserci…
Tu, uomo, conti nulla,
non credere ai tanti spropositi
che millenni fa i popoli nomadi si sono tramandati,
quando sostavano nei caravanserragli
e decidevano intorno al fuoco le leggi da applicare.
Quelli hanno reso soccombente la parte debole, indifesa,
dotata di muscoli usi ad offrire soavità.
Per questo puoi precipitare nella codardìa,
ignoranza, viltà, presunta ultraterrena egemonia.
Ti credi eletto a chissà che,
sei nulla senza lei.
Ritorni fango nel momento stesso in cui
puoi solo pensare di far male alla creatura divina,
in qualunque modo si desideri interpretare tale parola.
Sei tu maschio la parte derivata.
Non dimenticarlo!
È lei l’integrale che…
Risolve l’equazione della vita.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Fulvio Leoncini artista toscano – 13 stazioni per Lady Cahatterley – cm. 30 x 30 – tecnica mista Immagine in evidenza ricavata dal web

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Charles Bukowski – La tragedia delle foglie

La tragedia delle foglie

Mi destai alla siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c’era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d’un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all’antica, un burlone capace di scherzare
sull’assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l’uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all’inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell’affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt’e due.

Charles Bukowski

Mauro Giovanelli – Genova
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Roque Dalton (1935 – 1975)

QUANDO SAPRAI CHE SONO MORTO

Quando saprai che sono morto
non pronunciare il mio nome
perché si fermerebbero
la morte e il riposo.
Quando saprai che sono morto di
sillabe strane.
Pronuncia fiore, ape,
lacrima, pane, tempesta.
Non lasciare che le tue labbra trovino le mie dieci lettere.
Ho sonno, ho amato, ho
raggiunto il silenzio.

Roque Dalton
(1935 – 1975)

Mauro Giovanelli – Genova
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BANCA ETRURIA E SPAZZATURA A ROMA

BANCA ETRURIA E SPAZZATURA A ROMA

AD OGNI AZIONE CORRISPONDE UNA REAZIONE DISUGUALE, PRETESTUOSA E NON AFFERENTE ovvero AD OGNI “SOSPETTO” DI INTERESSI PERSONALI DELLA FAMIGLIA BOSCHI CON BANCA “ETRURIA” CORRISPONDE LA “SPAZZATURA” DI ROMA… E GIORNALISTI, CONDUTTORI TV, OPINIONISTI VARI NON SONO IN GRADO DI DISCERNERE.

Mauro Giovanelli – Genova
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IDONEA DESTINAZIONE

IDONEA DESTINAZIONE

Le gambe della donna
mai dovrebbero scendere gradini,
qualche volta salirli,
due, tre al massimo
e solo quando indossa la gonna.

Non sono state concepite
per lo sforzo, lavoro pesante,
attraversare sentieri tortuosi,
strade infangate, pericolose,
essere sottoposte a grandi fatiche.

Secondo il mio modo di vedere
dovrebbero stare accoccolate
su un comodo divano o,
quando restano sedute,
con spigliatezza accavallate.

Come manager in carriera, nell’esporre
le opportune direttive ai collaboratori,
neppure troppo ferme, in piedi,
tanto meno in piazza sul palco, se idealista,
tesa ad imporre la propria opinione.

Pertanto la donna mai dovrebbe cucinare,
sopportare fumi e calore,
tanti sono gli uomini a ciò idonei
indegni di ricoprire altri ruoli
se non persino quello di stirare o rammendare.

Proprio perché prezioso ai figli, il loro tempo
poterlo dedicare alla lettura, cultura,
conoscenza, preparazione per arricchire
quanto già la natura ha loro donato:
Istinto, maternità, temperamento.

A parer mio le gambe della donna
sono aste del compasso
che nello spazio siderale misura le coordinate
fra “benvenuto” e “addio”.
La tua assoluzione o la condanna.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Gambe di donna – nudo artistico arte bianco e nero di soft 2

