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IL POMERIGGIO DELLA DOMENICA

IL POMERIGGIO DELLA DOMENICA

Interessante questa folla disorientata, tipica della domenica pomeriggio ore 17,00, quando devono decidere di dare un senso alla loro esistenza, in particolare i due tipi che chiudono la fila di quella mostra d’arte, di spalle, uno a destra con il sacchetto degli opuscoli che sta collezionando e non guarderà mai, l’altro immediatamente a sinistra, implume, suo degno compare, orgoglioso solo dell’osceno borsello che porta a tracolla. Tizio, in primo piano, pare li stia osservando ma forse sta solo domandandosi perché si trova lì, comunque il suo sguardo si incrocia con quello di Caio, spunta appena di profilo, capelli bianchi, sciarpa al collo, viso aguzzo, affilato già di suo ma reso ancor più appuntito tanto è proteso nel cercare di fendere le ondate di conoscenza che lo stanno investendo, cerca di comprendere per venire fuori dall’uragano di ciò che gli è ignoto. Non ce la farà mai, terminato a sua insaputa. Sempronio è tutto a manca della foto, finge di guardare il quadro dove pare ci sia una “X”, incognita per eccellenza, ma si vede chiaramente che l’attenzione è rivolta altrove, non dove c’è la ressa bensì nel settore in cui mancano gli umani. Infatti è rimasto fuori campo ma vi giuro che stava lì, del resto per x tendente a zero la y… si è già perduto, come tutti gli altri, al’improvviso, forse li ho sognati perché adesso vedo solo individui sospesi in cielo tutti uguali caratterizzati dal vestito e dalla bombetta neri. Non mi è chiaro se stanno lentamente risalendo oppure candidamente scendendo. Pure io adesso mi sento diverso al punto da pormi la domanda di quale possa essere il mio ruolo. Sono forse uno dei tanti? La risposta preferirei non conoscerla anche se tendenzialmente ritengo di no.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: René Magritte, Golconda, colore ad olio, 81 cm x 1 m, Menil Collection, periodo: Surrealismo, 1953

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COMMENTO SU PASOLINI – “La ricotta”

COMMENTO SU PASOLINI – “La ricotta”

Questa pellicola, “La ricotta”, fu sequestrata per vilipendio alla religione di Stato. Soltanto nel 1964 la Corte d’Appello di Roma assolverà il regista che rilascerà poco dopo un’intervista di cui si riporta uno stralcio (dal post Facebook della cara amica Selvaggia Rodriguez, 4 marzo 2016):

“- Cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?
– Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.
– Che cosa ne pensa della società italiana?
– Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa.
– Che cosa ne pensa della morte?
– Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione.”
Pier Paolo Pasolini, “La ricotta”, 1963

Commento:

La Chiesa cattolica, 1963… quando nel resto del mondo occidentale, appena usciti da un reading, o subito dopo aver visto “Gioventù bruciata”, in Italia falsificando la carta d’identità per entrare al cinema perché vietato ai minori (ma questo era prima, nel ’55), o “Easy Rider” e qui saltiamo al ’69, seguito da “Fragole e sangue” del ’70, o tornando al ’61 con “Splendore nell’erba”, stesse acrobazie per vederli, non ne ho perso uno, ricordo a memoria, giuro, la poesia di William Wordsworth “… Ma se la radiosa luce che una volta, tanto brillava negli sguardi è tolta, se niente può far che si rinnovi all’erba il suo splendore e che riviva il fiore, della sorte funesta non ci dorrem, ma ancor più saldo in petto godrem di quel che resta…” che alla fine viene recitata in classe, fra le lacrime, dalla bellissima Natalie Wood. E naturalmente le pellicole di Pasolini, dal celeberrimo “Accattone” del ’61 a “Salò o le 120 giornate di Sodoma” del 1975 e “Porno-Teo-Kolossal”, incompiuto a causa della sua morte. Fece capolino postumo nel ’76 ma tutto era già cambiato da quasi un lustro. Lui fu il Maestro, ci accompagnò lungo tutto il tragitto tenendoci per mano, con le sue poesie, il pensiero, la narrativa, teatro, saggi, dialoghi. Precettore di vita e di contemplazione del divino che c’è in noi.
Stavo dicendo… la Chiesa cattolica, 1963, e la censura, il bigottismo, ipocrisia, puritanesimo. Però si rubava l’amore e lo si faceva coricati su sellino e serbatoio della moto, per la strada, in un angolo buio, solo qualche fioco riflesso dell’unico lampione aggrinfiato al muro, tipo quelli dei caruggi di Genova, sufficiente per vedere i corpi sudati, esattamente come piaceva a me… o nella mitica “Fiat 500”, che non era quella di adesso, una scatoletta di sardine, ma quante posizioni per prenderci l’un l’altra, leccarci, stringere e godere. Al confronto il Kamasutra è un corso di catechismo…
E adesso scomunicatemi, cazzo!

Mauro Giovanelli – Genova
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Il commento su Pasolini “LA RICOTTA” è stato pubblicata il 05 marzo 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it di “Memoria Condivisa”.

