Archivi categoria: Citazioni

FERNANDO PESSOA – TABACCHERIA

TABACCHERIA

[…] Ma il padrone della Tabaccheria s’è affacciato sulla porta e vi è rimasto.
Lo guardo con il fastidio della testa piegata male
e con il disagio dell’anima che sta intuendo.
Lui morirà ed io morirò.
Lui lascerà l’insegna, io lascerò dei versi.
A un certo momento morirà anche l’insegna, e anche i versi.
Dopo un po’ morirà la strada dove fu stata l’insegna,
E la lingua in cui furono scritti i versi.
Morirà poi il pianeta che gira in cui tutto ciò accadde.
In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla gente
continuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,
sempre una cosa di fronte all’altra,
sempre una cosa inutile quanto l’altra,
sempre l’impossibile, stupido come il reale,
sempre il mistero del profondo certo come il sonno del mistero della superficie,
sempre questo o sempre qualche altra cosa o né una cosa né l’altra.
Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),
e la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.
Mi rialzo energico, convinto, umano,
con l’intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.
Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli
e assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.
Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,
e mi godo, in un momento sensitivo e competente
la liberazione da tutte le speculazioni
e la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell’essere indisposti. […]

FERNANDO PESSOA

Mauro Giovanelli – Genova
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Derek Walcott – IL NEGRO ROSSO CHE AMA IL MARE

IL NEGRO ROSSO CHE AMA IL MARE

Io sono solamente un negro rosso che ama il mare
ho avuto una buona istruzione coloniale
ho in me dell’olandese del negro e dell’inglese
sono nessuno, o sono una nazione.

Derek Walcott
Castries, Santa Lucia, 23 gennaio 1930 – 17 marzo 2017
premio Nobel 1992 per la letteratura

Mauro Giovanelli – Genova
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Derek Walcott – PER TUTTI I “TOLLERATI”

PER TUTTI I “TOLLERATI”

Disse Derek Walcott:

“…il tempo che di noi fa tanti oggetti, moltiplica la nostra naturale solitudine…”

questo scrittore riesce a riassumere in poche parole il problema (che non dovrebbe esistere) del razzismo e dei migranti. Una sua meravigliosa poesia:

IL NEGRO ROSSO CHE AMA IL MARE

“Io sono solamente un negro rosso che ama il
mare, ho avuto una buona istruzione coloniale, ho in me
dell’olandese del negro e dell’inglese, sono nessuno,
o sono una nazione”.

Derek Walcott

Mauro Giovanelli – Genova
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Lino Curci – QUESTO GRANO DELL’UOMO

QUESTO GRANO DELL’UOMO

Ho imparato negli anni
ad amare l’assenza, portatore
di creature lontane. Ho spigolato
il mio racconto d’anime. Ma è giunta l’ora
in cui tutto cestisce e si moltiplica
con più dolore, non so se un incontro
mi arricchisca o divori.
Avrei dovuto difendermi dal tuo dono,
ma già cresce più di ogni altra la tua piccola spiga
e per te sola pesa
questo grano dell’uomo.

Lino Curci

Mauro Giovanelli – Genova
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PIER PAOLO PASOLINI – Una luce

