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IL CRETINO PARTE IV (BANNARE IL BANNATO ovvero BANNARE VECCHIA MANIERA)

IL CRETINO PARTE IV
(BANNARE IL BANNATO
ovvero
BANNARE VECCHIA MANIERA)
RISERVATA PERSONALE

[Cognome e nome… omissis],
mi riferisco all’ultimo nostro incontro, precisamente in “Pizzeria” venerdì 1 dicembre u.s., per manifestarti la mia, come dire? Presa di coscienza? Di come abbia potuto considerarti amico cui ho pure confidato, consuetudine fra persone leali e consapevoli, accadimenti della mia vita. È un di più sottolineare la “vostra” (tu e [omissis]) ormai manifesta propensione a divulgare a terzi quanto vi viene rivelato con mal riposta fiducia. Mi sembra impossibile essermi adattato, anche saltuariamente, a simili frequentazioni (tu e [omissis]).
Oltre a tutte le corbellerie da te sentenziate ed elargite a profusione, come al solito, con la complicità “intellettuale” di tua moglie, infarcite di supponenza, arroganza, tracotanza e quant’altro, in particolare mi riferisco all’insulto da te pronunciato apertamente nei miei riguardi, in auto, presenti la mia signora e [omissis].
Or dunque respingo al mittente l’ingiuria e villania (avrei dovuto farti accostare e proseguire a piedi per respirare aria pura). Allo stesso tempo desidero che tu sappia quanto il sottoscritto potrebbe insegnarti a vivere, comportarti, pensare, agire, parlare, leggere, scrivere, interpretare, gesticolare, proporsi e, bada bene, finanche tacere.
Il tempo è però scaduto, ho cose ben più importanti di cui occuparmi, quindi con questa mia intendo riferirti che in futuro farò volentieri a meno della tua sporadica vicinanza augurandomi tu abbia, come minimo, la delicatezza di evitare ogni tipo di contatto con miei parenti e affini. Io farò altrettanto (come da anni).
Mauro Giovanelli.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web

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IL CRETINO PARTE III – VERITÀ e LEALTÀ

IL CRETINO PARTE III
VERITÀ e LEALTÀ

Vi sto chiedendo se, con feroce puntualità, capiti inaspettatamente pure a voi di imbattervi in “combriccole” dove non si riesca più a comprendere chi siano i “finti” amici e/o gli irrazionali avversari che squallidamente, a quota periscopica, trascorrono il loro tempo lanciando siluri a “destra e manca” (titolo di un mio libro) al solo scopo di “apparire” importanti, anzi “indispensabili”. Di più: “protagonisti” e “geniali”.
Avverto quindi la necessità di puntualizzare alcuni particolari indubbiamente sconosciuti a molti:
In veste di conduttore e critico nell’agosto scorso ho avuto il privilegio, SU INSISTENZA DI QUALCUNO/A, di partecipare ad un evento dedicato a degna e bellissima persona oltre che grande uomo.
Per libera scelta e solo in virtù di quanto nel passato ho ricevuto in termini artistici da un genio della cinematografia NON HO PERCEPITO ALCUN COMPENSO per tale incarico anzi è stato pure grande piacere provvedere personalmente al viaggio e la permanenza in loco gustando A MIE SPESE le prelibatezze della splendida regione in cui ho soggiornato 32 ore escluse 16 ore di treno (aerei strapieni).
Ho dedicato molto del mio tempo a far sì che le cose andassero nel migliore dei modi pur in intervalli ristrettissimi nonché SORPRESE, INIMMAGINABILI IMPREVISTI organizzativi pre, durante e post rassegna. Ricoprendo nella circostanza il ruolo di Comandante dell’astronave (carica già sperimentata in passato nei due anni da ufficiale) me ne sono assunto ogni responsabilità e, senza tirare in ballo la compagnia di bandiera, timoniere, nostromo, capitano in seconda, ecc. (del tipo “Schettino” tanto per intenderci) ho pure tamponato la falla aperta da altri e respinto i marosi dei soliti “professionisti” della “critica a cielo coperto”.
Di questa bellissima avventura, a mio avviso e NONOSTANTE TUTTO, ho redatto un libro che parrebbe stia suscitando impensabili e contorte… come dire? Immaginazioni? Se tali fossero scaturiscono da persone incapaci di pensare (e tacere).
Or dunque: Tutto quanto redatto dal sottoscritto (poesie, commenti critici, interventi, esposizioni, esegesi, spiegazioni e quant’altro) fa capo esclusivamente al medesimo, il solo a detenerne LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE. La differenza fra una “brochure” (compilata sempre con mio materiale per un NUMERO LIMITATISSIMO di copie) ed un libro con tanto di codice ISBN e Copyright è semplice. La prima viene fatta stampare su MIA CONCESSIONE come da pregressi accordi fra terzi (che ignoro), mentre un volume di 80 pagine può essere acquistato da chiunque ed in qualsiasi momento per proprio uso personale. In sostanza è qualcosa che perdura nel tempo e focalizza gli accadimenti di quel caldo, intimo, distintivo e “sorprendente” avvenimento.
A tal proposito prego vivamente di evitare il “KILLERAGGIO POSTALE” nei miei elaborati come incresciosamente avvenuto nella presentazione del libro testé citato. Commissione perpetrata per mano di certo G.P. con linguaggio sgangherato di stampo mafioso. Indubitabile che costui, mai visto e conosciuto, abbia agito su “invito” di QUALCUNO/A (credo di conoscere il/la mandante).
Se certuni godono nel partecipare a funerali muniti di pailettes, cotillons e stelle filanti si accomodino ma restino fuori dal mio salotto.
Grazie per l’attenzione.

P.S. Prego il/la destinatario/a del materiale da me inviatogli/le di restituirlo ad avvenuta stampa della brochure e comunque non oltre il 31 dicembre 2017.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Domenico Cambiaso – Porto di Genova – metà 800 circa

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VIII edizione “Sintonia Immaginifica” – Relazione conclusiva di Mauro Giovanelli – Genova

“Artepozzo Energie d’Arte Contemporanea”
VIII edizione “Sintonia Immaginifica”
Inaugurazione mostra d’arte 21 ottobre 2017
“Chiesa dei Confratelli di San Rocco” – La Morra (Cuneo)
Relazione dello scrittore e poeta prof. Mauro Giovanelli di Genova