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COMMENTO SU PASOLINI – L’ultima generazione

COMMENTO SU PASOLINI – L’ultima generazione

“Per questo provoco i giovani: essi sono presumibilmente l’ultima generazione che vede degli operai e dei contadini: la prossima generazione non vedrà intorno a sé che l’entropia borghese.”
PIER PAOLO PASOLINI

Commento:

Cazzo!!! Scusatemi, mi è scappato, ma… qui ci troviamo di fronte a qualcuno che non poteva essere racchiuso entro i confini dei nostri limiti, dell’umanità intendo, neppure sarebbe stato possibile imprigionarlo in una lampada anche se i differenti autori che dal X secolo hanno composto la famosa fiaba potrebbero essersi ispirati ad un uomo fuori da ogni regola così detta razionale… Pasolini era un corpo estraneo, la società ne soffriva, provava dolore, sofferenza, pativa in continuazione di crisi di rigetto fino a quando non decise di disfarsene rivolgendosi a chirurghi esperti, autentici professionisti del bisturi. Quasi sarebbero da comprendere, nel profondo significato cristiano: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

Mauro Giovanelli – Genova
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COMMENTO SU PASOLINI – Senza più alcun segno

COMMENTO SU PASOLINI
Senza più alcun segno

“Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone. Poiché erano esclusi da tutto nessuno li aveva colonizzati. Io ho paura di questi negri in rivolta, uguali al padrone, altrettanti predoni, che vogliono tutto a qualunque costo. Questa cupa ostinazione alla violenza totale non lascia più vedere di che segno sei”.
( Pier Paolo Pasolini, ultima intervista a Furio Colombo, 1 novembre, 1975 ).

Commento:

“La semplicità è una complessità risolta” (Costantin Brancusi – scultore rumeno). Qui si evince il senso di libertà intellettuale e morale cui Pasolini era legato, una immensa malinconia che di giorno in giorno si stratificava nella sua mente perché il domani si sarebbe presentato di un dx (infinitesimo) diverso dal giorno prima, una sommatoria, addizioni su addizioni di frazioni del tempo, fino a raggiungere l’integrale, l’entalpia, l’area, la superficie ordinata, senza alcun segno, preconfezionata dal Potere affinché la conflittualità del diseredato non mirasse più ad abbattere il “padrone” per ottenere giustizia bensì tendesse ad attribuirsi la medesima collocazione sociale al fine di diventare essa stessa demonio.

Mauro Giovanelli – Genova
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COMMENTO SU PASOLINI – Entropia

COMMENTO SU PASOLINI

“Chi è nato in questa entropia, non può in nessun modo, metafisicamente, esserne fuori. È finita.”
Pier Paolo Pasolini

Commento:

Come tutti sappiamo l’entropia viene interpretata come una misura del disordine presente in un sistema fisico qualsiasi incluso l’Universo. È un termine scientifico che non credo Pasolini abbia usato a caso. Infatti, per ricondurre il dibattito alla frase del poeta, che non escludo fosse rivolta a studenti in materie tecniche e appartenenti a famiglie umili, a mio modesto parere intendeva dire, in un linguaggio a loro comprensibile, che quella generazione di giovani sarebbe stata l’ultima a vedere operai e contadini aggregati e ben riconosciuti nella classe di appartenenza. Successivamente sarebbe seguito uno sconvolgimento (disordine) voluto, oserei dire studiato a tavolino dalle “caste” (di questo potremmo parlare in altra sede) che in quel contesto lui definì “borghesi” il cui termine individua sì nella sua più ampia accezione l’uomo amante del vivere quieto e ordinato, legato al proprio benessere materiale a lui sufficiente, e perciò conservatore, che per il “proletario” rivoluzionario rappresenta invece già una sorta di “padrone”, uno o due gradini sopra la sua condizione.
Pasolini si esprimeva anche in relazione alla scolarizzazione dell’interlocutore cui rivolgeva il suo messaggio. Mica era uno sprovveduto.

Mauro Giovanelli – Genova
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ASINTOTO

ASINTOTO

Che strano!
Non stavo correndo,
camminavo svelto
sapendo che mai
sarei arrivato.
Qualcuno aspettava.
Non ricordo chi fosse,
ma era importante.
Il sole mi scaldava,
laggiù, dinanzi,
basso sull’orizzonte.
Avvolgeva le voci dei rari passanti,
mi giungevano ovattate,
ne spegneva i volti.
Avrei voluto proteggermi
con la mano,
portarla alla fronte
ma ero stanco
debole
quel gesto richiedeva
molta fatica,
concentrazione.
Impossibile.
Su quella interminabile
passeggiata lungo il mare
venni d’improvviso colto
da quiete infinita,
non era rassegnazione
direi serenità inesauribile,
felicità, godimento
estremo.
Mai mi era capitato.
Rallentai il passo,
osservavo con grande passione
tutto quanto
stava ai miei lati,
provavo pure un certo
distacco proveniente
dal dopo.
Coglievo particolari
sconosciuti, inediti,
il mare mio fratello,
le rocce levigate
rese verticali dal tempo,
scogli porosi oltre la battigia,
altri scuri e potenti,
eroi che da sempre
affrontano i marosi,
Un gabbiano grave e pesante
come una zampogna
improvvisamente allargò le ali nobili,
spiccò leggero il volo
lanciandosi verso il disco
rosso che pareva immobile.
Lo vidi allontanarsi,
sempre più piccolo,
bellissimo, elegante,
divenne un tratto di colore
su un dipinto importante,
il segno sul quaderno
a quadretti,
la punta di matita,
più nulla.
In quel preciso istante
seppi di essere giunto
e mi fermai.
Ero solo. Silenzio.
Solo allora mi resi conto
che ero stato annunciato.
Fu così che tutto divenne
inestimabile e la mia quota
acquistò finalmente
percezione.