PIER PAOLO PASOLINI

Una luce

È una povera donna, mite, fine,
che non ha quasi coraggio di essere,
e se ne sta nell’ombra, come una bambina,
coi suoi radi capelli, le sue vesti dimesse,
ormai, e quasi povere, su quei sopravvissuti
segreti che sanno, ancora, di violette;
con la sua forza, adoperata nei muti
affanni di chi teme di non essere pari
al dovere, e non si lamenta dei mai avuti
compensi: una povera donna che sa amare
soltanto, eroicamente, ed essere madre
è stato per lei tutto ciò che si può dare.
La casa è piena delle sue magre
membra di bambina, della sua fatica:
anche a notte, nel sonno, asciutte lacrime
coprono ogni cosa: e una pietà così antica,
così tremenda mi stringe il cuore,
rincasando, che urlerei, mi toglierei la vita.
Tutto intorno ferocemente muore,
mentre non muore il bene che è in lei,
e non sa quanto il suo umile amore,
poveri, dolci ossicini miei
possano nel confronto quasi farmi morire
di dolore e vergogna, quanto quei
suoi gesti angustiati, quei suoi sospiri
nel silenzio della nostra cucina,
possano farmi apparire impuro e vile…
In ogni ora, tutto è ormai, per lei, bambina,
per me, suo figlio, e da sempre, finito:
non resta che sperare che la fine
venga davvero a spegnere l’accanito
dolore di aspettarla. Saremo insieme,
presto, in quel povero prato gremito
di pietre grigie, dove fresco il seme
dell’esistenza dà ogni anno erbe e fiori:
nient’altro ormai che la campagna preme
ai suoi confini di muretti, tra i voli
delle allodole, a giorno, e a notte,
il canto disperato degli usignoli.
Farfalle e insetti ce n’è a frotte,
fino al tardo settembre, la stagione
in cui torniamo, lì dove le ossa
dell’ altro figlio tiene la passione
ancora vive nel gelo della pace:
vi arriva, ogni pomeriggio, depone
i suoi fiori, in ordine, mentre tutto tace
intorno, e si sente solo il suo affanno,
pulisce la pietra, dove, ansioso, lui giace,
poi si allontana, e nel silenzio che hanno
subito ritrovato intorno muri e solchi,
si sentono i tonfi della pompa che tremando
lei spinge con le sue poche forze,
volenterosa, decisa a fare ciò che è bene;
e torna, attraversando le aiuole folte
di nuova erbetta, con quei suoi vasi pieni
d’acqua per quei fiori. Presto
anche noi, o dolce superstite, saremo
perduti in fondo a questo fresco
pezzo di terra; ma non sarà una quiete
la nostra, ché si mescola in essa
troppo una vita che non ha avuto meta.
Avremo un silenzio stento e povero,
un sonno doloroso, che non reca
dolcezza e pace, ma nostalgia e rimprovero,
la tristezza di chi è morto senza vita:
se qualcosa di puro, e sempre giovane,
vi resterà, sarà il tuo mondo mite,
la tua fiducia, il tuo eroismo:
nella dolcezza del gelso e della vite
o del sambuco, in ogni alto o misero
segno di vita, in ogni primavera, sarai
tu; in ogni luogo dove un giorno risero,
e di nuovo ridono, impuri, i vivi, tu darai
la purezza, l’unico giudizio che ci avanza,
ed è tremendo, e dolce: che non c’è mai
disperazione senza un po’ di speranza.

Appendice a “La Religione del mio tempo” – Una luce (PIER PAOLO PASOLINI)

Mauro Giovanelli – Genova
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Fabrizio De André – C’è una lacrima nascosta…

“C’è una lacrima nascosta che nessuno mi sa disegnare”
Fabrizio De André

Commento:

Caro il mio Fabrizio, io ti ho ammirato, anzi ti ammiro, ci siamo incrociati nella vita, con Paolo Villaggio che era impiegato all’Ilva dove ho trascorso un po’ di tempo a capire come girano certi ingranaggi, Luigi Tenco, Bruno Lauzi che girava per Sestri Levante sempre ingrugnito, Umberto Bindi, il grande Gino Paoli ma… ti devo dire amico mio che per certe persone io quella lacrima nascosta la so disegnare con le parole, la vedo, il mio pensare gira gli angoli, si insinua pure nei più reconditi rifugi, nelle tane della mente femminile che a molti sono ignote, ho la mappa dell’amore, è un vecchio papiro, unico, in mio possesso, scritto in una lingua che solo io riesco a decifrare. Una cara e dolce amica, animo nobile, raro, cui tengo molto, di più, la ammiro e lei non lo sa ma pure l’adoro. Caro Fabrizio, spero non ti dispiaccia, che dico… una mente come la tua, può solo gioirne… cantaci una canzone ti prego.

Mauro Giovanelli – Genova
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THE SEARCHERS (RIDE AWAY) – I RICERCATORI

THE SEARCHERS (RIDE AWAY)
I RICERCATORI
(canzone dei pionieri)
Theme song from the film “The Searchers” (1956)

What makes a man to wander?
What makes a man to roam?
What makes a man leave bed and board
And turn his back on home?

Ride away (Ride away), ride away (ride away), ride away

Some men they search for Indians
For humpback buffalo
And even when they’ve found them
They move on lonesome slow

Ride away, ride away, ride away

The snow is deep and oh, so white
The winds they howl and moan
Fire cooks a man his buffalo meat
But his lonely heart won’t warm

Ride away, ride away, ride away

Now, a man will search for fortune
Of silver and of gold
The silver he finds in his hair
While a weary heart grows old

Ride away , ride away , ride away

A man will search his heart and soul
Go searchin’ way out there
His peace of mind he knows he’ll find
But where, oh Lord, Lord where?

Ride away, ride away, ride away

********************

Cosa spinge un uomo a vagare?
Cosa rende un uomo viaggiatore?
Cosa sollecita l’uomo a lasciare letto e alloggio
per voltare le spalle alla casa?