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Per la loro disponibilità e presenza si ringraziano il sindaco del Comune di “La Morra” sig.ra Maria Luisa Aschieri, l’Assessore alla Cultura nonché il parroco don Massimo della “Chiesa dei Confratelli di San Rocco”
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A tutto il 5 novembre sarà aperta al pubblico l’ottava edizione di “Sintonia Immaginifica” a cura de “Associazione Artepozzo Energie d’Arte Contemporanea”. Nella seducente e storica ambientazione della chiesa dei “Confratelli di San Rocco” a La Morra (Cuneo) anche quest’anno sono quindi esposte opere di selezionati artisti contemporanei i quali arricchiscono le antiche e suggestive mura proponendo uno spaccato dell’estro italiano (pittura, fotografia nonché lettura e interpretazione di brani poetici).
Presidente di “Artepozzo” e promotrice dell’evento Angela Maioli Parodi a tal punto innamorata delle Langhe da considerare imprescindibile impegno rispettare il tradizionale appuntamento autunnale sia con l’Amministrazione, la Curia ed i cittadini dello storico e ridente Comune, sia verso i turisti che in questa stagione non rinunciano ad assaporare il clima, l’aroma ed il gusto del pregiatissimo vino ivi prodotto”.
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…e fu tra le mura barocche della chiesa di San Rocco, dopo aver superato il maestoso, pregevole settecentesco portone finemente intagliato che mi ritrovai dinanzi una distesa. Avrebbe potuto essere mare, savana, candido deserto, prateria, pianoro innevato, ma… neppure il turbinio di numeri e lettere di ogni alfabeto e idioma che innanzi a me emergevano e si inabissavano tra incongrui flutti e maestose colline di vigneti, vigneti e ancora vigneti avrebbe potuto darmi indicazioni utili quando finalmente realizzai che tale luogo di culto fu edificato intorno al 1716 come ex voto per volontà dei Confratelli Turchini o Blu in quanto La Morra, questo rammentai essere il nome del Comune, non fu toccato dalla peste del 1630, epidemia che nel periodo ‘629/‘633 colpì diverse zone dell’Italia settentrionale e grandiosamente descritta da Alessandro Manzoni ne “I promessi sposi” nonché nel saggio critico “Storia della colonna infame”. Sapevo essere costruzione terminata nel 1750, anno in cui furono compiute le sue eleganti linee barocche, a navata unica che si allunga nell’abside per accogliere la pala d’altare del “pittore di Mondovì” (1786), con la Vergine, S. Rocco e veduta della contrada. La volta a cupola, affrescata da Pietro Paolo Operti di Bra, illustra la Gloria del Santo. Cerco di raccapezzarmi fra equazioni, iperboli, asintoti, dex e sigma, in quel confortevole approdo (A Mora [a’mʊra] che significa “recinto per le pecore”). Da subito mi sfuggì il senso, la consapevolezza di essere stato trascinato in quel turbinio di colori, ipotesi, significati dunque, nel cercare di mettere ordine nella mia mente e come la situazione richiedeva, procedetti in rigoroso ordine alfabetico ad esaminare opere suggestive dalle quali venni circondato, elaborate da un gruppo di artisti i cui nomi suonavano inconsueta armonia: Carlo Piterà, Fausto Nazer, Giacomo Mozzi, Jessica Spagnolo, Loredana Marcarini, Lorenzo Bersini, Luca Capoccia, Marco Creatini, Mario Menardi, Paolo Viola, Roberto Villa, Silvia Rege Cambrin e, ospite d’onore, discosti dal cuore di marosi e frangenti dai quali venni investito, l’attenzione fu catturata da due dipinti del Maestro Carlo Rambaldi, tre volte premio Oscar per gli effetti speciali di altrettanti memorabili film. Un senso di quiete, direi coraggio e speranza mi assalì alla vista dei suoi due angeli, madonne con il Bambino in braccio, figure celestiali che infondono dolcezza, senso di protezione, aureole a forma di gusci fossili, conchiglie, ammoniti del lontano Triassico, pennellata decisa, senza titubanza, concreta e surrealistica. Magica.
Infatti tutto ciò che accadde, come capirete, fu incantesimo. Pur in questo ordinato caos di simboli e messaggi trasalii nel vedere Lui, “Ecce Homo” venirmi incontro con espressione più rassegnata che afflitta, dolore pacato, sorregge il corpo della propria madre quasi lo volesse mostrare ad un’umanità indegna, peccatori in blue Jeans, gli stessi che indossa oltre la corona di spine che pare neppure si accorga avere in capo. Più che il viso coperto da un sudario è il braccio di Lei, penzolante con inanimata gravezza, a tradire essere spirata. Lo accompagnano una rappresentazione dell’angoscia umana così acuta, istantanea quanto imprevista da rendere talmente rapido l’abbattimento del capo verso il tavolaccio dietro il quale l’ignoto avventore sta seduto da superare l’accelerazione di gravità, annullare le masse, lasciando per quell’istante il cappello sospeso in aria, disorientato come il bicchiere con alcool e ghiaccio neppure toccato e, poco distante sempre in primo piano, la disperazione rappresa in un involucro costretto da filo spinato. Il metafisico, trasognante e surrealistico scenario si completa nel parco di autodemolizione, proprietà dell’odierno raggiunto “progresso”, dove l’elmo gallico di un centurione romano fa giungere a noi, tramite levitazione, l’urlo lanciato nel lontano 476 per lo sdegno della caduta dell’Impero romano che ha portato a ciò che oggi siamo: Carlo Piterà.
Allontanandomi taciturno fui investito da pioggia scrosciante, a tratti trasversale, rabbiosa per il vento che la accompagnava, biancastra, nevischio adirato. Nel cercare rifugio da quei colpi di pennello graffianti, invadenti, indiscreti ma opportuni constatato che tre magnifiche ed elegantemente abbigliate figure femminili quasi non badano al preludio dello scatenarsi degli elementi, mi fermo ad osservarle. Immerse nel loro pensare riflesso in eccitanti riverberi delle pozzanghere, non più lacustri arcipelaghi ma superficie intera a ricoprire il selciato, costoro sopportano con disinvoltura ciò che la natura impone ai propri figli orientando gli ombrelli di cui sono munite verso l’intruso che finanche vorrebbe sollevare le vesti. Immobile, il paesaggio urbano neppure si accorge di loro: Fausto Nazer.
Immagini, immagini, lettere, numeri, colori, bianco e nero, istanti eterni scompigliarono l’intelletto mentre mi imbattei nelle quattro fotografie di un video maker il cui stile mi pareva aver già avuto modo di apprezzare, professionista abile nel fissare il momento dell’accadimento, ricordo l’adolescente che cerca di attirare l’attenzione, nel salutare desidera essere ammirato prima del tuffo, una delle tante prodezze che dovrà affrontare nella vita rappresentata dall’onda, come queste che mi stanno travolgendo, che sta accumulando energia per metterlo a dura prova. Bella persona Giacomo, esperto, schivo, umile, competente, sensibile eppur attento e di grande bravura. Ho ammirato il suo progetto “50 mm” dal titolo adeguato a quanto sto narrando “Una vita sempre in giro” di cui ho il privilegio di possedere, per sua generosità, la 1/50: Giacomo Mozzi.
Che strana la vita, pure le opere che sono proprio a fianco del rinvenuto amico mi sembrano famigliari. Acquisto coraggio, in solitudine non facile trovare la giusta direzione tra flutti di concetti. Riconosco la stessa mano di una sua opera che qualche mese fa, nel caldo agosto del nostro profondo sud, al solo osservarla mi fiondò fra le tende dei nomadi del deserto, il Sahara, precisamente la parte meridionale, l’Akakus, dove il mio “Finalmente albeggia” aveva una percezione diversa dalla forza espressiva incisa da Jessica nel suo dipinto. Dissimile il senso della luce del sole, io ne avvertivo il primo calore, ogni riverbero che preannunciava la sua totale comparsa, non il nostro astro, un altro si levava alto sull’orizzonte, più grande, implacabile, vitale. Meraviglia. Per quel gitano significava invece essere ancora vivo tra gli scempi che si stanno perpetrando nel mondo, per ora oltre i confini della nostra “civiltà”. Altre due opere che sto oggi osservando solo in apparenza potrebbero apparire simili invece lo stacco dell’immensa frazione di tempo che spadroneggia sul nostro essere determina universi. Si tratta di due primi piani della medesima figura femminile, ritratta di spalle, volto girato di un quarto verso l’osservatore come fosse stata colta di sorpresa, impaurita, sospetta, capelli appena lavati, pettinati, sopracigli perfetti come si fosse preparata per una festa ma nello sguardo timore che l’intruso possa ancora tentare una violenza appena scampata. Infatti in una tela la pupilla si accende e compare rosso, sangue, sia nella spalla rialzata a protezione del viso sia sulla parete dove la fanciulla sembrerebbe cercare riparo. Questo vedo nella colorata realtà pittorica ricca di luci, ombre, simboli di Jessica Spagnolo.
Improvviso il suono di un’arpa si erge alto, strumento che raccoglie dal Cielo luci bianche di energia al contrario dell’organo che sradica profondo suono dalle viscere della Terra. Il silenzio obbedisce al pizzico delle celestiali dita di Patrizia Borromeo, la abbraccio in segno di ringraziamento mentre estrae dal cordofono remoto strumento antiche note. Ne vengo letteralmente rapito ma non sono il solo poiché nel ritirarmi a lato compaiono figure che danzano fluttuando su melodia che supera la vertiginosa cupola. Ecco Gabriella Spadaro, Carolina Brasioli, Riccardo Riva che accompagnano l’amico di sempre Max Baroni con movenze e costumi tanto semplici quanto irripetibili, unici, coinvolgenti. Rigetto subito il pensiero, rapido come un ceffone, che mi coglie “solo un cretino integrale può non comprendere tale bellezza ed essere distratto dal suo nulla” ed è proprio la voce di Max che cattura l’anomala, fulminea riflessione: “Verso sera si comincia a vivere o morire, fare l’amore o la notte accanto al congiunto in coma, in attesa dell’alba che vedrà esecuzioni di sorelle e fratelli. Verso sera sai che il tuo pensare ti aspetta più agguerrito che mai, potresti trascinarlo fino al sorgere del sole, annuncio che hai superato l’ostacolo ed il fardello comincia a pesare sull’altra parte di mondo.”(1) Ascoltare questa mia poesia interpretata così… così… umanamente mi emoziona ma il sopraggiungere dei suoi entusiasmanti versi “Primo vagito di una storia che circola tra le pieghe del tempo, tra luce e ombre di un dialogo in trasformazione per un suono ancestrale che nel silenzio dell’anima ascolti, che nel silenzio dello sguardo dell’altro ritrovi, che nel silenzio di un sospiro innamorato conosci. Suono. Vita. Armonia.”(1) termina in un tripudio di applausi che ci rende tutti una sola cosa.
Interdetto da tale rappresentazione cerco un via d’uscita, necessito stare da solo per meditare su quanto accaduto quindi mi dirigo là dove spazio e materia interagiscono liberamente e le sole leggi da rispettare sono state dettate dal Principio, pensavo fosse una finestra aperta sul Cosmo il dipinto ai piedi dell’altare. Appropriato al sogno, al mio pensare, quindi percepisco massa, forze gravitazionali, attrazione, il superamento del V postulato di Euclide con la dimostrata indimostrabilità che ci ha condotto alla trascendenza, espanso il nostro limite, determinato quel meno 1/12° cioè [- 0,08(3)] ossia il benedetto tre periodico che ci ha spalancato altre porte inimmaginabili. Ed il tocco, il tratteggio, la pennellata, i colori, la luce dell’inesistente sfera celeste che migra nello spazio allontanandosi da chissà quale corpo celeste sono stati raffigurati prepotentemente: Loredana Marcarini.
E neppure intravedo un solo segno di pausa nell’incontrare la confortevole e faustiana sagoma di Lorenzo Bersini. Penso che ci siamo conosciuti in qualche altra vita e, tra il sigma, lo 0,99 nonché tutto quanto sta nel mezzo, i 36 numeri più lo zero, il logaritmo dell’eccedenza, la serie ed i vicini abbiamo pure approfondito la natura femminile che questo amico rappresenta in immagini dalle tonalità argentee, luminescenti, acquose, colori tanto più “inventati” quanto reali nell’armonia delle variegate composizioni alchemiche, immagini cui l’artista imprime forza vitale estrema, il senso del divenire nelle multiformi impercettibili soste esistenziali, amore, stupore, disorientamento, passione, bellezza e ammirazione della donna e tutto quanto in essa si celi. Vigore creativo, quasi rabbia nell’imprimere passione ai volti, estrarre da essi l’anima, il pensiero, ogni desiderio indicibile finanche a loro stesse. Nelle opere esposte si rinnova l’incantesimo, vedi il “respirare”, il “gesto”, la “delicatezza” del silenzio. È sorprendente, mi ripeto caro Lorenzo, che tutto ciò fuoriesca da supporti in carta artistica 30% cotone: Lorenzo Bersini.
Non era necessario richiedere una consulenza al CERN o il MIT per comprendere non ne sarei più uscito. Voltandomi incappo in due opere che a prima vista avrebbero potuto darmi quiete, Medusa e Perseo, ma nell’avvicinarmi queste si scomposero e ricomposero incessantemente in altre raffigurazioni catapultandomi nella mitologia greca. Pur conoscendo il potere di pietrificare chiunque incrociasse lo sguardo di una delle tre Gorgoni insistetti nell’analizzare tale innovativa creatività. Perseo, eroe della mitologia greca, figlio di Zeus e Danae (coincidenza astrale che intendessi declamare qualcosa di attinente alla figlia del re Acrisio) ricordato soprattutto proprio per l’uccisione di Medusa si trasformava anch’egli in altre figurazioni. Ottima realizzazione, idea da considerare, desiderio di sapere: Luca Capoccia.
Procedo, ormai il tempo non mi appartiene, la distesa che si estende innanzi ai miei occhi è sconfinata ma “…il naufragar m’è dolce in questo mare”. Mi imbatto in un’opera dallo stile inconfondibile, già apprezzato in altra circostanza anche se non ho il piacere di conoscere personalmente l’autore. Non ci si può sbagliare, metafisica, inconscio, superamento del limite, sogno, eternità… fuggevole eternità, ingannevole, mutevole, avvolgente e scoprente. Qui meno evidenti i richiami al “classico”, piuttosto direi al moderno e postmoderno con interrelazioni al surrealismo di Dalí anche se sullo sfondo si intravedono ruderi a ridosso di mare e cielo plumbei. Protagonista un uovo dalla forma incongrua per l’eccessiva stilizzazione voluta dalla posizione precisa e improbabile ai nostri sensi (Cristoforo Colombo l’avrebbe affondato in parte nella rena o pressato sulla roccia deformandone la base). l’Autore è sempre teso al tentativo di afferrare l’allucinazione per raggiungere spazi in cui fermarsi a contemplazione del Tutto: Marco Creatini.
Colori, colori e colori. Soprattutto sono utilizzati i due primari, rosso e blu, con poche mescolanze per le rappresentazioni che osservo. Malinconia tipica degli artisti nordici, Edvard Munch in particolare, ed il filosofare di Søren Kierkegaard “Il concetto dell’angoscia (1844)”, “La malattia mortale (1849)”. Proprio nell’opera “Il funerale” o “La morte nella stanza della malata” che il grande artista de “L’urlo” dedicò al fantasma della sorella Sophie e ad essere raffigurato è il dolore psicologico. Anche in queste opere avverto atmosfera mirata alla reazione dei singoli personaggi senza volto perciò distanziati dall’evento cui stanno partecipando, svuotati del sogno: Mario Menardi.
Ecco, dovrei fermarmi un istante, ed è nell’esaminare la panchina in ferro dove proprio al centro sta seduta una fanciulla, di spalle, compresa nell’ammirare il paesaggio, immobile, distaccata dal mondo, impegnata ma è l’esecuzione della “base” dell’opera che incide sulla prospettiva, dà profondità, i braccioli offrono tridimensionalità, così per il “filare” in cui mi immergo, colori tenui, pastello, confortevoli, accessibili. E percorrendo leggero il viale fra “il noccioleto primavera” il grande Max ha improvvisato, come solito fare, una poesia scritta e declamata all’istante. Quando mi perverrà il testo provvederò ad inserirlo nel presente articolo: Paolo Viola
È sufficiente il nome del grande fotografo Roberto Villa, le esposizioni in Italia e all’estero effettuate solo negli ultimi sette anni, l’esperienza maturata nel campo della cinematografia, la sua grande passione per l’arte, poesia ed ogni campo del sapere. Basti sapere che nel 1972 accettò l’invito dell’immenso Pier Paolo Pasolini che raggiunse l’anno successivo sul set de “Il fiore delle Mille e una notte”. Lavorando nello Yemen, Iran ed altri Paesi realizza un documentario su “Pilato” interpretato da Giorgio Albertazzi. Nel 1974 è sul set di Alberto Sordi in “Finché c’è guerra c’è speranza”. Collabora con Aiwa, Mitsubishi, Tandberg, Olympus, Philips, Canton… Come “Associazione Culturale Fondo Roberto Villa” è dal 1973 che espone importanti documenti fotografici d’Archivio, sia in Italia presso le Istituzioni, sia in tutto il Mondo in rappresentanza del nostro Paese per la Fotografia e Cultura Nazionali. Parlarvi delle splendide immagini esposte mi sembrerebbe superfluo. Ammiratele! Una vita per l’arte. Una storia: Roberto Villa
Natura morta! Solo per il verme che fa capolino dalla mela non la individuerei tale. Del resto alla definizione usata ed abusata eliminerei “morta” poiché la vita che sta nascosta in un oggetto è immensa per chiunque sia in grado di percepirla. Splendido il canestro. Dalí si cimentò a rappresentarlo. Lo stesso Michelangelo Merisi, noto come il Caravaggio, diede una lezione d’arte al suo maestro di bottega che, avendolo relegato nello sgabuzzino per il suo carattere “irrequieto”, questi ne uscì solo dopo aver dipinto la più stupefacente natura morta della storia che lì giaceva dentro un paniere. Ed i colori, lo sfondo, il gioco di luci ed ombre sommessamente accennato, il raspo ed i chicchi d’uva, il succo trattenuto dall’arancia dimezzata, la negligenza della seconda opera non certo attribuibile all’artista. Il libro antico che tanto sapere ha devoluto sembrerebbe essere stato preso da “Il Bibliotecario” di Giuseppe Arcimboldo. Gli iris poggiati con noncuranza pare che soffrano, anelano l’acqua della brocca vuota (o piena) a metà, ne avvertono la presenza, o la “vedono” nelle trasparenze riprodotte con maestria. Il tavolo è sicuramente in noce. Complimenti. Stavo per uscire quando, distaccata dalle prime due opere, mi imbatto in una terza della medesima autrice. Affascinante femmina, intrigante rappresentazione, simbolismo proveniente da chissà quale onirica invenzione, non è ritratto a figura intera, neppure paesaggio, potrebbe essere “avatar”, discesa e incarnazione di una divinità, il “bagnato” della pelle non è di questo mondo, neppure i capelli che avvinghiano la donna come tentacoli. Lo sguardo che non c’è ma vive, la posizione delle mani in adorazione di se stessa. È necessario amare molto per realizzare ciò: Silvia Rege Cambrin.

