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CARLO GIULIANI – 2001 ODISSEA NEL G8 DI GENOVA

CARLO GIULIANI – 2001 ODISSEA NEL G8 DI GENOVA

Gli anni ’60 sono stati favolosi, magici, le nuove generazioni devono credermi, un periodo unico, si sono verificate circostanze abbastanza difficili da ripetersi, un po’ come accadde per la corrente degli impressionisti, in Francia soprattutto, o la scuola dei pittori liguri primi ‘900, o la concomitanza dell’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre con la massa e dimensione del nostro Pianeta e la sua distanza dal sole, un miracolo che consente la vita. Per chi li ha vissuti una consolazione in più del tempo che se ne va.
Abbiamo avuto la cinematografia dei Fellini, Risi, Monicelli, Visconti, Antonioni, Kubrick, Bergman e attori del calibro di Gassman, Tognazzi, Sordi, Manfredi, Mastroianni. La letteratura con Fenoglio, Pavese, Calvino, Pratolini e tanti, tanti altri, americani, francesi, tedeschi, russi e ancora italiani non menzionati ma secondi a nessuno. Ovunque nasceva cultura. E musica. “I Nomadi” è stato il gruppo pop rock, fondato nel 1963 dal tastierista Beppe Carletti e dal cantante Augusto Daolio che, fra i “nostrani”, osservavo con maggiore attenzione e rispetto per la sonorità e il messaggio di denuncia e impegno sociale che sin dagli inizi trasmise. Il nicciano (nietzschiano) “Dio è morto” con richiami nel testo, secondo il mio personalissimo parere, alla poesia “Urlo” del grande Allen Ginsberg”, fu una meteorea sonora che penetrò nelle menti dei giovani. I Beatles li ho visti a Genova il 26 giugno 1965. A loro preferivo i Rolling Stones, che sono stati nella mia città il 9 Aprile 1967, e Bob Dylan che vi si esibì il 4 luglio 1992. Ritornò in Liguria nel 2001, sempre a luglio, durante il famigerato G8 e, volendo ascoltarlo di nuovo dal vivo, la sera del 20 andai a La Spezia dove spostarono il concerto per motivi di sicurezza.
Genova era stata occupata, circondata, sbarramenti e cancellate ovunque, polizia, presidi di carabinieri, vigilanti in borghese, brutti ceffi mai visti dall’inquietante aspetto di agenti del KGB, elicotteri che ronzavano continuamente sopra le nostre teste, insomma la città era stata posta sotto sequestro, in stato di assedio, stuprata. Pensare che la Superba aveva subito un simile smacco una volta sola nella storia recente, da parte dei nazisti nella seconda guerra mondiale, e i genovesi gliela fecero pagare perché, in tutta franchezza, quando arrivarono gli alleati i partigiani liguri avevano già provveduto a mettere in fuga i tedeschi, a fare pulizia, togliere la più grossa. Come fecero i Napoletani. Tornando al G8, in quell’estate di inizio secolo aleggiava un clima mefitico, la gente era meditabonda, depressa, le donne si recavano a fare la spesa con passo lesto, testa china, gli uomini parlavano tra loro a voce bassa, l’atmosfera che si viveva, sebbene splendesse un sole furente, era di rabbia, disorientamento, le espressioni confuse e irritate dei cittadini impregnavano il panorama complessivo.
Fu mentre stavo assaporando “Like a rolling stone” al Picco, lo stadio della città del “golfo dei poeti”, che venni a sapere della morte di un giovane “facinoroso” nel quartiere Foce, dove abito. Provai una sensazione strana, di sbigottimento e rassegnazione, mi sentii anche un po’ a disagio per essere seduto sulle gradinate ad ascoltare un concerto, come singolare fu il mormorio che intorno a me si andava propagando al diffondersi della notizia. Avvertii che il mio stato d’animo era comune a tutti gli spettatori, il vociare andava aumentando, si facevano ipotesi, congetture a voce bassa.
Qualcosa era già cambiato a partire dagli anni ’70, di piombo furono chiamati. Gli ’80 scivolarono dritti verso la caduta del muro di Berlino portando un po’ di speranza ma trascinandosi dietro bagagli di incertezze essendo guidati per la gran parte, Giovanni Goria e Ciriaco De Mita contarono ben poco, dal primo socialista Presidente del Consiglio della nostra Repubblica, Bettino Craxi, uomo dalle mille sfaccettature, amico intimo di un semplice imprenditore che gli subentrerà dopo la miserevole capitolazione e tempestiva fuga in Tunisia per sottrarsi al carcere. I ’90 ci predisposero all’Unione Europea, con “Mani Pulite” che pareva potesse dare la sterzata a una crisi che si aggravava alla velocità della luce, sempre più in basso, moralmente, culturalmente e l’economia fuori controllo. Così l’uomo dalla sciarpa bianca démodé “scese in campo” con un dispiegamento di forze mai visto e l’intero Paese si immobilizzò, sembrò impazzire consegnandosi nelle sue mani, un certo Berlusconi. Si arrivò al luglio 2001 e mentre il Capo del nostro Governo pensava a come si potesse eliminare l’indecorosa biancheria stesa nei carruggi della città e a far innalzare pannelli che riproducevano false facciate a quei palazzi storici che lui riteneva sconvenienti, proprio come fa con la sua finta persona, piazza Alimonda fu il palcoscenico di una tragedia, il segnale che il fondo non si era ancora toccato, tutto sarebbe ancor più piombato nell’oscurantismo. Un giovane di ventitré anni avrebbe smesso di godere dell’alternarsi delle stagioni: Carlo Giuliani. La sua morte è legata allo scontro avvenuto tra gli “anti G8” (o per meglio dire la parte infiltrata ad arte, i “Black Bloc”, gruppo di individui di stampo fascista dediti ad azioni di protesta violenta caratterizzata da atti vandalici, devastazioni, disordini) e le forze dell’ordine costituite da giovanissimi militari, con poca esperienza, guidati da “responsabili” la cui la gestione dei sistemi di sicurezza attorno al Vertice ha lasciato molti punti interrogativi. Le notizie della contestazione in atto convinsero Carlo a rinunciare alla gita al mare che aveva programmato quella mattina per dirigersi verso il corteo delle Tute Bianche. Nel pomeriggio, a seguito di una carica abortita, una Land Rover Defender con tre carabinieri a bordo rimase apparentemente bloccata contro un cassonetto per rifiuti e venne circondata da alcuni manifestanti. Tra questi Carlo Giuliani, il volto coperto da un passamontagna, che sollevò da terra un estintore precedentemente scagliato contro il mezzo da un altro giovane e a sua volta fece il gesto di lanciarlo verso il veicolo dei carabinieri uno dei quali, dopo aver estratto e puntato la pistola intimandogli di andarsene, sparò due colpi di cui uno raggiunse il ragazzo allo zigomo sinistro. Morirà nei minuti successivi mentre il fuoristrada, nel tentativo di sbloccarsi rapidamente, riprese la manovra passando due volte su quel corpo immobile steso a terra, una prima in retromarcia, la seconda allontanandosi. Erano le 17 e 27 del 20 luglio 2001, quindi venni a saperlo circa cinque ore dopo. Per coprire un fatto ignobile e scaricare le responsabilità, o per chissà quali altri disegni eversivi, la notte del giorno dopo ci fu lo scandalo dell’incursione di un contingente di Polizia alla scuola Diaz, e nell’adiacente Istituto Pascoli, che erano stati concessi dal comune di Genova al “Genoa Social Forum” come loro sede e dormitorio. Vi accaddero eventi contrari all’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativi alla tortura, alle condizioni e punizioni degradanti ed inumane cui furono sottoposte le vittime. Eh sì, indubbiamente la città fu presa quale teatro di prova per verificare o meno la possibile “tenuta” di eventuali successivi programmi di governo.
Comunque tranquillo Carlo, mentre pensavo a un mucchio di cose stretto nel pullover tanto l’aria si era d’improvviso rinfrescata, tra le quali il rientro immediato nella mia città, si stavano già alzando le note di “Idiot wind” e sicuramente l’inimitabile voce del grande Bob, in quell’istante, voleva giungere fino a te. Mi venne da riflettere quanto sia idiota il vento che a cicli alterni attraversa la mente dell’uomo, questo ha soffiato per alcuni giorni e continuerà ancora e ancora ma tu, insieme a Daolio, da lassù intonavate “Noi non ci saremo”.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