Mauro Giovanelli – Genova
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LA CALUNNIA

LA CALUNNIA

Sarebbe forse giunta l’ora che la Chiesa chiedesse perdono al più grande filosofo dell’Umanità, e a noi per averci privato anzitempo degli scritti e i pensieri che ancora Giordano Bruno avrebbe potuto donarci. Riabilitarlo sarebbe il minimo ma, per recuperare la coerenza con il pensiero cristiano, ancor più non sarebbe disdicevole “rivisitare” la figura di Roberto Bellarmino, suo aguzzino, incomprensibilmente fatto santo e dottore della Chiesa tre volte da Pio XI.
Papa Francesco sarebbe l’uomo adatto e il gesto di giustizia avrebbe ridondanza in tutto il mondo, un grande significato di progresso, tolleranza e misericordia. Egli sta operando nella direzione giusta e ogni suo sforzo è mirato a ricondurre l’uomo alla Parola del Vangelo. Non è un rivoluzionario come molti vorrebbero fare intendere al solo scopo di screditarne la grande personalità, la morale, il suo darsi per gli altri, la fede sincera e la tenerezza che invoca nei riguardi degli umili, i deboli, gli oppressi.
Purtroppo la calunnia, arma dei vigliacchi, è diventata sistema in questo mondo che ha perso ogni connotato di civiltà, ha smarrito la via della solidarietà e della comprensione, dove il senso di umanità è un optional che viene comodo solo quando si tratta di ottenerne un vantaggio personale. In Italia, collocata nella top ten dei Paesi più ignoranti e corrotti del mondo, l’opportunismo e la diffamazione sono diventati, mi duole dirlo, regole di vita.
Per invertire questa rotta che ci può solo condurre al disfacimento completo della nostra millenaria cultura dobbiamo ispirarci al pensiero di Giordano Bruno, la sua coerenza, la fulgida mente. La maldicenza, il pettegolezzo, il cercare di screditare il prossimo sono riverberi della mediocrità della mente umana. Sento il dovere di riportare questo pezzo del grande filosofo tratto da “De Immenso”:

Alla mente che ha ispirato il mio cuore con arditezza d’immaginazione piacque dotarmi le spalle di ali e condurre il mio cuore verso una meta stabilita da un ordine eccelso, in nome del quale è possibile disprezzare e la fortuna e la morte. Si aprono arcane porte e si spezzano le catene che solo pochi elusero e da cui solo pochi si sciolsero. I secoli, gli anni, i mesi, i giorni, le numerose generazioni, armi del tempo, per le quali non sono duri né il bronzo né il diamante, hanno voluto che noi rimanessimo immuni dal loro furore. Così, io sorgo impavido a solcare coll’ali l’immensità dello spazio, senza che il pregiudizio mi faccia arrestare contro le sfere celesti, la cui esistenza fu erroneamente dedotta da un falso principio, affinché fossimo come rinchiusi in un fittizio carcere e il tutto fosse costretto entro adamantine muraglie. Ma per me migliore è quella mente che ha disperso ovunque quelle nubi e ha distrutto l’Olimpo che accomuna gli altri in un’unica prigione dal momento che ne ha dissolto l’immagine, per cui da ogni parte liberamente si espande il sottile aere. Mentre m’incammino sicuro, felicemente innalzato da uno studio appassionato, divengo Guida, Legge, Luce, Vate, Padre, Autore e Via. Mentre mi sollevo da questo mondo verso altri mondi lucenti e percorro da ogni parte l’etereo spazio, lascio dietro le spalle, lontano, lo stupore degli attoniti.

Gli attoniti appunto, gli impostori, denigratori, trasportati dal vento della loro mediocrità e invidia. A costoro dobbiamo rispondere con l’etica, andare avanti a testa alta “non ti curar di loro ma guarda e passa” disse il sommo poeta. Solo una condotta irreprensibile fatta di azioni trasparenti e, proprio perché laica, priva della doppiezza morale di tanti sedicenti “credenti” che nella loro incoerenza pretenderebbero di insegnarci a vivere e comportarci cristianamente.
Lasciamoci alle spalle, il più lontano possibile, lo stupore degli attoniti, ignoriamoli, non ascoltiamo le loro patetiche menzogne, involiamoci verso l’etereo spazio e inseguiamo morale e consapevolezza di noi stessi.

Mauro Giovanelli – Genova
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