Mentre l’ultraterreno suono dell’arpa stava riprendendo, Max e la sua compagnia scalpitavano per la prevista e imprescindibile seconda performance che mai mi stancherei di ammirare, provai il desiderio di dedicare alle donne, tutte, moglie, madri, sorelle la poesia “Fémina – Danae”: “Voli alto! Nulla sfugge al tuo sguardo. Regina del Cielo possiedi anche Terra, Fuoco. Ogni tuo planare, incurante di corvi e avvoltoi, è maestosa carezza al Mondo. Deità degli occhi tuoi pretendono venerazione così, intimamente, nell’inconscio, chi ambisce la tua mente è frenato dalla convinzione dell’impossibile conquista. Delusione di storie sofferte negli stanchi riverberi delle pupille, non facile afferrare l’orizzonte che traguardi, impervio da concepire anche solo in parte e tu, assalita da stanchezza di realtà che ti circonda, arresa alla consapevolezza che dalla tua quota il resto è mediocrità, scivoli fino a lambire il suolo, ti adegui per soddisfare sani appetiti, risalire infine appesantita del carico di ricordi e un leggero germoglio di vita. Compiacimento della carne non è sufficiente a placare il tuo essere. Spirito, inquietudine del pensiero anelano completezza con i moti di anima e corpo. Nel tendere alla perfezione irrinunciabile l’assoluta libertà di spaziare nel tuo Universo.”(2)
L’armonia rimbalza fra le volute della chiesa, la voce ed il recitare inimitabili di Max Baroni si innestano ora agli arpeggi, l’attenzione è per la sua interpretazione, gestualità, passione. Gabriella, Carolina e Riccardo indispensabili compagni: “Importante catturare la lucertola, mica per farle male, doveva spiegarmi qualcosa, alla fine l’ho presa perché era stanca, non riusciva a correre bene su quella campana di cemento liscio posata a terra. Mia madre e mia sorella non hanno sentito, le ho chiamate a lungo mentre si allontanavano. Gente rarefatta in piazza De Ferrari, le auto vecchio tipo colore dei taxi anni ‘50, nere, c’era anche del grigio, posteggiate male, al centro, di traverso. Era sera, il chiaro del giorno insopportabile, rumore muto della gente, capivo ciò che l’uomo in divisa stava dicendo a un gruppetto di persone senza volto. Le ho raggiunte che già erano arrivate a casa, ho chiesto come mai non mi avessero sentito, le avrei accompagnate. Io alla lucertola ho parlato e… il Natale non sarà mai più come prima.”(3)
“Spensieratezza. L’ultima campanella.Una corsa tra spintoni e sorrisi. Cartelle che volano. Estate alle porte. Spensieratezza. Immersione tra magiche parole incise sulle pagine dei libri come chiavi di ricerca. Calci a un pallone. Due sassi una porta. Dormire e poi il primo battito di cuore e quel bacio di eterno profumo.”(3)

In molti ci ritrovammo intorno ad un tavolo, così si concluse la mia avventura, la distesa erano adesso colline delle Langhe descritte meravigliosamente dai grandi Cesare Pavese (Stefano Belbo), Beppe Fenoglio (Alba), e la Resistenza da loro descritta come mai da nessun altro. E tanti, tanti altri. Italo Calvino, autore dell’impareggiabile “Il sentiero dei nidi di ragno” consegnò lo scettro a “Una questione privata” proprio al più solitario di tutti: Beppe. Cesare era troppo occupato a sgrovigliare “Il mestiere di vivere”. Ritorneranno?
Intanto sono qui con amiche ed amici. Difficile accada di trovarsi in piacevolissima compagnia, conoscersi da sempre. Immaginifica sintonia, sinfonia o tempesta perfetta di arte e fratellanza?

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

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(1) Mauro Giovanelli“Verso sera”, 14/01/2017 ▪ Max Baroni“Silenzio” 29/08/2017
(2) Mauro Giovanelli “FÉMINA – Danae”, 14/01/2017
(3) Mauro Giovanelli“Sogno di una notte a meno un dodicesimo dall’estate”, 8/5/2015 ▪ Max Baroni“Spensieratezza” – 29/08/2017

“Sinfonia Immaginifica” – Mostra d’arte a La Morra (Cuneo) – Chiesa di San Rocco

“Artepozzo Energie d’Arte Contemporanea”
“Sinfonia Immaginifica”
“Chiesa dei Confratelli di San Rocco” – La Morra (Cuneo)

Presenta il prof. Mauro Giovanelli di Genova

Dal 21 ottobre al 5 novembre prossimi si terrà l’ottava edizione di “Sinfonia Immaginifica” a cura dell’associazione “Artepozzo Energie d’Arte Contemporanea”. Nella seducente e storica ambientazione della “Chiesa dei Confratelli di San Rocco” a La Morra (Cuneo) anche quest’anno saranno quindi esposte le opere di selezionati artisti contemporanei i quali arricchiranno le antiche e suggestive mura proponendo uno spaccato dell’estro italiano (pittura, scultura, fotografia nonché lettura e interpretazione di brani poetici a cura dell’artista, poeta Max Baroni con la danzatrice Gabriella Spadaro).

Promotrice dell’evento e Presidente di “Artepozzo” Angela Maioli Parodi a tal punto innamorata delle Langhe da considerare imprescindibile impegno rispettare il tradizionale appuntamento autunnale sia con l’Amministrazione, la Curia ed i cittadini dello storico e ridente Comune, sia verso i turisti che in questa stagione non rinunciano ad assaporare il clima, l’aroma ed il gusto del pregiatissimo vino ivi prodotto”. 

Gli artisti: Carlo Piterà, Fausto Nazer, Giacomo Mozzi, Jessica Spagnolo, Loredana Marcarini, Lorenzo Bersini, Luca Capoccia, Marco Creatini, Mario Menardi, Paolo Viola (ReteViola),   Roberto Villa, Silvia Rege Cambrin.

Preme evidenziare che nella circostanza saranno altresì esposti due dipinti del Maestro Carlo Rambaldi tre volte premio Oscar per i migliori effetti speciali prima in “King Kong” di John Guillermin del 1976, “Alien” (1979) ed in ultimo “E.T. the Extra Terrestrial” (1982) di Steven Spielberg. 

Vernissage sabato 21 ottobre ore 17.00 

La mostra rimarrà a disposizione del pubblico dal venerdì alla domenica fino a tutto il 5 novembre. Orario 10,00 ÷ 19,00 e su appuntamento tel. 368200291 

Indiscussa l’esperienza di Angela nella valorizzazione delle arti creative sul territorio nazionale. L’ultima sua rassegna di grande importanza presso il teatro Grandinetti di Lamezia Terme (Catanzaro) effettuata nell’agosto scorso in collaborazione con la “Fondazione Carlo Rambaldi” e “Associazione Culturale Artisti del Quadrifoglio” di Annunziata Staltari. “Artepozzo Energie d’Arte Contemporanea” ha sede nella Cascina Pozzo a Montaldeo (Alessandria) trasformata in “Casa Museo” dove si possono ammirare le sculture del marito Enesto Nilo Parodi. L’intento è quello di creare a breve un centro per l’arte contemporanea utilizzando gli ampi interni della suggestiva abitazione di Angela, i vasti spazi esterni ed i porticati che circondano l’antica costruzione.