L’articolo “CARLO GIULIANI – 2001 ODISSEA NEL G8 DI GENOVA” è stato pubblicato il 13 luglio 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it: e su “Il Segno nr. 7/8 luglio/agosto 2015 pag. 2 http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it con il titolo “Ricordando quel giorno con le note di Bob Dylan”

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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SENZA PUNTEGGIATURA (i fumatori si ribellano)

SENZA PUNTEGGIATURA
(i fumatori si ribellano)

Qualche settimana fa mi è capitato sottomano un trafiletto in cui veniva comunicato che Razzi e Scilipoti avevano presentato una proposta di legge mirata al divieto di fumo in auto Considerando i due personaggi mi è saltata la classica mosca al naso avrei voluto buttare giù queste poche righe ma avevo qualcosa di più importante da scrivere per cui lo faccio adesso Li avete presenti? Anche fisicamente intendo Conoscete la loro storia? Vi è chiara la filosofia politica che perseguono? E sono seduti lì in Parlamento strapagati per partorire pensate di questo livello Probabilmente non sono fumatori e di sicuro non bevono caffè sebbene alla “buvette” non gli costi alcunché Credo e vado a braccio e intuizione che disdegnino pure gli aperitivi un buon negroni ad esempio Sono virtuosi È facile non abbiano neppure soddisfazioni di altro tipo ed è semplice intuire a che mi riferisco ma in questo caso vi sono costretti per una questione di estetica ed etica la natura non li ha premiati A pagamento però…
Insomma mi disturba sapere che le mie libertà potrebbero essere limitate da soggetti di cotanta fatta e sono stanco di leggere che i così detti tabagisti siano gli inquinatori del Pianeta con tutte le porcate che ci circondano che non ho voglia né tempo di enumerare Neanche voglio sottolineare che i fumatori contribuiscono in buona parte a mantenere questo Stato che percepisce pesanti tasse e imposte dalla vendita del tabacco che lui medesimo produce importa e di cui detiene il monopolio
Sentirmi dire da Razzi e Scilipoti cosa devo e non devo fare mi disturba assai, lo ripeto, allora provocatoriamente affermo “Una vita senza sigarette è come un romanzo senza punteggiatura” Esattamente alla stregua di questo articolo.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: composizione di Enrico Bafico artista genovese e Mauro Giovanelli – foto di quest’ultimo

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LA QUESTIONE MORALE – arabesco degli scritti di Mauro Giovanelli (compendio)

LA QUESTIONE MORALE
arabesco degli scritti di Mauro Giovanelli
(compendio)