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SOGNO DI UNA NOTTE A MENO UN DODICESIMO DI QUALCOSA…

SOGNO DI UNA NOTTE A MENO UN DODICESIMO DI QUALCOSA…

…è indispensabile, vitale, urgente, irrinunciabile
parlare con l’amministratore delegato,
nessuna inefficienza rilevata nella struttura che dirigo,
i miei collaboratori
capaci e solerti nel concludere sciattamente ogni pratica,
come loro ho insegnato, trasmesso,
portano soluzioni anziché problemi
eppure incombe un fatto grave che mi viene attribuito,
sembrerebbe calcolo matematico sbagliato,
impossibile possa essermi accaduto…
mi muovo con rabbia e destrezza
fra scrivanie affollate,
signorine, segretarie e manager,
appollaiati, indaffarati, tanti fogli,
cartelline chiuse con elastico, appunti, pile di carta,
macchine da scrivere (o computer?),
mezzi di comunicazione comunque neri,
non ho presenti i volti anche se almeno uno
ha i capelli impomatati di brillantina, neri, lucidi,
come quelli degli ometti dei calciobalilla anni cinquanta.
Arroganti, supponenti, espressioni impiegatizie,
sollecitano il motivo per cui intendo riferire con tale pervicacia,
penso “excusatio non petita accusatio manifesta”,
la locuzione è assillante, ogni mia spiegazione inascoltata,
non interessa poiché già hanno giudicato, deciso,
irremovibili, avverto la loro “chiusura”,
rifiuto della verità, ostilità, disistima,
chiedo un minimo di riservatezza,
non mi piace discutere in presenza di altri,
nulla da fare ed alla loro indifferenza nell’ascoltarmi,
occupati come sono di nulla,
cresce il desiderio, l’impulso di ribaltare i tavoli, annientarli…
queste immagini non hanno contorno,
paiono deformi ninfee ostili che fluttuano
su uno sfondo nero come pece
prodotto da rabbiosi tratti di lapis punta morbida,
intanto alla luce fioca e tremula
dell’androne di edificio d’epoca
una porta si apre al piano terra
dalla quale fa capolino il viso sorridente di mia figlia minore,
come avessi premuto il campanello
e fossi lì ad attendere che qualcuno aprisse,
mi comunica che sta preparando il trasloco,
deve lasciare l’abitazione immediatamente,
con la coda dell’occhio intuisco nell’oscurità del vialetto,
oltre la vetrata,
una vettura imponente, nera, ferma,
minacciosamente in attesa,
macchina notevole, giocattolo dei potenti,
non sportiva tipo Maserati, neppure comoda Bentley,
piuttosto la sagoma mi riporta alla vecchia Aurelia anni ’60,
nuova fiammante, emana sortilegio, cattiveria, male assoluto,
è “umana” nella sua immobilità,
un lampo grigio rischiara «La “cosa” dell’altro mondo»
dell’americano Ambrose Bierce,
designato dai suoi contemporanei “il lessicografo del diavolo”,
racconto che lessi da bambino…
seduta al volante dell’auto, non vista ma percepita,
cappotto grigio scuro di ottima fattura, perfetto,
giromanica preciso alle spalle,
figura di uomo anch’egli statico, fisso come statua,
guarda avanti con la certezza che otterrà ciò che vuole
ed io mi sento impotente,
eccomi nel profondo nero quando compare,
venere dormente sospesa nell’aria,
la donna amata da sempre,
sono sconcertato aver potuto dimenticarla in questo tempo
è lei! Dal nero fitto emerge il corpo fino al collo,
intuisco avere i capelli biondi,
unica nota di colore seppure immaginata,
anche se abbracciandole i fianchi,
quasi a sorreggerla,
le mutandine rosa di seta,
semitrasparenti, soavi, delicatezza infinita
come desiderio e rimpianto che provo,
mi dicono essere nera, chioma scura,
riflessi blu che si propagano dal corvino,
appoggio la testa sul suo ventre,
avverto profumo di pitosforo
misto a odore di femmina da tempo immemore posseduta,
l’ombelico è da sogno, la stringo forte, forte,
mi ci aggrappo, lei lascia fare,
nulla dice ma parlano le pulsazioni che avverto,
gambe soffici, carne morbida,
pelle liscia come quella di neonato,
le due curve tenere alla sommità delle cosce mi invitano a rientrare,
importante era catturare la lucertola,
mica per farle male,
doveva spiegarmi qualcosa,
alla fine l’ho presa perché era stanca,
non riusciva a correre bene
su quella campana di cemento liscio, rosa,
posata a terra,
mia madre e mia sorella non hanno sentito,
le ho chiamate a lungo mentre si allontanavano,
gente rarefatta in piazza De Ferrari,
autoveicoli vecchio tipo colore dei taxi anni sessanta,
neri, c’era anche del grigio,
posteggiate male, al centro, di traverso,
era sera, il chiaro del giorno insopportabile,
rumore muto della gente,
capivo ciò che l’uomo in divisa
stava dicendo a un gruppetto di persone senza volto,
le ho raggiunte che già erano arrivate a casa,
ho chiesto come mai non mi avessero sentito,
le avrei accompagnate,
io alla lucertola ho parlato e…
Il Natale non sarà mai più come prima,
corro sul filo dell’incubo,
c’è sempre qualcuno o qualcosa di fondamentale
che ho perso e inseguo,
è molto importante recuperare il bagaglio
mentre sono al check-in dell’aeroporto
che si trova fra palazzi periferici,
gli airbus decollano uscendo dai portali,
sono ansioso di prendere il mio volo,
la coda è lunga su passerelle metalliche
labirintiche e tortuose fra le abitazioni,
cielo notturno, minaccioso rotto da luci dello stabilimento,
improvvisamente vedo che la mia valigia,
peluche gigante di orso bianco,
è fra le mani di un ragazzo “strafatto” laggiù in basso
e la lancia dentro l’androne di un edificio,
avviso mia figlia che devo assolutamente recuperarla
così scendo di corsa, affannato,
gli innumerevoli gradini di queste pedane
riconducibili a quelle in uso negli opifici metallurgici,
mi ritrovo con una donna che desidero molto,
la voglio, ma intorno ce ne sono altre, insidiose e moleste,
il nostro rapporto è impossibile
e nello sforzo di farmi largo per raggiungere lei, inarrivabile desiderio,
ho un’erezione seguita da eiaculazione…
così mi riprendo dal dormiveglia continuo.
Strano e pensoso questo sabato
trascorso fra altalenanti sonno e veglia,
nelle pause credo che dormissi, forse no,
fluttuavo su un mare onirico, immenso,
non vi era alcuna rete a mezza profondità
che potesse filtrare quanto emergeva dall’abisso…