Non è un di più sottolineare che da parte dell’Associazione sono in programma per l’immediato futuro eventi di grande interesse nelle locations più prestigiose della nostra stupefacente Penisola. 

 

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A PROPOSITO DI… VIOLENZA – Asia Argento e Harvey Weinstein

A PROPOSITO DI…
VIOLENZA
Asia Argento e Harvey Weinstein

Non occorre scomodare Freud per comprendere quanto il sesso sia strettamente collegato alla psiche. Per il genere “Homo”, unico fra tutti gli animali, pure infarcito di erotismo. E qui sta il punto. Giustamente la natura spinge la “femmina” a richiamare l’attenzione del “maschio” con mezzi, nel caso in questione, sofisticatissimi. Altresì il “maschio” ha idonei e disponibili strumenti al fine di affascinare e conquistare la donna desiderata. Charme, bellezza, intelligenza, cultura, romanticismo, ecc. Nella nostra società se ne aggiungono purtroppo altri due, uno dipendente dall’altro, a ribaltare gli equilibri in campo, non previsti in alcun “ecosistema”, quindi “anomalo” in quanto effetto collaterale di una struttura “malata” al punto da premiare il debole a discapito del più forte, il non eletto a svantaggio del virtuoso. Cioè “Denaro” e “Potere”. Ad un disattento lettore solo apparentemente potrebbe sembrare “fuori tema” questo mio articolo.
In parole povere lascerei da parte i “moralisti” che definisco altro flagello dell’umanità e così “invidia”, il più grave fra tutti i peccati ma termine, quest’ultimo, non sempre usato in modo appropriato poiché riferito a coloro che non raggiungono il successo senza pensare che costoro potrebbero essere felici di ciò che già hanno. Concludendo: Se Asia non si chiamasse Argento probabilmente non sarebbe arrivata dove è giunta; allo stesso modo se il produttore cinematografico Harvey Weinstein non avesse occupato “quel” posto di certo non avrebbe potuto esercitare la professione di “tombeur de femmes” (neppure la fisiognomica avrebbe potuto aiutarlo in tal senso).
Infatti si sta parlando di questi due quando sul Pianeta tale problema del ribaltamento di rapporti umani è oltremodo dilagante e miete vittime a non finire. La “violenza” è deprecabile (non penso sia in discussione) da e per chiunque ma in tutti i modi e termini in cui viene perpetrata quotidianamente, in modo subdolo, immondo e occulto.
Grazie.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web

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CARLO RAMBALDI “Arte e Cinema” – 5-27 agosto 2017 teatro Grandinetti, Lamezia Terme – Fine prima parte

CARLO RAMBALDI
“Arte e Cinema” dal 5 al 27 agosto 2017 teatro Grandinetti di Lamezia Terme
Fine prima parte

Daniela Rambaldi vicepresidente del Museo “Fondazione Rambaldi” – Annunziata Staltari “Associazione Artisti del Quadrifoglio” – Angela Artepozzo “Associazione Artepozzo” – Giuseppe Lombardi direttore “Fondazione Rambaldi”Ing. Francesco Grandinetti “Teatro Grandinetti” Lamezia Terme – Max Baroni – Gabriella Spadaro – Mirella Avenoso – Paola Fortuna – Cosimo Allera – Elisa Donetti – Elisabetta Macrì (in arte Lisam Perla) – Enrico De Sisto – Fabrizio Gatta – Giacomo Mozzi – Gianfranco Bianchi – Lino Monopoli – Lorenzo Bersini – Luciano Cantoni – Luciano Tigani – Marco Creatini – Maria Pia De Micheli – Mario Longhi – MBU-69 Artist – Nino Romano – Nuccio Gambacorta – Valeria Ballestrazzi (Balleva) – Jessica Spagnolo – Sebastiano Catte giornalista – miraggiodilux Lucio Russo ph – Simona Rea coautrice della poesia “Ballerina”

COSÌ EBBE INIZIO:

Marilina

…proprio in quel momento
sciolsi le briglie del pensare,
sguinzagliai ogni nozione
per cedere il mio universo
a differente emozione.
Allora mi persi
nell’appurare quanto,
con la propria esistenza,
ciascuno potrebbe offrire.
L’istante che notai franchezza
priva di recitazione,
eleganza innata,
si respira, percepisce,
procede inosservata,
stile che nella natura
mimetizza ogni movenza,
bellezza di scultura
eseguita da sommo maestro.
Nella realizzazione
egli guardò al Cielo
dissipando l’ispirazione.
Semplicità fattasi arte pura.
Fu al calar della sera che
che vidi Marilina.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Lamezia Terme (RC), 5 agosto 2017
Dedicata ad una persona speciale.

“Nello spazio nessuno può sentirti urlare.”
Spente le luci della sala cinematografica è questa la tagline che nel comparire improvvisamente sullo schermo smorza ogni brusio. La frase breve e diretta riassume in modo istantaneo quanto ci verrà proposto dalle immagini a seguire costringendo lo spettatore a raddrizzarsi verso lo schienale della poltrona per rimanervi inchiodato fine alla fine del film. “ALIEN”! Del grande Ridley Scott, forse il più celebrato, discusso e rivisitato in successive opere non meno coinvolgenti, è uno dei tanti capolavori di questo regista. Non oserei neppure relegare tale pellicola nel genere fantascienza poiché tratta sì di un futuro ormai alle porte ma scava passato e presente del nostro inconscio riportando a galla paure e incubi ancestrali, senso del vuoto, spazio infinito, mistero, buio, ignoto minaccioso e angosciante.
Tutto ciò grazie ad uno dei maggiori artisti cui il nostro Paese ha dato i natali: Carlo Rambaldi nato a Vigarano Mainarda (Ferrara) il 15 settembre 1925 e morto a Lamezia Terme il 10 agosto 2012 dove viveva. Noto a livello internazionale per le sue opere in campo cinematografico vinse tre premi Oscar per i migliori effetti speciali prima in “King Kong” di John Guillermin del 1976, “Alien” (1979) ed in ultimo “E.T. the Extra Terrestrial” (1982) di Steven Spielberg. Emozionando il mondo intero con quest’ultimo lavoro, probabilmente la sua opera migliore, ha voluto dissipare nell’azzurro delle pupille della creatura protagonista venuta dall’abisso degli spazi siderali ogni timore instillato dal predatore Xenomorfo privo di occhi visibili.
Diplomato geometra e laureatosi all’Accademia di belle arti di Bologna, nel 1956 Carlo Rambaldi inizia a frequentare gli ambienti della produzione cinematografica italiana per il film Sigfrido di Giacomo Gentilomo e successivamente lavorando al seguito di registi dello spessore di Mario Monicelli, Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini, Dario Argento, sempre con Spielberg per “Incontri ravvicinati del terzo tipo” (1977) e “Dune” (1984) di David Lynch. Egli è stato il primo e forse unico autore di effetti speciali obbligato a provare dinanzi a un giudice la natura artificiale di quanto realizzato nei film. Infatti per la scena della vivisezione canina in “Una lucertola con la pelle di donna” (1971) di Lucio Fulci, quest’ultimo venne citato in tribunale con l’accusa di crudeltà verso gli animali. Fulci sarebbe andato incontro ad una severa condanna penale qualora Rambaldi non avesse fornito alla Corte la “prova provata” delle sue capacità di far apparire come “veri” i fantocci di cani utilizzati per le riprese. È un di più sottolineare che quando nel 1971 venne riaperta l’istruttoria in merito alle circostanze sulla morte di Giuseppe Pinelli, il magistrato inquirente dispose un esperimento giudiziale per ricostruire le modalità di caduta del corpo ed a Carlo Rambaldi fu commissionato il manichino che duplicasse in ogni minimo particolare le caratteristiche della vittima. Tutto questo la dice lunga sulla creatività dell’artista.
Successivamente negli USA, ad Hollywood, Carlo Rambaldi affinerà il suo ingegno mediante l’utilizzo della meccatronica (effetti speciali ottenuti con l’unione di meccanica ed elettronica).
È stato membro del “Comitato d’Onore dell’Ischia Film Festival” e “Accademia ACT Multimedia” di Cinecittà nonché giurato della manifestazione di Assisi, il “Calendimaggio”. Dopo la sua morte il Comune calabrese di Motta Santa Lucia (Catanzaro) creò il “Premio alla memoria di Carlo Rambaldi”, futura collaborazione fra il Comune e la “Fondazione Rambaldi” la cui onorificenza fu ritirata dalla figlia Daniela Rambaldi per mani del Sindaco Amedeo Colacino.
Oggi per la prima volta in esclusiva mondiale saranno proposte le opere pittoriche di questo Maestro degli effetti speciali grazie ad Annunziata Staltari e Angela Artepozzo rispettivamente della “Associazione Culturale-Internazionale Artisti del Quadrifoglio” e “Organizzazione Artepozzo”. Due persone attive nel mondo dell’arte, tenaci, appassionate, capaci, competenti ed esse stesse autrici.
Scontato e quasi imperativo il fatto che sia proprio la città di Lamezia ad ospitare questa prima mostra dal titolo “Arte e Cinema” circa l’attività pittorica di Carlo Rambaldi avendo egli stretto da sempre un forte legame affettivo con la Calabria dove decise di trascorrere gli ultimi anni di vita pur essendo nato in provincia di Ferrara. Quindi Lamezia come prima tappa per l’esposizione delle opere del “padre” di E.T. ha un significato particolare che “Artepozzo” e “Quadrifoglio”, in collaborazione con Daniela Rambaldi vicepresidente del Museo intitolato al padre, il 5 agosto prossimo sanciranno al teatro Grandinetti esibendo la multiforme creatività del nostro genio oltre ad esecuzioni di altri pittori, scultori e fotografi invitati dagli organizzatori a condividere l’evento.
Poco o niente conosco circa l’aspetto del tutto artistico di Carlo Rambaldi ed in “rete” è pressoché impossibile trovare immagini dei suoi lavori giustamente custoditi con avvedutezza dalla figlia Daniela. Meglio così, ci sono state regalate ulteriori ed inedite emozioni e nel silenzio e rispetto di questo grande Artista abbiamo avuto modo di valutarne appieno la grandezza.

Adesso la commemorazione del nostro geniale Carlo Rambaldi si sta allontanando nello spazio e nel tempo lasciandosi dietro una scia luminosa di speranza per le generazioni future. Come già riferito sembrerebbe che con il suo ultimo lavoro il Maestro abbia voluto dissipare nell’azzurro delle pupille di ET ogni timore instillato dal predatore Xenomorfo privo di occhi visibili (Alien)”. Accanto ai suoi lavori sono infatti esposte opere di artisti contemporanei, giovani e meno giovani, pittori, fotografi, scultori i quali proseguiranno il viaggio intrapreso dal papà di Daniela in compagnia della più rassicurante e sperduta creatura aliena che fantasia e inventiva di sceneggiatori e registi siano mai stati in grado di proporre. Splendida Daniela Rambaldi, cordialità, simpatia, eleganza e bellezza stupefacenti.