Cavalca, vattene, fuggi…

Alcuni uomini cercano lo straniero,
altri la bufala bianca e gibbosa,
e anche quando li hanno trovati
si muovono lenti e solitari.

Cavalca, vattene, fuggi…

La neve è profonda e… Oh! Come è bianca!
I venti ululano e si lamentano,
un uomo cuoce sul fuoco la carne di bufalo
ma il suo cuore solitario non riceverà calore.

Cavalca, vattene, fuggi…

L’uomo cercherà fortuna,
argento e oro.
L’argento che troverà fra i suoi capelli
mentre il cuore stanco invecchia.

Cavalca, vattene, fuggi…

Un uomo cercherà il proprio cuore e l’anima.
Vai! Cerca la “via d’uscita”. Esiste.
Sa che troverà la pace della sua mente
ma dove? O Signore! Signore! Dov’è?

Cavalca, vattene, fuggi…

********************

(traduzione e liberissima interpretazione del sottoscritto)
Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: Film “The Searchers” (1956)

EZRA POUND – “STRAPPA DA TE LA VANITÀ” – Pisan Cantos (Canto 81)

“STRAPPA DA TE LA VANITÀ”
Pisan Cantos (Canto 81)

Quello che veramente ami rimane,
il resto è scorie
Quello che veramente ami non ti sarà strappato
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
Il mondo a chi appartiene, a me, a loro
o a nessuno?
Prima venne il visibile, quindi il palpabile
Elisio, sebbene fosse nelle dimore d’inferno,
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
La formica è un centauro nel suo mondo di draghi.
Strappa da te la vanità, non fu l’uomo
A creare il coraggio, o l’ordine, o la grazia,
Strappa da te la vanità, ti dico strappala
Impara dal mondo verde quale sia il tuo luogo
Nella misura dell’invenzione, o nella vera abilità dell’artefice,
Strappa da te la vanità,
Paquin strappala!
Il casco verde ha vinto la tua eleganza.
“Dominati, e gli altri ti sopporteranno”
Strappa da te la vanità
Sei un cane bastonato sotto la grandine,
Una pica rigonfia in uno spasimo di sole,
Metà nero metà bianco
Né distingui un’ala da una coda
Strappa da te la vanità
Come son meschini i tuoi rancori
Nutriti di falsità.
Strappa da te la vanità,
Avido di distruggere, avaro di carità,
Strappa da te la vanità,
Ti dico strappala.
Ma avere fatto in luogo di non avere fatto
questa non è vanità. Avere, con discrezione, bussato
Perché un Blunt aprisse
Aver raccolto dal vento una tradizione viva
o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata
Questa non è vanità.
Qui l’errore è in ciò che non si è fatto, nella diffidenza che fece esitare.

Ezra Pound

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: Ezra Pound

Henry Charles Bukowski – CONFESSIONE

CONFESSIONE

Aspettando la morte
come un gatto
che sta per saltare sul letto
mi dispiace così tanto per
mia moglie
lei vedrà questo
corpo
rigido e
bianco
lo scuoterà una volta, e poi
forse
ancora:
“Hank!”
Hank non
risponderà.
Non è la mia morte che
mi preoccupa, è lasciare
mia moglie con questa
pila di
niente.
Però vorrei che
lei sapesse
che tutte le notti
dormite
accanto a lei
anche le discussioni
inutili
erano sempre
cose splendide
e le più difficili
delle parole
che ho sempre avuto paura
a dire
ora possono essere
dette: “Ti amo”.

Henry Charles Bukowski

Mauro Giovanelli – Genova
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Rainer Maria Rilke – Fra stella e stella…

“Fra stella e stella, quali lontananze;
eppure quanto più grandi
quelle che impariamo quaggiù.
Un uomo, per esempio,
un bimbo… ed un secondo,
vicinissimo,
a quale immisurabile distanza.
Forse il destino col metro dell’Essere
ci misura, per noi incomprensibile;
pensa quale intervallo solo fra l’uomo
e la fanciulla che lo ha in mente
e lo evita.
Tutto è remoto,
e in nessun luogo il circolo si chiude.
Vedi nella scodella,
sulla tavola lietamente imbandita,
come è strano il profilo dei pesci.
I pesci sono muti… si pensava una volta.
Ma chi sa?
Non può esistere un luogo
ove si parla senza pesci
la lingua che parlerebbero i pesci?”

Rainer Maria Rilke

Mauro Giovanelli – Genova
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