L’Italia deve essere rifondata, a partire dalle persone che ci sono state “imposte” per gestire la cosa pubblica, quindi il Presidente del Consiglio in carica dovrebbe essere il primo a dimettersi, ovviamente a scendere tutti i ministri da lui nominati, in una sola parola: Elezioni! Tra l’altro credo che oggi, con il “caso Azzollini”, Matteo Renzi abbia mostrato il suo vero volto. Questo non è un governo eletto dal popolo anche se ha seguito i passaggi previsti dalla Costituzione percorrendo il filo sottilissimo che lega i vari articoli. Continuare ovviamente con la “rimozione” di moltissimi deputati e senatori “politicamente anziani” alcuni dei quali, senza fare nomi, sono un’autentica vergogna per l’intero Paese. Proseguire con tutti i parassiti strategicamente disposti, come su una scacchiera, dai precedenti leader. Non sono più convinto che con questa “casta” si possano ottenere risultati, che sia costruttivo affrontare problema per problema, metterli in fila, è dagli anni ‘70 che si adotta questo criterio, per il patrimonio artistico, il rispetto del territorio, l’equità sociale, i servizi, l’istruzione, il sistema carcerario, i rifiuti, la corruzione, le mafie, burocrazia ed evasione fiscale. Effetti: zero! Ci vuole gente in gamba che operi in contemporanea su tutti i fronti. Ormai è chiaro, siamo guidati da individui che guardano all’esclusivo e personale interesse per “tirare a campare” che è meglio che “tirare le cuoia” come da scuola di pensiero di andreottiana memoria, insegnamenti ricevuti e ben recepiti, meglio ancora condivisi tra le “larghe intese”. Del resto lo stipendio medio annuo dei parlamentari italiani pari ad €uro 144 mila circa è il più alto in Europa. I secondi in graduatoria, gli austriaci, ne percepiscono 106 mila, a seguire gli 86 mila degli olandesi, 84 mila i tedeschi, 82 mila gli inglesi. In coda Francia con 63 mila €uro e Spagna 35 mila per chiudere con poco più di 7 mila €uro ai poveri polacchi. È fin troppo evidente quanto poco conti l’ideale rispetto alla salvaguardia del “posto di lavoro”.
Il settore della Politica è quello che in questo Paese, rispetto al resto del globo, offre più “occupazione” avendo il maggior numero di persone impegnate a coadiuvare coloro che sono impegnati a salvare le sorti della nazione. Un numero imprecisato, ma altissimo, per la sicurezza, addirittura esorbitante tra amministrativi, tecnici, dirigenti, assistenti, fattorini, commessi, uscieri, medici, infermieri, addetti alla buvette, baristi, postini, camerieri, autisti, cuochi, barbieri, elettricisti, giardinieri, idraulici, tappezzieri e via di questo passo fino agli incaricati alla ricarica degli orologi a pendolo. Tutti con contratti e stipendi “atipici”, verso l’alto, rispetto ai loro omologhi lavoratori italiani. Infine i 630 “Onorevoli” che siedono alla Camera dei Deputati e i loro 1109 famigliari hanno un’assistenza sanitaria privata finanziata da Montecitorio, cioè noi cittadini, e quest’anno ci sono costati più di 10 milioni di €uro. Al riguardo mi mancano i dati del Quirinale e del Senato ma posso immaginarli. Lo credo che per loro costa nulla prevedere per l’autunno incombente tagli alla Sanità per 10 miliardi
L’attuale Premier rilascia quotidianamente dichiarazioni campate in aria come, e non è l’ultima, quella sul nuovo “patto con gli Italiani”, ovvero abbassare le tasse qualora le “sue” riforme andassero in porto. Alla raffica di millanterie, sempre e inevitabilmente poi tradite dai fatti, che emette colui che si era presentato come il “rottamatore”, mancano solo Bruno Vespa, la lavagnetta, il plastico e la scrivania sulla quale già venne firmato, da altro Primo Ministro, allora in pectore, il “contratto con gli Italiani”, una sceneggiata che rimarrà nell’immaginario collettivo della Nazione e che neppure il grande Ettore Petrolini avrebbe potuto vagheggiare. Stendiamo un pietoso velo sulla corruzione che ha raggiunto livelli insostenibili, un cancro difficilissimo da estirpare se non si va alle urne per cambiare veramente marcia augurandoci che gli elettori, come mi sembra di percepire, contribuiscano con il loro voto alla rimozione della “vecchia guardia” sostituendola con persone competenti, oneste, coraggiose e moralmente “sane”, quindi venga modificato il metodo, la “tecnica” del governare. Rinnovarsi! Oltre a tutto il resto noto la scarsa competenza degli attuali responsabili, l’indifferenza palese verso le esigenze dei cittadini, neppure sanno di che si parla quando affrontano un argomento, aggrinfiati alle loro dorate poltrone navigano a vista nel nostro mare, che hanno trasformato in palude, lo stesso dal quale partì il grande Cristoforo Colombo per un’ideale, un obiettivo, e mentre si allontanava, spingendosi verso l’ignoto, disse: “E il mare porterà nuove speranze, come il sonno porta i sogni”.
Mi domando: A che livello si colloca il punto di non ritorno della pazienza dei cittadini di questo Paese? Quale potrebbe essere il quid specifico a far scattare la molla dell’orgoglio agonizzante, la classica goccia impossibilitata ad entrare nel vaso stracolmo di umiliazione? Forse l’oltraggio di qualche tempo fa, filigranato nei 14 €uro mensili di aumento in busta paga, poi smentiti, poi confermati in 15 (lordi)? Oppure la “regalia” degli 80 €uro mensili, entrati in un modo e usciti in tanti altri? O il mancato rimborso della non indicizzazione, da anni, delle pensioni nonostante il pronunciamento della Consulta? Dunque l’affronto di dover subire ogni giorno le dichiarazioni lunari di individui che “bivaccano” in Parlamento da decenni potrebbe scatenare la tracimazione? Essere costretti a dover convivere con un’informazione sottomessa a un sistema in avanzato stato di decomposizione? Vedere scissioni su scissioni e il proliferare di micro partiti, correnti, gruppi da mantenere, dover ascoltare le sentenze inappellabili dell’attuale giovane leader?
Intanto il Tg Rai2 del 31 luglio 2015 comunica che la disoccupazione è salita al 12,7% e quella giovanile supera il 44% con 2 punti percentuali in più. Al contempo dal M5S è stata inaugurata la famosa bretella Palermo-Catania i cui lavori sono stati pagati con le indennità dei propri parlamentari.
Riprendiamoci le nostre speranze e i sogni, ci hanno “scippato” pure quelli e più nulla avremo da lasciare ai nostri figli e nipoti. Vivere in questo Paese così come è stato ridotto dai Comandanti che si sono succeduti alla guida della Penisola nei quattro lustri che vanno da Berlusconi a Renzi, tralasciando i personaggi altrettanto inquietanti che hanno fatto la loro breve ma diabolica comparsa in questo infernale intervallo, Monti in testa, sta diventando non solo angoscioso ma indegno per ciascuno di noi e immorale verso le nuove generazioni.

Mauro Giovanelli – Genova
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CI SONO STRANIERI E STRANIERI (viaggiare è sempre utile… non per tutti)

CI SONO STRANIERI E STRANIERI
(viaggiare è sempre utile… non per tutti)

Alle ore 15 e 23 del 21/10/2015 per il tramite della Redazione Casteddu Online, vengo a sapere che a Cagliari alcuni crocieristi sono stati aggrediti e messi in fuga da venditori ambulanti identificati per “stranieri” del Bangladesh in attesa, come di prammatica, sulla panchina del porto per proporre ai vacanzieri ombrelli a poco prezzo considerando il tempo impietoso. I turisti, sembrerebbe anche loro “stranieri”, si sono dati letteralmente alla fuga e, per completare l’opera, hanno chiamano la Guardia di Finanza e l’Autorità Portuale. L’accadimento, definito “incredibile” viene etichettato come un’altra pagina amara della gestione del turismo e della vendita a Cagliari.
Sono davvero addolorato per loro, i crocieristi intendo, hanno tutta la mia solidarietà. Mi fanno tornare alla mente il viaggio in India, fatto insieme ad un amico che si lagnava degli adulti, mamme, uomini e bambini che, a nugoli, ci assediavano, scalzi, vestiti stracciati, non le donne che in India sembrano tutte principesse, sguardi imploranti a chiederti di comprare i loro prodotti artigianali scolpiti nel legno, belli tra l’altro, cammelli, elefanti, gufi, civette. Poche rupie che per noi rappresentano nulla. Io mi fermavo a parlare con loro, volevo sapere, conoscere, capire. Acquistavo questi oggetti che ora sono sparsi sugli scaffali dello studio, fra i miei libri, e ancora adesso, a distanza di due anni, guardandoli mi tornano alla mente, non potrò mai dimenticarli, i riverberi che quelle pupille emanavano, i riflessi che i loro occhi colore indefinito, cangiante, dal nero più profondo all’azzurro come il cielo in una giornata di tramontana, perfino il bianco intravedevi, e l’indaco delle gemme incastonate nei templi, il rosso intenso e mutevole come immagino possa presentarsi una pozzanghera di sangue che assorbe luce dalla volta celeste. Nel momento in cui, al termine di finte trattative cui loro tenevano molto, si trovavano fra le mani le banconote, sì banconote, in India e nel Bangladesh le banconote sono tante, il valore pochissimo, cambi cinquanta, cento €uro e ti ritrovi con una montagna di carta, unta, stropicciata, odorosa di umani, selvatico, salino, vissuto.
Quando lo “shopping” aveva fine i fanciulli si prestavano ad accompagnarci ovunque, nei ghat del Gange, lungo le strade ed i vicoli tortuosi di Varanasi, e nel procedere ti indicavano piccoli tabernacoli rivestisti di lamine d’oro che apparivano improvvisamente dai bui anfratti fra case con tinte sgargianti, si fermavano a parlare con i Sadhu che in quel caso non si allontanavano, come di solito fanno, traducevano e spiegavano molte cose sul nostro mondo. Questi contatti, che io chiamo riti anche se sono il prodotto dell’iniquità di questo mondo, li ho provati ovunque, a Jaipur, Khajuraho, Agra, Nuova Delhi, ma anche in Messico, Turchia, Libia, Egitto, Perù, Uzbekistan. A dir la verità non in Europa, in particolare quella del nord, lì è tutto ordinato, pulito, silenzioso, ovattato. La gente ha il viso rubicondo, pieno, ma non esprimono granché i loro occhi. A Oslo mi è capitato di chiedere un’informazione per arrivare al museo di Munch ma la risposta è stata secca, rapida, inefficace. Il nostro Pianeta è un mercato ma quello vero, genuino, lo scambio di merce e favori, di umanità, è rimasto nell’emisfero sud e ad oriente.
Tornando all’India l’amico che avevo appresso protestava continuamente, sembrava disperato, non vedeva l’ora di allontanarsi, doveva sempre prendere le distanze da persone e cose che incontrava. Ciò che per lui era fetore per me odore, miscuglio di aromi, ventate di storia. Il traffico di animali, vacche, cani, scimmie, cinghiali, trabiccoli dalle fogge più strane, risciò, autobus improbabili, stracarichi, automobili con motore scoperto, vespe e lambrette, cicli, motocicli, tricicli, con intere famiglie a bordo, vecchi trattori con cassonetto per trasporto persone e cose, indigeni in perizoma che si sciacquavano alle fontanelle, anche mamme che lavavano bambini piangenti, si divincolavano, battevano i piedi a terra. Per lui era un casino insopportabile. Un’altra persona da quello che conoscevo in patria. A me di quel Paese sono rimasti ricordi indelebili, a lui solo questo.
Perché vi ho raccontato ciò? Ah sì, dimenticavo: l’ho mandato affanculo e sinceramente ci manderei volentieri anche i crocieristi di Cagliari. A prescindere.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “CI SONO STRANIERI E STRANIERI (viaggiare è sempre utile… non per tutti)” è stato pubblicato il 22 ottobre 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagine in evidenza: fotomontaggio eseguito dall’Autore di scatti effettuati ad Agra (India) presso l’orfanotrofio Madre Teresa di Calcutta.