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: FULVIO LEONCINI – DI SOLE OMBRE – Libro d’autore – Tavole IIII e V

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INGRANAGGIO MORTALE

INGRANAGGIO MORTALE

«Per la prima volta Gli Stati Uniti sganciano in Afghanistan la “madre di tutte le bombe – mother of all bombs”, il più potente ordigno mai usato. Il Pentagono ha utilizzato la “Moab” in battaglia la cui potenza equivale a undici tonnellate di tritolo: più devastante di questa, nell’arsenale americano, c’è solo l’atomica. »
Corriere della sera 13 aprile 2017 – Guido Olimpio

«Io mi sono vergognato quando ho sentito il nome di una bomba, l’hanno chiamata “la madre di tutte le bombe”. La mamma dà vita e questa dà morte, e noi diciamo mamma a quell’apparecchio. Così il Papa parlando della “superbomba”, sganciata sull’Afghanistan dagli Stati Uniti, ai ragazzi della Scuola della Pace, che gremivano oggi l’Aula Nervi in Vaticano. Trump l’aveva chiamata Moab “Mother Of All Bombs”, madre di tutte le bombe.»
«Stiamo distruggendo il creato»
«È vero» – ha aggiunto Bergoglio – «siamo in guerra, queste cose succedono, ma anche ci sono tante cose buone, nascoste, gente che spende la sua vita a servizio degli altri, dobbiamo denunciare queste cose brutte perché il mondo vada avanti per la strada che fanno vedere questa gente, che è nascosta in questo momento, ho risposto o vuoi qualcosa di più?». Secondo il Papa «noi stiamo distruggendo il regalo più prezioso che ci ha dato Dio: il Creato. Il consumismo ci porta a questo, lo sfruttamento della terra ci porta a questo, gli esperimenti chimici su vegetali e animali che rovinano la salute».
«Al termine dell’udienza Bergoglio ha salutato tra gli altri il ministro della Istruzione Valeria Fedeli, abbracciandola, e il sottosegretario all’Istruzione, Vito Di Filippo.»
Corriere della sera 6 maggio 2017
— ° —

Esimio Guido Olimpio, intanto non è vero che la “Moab” sia “…il più potente ordigno mai usato…” poiché gli Stati Uniti, unici nella storia dell’umanità, il mattino del 6 agosto 1945 alle ore 8:15 sganciarono la bomba atomica “Little Boy – piccolo ragazzo” (gli americani sono sempre molto pittoreschi nel dare il nome ad ogni ordigno fabbricato – n.d.a.) sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell’altro congegno “Fat Man – uomo grasso” su Nagasaki. Il numero di vittime dirette, all’istante, è stimato da 100 a 200 mila, quasi esclusivamente civili senza considerare la gravità dei danni indiretti che si protrassero per decenni con conseguenze ancora attuali. Non lo sapeva?