Sono stato chiamato, e volentieri ho accolto, ad introdurre l’evento assumendone il grande privilegio e responsabilità. Spero di essere stato all’altezza, cosa facilissima da realizzare se, fatto neppure più unico di questi tempi, non avessi incontrato persone di rara squisitezza dunque mai avrei potuto correggere la rotta rifugiandomi, come alcuni critici “accreditati” potrebbero permettersi di fare, in facili, acuminati, offensivi e supponenti interpretazioni. Mi sono pertanto adeguato alla figura di presentatore “indebitato” (con me stesso), se non altro per la commozione, partecipazione ed entusiasmo che ho avuto modo di percepire. Ovviamente ho pure attraversato banchi di pulviscolo cosmico, scorie e materiali di rigetto delle implosioni di corpi vaganti collassati; rientra nei limiti della normalità che qualcosa si perda nello spazio interstellare. Verso il nulla che l’ha generata.
Dunque ho virato sulle opere del Maestro Carlo Rambaldi (Vigarano Mainarda – Ferrara, 15 settembre 1925 – Lamezia Terme, 10 agosto 2012) per “atterrare” su una base spaziale abitata da moderno impressionismo, espressionismo, futurismo “statico” ed esecuzioni di scenari fantasiosi che di certo costellavano la mente di questa personalità unica. Il fatto che tuttora tali panorami possano sussistere è discorso da non affrontare in questa sede.
Nella stupefacente Regione che ci ha accolto, micro e macro “Cosmo” di bellezze naturali, paesaggistiche, coste, mare, arte, sole, colori e antichità che qui riflettono al massimo grado ogni tesoro della nostra Penisola ho avuto modo di sognare con l’amabilissima Daniela Rambaldi, vicepresidente della “Fondazione Carlo Rambaldi”. Il dott. Giuseppe Lombardi direttore della medesima che ringrazio di cuore per le istintive parole spese nei miei riguardi al Red Carpet. Annunziata Staltari Celea (Associazione Artisti del Quadrifoglio), tenace, meravigliosa persona, intellettualmente e moralmente pulita, onesta nel racchiudere in sé tutte le sfaccettature di questo grande patrimonio che ci è stato dato custodire e godere. Angela Maioli Parodi (Artepozzo Energie d’Arte Contemporanea) grazia ed eleganza, il modo delicato di porgerti un bicchier d’acqua narra di antiche leggende e passa inosservato ai più come falena nelle notti senza luna, il suggerimento che ti sfiora leggero. Max Baroni, poeta, danzatore, fantasista e giovane amico conosciuto da sempre. Unitamente al corpo di ballo formato dalle bravissime Mirella Avenoso e Paola Fortuna l’evento ha avuto inizio con una performance suggestiva, interpretata stupendamente, perfetta! Così come l’amica scrittrice e danzaterapeuta Gabriella Spadaro che nel “dietro le quinte” non si è risparmiata affinché tutto procedesse per il meglio.

DAL PALCO…

Verrà quel momento siderale
e il buio, l’oscurità, sarà
profonda come il Male,
quasi da sembrare giorno
maligno, tutto in esso
annullato, stelle, galassie,
ammassi di materia
tornati allo stadio primordiale,
inizio, altro risorgimento cosmico.
Pensieri, sogni, speranze,
arte e cultura, le liriche ed i canti,
guerre, invidia, opere magistrali
più non saranno. Neppure mai esistiti.
Ma… un segnale, seppur tenue
come il vagito neonatale,
persisterà nell’etere,
visione! Senza occhi ad osservarla,
abbagliante, inarrestabile, coraggiosa,
composta dall’invenzione di Max Baroni,
dolcezza senza pari Mirella Avenoso,
generosità, fratellanza Gabriella Spadaro,
lo sguardo di seta, penetrante,
scudisciate plananti su pubblico silente,
come di tappeto volante che ovunque si posa
e s’invola all’istante, sfuggente,
permane: Paola Fortuna.
E il mio genio.
Non diranno alcunché questi nomi ma…
saranno qualcosa da cui ripartire,
volare verso accoglienti approdi.
Rinascita.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Lamezia Terme (RC), 5 agosto 2017

Gli artisti contemporanei che ci hanno accompagnato:

Cosimo Allera. Le sue opere in ferro sono tese al superamento del “volume” al fine di raffigurare l’inconscio del soggetto riprodotto cui tende ad imprimere vita e movimento. Futurismo ed espressionismo nuova generazione. Nell’opera esposta al teatro Grandinetti risalta la tendenza al superamento di una fase che, attraverso la particolare lavorazione del metallo, tende a dare “corpo” alla materia inerte.

– Ho visto negli occhi dell’artista Elisa Donetti l’avvilimento di chi subisce grave ingiustizia. Come negli attimi di vita, emozioni, gesti che fissa con insolita maestria nei suoi dipinti ad olio trovando ispirazione dal palcoscenico della quotidianità. Ho avuto l’impulso di abbracciarla, consolarla quasi fosse bambina, il viso di una dolcezza incantata, sembrerebbe vivere nel mondo che ha iniziato ad elaborare con collage di frammenti opportunamente preparati ed inseriti a mosaico sul supporto. I suoi màndala perenni, da non dissolversi ad esecuzione avvenuta per ricordare la caducità delle cose bensì elaborato della crescita interiore di Elisa, spinta che la riconduce alla fiaba. Nell’opera esposta ho avuto modo di osservare guarnizioni metalliche che vibrando si distanziano dalla base, applicazioni che vorrebbero evidenziare realisticamente la prospettiva del suo sogno. In effetti anche nelle sue figure ad olio si avverte distacco dalla realtà, momenti di sospensione dal quotidiano del personaggio rappresentato.

Elisabetta Macrì (in arte Lisam Perla) e l’immaginario pittorico accessibile, confortevole, pervaso da porte, varchi, accessi, volte, scalinate che consentono o impediscono l’accoglimento di ogni visione onirica di cui l’opera è pervasa.

Enrico De Sisto e l’onda d’urto del primo impatto avuto con “Fulmine sul monte Terminillo” e “Curva bianconera”. Mi sono aggrinfiato alle sfere che forse solo io vedo, masse esoteriche incombenti sulle figure in basso, agnelli e “la morte nell’anima” del pubblico “tifoso”. Eccellente.

Fabrizio Gatta, fotografo e video maker. Oltre alla sua indiscutibile professionalità, indagatore del mondo di cui le più svariate situazioni riesce a fissare in immagini atte a definirne il contesto attraverso lo “scatto” appropriato, è pure esploratore della “figura” femminile, mistero che pone fra due vetrini per analizzarne al microscopio polarizzatore ogni più recondito recesso carnale e spirituale. Quanto esposto e prodotto nel corso dell’evento non credo necessiti di ulteriori commenti.

Giacomo Mozzi – Parafrasando Wystan Hugh Auden “Se un’attraente natura vedrai/corri verso lei e vivila se puoi,/sia essa mare in tempesta,/dune del deserto,/cime tempestose./ Senza timore ma da sfrontato, da subito./ Realizza dunque all’istante/ qualsiasi sogno la tua mente vagheggi./ Non abbiamo visioni nella tomba.” Libera interpretazione della lirica: “The moment”
Giacomo è fotografo video maker, abile nel fissare il momento dell’accadimento, l’adolescente che cerca di attirare l’attenzione, nel salutare desidera essere ammirato prima del tuffo, una delle tante prodezze che dovrà affrontare nella vita rappresentata dall’onda che sta raccogliendo energia per metterlo a dura prova. Bella persona Giacomo, esperto, schivo, umile, competente, sensibile eppur attento e di grande professionalità.

Gianfranco Bianchi. Labirinto! Vedo il tentativo di riprodurre la leggendaria costruzione tradizionalmente attribuita all’architetto Dedalo e caratterizzata dall’intersezione multipla di percorsi talmente intricati da rendere difficile l’orientamento. Un groviglio per esprimere la complessità della mente umana? Chi ci avrebbe mai pensato! Potrebbe essere che l’esecutore di tale manufatto abbia voluto evidenziare l’insidia, viltà, egoismo insiti nella natura umana e celati tra gli anfratti del senno? Perche? Ecco! Sotto tale aspetto quanto esposto potrebbe essere attinente.

Lino Monopoli. Artista “dal multiforme ingegno”, eclettico cultore di Pinocchio, ovvero il protagonista de “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” capolavoro di Carlo Collodi (Carlo Lorenzini) ha fatto sua l’affermazione di un grande filosofo: “Non è necessario leggere tanti libri, basta un solo buon testo se di esso ci si è appropriati del profondo contenuto”. Forse è Plinio il Vecchio(ma non lo giurerei) lo stesso di “Nessun libro è così brutto da non servire in qualche modo”… Impropriamente indicato come romanzo per bambini “Pinocchio” è filosofia allo stato puro, distillato dei più significativi concetti di come intendere la vita in società non inquinati da ridondanti ulteriori nozioni, stratificazioni del pensare, incrostazioni culturali. Dal pragmatico Mastro Ciliegia all’irascibile Mastro Geppetto, poeta, romantico sognatore che in un coccio di legno intuisce fattezze umane, coglie l’opportunità di realizzare poesia ovvero “creare”. Il Grillo Parlante la coscienza, il proprio io, “l’altro da sé” con cui quotidianamente combattiamo. La Bambina dai Capelli Turchini è l’approdo cui giungere per trovare il proprio equilibrio. Poi i coprotagonisti, ogni tentazione e insidia che inevitabilmente impattiamo nel corso della vita, personificati dal Gatto e la Volpe, Pescecane, Mangiafuoco, il Pescatore verde, l’omino di Burro, Lucignolo. Di Lino ho visto molte creazioni, tutte suggestive ed attraenti, direi quasi provocatorie, di certo affascinanti. Le sue sculture sono talmente “vere” e “vive”, realizzate con indubbia maestria, così pregne di significati da sconfinare nella metafisica. Lino si impegna personalmente e con vigore a diffondere la propria arte presso scuole e vari istituti di istruzione al fine di far comprendere agli alunni e studenti che vivere non è solo gioco e spensieratezza. Egli concentra la sua arte pure traguardando la varia umanità, compone disegni ed effettua ritratti sui mezzi pubblici a persone sconosciute sperimentando tecniche miste con chine ed olio. Complimenti.

Lorenzo Bersini… Lorenzo Bersini! Immagini dalle tonalità argentee, luminescenti, acquose, colori tanto più “inventati” quanto reali nell’armonia delle variegate composizioni alchemiche, immagini cui l’artista imprime forza vitale estrema, il senso del divenire nelle multiformi impercettibili soste esistenziali, amore, stupore, disorientamento, passione, bellezza e ammirazione della donna e tutto quanto in essa si celi. Vigore creativo, quasi rabbia nell’imprimere passione ai volti, estrarre da essi l’anima, il pensiero, ogni desiderio indicibile finanche a loro stesse. Con maestria e realismo magici è sorprendente che tutto ciò fuoriesca da supporti in carta artistica 30% cotone.