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LA GRANDE BELLEZZA DELLA VERITÀ (Una persona che fa il teologo)

LA GRANDE BELLEZZA DELLA VERITÀ
(Una persona che fa il teologo)

A seguito di un mio articolo “UNA PERSONA CHE FA IL TEOLOGO” inerente la decisione presa da Monsignor Krzystof Charamsa, ricevo un onesto commento cui desidero replicare nella speranza, salvo errori ed omissioni, di agevolare il mio amico a considerare da altra angolazione la strada che sta imboccando. In tale forma redigo questo scritto. Intanto il mio trafiletto era più incentrato sui tanti “pennivendoli” che, in sintonia con i nostri politici, sono diventati il simbolo della mediocrità. Di conseguenza è il loro modo di esprimersi che contesto come, ad esempio, quando danno notizia di un investimento sulle strisce pedonali, non usano il termine “persona”, “donna” o “uomo”, ecc. ma nei casi di anziani e/o pensionati e/o “barboni” e molti altri e/o, fanno discriminazione indicando la posizione sociale e anagrafica. Fateci caso. “Un pensionato è stato travolto da…”, “Un ottantenne è stato colto da malore…”, ecc. Via via che l’età aumenta vieni allontanato sempre più dal consorzio umano. Infatti per i morti usano spesso e volentieri il termine “cadavere” anziché “corpo”.
Ciò detto passiamo alla dottrina. Delle tre religioni abramitiche, cattolici, musulmani, ebrei, l’unica a richiamarsi al Vangelo (Nuovo Testamento) è la Chiesa Cattolica Apostolica Romana che divenne religione di stato sotto Costantino nel concilio di Nicea del 325 d.C. per i motivi che ben conoscerete. Quando incominciarono le scissioni all’interno di essa, prima con lo Scisma d’oriente (1054), definito dagli Ortodossi “Scisma dei Latini” o “Scisma d’occidente”, poi la Riforma protestante avvenuta nel XVI secolo portando alla nascita del “Cristianesimo evangelico” del frate agostiniano Martin Lutero e Giovanni Calvino, il secondo comandamento del Vecchio Testamento, nella sua diffusione, venne modificato.
Infatti da “Non ti farai alcuna scultura né immagine qualsiasi di tutto quanto esiste in cielo al di sopra o in terra al di sotto o nelle acque al di sotto della terra. Non ti prostrare loro e non adorarli poiché Io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce il peccato dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione per coloro che Mi odiano.E che uso bontà fino alla millesima generazione per coloro che Mi amano e che osservano i Miei precetti.” [Esodo 20,2-17 e Deuteronomio 5,6-21] divenne un semplice “Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio.” E così viene insegnato tuttora.
Questa variazione fu lo strumento che consentì alla Chiesa di Roma di eliminare un lacciuolo e dare inizio ad una propaganda senza eguali delle sue ragioni. Intanto passando dalle basiliche romaniche, piccole, basse, tetre e a dimensione uomo, alle imponenti cattedrali gotiche e successivamente al barocco, con vetrate decoratissime che filtravano la luce divina e altezze vertiginose, addobbandole di immagini sacre in ogni dove. Il tutto allo scopo di richiamare a loro gli “eretici” incutendo al popolo, dinanzi a tanto sfarzo e magnificenza, il timore di Dio. Così venne anche istituito il Santo Uffizio che attraverso i tribunali dell’inquisizione perpetrò le peggiori nefandezze pari solo a quello che fecero i nazifascisti nella 2° guerra mondiale. Vittime illustri Giordano Bruno, Giovanna d’Arco, Francesco Pucci e tanti altri accompagnati dalla famigerata “Caccia alle streghe”.
Quindi, dato che ciò che pensa Dio oggi non lo sappiamo se non attraverso coloro che si professano Suoi “intermediari”, sebbene Lui sia a conoscenza da sempre di quel che sta avvenendo e accadrà, rimane la Parola di Gesù Cristo nei Vangeli che vengono richiamati e, leggendoli attentamente, non solo i canonici che già basterebbero, Egli afferma “Io vi dico in verità: I pubblicani e le meretrici vanno innanzi a voi nel regno di Dio.” [Matteo, 21, 21-31]
Personalmente non ho dubbi che un Monsignor Krzystof Charamsa sarebbe stato accolto a braccia aperte dal Redentore, anzi non è bestemmia affermare che fra gli Apostoli ci potessero essere anche omosessuali in nome della parità e non della misericordia (termine che puzza di “ghettizzazione”) e della verità.
Riferendomi all’ultimo capoverso del citato commento affermo che non sono una “scelta” le decisioni che nella loro sfera privata prendono le persone omosessuali, ma la natura di cui Dio li ha dotati. Mi permetto di dire che è grave errore esprimersi in questo modo, più che alla fratellanza porta alla “tolleranza” cosa incompatibile con la Parola di Cristo.
Senza voler apparire saccente mi preme concludere affermando che nell’epoca in cui viviamo, in particolare l’attuale momento storico, solo la cultura e la conoscenza ci possono salvare, tutto il resto è aria fritta.