E lei… Santo Padre! È stato definito “Il papa che viene dalla fine del mondo” ma… ignorava che il Principio della fine del mondo è proprio qui, in pieno occidente? Non era al corrente, da cardinale, quanto nascondono le mura Vaticane? La Curia? Lo IOR? Gli stessi intrighi di Palazzo cui normalmente assistiamo in tutti le nazioni europee e negli Stati Uniti d’America? Dinanzi ai giovani lei dice: “Il consumismo ci porta a questo, lo sfruttamento della terra ci porta a questo, gli esperimenti chimici su vegetali e animali che rovinano la salute” come si stesse svegliando da un sogno. E ci mette tanta buona volontà a predicare ovunque “pace” e “fratellanza”, è ammirevole per questo. Però se il “consumismo” ci ha portati fin qui… allora non dico che il comunismo possa essere la strada da perseguire ma azzardo una domanda: «Il socialismo reale sognato e vagheggiato dal vero vincitore della rivoluzione d’ottobre, Lev Trockij, immediatamente spodestato, esiliato e successivamente fatto assassinare dall’usurpatore Stalin… ebbene la strada indicata da colui che poco prima di morire scrisse “…Morirò da rivoluzionario proletario, marxista, materialista dialettico, quindi da ateo inconciliabile. La mia fede nell’avvenire comunista del genere umano non è meno ardente, anzi è ancora più salda, che nei giorni della mia giovinezza, se si produrrà l’esplosione sociale che spero e la rivoluzione socialista trionferà in diversi Paesi, quegli stessi lavoratori avranno la missione di aiutare i loro compagni sovietici a liberarsi dai gangster della burocrazia stalinista… vedo la verde striscia d’erba oltre la finestra e il cielo limpido azzurro al di là del muro, la luce del sole dappertutto. La vita è bella, i sensi celebrano la loro festa. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione, violenza e goderla in tutto il suo splendore!”(1)… tale percorso non potrebbe essere preso in considerazione per liberarci dai gangster? Questi ultimi non sono forse effetto del “capitalismo”? Così l’accumulo? Il sovrappiù? Il superfluo portato ai limiti estremi? L’adorazione del Dio Denaro?
D’altra parte se le armi si “producono” occorre “consumarle”. Qualora seduta stante venissero chiuse tutte le fabbriche di armamenti del Pianeta quante persone si troverebbero immediatamente disoccupate? Dai presidenti, amministratori delegati, dirigenti, quadri, operai, tecnici, ecc. E la finanza? I politici? Le borse? Il mercato? L’indotto rappresentato da esercito, marina, aviazione, fornitori? Meglio morti ammazzati, possibilmente quelli della “porta accanto” che non si percepiscono, o il crollo di un “sistema” puntuale, studiato, matematico, diabolico?
Smetteranno quando i produttori di armi chimiche, blindati, bombe, aerei da guerra, elicotteri, esplosivi, missili, ecc. avranno svuotato i magazzini. Pausa che durerà il tempo necessario per fabbricarne di nuovi e più sofisticati e dare avvio ad altri conflitti. Se non si “distruggessero” armi di cosa camperebbero coloro che concorrono a produrre e vendere armi? La legge del “mercato” e della “finanza” non è mica logica come quella della jungla!
Comprenderà che non è mancanza di rispetto se le dico che quanto da lei replicato alla bimba “…ma anche ci sono tante cose buone, nascoste, gente che spende la sua vita a servizio degli altri, dobbiamo denunciare queste cose brutte perché il mondo vada avanti per la strada che fanno vedere questa gente, che è nascosta in questo momento, ho risposto o vuoi qualcosa di più?” lascia il tempo che trova, non è esaustivo per nulla e nulla cambierà. Credo che il primo ad essere cosciente che siamo stretti nella morsa di un “ingranaggio mortale” sia proprio lei.
Cosa ne pensa di questo disequilibrio perfetto? Se sostiene, come mi pare aver capito, che “la rassegnazione è una parola proibita”… evitiamo di rassegnarci!

Mauro Giovanelli – Genova
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(1) Lev Trockij, dal Testamento, 27 febbraio 1940, Messico. Sarà assassinato nell’agosto dello stesso anno, con una picconata sul cranio, da Ramón Mercader, sicario di Stalin.

NOTA: Povertà: Eurostat, l’Italia è il Paese Ue con più poveri. Quasi 7 milioni, il doppio della Germania e tre volte la Francia – 14/15 aprile 2016

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OSI STARE FUORI…

OSI STARE FUORI…

“Osi stare fuori
Osi entrare,
Quanto puoi perdere
Quanto puoi guadagnare,
E se entri
gireresti a sinistra o a destra
o a destra e tre quarti
Forse non così lesta.
Potresti confonderti al punto
da iniziare una volata
a rotta di collo per una strada dirupata
E sfacchinerai per miglia
attraverso una strana area disabitata
dirigendoti temo verso una zona desolata
Quella dell’attesa incondizionata.
Per gente che attende…
Attende che un treno parta
O che un autobus arrivi,
O che un aereo parta
O che la posta arrivi,
O che la pioggia smetta
O che il telefono squilli,
O che la neve cada in fretta
In attesa di una frase detta…
O di un filo di lustrini
O di un paio di pantaloni
O di una parrucca coi ricciolini
O di altre occasioni”.

Theodor Geisel (alias Dr. Seuss)

Mauro Giovanelli – Genova
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