Luciano Cantoni. Il gesto! Ed ogni espressione che contrassegna gli attimi della nostra esistenza. L’inconsapevolezza del movimento quando non siamo noi a volerlo. Nasce istintivo dagli impulsi che riceviamo nella quotidianità che ci circonda. Cenni che sono alfabeto del vivere, segnali dello stato d’animo che ci hanno colti impreparati, anche un silenzio ridondante in cui d’improvviso ci troviamo immersi si riverbera nella mimica del corpo. L’inevitabile cambiamento di una situazione che rappresenta “nicchia” del reale, l’essere scalfiti dalla inarrestabile mutevolezza del tutto, instabilità dei nostri affetti, incostanza del tempo siderale, il dolore e la gioia, effimeri entrambi, la veglia ed il torpore che ad essa ci rapisce forse per imitare il sonno eterno, prova generale dell’ultimo traguardo.

Luciano Tigani, colori tenui, delicati, impressi al supporto con massima cura e attenzione del dettaglio. L’osservatore è costretto a percorrere i suoi scorci poiché lasciano intuire ciò che potrebbe celarsi oltre i confini della tela. Fiumi e tracciati che ci indirizzano, in silenzio, in un luogo di certo inquilino della nostra mente.

Marco Creatini, metafisica, inconscio, superamento del limite, sogno, eternità… fuggevole eternità, ingannevole, mutevole, avvolgente e scoprente. Con evidenti richiami al “classico” l’Autore cerca di afferrare l’allucinazione per raggiungere spazi in cui fermarsi a contemplazione del Tutto.

Maria Pia De Micheli. Cercare! Sempre. L’investigazione costante, senza sosta. Mai fermarsi, il miraggio fa muovere le cose di questo mondo ed è possibile trovarne le chiavi di lettura nel castello incantato che si erge sia “oltre” le miserie umane sia nel bar affollato, fra moltitudine di persone ciascuna di esse in religioso raccoglimento nell’origliare il silenzio della loro quotidiana fatica di vivere.

Mario Longhi ci guida nelle opposte direzioni che dall’uomo (siamo noi misura di riferimento dell’Universo?) si dipartono alla ricerca della prova inconfutabile dell’esistenza di “qualcosa al di là” che dia infine contezza della reale massa che rappresentiamo nel Cosmo.

MBU-69 Artist Opera innovativa sotto tutti gli aspetti. Attraente, accattivante. Nostalgico e promettente percorso nel mondo di un’arte da troppo tempo sottovalutata se non ignorata: Il fumetto. Non ho avuto modo di ammirarla come merita, ogni volta che abbandonavo il campo in esplorazione una forza magnetica mi riportava dinanzi al quadro per ritrovare altri ricordi, sensazioni. Neppure ho potuto verificare gli innumerevoli autori disposti con maestria in una magico collage “imballato” con spago come un tempo si usava per le gonfie valige dei “migranti” italiani. Guido Crepax, Hugo Pratt, Jean Giraud (Moebius) e, andando più indietro, “Il grande Blek”, “Capitan Miki”, Tex Willer, Rolad Eagle, Liberty Kid, Nembo Kid… Ce ne sarebbe da scrivere. Non posso evitare la citazione di Umberto Eco “Quando mi voglio rilassare leggo Hegel, se desidero impegnarmi Corto Maltese di Hugo Pratt”. Bella invenzione.

Nino Romano. “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino ha tagliato la mia vita (intendo proprio la mia). Pure il tratturo appena accennato in “Campo di grano” del Maestro Van Gogh, percorso che lo perderà nel nulla. Anche i binari attirano la nostra attenzione, in quel punto specifico dove si incontrano, all’infinito, sfuggente realtà (non potrebbe essere altrimenti), percezione nell’immobilità. Inganno. Nel cercare di avvicinarlo si allontana indefinitamente. Nino ambisce a tale meta che troverà solo al “limite” dove c’è… Tutto. Lo si intuisce e questo dà respiro alla nostra anima, seda l’irrequietezza ma… Sarà sufficiente?

Nuccio Gambacorta “Noi siamo nulla, precipitammo nella tenebra e saremo annientati. Eppure in questa tenebra, pensa, teniamo il perno segreto di un’idea che fuori, viva, al sole gira negli anni a venire.” – Stephen Spender. Non sarà, caro amico, che attraverso i tuoi dipinti tu stia cercando di afferrare quel perno. Magari cercandolo nella valigetta di un uomo che, nell’opera esposta al Grandinetti di Lamezia, indifferente e compassato attraversa ogni dimensione onirica? La domanda: “Alice nel Paese delle Meraviglie è… morta?” Perché solo attraverso il suo specchio potremmo raggiungere la dimensione cui ciascuno di noi aspira. Mi ci sono trovato dinanzi. Non è piano, avevo un metro nella mano destra ed osservavo la mia immagine distorta oltre confine cui riferivo il suo metro essere più corto del mio. Per di più ribaltato. “No!” mi rispondeva. “Guarda!” e misurò la lunghezza del tavolo. “Tre metri. Prova tu!” Misurai il tavolo che proprio tre metri risultò essere. Al di là tutto è conformato secondo altre leggi, proprio come da questa parte. L’uomo del dipinto varca entrambe le dimensioni, possiede il passaporto per attraversare indifferentemente ogni estensione, conosce la combinazione pertanto entra ed esce con disinvoltura mentre sembrano immobili gli ippocampi antropomorfi, cavalli alati, arcobaleno, il castello fatato che poggia al termine della folta chioma di altra figura umana alterata dal “mondo di mezzo”. Sullo sfondo lo statico profilo dell’incombente metropoli.

Valeria Ballestrazzi (Balleva). Nelle sue opere non credo di essere l’unico a contemplare una “Golconde” di sfere, bolle di sapone fluttuanti nella “schermata”. Non statiche come gli omini in bombetta (cadenti? Ascendenti?) dell’opera di Magritte ma librate nell’aria. Alla figura geometrica si aggiunge il gioioso tumulto di flora e fauna pervasi dal baluginare di colori maestosi, benevoli, frangenti che investono l’osservatore quasi a volerlo trascinare all’interno del dipinto. Le forme interagiscono fra loro in perfetta assonanza ed ogni singolo cromatismo potrebbe determinare imprevedibilmente il futuro che immagino coloratissimo e movimentato per questa artista.

Jessica Spagnolo percorre la realtà pittorica ricca di luci e ombre al fine di condurla alla figura quale soggetto predominante dei suoi quadri. Per quanto mi riguarda è sufficiente osservare il suo “Finalmente albeggia” al fine di comprendere la forza espressiva che Jessica riesce ad imprimere. Nello sguardo del nomade, volto circondato dai mirabili panneggi della kefia bianca, vedo la luce del sole, ne avverto il primo calore, ogni riverbero che preannuncia la sua totale comparsa, non il nostro astro, un altro si leverà alto sull’orizzonte, più grande, implacabile, vitale. Nello sguardo del nomade ravviso meraviglia. Oltre i confini della nostra “civiltà” il quotidiano avvenimento è “stupore”, ringraziamento, curiosità, incredulità, vita e morte. Nello sguardo del nomade vedo bontà in continuo conflitto con il male che la definisce e identifica. Lo sguardo del nomade, il profilo di tre quarti nel gioco della fioca luce e penombra che, all’interno della tenda, proprio quelle tonalità assumono, i riflessi ed i riverberi della pupilla… Nello sguardo di quel nomade vedo la mia ansia di ritornare nel deserto, nel sud/est del Sahara, accanto alle eterne grotte che custodiscono graffiti dei nostri progenitori. Questo ed altro vedo nello sguardo di quel nomade.

Dietro le quinte (ma non proprio):

– Ing. Francesco Grandinetti “Teatro Grandinetti” Lamezia terme. La targa in marmo esposta a fronte del teatro Grandinetti in Lamezia Terme recita: «La costruzione del teatro Grandinetti ad opera di FRANCESCO GRANDINETTI nato a Sambiase nel 1897 iniziò alla fine degli anni ‘30 è continuò, tra mille difficoltà per il reperimento dei materiali, durante il periodo della II guerra mondiale. Il teatro Grandinetti è stato inaugurato il 6 gennaio 1946. FRANCESCO GRANDINETTI aveva già costruito nel 1919 un altro teatro a Sambiase, ora Lamezia Terme. Lamezia Terme, dicembre 2009»
È indubbio quanto la famiglia Grandinetti abbia in tutti i modi coltivato il proprio senso del vivere civile, amore per la cultura sotto qualsiasi forma essa possa manifestarsi ed attaccamento alla città natale cui ha in tutti i modi contribuito a conferire lustro. Persone d’altri tempi che hanno messo a disposizione della comunità il loro spirito imprenditoriale.
In questa circostanza corrono dunque obbligo e condivisione rivolgere il più sentito ringraziamento all’ing. Francesco Grandinetti la cui totale disponibilità ha consentito di realizzare l’evento che resterà impresso nella storia di Lamezia, della regione Calabria, e ovunque nel mondo.
Sono certo di interpretare il pensiero di Daniela Rambaldi, Annunziata Staltari, Angela Artepozzo, Giuseppe Lombardi, gli artisti e collaboratori tutti nel renderli partecipi di questo atto di ossequio.
Un’ultima individuale considerazione… Mi domando come sia possibile non apprezzare il clima che si respira già nel momento in cui ci si trova nei pressi del teatro Grandinetti. Appena si accede all’interno è come viaggiare nel tempo. Le luci, lo stile liberty baroccheggiante, il palco, le “quinte”, i loggioni, il soffitto a cassettoni ti fanno vedere signore “…vestite di voile e di chiffon…” che si accomodano nelle poltrone accompagnate dalla voce di Achille Togliani. Per quanto conosca di Carlo Rambaldi, lettura, biografia, sue realizzazioni, film, opere pittoriche ammirate ed in gran parte da ciò che mi è stato narrato dall’amica Annunziata Staltari Celea la quale ha avuto il privilegio di conoscerlo, sostengo che il Maestro, per la grande semplicità che lo caratterizzava, avrebbe voluto essere celebrato con la manifestazione di sincero affetto organizzata da Angela ed Annunziata esattamente svoltasi come e dove avvenuta, senza ridondanza alcuna, istrionismo, appariscente finzione, ivi compresi gli intoppi, ritardi, eccezioni enumerati minuziosamente da virtuosi del bulino (utensile per incisione a mano su materiali vari al fine di asportare bavature, smussare spigoli, ecc. In paletnologia, lama di selce a forma di scalpello, propria del Paleolitico superiore). L’elaboratore Hal 9000, e concludo, del capolavoro di Stanley Kubrick “2001 odissea nello spazio” sbagliò nel fornire un dato all’equipaggio dell’astronave “Discovery One” in viaggio verso Giove poiché aveva raggiunto la fallibile perfezione di “Homo”. Lo stesso regista che in “Shining” evidenzia la labilità della mente umana quando il soggetto si trova solo dinanzi al proprio limite di individuo ed artista così che negli spazi tombali del gigantesco albergo cerca di ritrovare immaginari percorsi che gli forniscano l’alibi per sopprimere i solo testimoni del suo fallimento. Ma anche questa è un’altra storia… Per quella magnificamente svoltasi fra le mura del teatro Grandinetti il mio personale “grazie” all’ing. Francesco Grandinetti che mi ha onorato della sua amicizia.