Mauro Giovanelli – Genova
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I CUSTODI DELLA MEMORIA

I CUSTODI DELLA MEMORIA

In Messico, qualche anno fa, ho visto cose meravigliose. La “casa blu”, a Coyoacan, periferia della capitale, dove all’interno campeggia la scritta “Frida y Diego vivieron en esta casa 1929-1954” dove trovarono rifugio i repubblicani scampati alla guerra civile spagnola, intellettuali, scrittori, poeti, pittori, attivisti politici; Chichén Itzá nello Yucatan, con il suo sito archeologico Maya risalente al 6° e 11° secolo, e la celebre piramide di Kukulkan (nota come El Castillo); le imponenti piramidi azteche della Luna e del Sole, attraversate dal “Viale dei Morti” a Teotihuacan, il più grande e popoloso centro abitato del Nuovo Mondo, fondata intorno al 100 a.C. a circa 40 chilometri dall’odierna Città del Messico. Sulla sommità di esse Lev Trotsky e sua moglie, accompagnati da Rivera e consorte che li ospitarono per diverso tempo, sostarono a lungo a meditare, osservare il panorama splendido che si perde a vista d’occhio, il trionfo dei colori e della natura. Il Pato, così era soprannominato l’ex comandante dell’Armata Rossa che sconfisse l’esercito degli zaristi mettendo la parola fine alla rivoluzione d’ottobre, ha probabilmente avvertito alcune delle sensazioni che ho provato io. Quando sei lì ti accovacci al suolo, raccogli a te le gambe cingendole con le braccia, poggi il mento sulle ginocchia e ascolti il vento secco che passa tra i capelli e ti porta l’eco dei conflitti che si sono combattuti sotto quei maestosi monumenti, i sacrifici e le manifestazioni che vi si organizzavano fra un tripudio di folla. E gli inganni, i morti, migliaia di morti, ti sembra pure di vedere la maestosità delle processioni e i raduni che vi si tenevano prima che arrivasse la “civiltà”.
Di certo l’esule russo meditava all’esilio forzato cui era costretto per sfuggire alla collera del suo acerrimo nemico Iosif Vissarionovič Džugašvili e, più che alla contrapposizione che li divideva, si macerava all’idea che alla morte di Lenin avvenuta nel 1924, dilagò l’ambizione di colui che fu soprannominato Stalin, ossia “Acciaio”, il quale riuscì ad arrivare al vertice del potere essendosi liberato in maniera ignobile di ogni nemico o presunto tale. E fra questi lui, che sognava la “rivoluzione permanente”, fu il più odiato dal propugnatore del “socialismo in un solo Paese”. Chissà se quel posto incantato gli fece dimenticare, anche per soli pochi minuti, a come poteva riorganizzare all’estero il Partito, interrompere i suoi pensieri diretti a soppesare uno ad uno i fedelissimi rimastigli ripetendo fra sé quelle che di lì a poco sarebbero state le sue ultime parole: “La mia fede nell’avvenire comunista del genere umano non è meno ardente, anzi è ancora più salda, che nei giorni della mia giovinezza, se si produrrà l’esplosione sociale che spero e la rivoluzione socialista trionferà in diversi Paesi, quegli stessi lavoratori avranno la missione di aiutare i loro compagni sovietici a liberarsi dai gangster della burocrazia stalinista… vedo la verde striscia d’erba oltre la finestra e il cielo limpido azzurro al di là del muro, la luce del sole dappertutto. La vita è bella, i sensi celebrano la loro festa. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione, violenza e goderla in tutto il suo splendore.”
In Messico ho visto uno degli esseri viventi che è testimone oculare di tutto quanto avvenne da prima della venuta di Cristo ad oggi, lavorando indefessamente a produrre ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana mentre assisteva imperturbabile alle azioni degli uomini, i feroci combattimenti che si svolgevano alla sua base, prima tra Maya e Aztechi, con la supremazia di questi ultimi, e successivamente al genocidio da parte dei “Conquistadores”. Chissà quanto sangue hanno assorbito le sue radici mentre intorno si sviluppava il “progresso” passando attraverso rivoluzioni, conquiste, tradimenti. Il vento gli avrà pure portato gli echi della conquista del west, la guerra civile americana, l’attentato alle due torri. E ancora ci sta guardando. Questo gigantesco albero bimillenario, chiamato Sabino, che abita a Hierve el Agua nei dintorni di Monte Alban, provincia di Oaxaca, detto anche “albero del Tule” per l’omonimo villaggio di Santa Maria che lo ospita, la cui altezza raggiunge i 40 metri e pesa 509 tonnellate, è una conifera della famiglia delle cupressacee, il cipresso di Montezuma. Dal 2001 è stata avanzata la proposta di inserire questa straordinaria creatura nell’elenco dei beni più antichi al mondo, sotto tutela dell’UNESCO, mozione tuttora pendente.
Ma Sabino non è il solo ad osservarci da così tanto tempo. Anzi uno dei suoi fratelli, che alloggia da più di duemila anni nella terra magica del Salento, a poco meno di 3 km dal capoluogo comunale e circa 53 da Lecce, nella splendida regione delle Puglie, è certo che abbia visto svilupparsi il centro urbano di Felline dal primo nucleo di umani sorto probabilmente nel III secolo a. C., territorio comunque popolato fin dalla preistoria come testimoniato dalla presenza di alcuni menhir.
È un ulivo di 2000 anni, detto “il gigante di Felline” ma non ha un nome, neppure è stata presentata la richiesta di inserire quest’altro eccezionale essere nel novero dei beni da proteggere. Pensare che ha visto le grandi battaglie per la conquista di imperi sempre più vasti, Giovanni il profeta, il battesimo di Gesù, udito la sua Parola. Ha conosciuto il procuratore della Giudea Ponzio Pilato, Giuda di Kiriat, il sacerdote del Tempio Kayafa, detto Caifa. Poi il regno di Diocleziano e l’imperatore Costantino, il concilio di Arles e quello di Nicea dove il cristianesimo divenne religione di stato. Ha presenziato alle scissioni, luterani e ortodossi, e sentite le urla strazianti delle vittime dell’inquisizione. Ha conosciuto Giordano Bruno ma ancor prima ha visto Cristoforo Colombo partire alla scoperta del Nuovo Mondo dove ad attenderlo c’era Sabino. Ha osservato il passaggio dei crociati diretti in Terra santa, promessa secondo gli ebrei, per i musulmani il luogo in cui Maometto giunse al termine di un miracoloso viaggio notturno che mosse dalla Mecca. Tramite la corrente del Golfo e quella nord-atlantica dell’emisfero boreale che nasce proprio nel golfo del Messico, i cicloni e gli anticicloni, gli alisei, che propagano semi, pollini e quant’altro, sicuramente le due piante comunicavano tra loro sensazioni e paure, anche con gli altri undici confratelli sparsi nel mondo: Sicilia, Madagascar, Germania, Thailandia, Inghilterra, quattro in California, Australia, Cisgiordania. Così il gigante di Felline, Sabino e gli altri seppero pure dello sterminio dei nativi americani, l’olocausto degli ebrei, le bombe su Hiroshima e Nagasaki, le due guerre mondiali. Hanno conosciuto Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Mandela e inteso dei grandi domínî sorti e crollati, il più esteso quello di Temujin conosciuto come Gengis Khan. Tutto sanno di questi duemila anni e oltre.
Con infinita pazienza hanno ora appreso dell’uccisione di 13 ragazzi in fuga dall’Eritrea, sette donne e sei uomini di età compresa tra i 13 e i 20 anni; l’ennesima carneficina nel nordest della Nigeria con oltre cento morti; la sparatoria in un college dell’Oregon ad opera di un giovane di ventisei anni che ha provocato dieci vittime. Avvertono le tensioni fra Usa e Russia, il disagio dei giovani, le ingiustizie sociali… hanno visto nascere te e me e tutti quelli che in questo preciso istante vivono, sognano, fanno l’amore, sperano in un futuro migliore.
Questi alberi non sono vegetali ma persone.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “I CUSTODI DELLA MEMORIA” è stato pubblicato il 2 ottobre 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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I MISTERI DELLA CIVILTÀ SOMMERSA (da Schettino a Marino e viceversa)