– Il mio sentito ringraziamento all’amico e, senza enfasi alcuna, grande giornalista Sebastiano Catte il cui prezioso, umile e costante contributo ha permesso di dare meritata e dovuta risonanza mediatica dell’evento. Ciao Sebastiano, un abbraccio anche a nome di Angela e Annunziata e, sono convinto, di tutti i protagonisti e comprimari di questa magnifica avventura.

– Ciao Lucio [miraggiodilux (Lucio Russo ph)], piacere grande averti conosciuto in questa speciale circostanza non solo per la tua simpatia, pure la pazienza di effettuare diversi scatti prima di decidere quale fosse la migliore immagine (a me apparivano tutte eccellenti). Se possiedo una foto insieme alla splendida Daniela Rambaldi lo devo a te che hai avuto la sensibilità di richiederla.

BALLERINA

Ballerina con passo leggero,
danza la vita.
Dolce musica ti accompagni
nell’armonia della tua ritmica.
Balla, balla questa lirica
dedicata al cinema, l’arte, l’amore.
Un fantastico brano,
flessuoso come il tuo corpo,
ispira inediti passi,
con le tue note e oscillazioni,
incontri dell’anima,
riverbero di ogni bramosia,
sfiori sensazioni,
fai battere il cuore,
brividi di forti emozioni.
Accarezzi pensieri
fai volare come il vento
nell’universo onirico.
Sfumature della creatività fai vivere
leggiadra come sei!
Tocchi il cielo di poesie e luce,
fai oltrepassare le barriere del talento
come profondo respiro.
Esalti il mondo fantasioso
abitato da genialità e invenzione,
dal grande Maestro dei sogni…
Carlo Rambaldi.

Simona Rea – Sora Frosinone

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Lamezia Terme (RC), 27 agosto 2017

Mauro ringrazia la poetessa Simona. A lei i meritati applausi.

Sono a tutti riconoscente, di cuore. Esperienza indimenticabile. Nel salutarvi desidero citare il grande Pier Paolo Pasolini con cui il Maestro Carlo Rambaldi ebbe modo di collaborare:
“Il cinema è un’esplosione del mio amore per la realtà”
Pier Paolo Pasolini – Empirico eretico
Da oggi possiamo affermare che il cinema è anche esplosione di amore per il sogno. L’arte il solo strumento che ci permetterà di realizzarlo.

Lamezia Terme (RC), 27 agosto 2017

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

THE END (for the moment)

Immagini in evidenza relative all’evento servizio fotografico miraggiodilux (Lucio Russo ph)

RIPRODUZIONE RISERVATA AL “MUSEO FONDAZIONE RAMBALDI”, “ASSOCIAZIONE ARTISTI DEL QUADRIFOGLIO”, “ASSOCIAZIONE ARTEPOZZO”, ARTISTI, GIORNALISTI E PROFESSIONISTI CITATI NEL PRESENTE SERVIZIO E/O PER CONDIVISIONE INTEGRALE SU FACEBOOK DEL PRESENTE ARTICOLO

Francesco Grandinetti – CARLO RAMBALDI “Arte e Cinema” – 5/27 agosto 2017 teatro Grandinetti – Lamezia Terme CZ Italy

CARLO RAMBALDI

“Arte e Cinema”

Dal 5 al 27 agosto 2017 teatro Grandinetti di Lamezia Terme CZ Italy

DANIELA RAMBALDI vicepresidente del
Museo “Fondazione Rambaldi”

ANNUNZIATA STALTARI
“Associazione Artisti del Quadrifoglio”

ANGELA ARTEPOZZO
“Associazione Artepozzo”

Ing. FRANCESCO GRANDINETTI
“Teatro Grandinetti – Lamezia terme”

La targa in marmo esposta a fronte del teatro Grandinetti in Lamezia Terme recita:

«La costruzione del teatro Grandinetti ad opera di

FRANCESCO GRANDINETTI

nato a Sambiase nel 1897 iniziò alla fine degli anni ‘30 è continuò, tra mille difficoltà per il reperimento dei materiali, durante il periodo della II guerra mondiale.
Il teatro Grandinetti è stato inaugurato il 6 gennaio 1946.
FRANCESCO GRANDINETTI aveva già costruito nel 1919 un altro teatro a Sambiase, ora Lamezia Terme.
Lamezia Terme, dicembre 2009»

È indubbio quanto la famiglia Grandinetti abbia in tutti i modi coltivato il proprio senso del vivere civile, amore per la cultura sotto qualsiasi forma essa possa manifestarsi ed attaccamento alla città natale cui ha in tutti i modi contribuito a conferire lustro. Persone d’altri tempi che hanno messo a disposizione della comunità il loro spirito imprenditoriale.
In questa circostanza corrono dunque obbligo e condivisione rivolgere il più sentito ringraziamento all’ing. Francesco Grandinetti la cui totale disponibilità ha consentito di realizzare l’evento che resterà impresso nella storia di Lamezia, della regione Calabria, e ovunque nel mondo.
Sono certo di interpretare il pensiero di Daniela Rambaldi, Annunziata Staltari, Angela Artepozzo, Giuseppe Lombardi, gli artisti e collaboratori tutti nel renderli partecipi di questo atto di ossequio.
Un’ultima individuale considerazione… Mi domando come sia possibile non apprezzare il clima che si respira già nel momento in cui ci si trova nei pressi del teatro Grandinetti. Appena si accede all’interno è come viaggiare nel tempo. Le luci, lo stile liberty baroccheggiante, il palco, le “quinte”, i loggioni, il soffitto a cassettoni ti fanno vedere signore “…vestite di voile e di chiffon…” che si accomodano nelle poltrone accompagnate dalla voce di Achille Togliani. Per quanto conosca di Carlo Rambaldi, lettura, biografia, sue realizzazioni, film, opere pittoriche ammirate ed in gran parte da ciò che mi è stato narrato dall’amica Annunziata Staltari Celea la quale ha avuto il privilegio di conoscerlo, sostengo che il Maestro, per la grande semplicità che lo caratterizzava, avrebbe voluto essere celebrato con la manifestazione di sincero affetto organizzata da Angela ed Annunziata  esattamente svoltasi come e dove avvenuta, senza ridondanza alcuna, istrionismo, appariscente finzione, ivi compresi gli intoppi, ritardi, eccezioni enumerati minuziosamente da virtuosi del bulino (utensile per incisione a mano su materiali vari al fine di asportare bavature, smussare spigoli, ecc. In paletnologia, lama di selce a forma di scalpello, propria del Paleolitico superiore). L’elaboratore Hal 9000, e concludo, del capolavoro di Stanley Kubrick “2001 odissea nello spazio” sbagliò nel fornire un dato all’equipaggio dell’astronave “Discovery One” in viaggio verso Giove poiché aveva raggiunto la fallibile perfezione di “Homo”. Lo stesso regista che in “Shining” evidenzia la labilità della mente umana quando il soggetto si trova solo dinanzi al proprio limite di individuo ed artista così che negli spazi tombali del gigantesco albergo cerca di ritrovare immaginari percorsi che gli forniscano l’alibi per sopprimere i solo testimoni del suo fallimento. Ma questa è un’altra storia…
Per quella magnificamente svoltasi fra le mura del teatro Grandinetti il mio personale “grazie” all’ing. Francesco Grandinetti che mi ha onorato della sua amicizia.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: ricavata dal web – Scorcio di interno Teatro Grandinetti – Lamezia Terme CZ Italy

RIPRODUZIONE RISERVATA – PUBBLICAZIONE AUTORIZZATA A ing. FRANCESCO GRANDINETTI, “FONDAZIONE CARLO RAMBALDI”, “ASSOCIAZIONE ARTISTI DEL QUADRIFOGLIO”, “ASSOCIAZIONE ARTEPOZZO” 

CARLO RAMBALDI – “Arte e Cinema” – Dal 5 agosto prossimo al teatro Grandinetti di Lamezia Terme

CARLO RAMBALDI

“Arte e Cinema” – Dal 5 agosto prossimo al teatro Grandinetti di Lamezia Terme

DANIELA RAMBALDI vicepresidente del Museo “Fondazione Rambaldi”

ANNUNZIATA STALTARI – “Associazione Artisti del Quadrifoglio”

ANGELA ARTEPOZZO – “Associazione Artepozzo”

“Nello spazio nessuno può sentirti urlare.”