I MISTERI DELLA CIVILTÀ SOMMERSA
(da Schettino a Marino e viceversa)

La conclusione dell’incipit che sto per fare, al di là dei matrimoni gay, i rapporti fra Stato e Chiesa, unioni legittime o meno, ecc. è che alla fin fine Ignazio Marino è, come minimo, sciocco. L’anno scorso aveva telefonato in Vaticano per parlare con il Santo Padre allo scopo di annunciargli che stava per riconoscere matrimoni di persone dello stesso sesso registrati all’estero. Rispose il segretario del Papa spiegandogli che sarebbe stato impossibile proferire con Francesco poiché impegnato a discutere di problemi legati alla famiglia. A questa parola gli si accese una lampadina nella testa, quindi replicò all’istante che proprio su questo argomento desiderava informare il Papa della sua iniziativa. La “pensata ecclesiale” del primo cittadino della capitale si esaurì a quel punto.
Conclusa la conversazione, Monsignor Vincenzo Paglia informò il Pontefice e questi, raccontando l’episodio ai vescovi del Sinodo che aveva di fronte, fece capire che considerava l’episodio una sorta di presa in giro. E ne aveva ben donde! Aggiungo io. Per completare l’opera il 19 ottobre 2014 Marino, con cerimonia pubblica in Campidoglio, avrebbe poi registrato i sedici matrimoni omosessuali celebrati all’estero, anche se la legge italiana non lo permette.
Non desidero tediarvi sul recente viaggio di Ignazio negli USA in concomitanza con quello del Vicario di Cristo dove, da un coacervo di bugie del sindaco, ahimè, di Roma, mezze verità, tre quarti di smentite, contro smentite, presunto invito del suo collega di Philadelphia, Michael Nutter, che a sua volta lo contraddice, il primo cittadino della nostra capitale se ne esce con “Sono stufo di queste polemiche che vengono create ad arte per danneggiare l’immagine di Roma”. E qui siamo alla follia pura. La “grande bellezza”, malata grave, nelle mani di un chirurgo dicotomico!
Per rendere utile questo ammasso di corbellerie che quasi potrebbero fare il paio con le esternazioni di Schettino e il suo libro “Le verità sommerse”, vorrei chiudere con una considerazione:
I nostri privilegiati “onorevoli” non dovrebbero porre fine ai continui viaggi all’estero a spese dei cittadini? Forse non lo sanno ma viviamo nell’era informatizzata, siamo andati a fotografare Plutone da 12 mila Km di distanza, la Luna è ormai periferia della Terra, una nostra sonda è “atterrata” su una cometa. Questo per dire che esistono le videoconferenze, skype. Cento o più Capi di Stato potrebbero parlarsi stando comodamente seduti sulle loro dorate poltrone come fossero intorno al tavolo rotondo dell’ONU. Qualcuno le ha dette queste cose alla guida capo scout Renzi Matteo & C. del PD? E ai soloni europei? Forse penserete che sto esagerando, devo abbassare i toni, evitare l’uso di termini schietti, sfrontati. A me non pare ma potrebbe essere che mi sbagli.
Secondo me da diminuire e di impudente, in Italia, ci sarebbero solo gli stipendi dei parlamentari, i più alti del Pianeta USA E Russia comprese, e i secondi in graduatoria, gli austriaci, percepiscono quasi la metà. Nel contempo ridurre assolutamente l’enorme quantità di professionisti della politica (della qualità parleremo un’altra volta) che solo a Palazzo Chigi, Palazzo Madama e Quirinale ne stazionano il doppio che negli Stati Uniti. Indi eliminare i privilegi di cui godono questa armata di incompetenti, concessioni e benefici che farebbero invidia ad uno sceicco. Da ridimensionare in modo drastico, nella forma e nella sostanza, resterebbero i dipendenti delle tre soprannominate “dimore” i quali sono un numero esorbitante a cominciare dall’ultimo fattorino, a seguire elettricisti, tecnici, commessi, idraulici, dirigenti, impiegati, medici di ogni specializzazione, barbieri da 136 mila €uro all’anno, calzolai, fino agli addetti alla ricarica degli orologi a pendolo. Tutti con stipendi che forse neppure percepiscono i ricercatori della NASA. Stendiamo un pietoso velo sulla pagliacciata del nostro leader circa la vendita tramite e-Bay delle auto blu e il “taglio” delle guardie del corpo.
Ma cosa farebbero poi tutte queste persone? Semplice! Scriverebbero un libro: “I misteri della civiltà sommersa”.

Mauro Giovanelli – Genova
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IL RENZISMO IN DUE (SEMPLICI) PAROLE

IL RENZISMO IN DUE (SEMPLICI) PAROLE

Più che un’ideologia il Renzismo è una corrente politica basata su leggi fisiche che si rifanno alla teoria della relatività. Essa trova spunto dalla formula <e=mc2> (2 è l’esponente di c, si legge “al quadrato”, come gli stipendi degli adepti, che sono anche “al cubo”) e intende promuovere la velocità (c) come elemento fondante dello sviluppo delle masse (m) attraverso una sedicente coalizione d’avanguardia denominata <Larghe Intese>. Questa alleanza ha messo quasi tutti d’accordo: tecnici delle relazioni, esperti di marketing, massmediologi, banchieri, tuttologi, opinionisti, pubblicisti, critici e acritici, imprenditori, manager pubblici e privati, intellettuali o presunti tali. Nella sua fase sperimentale tale rivoluzionaria concezione del modo di intendere la vita in società è attualmente applicata solo in Italia avendo questo Paese già concepito in passato, ed esportato, altri sistemi di convivenza reciproca come il fascismo, mafia, e altre amenità. È una ventata di estremo centrismo che poggia anche su altri princìpi scientifici come quello di Archimede, dei vasi comunicanti, fino al quinto postulato di Euclide, per arrivare alla teoria isostatica. I mancati elettori che desiderassero ulteriori approfondimenti sono invitati a consultare appositi testi che, a richiesta e con beneplacito di FI, saranno forniti gratuitamente dal PD, nella persona di Pina Picierno, non a caso laureata in scienza delle comunicazioni e perciò seduta al Parlamento Europeo insieme ai Borghezio, le Mussolini e via discorrendo. Evitare categoricamente di confondere tale movimento con il becero cinque stelle, esigua parte di cittadini che anela a dar voce al popolo. Infatti occorre aggiungere che il “Renzismo” è una sorta di filosofia che si ispira anche, rinforzandoli, ai valori dello scoutismo e mira ad indirizzare il pensiero della gente su concreti aspetti delle leggi che governano l’Universo, affrancando quindi l’uomo dai miseri e superati problemi quali lavoro, equità sociale, dignità, fisco, sovranità, ecc. Siffatto nuovo corso ha raccolto consensi insperati dalla stampa, in particolare quotidiani che usufruiscono di finanziamenti pubblici, dalla televisione, anche quelle reti apparentemente fuori dalla giurisdizione del leader occulto sig. B., e dai piu quotati professionisti dell’informazione nonché presenzialisti del piccolo schermo. Il condottiero, o meglio “guida”, da qui il nome della corrente di pensiero, è l’energico Renzi (e) che, quando innesca la retromarcia alla mascella, spara un quanto di energia il quale impatta gli incisivi, sorta di deceleratori e deviatori di particelle, che viene quindi indirizzato al suolo e qui immediatamente insabbiato da un cannone al silicio. Tali segnali sono definiti riforme. Nessuno ci capisce alcunché ma non importa, ciò che conta è la velocità con cui vengono sputate, cioè il loro numero nell’unità di tempo. La quantità di emissioni è infatti il tema principale dei vari talk show di “approfondimento” nonché articoli delle maggiori testate giornalistiche che si occupano del fenomeno: velocità associata all’immagine. Quest’ultima, formata da fotoni che materializzano il Matteo così come ci appare, più è cangiante, più è oggetto di profonda analisi. Infatti il suo ologramma, con una rapidità da far invidia al più sofisticato dei ciclotroni, passa dal chiodo in pelle alla giacca con spacchi laterali e padeletta posteriore basculante idonea per non ostacolare la continua fuoriuscita di programmi elaborati anche dal retrostante potente reattore di cui questi è ben equipaggiato. In quest’uomo il genio italico ha ritrovato il suo riscatto, gli altri, che imbecilli, stanno ancora lambiccandosi il cervello sulla teoria dell’unificazione che neppure Einstein ebbe il tempo di tradurre in formula, una sciocchezza per B. e R. dove B sta per Bosone (da non confondersi con Cesano Boscone), ispiratore e ideologo, e R per Radio Renzi, diffusore a forte impatto sociale. E pensare che gli avversari, detrattori, sfigati, pessimisti etichettati “soliti gufi” continuano a dire che si sta parlando del nulla… roba da non credere.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “IL RENZISMO IN DUE SEMPLICI PAROLE” è stato pubblicato il 10 dicembre 2014 sul sito www.memoriacondivisa.it: con il titolo “IL CONDOTTIERO IN DUE PAROLE SEMPLICI – Su “Il Segno” nr. 14 del 1-30 settembre 2014 pag. 2 – ttp://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it – con il titolo “Tutti all’ascolto di Radio Renzi, genio italico che la da a bere a tutti”

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POTREBBE UN BATTITO DI CIGLIA…

POTREBBE UN BATTITO DI CIGLIA…

“Potrebbe il battito d’ali di una farfalla
nel golfo del Tonchino
scatenare un uragano a New York?” (1)
Da anni i migliori scienziati del mondo
stanno cercando una risposta a questa domanda
studiando i diagrammi generati dagli attrattori di Lorenz.
Che stolti! A me è bastato accendere il cellulare,
collegarmi a facebook e veder apparire sul display
un volto femminile non comune,
con qualcosa che ti fa dimenticare
i tuoi progetti immediati,
dove stavi andando e perché,
ti blocchi ad osservare il sorriso aperto, spontaneo,
i capelli che fluiscono sulle spalle,
come fossero diramazioni di un fiume d’oro
che per superare l’ostacolo dell’ovale compiuto
si fanno cascate,
cornici a un paio di occhi trasformati in pepite
con inclusioni di lapislazzuli
che la corrente ha trascinato con sé per abbandonarli,
incastonarli proprio lì, al posto giusto,
talmente espressivi e sinceri,
con riverberi che indicano la strada dell’amicizia, l’amore,
da lasciare l’osservatore incantato, come si trovasse
tra la provincia argentina di Misiones
e lo Stato brasiliano del Paraná,
di fronte alle cateratte dell’Iguazú.
Il naso greco è il simbolo della bellezza
che fa scivolare lo sguardo sulle labbra, vere, perfette,
a rappresentare il varco che conduce dietro le cascate,
all’interno di grotte misteriose
dove si nascondono antichissimi tesori
lasciati dai pirati di tempi lontani.
Sì, ho scoperto che il battito d’ali di una farfalla
nel golfo del Tonchino
potrebbe scatenare un uragano a New York…
anche un battito di ciglia.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: dipinto di Charmaine Olivia

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(1) Alan Turing in un saggio del 1950, “Macchine calcolatrici ed intelligenza”, anticipava questo concetto: “A conti fatti perciò una singola azione potrebbe determinare imprevedibilmente il futuro: nella metafora della farfalla si immagina che un semplice movimento di molecole d’aria generato dal battito d’ali dell’insetto possa causare una catena di movimenti di altre molecole fino a scatenare un uragano a grande distanza. Edward Lorenz fu il primo ad analizzare l’effetto farfalla in uno scritto del 1963 preparato per la New York Academy of Sciences. Secondo tale documento, “Un meteorologo fece notare che se le teorie fossero corrette, un battito delle ali di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso del clima per sempre”. In seguito Lorenz usò la più poetica farfalla, forse ispirato dal diagramma generato dagli attrattori di Lorenz, che somigliano proprio a tale insetto, o forse influenzato dai precedenti letterari (anche se mancano prove a supporto). “Può il batter d’ali di una farfalla nel golfo del Tonchino provocare un uragano a New York?” fu il titolo di una conferenza tenuta da Lorenz nel 1972.

FINE DELLA LEZIONE

FINE DELLA LEZIONE

So che stai soffrendo
come un animale in calore.
Purtroppo non ci sono
a soddisfare i tuoi istinti,
la smania che ti assale
rimane inappagata.

E ti vai spegnendo.

Adesso non puoi dire
che il mio egoismo è senza limiti,
tanto da farti sentire uno zero,
avrei dovuto darti di più, queste le tue ultime parole,
altro ancora, ed erano solo inutili convenzioni,
nulla valevano ma tu non lo capivi.

Ora beneficia della tua ovvietà.

Nell’ultimo anno mi hai pressato,
non hai inteso, due come noi
sono senza alternative,
avresti dovuto pensare come un uomo,
prendere e gioire, dare e godere,
solo così avremmo sfidato il tempo.