Spente le luci della sala cinematografica è questa la tagline che nel comparire improvvisamente sullo schermo smorza ogni brusio. La frase breve e diretta riassume in modo istantaneo quanto ci verrà proposto dalle immagini a seguire costringendo lo spettatore a raddrizzarsi verso lo schienale della poltrona per rimanervi inchiodato fine alla fine del film. “ALIEN”! Del grande Ridley Scott, forse il più celebrato, discusso e rivisitato in successive opere non meno coinvolgenti, è uno dei tanti capolavori di questo regista. Non oserei neppure relegare tale pellicola nel genere fantascienza poiché tratta sì di un futuro ormai alle porte ma scava passato e presente del nostro inconscio riportando a galla paure e incubi ancestrali, senso del vuoto, spazio infinito, mistero, buio, ignoto minaccioso e angosciante.
Tutto ciò grazie ad uno dei maggiori artisti cui il nostro Paese ha dato i natali: Carlo Rambaldi nato a Vigarano Mainarda (Ferrara) il 15 settembre 1925 e morto a Lamezia Terme il 10 agosto 2012 dove viveva. Noto a livello internazionale per le sue opere in campo cinematografico vinse tre premi Oscar per i migliori effetti speciali prima in “King Kong” di John Guillermin del 1976, “Alien” (1979) ed in ultimo “E.T. the Extra Terrestrial” (1982) di Steven Spielberg. Emozionando il mondo intero con quest’ultimo lavoro, probabilmente la sua opera migliore, ha voluto dissipare nell’azzurro delle pupille della creatura protagonista venuta dall’abisso degli spazi siderali ogni timore instillato dal predatore Xenomorfo privo di occhi visibili.
Diplomato geometra e laureatosi all’Accademia di belle arti di Bologna, nel 1956 Carlo Rambaldi inizia a frequentare gli ambienti della produzione cinematografica italiana per il film Sigfrido di Giacomo Gentilomo e successivamente lavorando al seguito di registi dello spessore di Mario Monicelli, Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini, Dario Argento, sempre con Spielberg per “Incontri ravvicinati del terzo tipo” (1977) e “Dune” (1984) di David Lynch. Egli è stato il primo e forse unico autore di effetti speciali obbligato a provare dinanzi a un giudice la natura artificiale di quanto realizzato nei film. Infatti per la scena della vivisezione canina in “Una lucertola con la pelle di donna” (1971) di Lucio Fulci, quest’ultimo venne citato in tribunale con l’accusa di crudeltà verso gli animali. Fulci sarebbe andato incontro ad una severa condanna penale qualora Rambaldi non avesse fornito alla Corte la “prova provata” delle sue capacità di far apparire come “veri” i fantocci di cani utilizzati per le riprese. È un di più sottolineare che quando nel 1971 venne riaperta l’istruttoria in merito alle circostanze sulla morte di Giuseppe Pinelli, il magistrato inquirente dispose un esperimento giudiziale per ricostruire le modalità di caduta del corpo ed a Carlo Rambaldi fu commissionato il manichino che duplicasse in ogni minimo particolare le caratteristiche della vittima. Tutto questo la dice lunga sulla creatività dell’artista.
Successivamente negli USA, ad Hollywood, Carlo Rambaldi affinerà il suo ingegno mediante l’utilizzo della meccatronica (effetti speciali ottenuti con l’unione di meccanica ed elettronica).
È stato membro del “Comitato d’Onore dell’Ischia Film Festival” e “Accademia ACT Multimedia” di Cinecittà nonché giurato della manifestazione di Assisi, il “Calendimaggio”. Dopo la sua morte il Comune calabrese di Motta Santa Lucia (Catanzaro) creò il “Premio alla memoria di Carlo Rambaldi”, futura collaborazione fra il Comune e la “Fondazione Rambaldi” la cui onorificenza fu ritirata dalla figlia Daniela Rambaldi per mani del Sindaco Amedeo Colacino.
Oggi per la prima volta in esclusiva mondiale saranno proposte le opere pittoriche di questo Maestro degli effetti speciali grazie ad Annunziata Staltari e Angela Artepozzo rispettivamente della “Associazione Culturale-Internazionale Artisti del Quadrifoglio” e “Organizzazione Artepozzo”. Due persone attive nel mondo dell’arte, tenaci, appassionate, capaci, competenti ed esse stesse autrici.
È scontato e quasi imperativo il fatto che sia proprio la città di Lamezia ad ospitare questa prima mostra dal titolo “Arte e Cinema” circa l’attività pittorica di Carlo Rambaldi avendo egli stretto da sempre un forte legame affettivo con la Calabria dove decise di trascorrere gli ultimi anni di vita pur essendo nato in provincia di Ferrara. Quindi Lamezia come prima tappa per l’esposizione delle opere del “padre” di E.T. ha un significato particolare che “Artepozzo” e “Quadrifoglio”, in collaborazione con Daniela Rambaldi vicepresidente del Museo intitolato al padre, il 5 agosto prossimo sanciranno al teatro Grandinetti esibendo la multiforme creatività del nostro genio oltre ad esecuzioni di altri pittori, scultori e fotografi invitati dagli organizzatori a condividere l’evento.
Poco o niente conosco circa l’aspetto del tutto artistico di Carlo Rambaldi ed in “rete” è pressoché impossibile trovare immagini dei suoi lavori giustamente custoditi con avvedutezza dalla figlia Daniela. Meglio così, mi saranno regalate ulteriori ed inedite emozioni quando visiterò la mostra ricordando a tutti che

“Durante la visione nessuno può lasciarsi andare ad esclamazioni”

Nel silenzio e rispetto di questo grande Artista avremo modo di valutarne appieno la grandezza.

Mauro Giovanelli – Genova

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Immagine in evidenza: Manifesto della Manifestazione – CARLO RAMBALDI – “Arte e Cinema” – Dal 5 agosto prossimo al teatro Grandinetti di Lamezia Terme 

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EVOLUZIONE DELLA SOTTOSPECIE

EVOLUZIONE DELLA SOTTOSPECIE

Essendo stato sollecitato da un amico (importante) ad esporre la mia opinione in merito all’esito delle ultime elezioni comunali in Genova (2017) informo di astenermi dall’elargire opinioni personali su singoli soggetti.
Comunque… in generale ritengo che al suo interno la politica della nostra Penisola abbia favorito in modo determinante l’evoluzione della sottospecie.

Mauro Giovanelli
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Nobile Specie di Iguana, iguana delicatissima, dominio Eukaryota (nulla ha a che fare con il presente appunto).

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ITALIA… POLITICA PROVERBIALE!

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POLITICA PROVERBIALE!

“Non ci sono più le mezze stagioni”. Vero! Per gli armadi dei cittadini comuni che impiegano e riciclano di continuo gli stessi “capi”, come in Parlamento. L’affermazione “Chi troppo velocemente in alto sale cade sovente precipitevolissimevolmente” (vedi Renzi) oggi non trova più consensi essendo verificato che “[non] è l’abito a fare il monaco” (vedi Renzi). Sono pure scomparsi, o meglio si confondono tra la folla, coloro che “parlano da soli” (vedi Renzi) naufragati nelle caterve di auricolari (e maree di guardie del corpo). Vige sempre “una mano lava l’altra e tutt’e due lavano il viso” (vedi Renzi-Boschi-Etruria) sebbene “chi la fa, l’aspetti” (vedi Renzi-Letta) potrebbe essere invertita in “chi la fa non l’aspetti” (vedi Letta-Renzi).
“Mala tempora currunt”! “Stiamo attraversando epoche buie” e ciò che deriva dai saggi latini è inoppugnabile. Perfino “una rondine [non] fa [più] primavera” è priva di senso, quasi tutte migrano in altri “lidi”. Effettivamente l’aria è diventata irrespirabile, vero è che “quando la merda sale sullo scranno o fa puzza o fa danno” e qui, nei Palazzi del Potere e dei Partiti (vedi Renzi & C.), ce ne sono a strafottere. Neppure possiamo più dire che “il mattino ha l’oro in bocca”, finanche quello ci hanno tolto (vedi Monti-Fornero, Letta-Letta, Renzi-Padoan-Boschi, Gentiloni) i seguaci della massima “Il tempo è denaro” (per i soliti noti, sé medesimi) e, se “gallina vecchia fa buon brodo”… né la Bindi, tantomeno il suo “clone” Serracchiani, potrebbero rendersi utili a qualsivoglia… voglia di ragionare. Bene! “Il primo amore non si scorda mai” (vedi Renzi-Berlusconi) ma non sempre “chi va con lo zoppo impara a zoppicare” (vedi Renzi-Boschi, Boschi-Renzi, Renzi-Boschi…) sebbene in tal senso sia estremamente arduo distinguere insegnanti ed allievi nel guazzabuglio della politica italiana dove risulta assurdo “chi pecora si fa, lupo lo mangia” dato che tutti arraffano mentre gli ovini stanno a guardare. Del resto Poletti sostiene “aiutati che il ciel ti aiuta” nel considerare “pirla” tutti i giovani costretti a trovare lavoro all’estero mentre quel genio di suo figlio dirige un “mensile” con cinquemila copie di tiratura (meno dei “contatti” di molti frequentatori dei “social”) ricevendo il finanziamento pubblico di 500 mila €uro. Quindi nel caso specifico papà è il “ciel” così come ogni appartenente la “casta” nonché eredi, mogli, amanti, affini (vedi… quasi tutti. Anche Fini). Eh… si! Stai attento caro lettore, “non fare di tutta l’erba un fascio” tanto il “fieno che avevi messo in cascina” te l’hanno fatto fuori le Banche, “Etruria” compresa, per cui “chi ben comincia è a metà dell’opera” si ritrova invece al punto di partenza. Neppure in slip succinti del vigile che, così abbigliato, superbe infradito, timbra il cartellino per tornare al dovere coniugale. Dunque? Che fare? Vero è che “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” ma… se vengono a mancare i presupposti neppure puoi evitare di negare credito… i quattrini te li prendono alla fonte con accise, IVA, ticket, bolli, tasse, contributi, imposte, sovvenzioni, “una tantum”, “una semper”. Che Paese! “Il buon giorno si vede dal mattino” ti catapulta come una freccia ne “la notte porta consiglio” (non dei Ministri) ma lo fanno per il tuo bene essendo indiscutibile che “chi dorme non piglia pesci”. Meglio quindi stare svegli a pensare come sbarcare il lunario. Anche i bambini sono consci de “la speranza è l’ultima a morire” (vedi Speranza), “tentar non nuoce” (vedi Orlando ed Emiliano) però “chi si accontenta gode” non ha più un “chi”. Nei Palazzi vogliono solo godere, alla grande pure, sono smodati, spudorati, impudenti… l’unico a compiacersi devi essere tu, gli 80 €uro della guida scout mica sono uno scherzo… Napolitano ne prende solo 880 mila, all’anno però, con carrozza privata delle FS, auto e autista, appartamento credo… almeno mi risulta ciò e non è il solo. Chetati dunque!! “Con il fieno e con la paglia maturano le nespole”! Almeno questo dovrebbe esserti noto. Il fieno l’hanno tolto dalla tua cascina e la paglia è stata utilizzata per alimentare innumerevoli… “fuochi di paglia” appunto in modo che tu possa godere appieno, in cortile, del “rosso di sera buon tempo si spera”. Credevi fossero egoisti a tal punto? Privarti anche di questo? La tua mogliettina aspetta stravolta in cucina, rassettato ha le stoviglie, siete tranquilli, consci che alcuno disattenderà il motto “fra moglie e marito non mettere il dito”. Infatti costoro sono solo in attesa della serena dipartita di uno dei due per una “reversibile” dimezzata, o quasi, tenendo conto del “doppio” reddito che si ritrova il superstite su cui precipitano tasse a pioggia. Poi… doveste suicidarvi dalla disperazione… di certo il commento affranto di un “loro” rappresentante non vi sarà negato. Anche i direttori dei TG nazionali, di striscio, fra un taciuto bombardamento a Mosul e l’approfondimento dell’ennesima “seduta” del Congresso PD, un due parole di cordoglio ve le dedicherebbero. Intanto a Boeri, presidente dell’INPS, quello che “chi troppo vuole nulla stringe”, solo per il fatto di aver denunciato la crisi dell’Istituto per gli aberranti, stratosferici, innumerevoli ed eterni vitalizi dei politici… non resta che strofinarsi le mani… “meglio di niente”. “Piove Governo ladro”. E nevica sui terremotati che avrebbero dovuto essere “sistemati” entro un mese, anche quelli dei decenni scorsi. Dove viviamo? “Le bugie hanno le gambe corte”. O no? Mi pare che Renzi, al di là del suo essere brutto… ma brutto brutto, abbia una discreta taglia. Da quando è passato dalla bicicletta all’aereo di Stato è anche imbolsito e “stretta è la foglia, larga è la via, dite la vostra che ho detto la mia” si riferisce alla “stretta finanziaria”, ulteriore “tirare la cinghia” per le fasce deboli mentre “via” è il suo “girovita”, sempre del Matteo parlo, alle soglie di un 54/56. No! È dotato di arti inferiori atti alla corsa nel caso subodorassero quanto sia untuoso. Al suo confronto un’anguilla spalmata di grasso è carta vetro per cui, caro lettore, non recitare il rosario masticando fra i denti, pregando, anelando “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”. Attento a lui! “Nelle botti piccole c’è il vino buono” è una panzana. Guarda Brunetta! A questo punto:
“Si salvi chi può”

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Collezione privata dell’Autore

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