E insieme… risultare vincitori.

Non sei riuscita, proprio non ce l’hai fatta
ad anteporre i sensi, passione, la carne, gli umori
di cui restavamo impregnati, sudore, sperma,
liquidi escretori delle tue fertili mucose,
mi stringevi, con le unghie ti avvinghiavi a me,
perciò si aggiungeva sangue, e gradevole dolore.

Ma eri tu a mugolare di piacere.

Tutto qui! È semplice in fondo.
Stolta! Ma come puoi non aver inteso
che l’universo è questo,
il resto sono cantine ammuffite, strade senza sbocco,
lavori in corso, chiedere permesso, ricerca di un parcheggio,
falsi valori, passeggiate senza meta.

Se non hai una tua vita segreta.

Inviti a cena, convenevoli, raduni salottieri,
insopportabili opinioni, consuetudini, discussioni,
condivisioni, visite di cortesia, amici di facciata,
un caffè al bar, saluti stiracchiati, presenze fastidiose
mentre accanto si incrociano destini di altri…
alla disperata ricerca di amore.

Che noi avevamo… ora è dolore.

Non è possibile, né smetterò mai di domandarmelo,
eppure te l’avevo insegnato, spiegato bene,
avevamo compiuto il prodigio,
un caso su mille, diecimila… che dico? Unico.
Solo noi eravamo arrivati a destinazione,
la compiutezza, il gioco dei corpi, l’attrazione.

Ma ha vinto la necessità della finzione.

Ed io di questo godo, soffro da morire ma godo
della tua angoscia. Donna insensata!
Quante volte ho detto: “devi essere mia, come una schiava”,
quando lo sussurravo al tuo orecchio, te lo chiedevo
mentre ti ero dentro, nei tanti modi che da me hai imparato
e che volevi… “Sono tua, prendimi!” Rispondevi.

“Farò ciò che vuoi… ti scongiuro, amami per sempre!” Supplicavi.

Sempre! Avevamo resa autentica questa parola.
E dove lo trovo un altro come te! Piangevi…
A parte questo, nulla hai capito,
e ogni giorno che mi vorrai e non ci sarò
mentre davanti ai tuoi fornelli con un lui sereno
chinato sulla tavola a fare i conti, chissà perché

me lo immagino in salopette

per cattiveria sai, se non la indossa è nel cervello
che di sicuro ce l’ha. Allora mentre ti asciugherai
le mani, i piatti avrai lavato, getterai uno sguardo
furtivo al mio anello, ti tornerà alla mente l’attimo
in cui decidesti di pianificare la tua vita,
la paura dell’insicurezza che ora è terrore della ripetitività.

Difficile poter tornare indietro.

La vecchiaia… sei stata tu a richiamare la sua attenzione,
hai voluto sederti ad aspettarla, con me correvi, era lei disperata,
non ci raggiungeva, adesso piano piano ti si avvicina,
ogni giorno lascia il segno, ferite sul tuo corpo,
le ore passano in silenzio, la tua mente è svuotata,
hai già fatto la spesa, il momento del suo rientro si avvicina,

a questo pensi mentre sei in cucina.

Cerchi di scacciare il mio ricordo… ti dilania il pensare,
ritrovarsi il biglietto vincente della lotteria
e incassarlo a metà anziché spendere tutto,
fino in fondo, all’avventura. Che follia è stata!
Ma il fondo mai l’avremmo toccato, e tu sai perché,
il nostro sentimento dilatava sempre i confini.

Ne scoprivamo di nuovi stando vicini.

E adesso che più non ti usi? Che manca il maestro?
I glutei andranno infiacchendosi, la pelle si indebolirà,
già avviliti sono i capezzoli, piangenti e nostalgici i seni perfetti.
E il clitoride rosa che feci risorgere? Era nascosto, umiliato.
Ricordi? Le piccole labbra… hai gemuto la prima volta,
poi mi chiedesti di succhiarle ancora, prenderle, viziarle…

…mi tenevi premuta la testa, pervasa dall’eternità.

Ma chi potrebbe mai sfiorarti le gambe come so fare io?
Lentamente arrivavo fino alle mutandine ma…
non andavo oltre, pregustavo ciò che sarebbe stato,
tornavo alle ginocchia, i polpacci, i piedi, tu fremevi,
e allargavi le cosce sempre più, seduta al mio fianco, in auto,
guidavo e ti toccavo, tornavo su, pizzicavo la parte più tenera…

il loro interno, in alto, vicinissimo alla vagina.

E lì avvertivo calore di femmina, plasmata
per me, compiuta, sentivo umido, caldo umido,
così abbiamo girato per motel e ristoranti
musei, chiese romaniche, barocche, ci sposavamo nelle sacrestie,
poi alberghi, birrerie, ogni sorta di pub, bar, spiagge di sera,
di giorno, scogliere protettive, cabine, e tu bruciavi…

a volte dicevi di accostare subito… non potevi aspettare.

Non mi è possibile perdonarti, mai potrò farlo,
è come se tu avessi inferto uno squarcio all’Infinito
che avevamo raggiunto, toccato, in cui abitavamo.
Ricordi bene che sembrava un susseguirsi di dune
di sabbia finissima, il sole sempre basso, al nostro fianco,
e il mondo era solo una percezione lontana, ad occidente…

le nostre ombre unite, lunghe, guardavano l’oriente.

Anteporre la sicurezza, la stabilità, il timore
di un futuro incerto che neppure sai se arriverà,
cominciare a pensare a sistemarti, organizzarti!
Parole orribili, prive di libertà.
Dove? Con chi? Come? Per aspettare di morire?
E quando dovesse giungere quel momento?

Sai che cercherai la mia mano, annasperai, ed io… dove sarò?

Come hai fatto a non capire che stavamo
cogliendo il meglio di ciascuno di noi…
nascondendoci da tutto. Splendido! Assoluto!
ci incontravamo solo nel nostro reale vissuto
fossimo stati insieme, come due coniugi
o compagni, non avrebbe potuto durare…

Solo i clandestini arrivano alla meta senza smettere di amare.

Stolta! Ottusa! Te l’avevo detto
di abbandonare la normalità,
ubbidire a me passivamente,
senza nulla pensare
se non a noi.
Ma la tua indole femminile… il timore,

ti hanno corrotta, ed io ho fallito.

Però… ho scoperto qual è la verità! Questa è l’ultima lezione.
Alla fine sta in un pensiero che a tutto sopravvive,
e accetta il passaggio offerto dalla prima foglia che s’invola,
da una brezza amica che si fa messaggera,
il riverbero di un raggio di sole distratto, il vento di scirocco,
un gabbiano che sconfina, il bagliore complice della luna

per giungere in tempo fino a te… e farti sentire la mia mano
che tiene stretta la tua.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Fulvio Leoncini – 13 stazioni per lady Chatterley – 2012 – Dedicato alla passione – Collezione privata – la medesima con la quale è stata proposta, sotto lo pseudonimo di Pike Bishop la poesia “Fine della lezione” proposta nella “Giornata mondiale dedicata alla violenza contro le donne”

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