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ASSETTO POLITICO

ASSETTO POLITICO

Lo ritengo “geometricamente” inclassificabile per quanto concerne la forma fisica che solo in apparenza potrebbe sembrare normale mentre ad un attento osservatore non sfuggirebbero alcuni particolari fuori assetto… fattore che potrebbe pure incidere sulla stabilità dell’umore. Un esempio per tutti: Non vi pare che le orecchie premino eccessivamente i lobi temporali? Al punto che si potrebbe pensare che i padiglioni auricolari siano intagliati alla base del cranio? Fra la “testa del condilo temporomandibolare” e il “meato acustico esterno”?
Saranno mica queste le famose “orecchie da mercante”?

Mauro Giovanelli – Genova
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Quinto Orazio Flacco – Satire

Quinto Orazio Flacco
Satire

A’ musici è comun questo difetto,
Che pregati a cantare infra gli amici,
Mai non fan grazia; se nessun gli cerca,
Costor non danno mai più fine al canto.
Tal fu Tigellio il Sardo. A lui potea
Fare Augusto medesmo istanze e preghi
Del suo gran padre e di se stesso in grazia,
Tutto era van; se gli saltava il grillo,
Dal suo primo cenar sino alle frutta
Trillava, evviva Bacco, ora in soprano,
Or nel più basso tuono. Ei non fu mai
A sè medesmo ugual. Correa sovente
Qual chi fugge il nemico, e spesso andava
Lento come chi porta in giro i sacri
Cesti di Giuno. Or ei dugento servi,
Or n’avea dieci a pena. A bocca gonfia
Parlamentava di tetrarchi e regi;
Poi detto avria, d’un qualsivoglia desco,
D’un salin puro, d’una grossa vesta,
Che dal freddo mi pari, io son contento.
Ma se a quest’uom sì moderato e parco
Donavi un milion, tra cinque giorni
Non gli restava nello scrigno un soldo.
Vegghiar solea la notte infino all’alba,
Poi russar fino a sera. Un incostante
Pari a costui non mai si vide in terra.
Talun dirammi: e tu non hai difetti?
Altri ne ho forse non minor di questi.
Menio tagliando i panni a Novio assente,
Uno gli disse: Bada a te: non sai
Che ti conosco? e di gabbarne intendi?
Menio rispose: A me medesmo poi
Amo e so perdonare. O d’ogni biasmo
Degno amor proprio, e dissennato e ingiusto!
Se cispo guati con l’impiastro agli occhi
Le colpe tue, perché la vista aguzzi
Più d’aquila o serpente a’ vizj altrui?
De’ tuoi difetti ancor registro tiensi.
Colui, dice taluno, è sdegnosetto,
Non regge all’altrui frizzo. È messo in burla,
Perch’è tosato mal, perché la toga
Non ben gli quadra al dosso, al piè la scarpa,
Ma per bontà va innanzi a tutti, è amico,
E chiude in rozzo corpo un alto ingegno.
45Or tu scandaglia te medesmo, e mira,
Se inserito abbia in te vizj Natura,
O mal costume. Che ne’ campi incolti
Germinar felce suol degna del foco.
Poniam mente allo stil de’ ciechi amanti,
Cui delle amiche le più sozze mende,
Non che disgusto, recano diletto,
Come fa d’Agna il polipo a Balbino.
Vorrei che un tale error nelle amicizie
Avesse luogo, e che si fosse a quello
Dalla virtù trovato un nome onesto.
Del figlio il padre non aborre, e noi
Aborrir dell’amico non dovremmo
Qual ch’ei s’abbia difetto. Un padre appella
Luschetto un figlio che ha stravolti gli occhi,
Piccin quel ch’è pimmeo come a’ di nostri
Era Sisifo aborto di natura;
Bilenco chi stravolte ha le ginocchia,
E strambin chiama balbettando quello
Che mal si regge su i calcagni storti.
Così da noi chi troppo il suo risparmia
Si nomini frugale, e chi ventoso
Mena di se jattanza un uom garbato
Che figura vuol far presso gli amici.
Se alcuno è truce e franco oltre il dovere,
Di schietto e coraggioso abbiasi il nome;
S’è troppo caldo, risoluto il chiama.
Quest’è che le amistà lega, e conserva.
Ma noi siam usi alle virtù medesme
Cangiar sembiante, e intonacar vogliamo
Con rea vernice un vaso puro e netto.
Uno è di buon costume? è abbietto e vile.
Quegli è tardo a parlare? è uno stordito.
Questi ogni agguato schiva, e il fianco inerme
A’ maligni non offre, (e ciò in un tempo
Che l’invidia imperversa, e in ogni banda
Trionfa la calunnia), anziché il nome
D’accorto e destro, ha quel d’astuto e finto.
Se alcun va schietto e in quella foggia, ond’io
Spesso a te godo, o Mecenate, offrirmi,
Tal che interrompa con parlar molesto
Chi medita o chi legge, a lui, diciamo,
Manca il senso comune. Oh quanto sciocca
Formiam contro noi stessi e iniqua legge!
Poiché nessuno è senza vizj al mondo,
Ottimo è que’ che n’ha la minor soma.
Un dolce amico i vizj miei ragguagli,
Com’è ben giusto, alle virtudi, e a queste
Di numero maggior, se pur son tali,
L’affetto inchini. S’egli vuol che a lui
Io risponda in amor, con questa legge
Appo me troverà stadera uguale.
Se non vuoi che l’amico si disgusti
Delle tue natte, i suoi bitorzi escusa:
Chi per se vuol perdon, perdoni altrui.
In somma giacché in tutto sradicarsi
Non può né l’ira, né quant’altri vizj
S’attaccano agli stolti, e perché dunque
Ragion non usa le misure e i pesi
Convenienti, né a ciascun delitto
Secondo il merto lor fissa il gastigo?
Se taluno mettesse in croce un servo,
Perch’egli nel levar di mensa i piatti
Trangugiò qualche pesce smozzicato,
E un po’ di salsa, tra i cervelli sani
E’ si dirìa di Labeon più pazzo.
E pur quanto è maggior tua frenesìa?
Fa un lieve error l’amico, a cui se nieghi
Compatimento, ognun ti tien per aspro
E per rubesto, e tu l’abborri e sfuggi,
Come fanno Drusone i debitori,
Che se al primo del mese i cattivelli
Pronti non son a snocciolargli il frutto
O il capital, quai servi a collo teso
Le scipide sue storie a udir gli astrigne.
Un pien di vino scompisciommi il letto,
O fe cadere in terra una scodella
Già stata fra le man del vecchio Evandro,
O la fame gli fe torre un pollastro
Che stava nel taglier dalla mia parte,
Per questo ho da pigliar l’amico in urto?
Che farei, se m’avesse svaligiato,
Rotto il segreto, oppur la fè tradita!
Chi vuol che uguali sien tutte le colpe,
Quando al fatto si viene è in grande intrico.
Il senso e l’uso vi s’oppone, ed anche
L’utilità, che quasi al giusto è madre.
Quando gli uomini primi usciro al mondo
Muti e sozzi animali ebbero insieme
Per le ghiande e le tane ad azzuffarsi
Con unghie e pugni, co’ baston dipoi,
Indi con l’armi che foggiò il bisogno,
Finché inventate fur parole e nomi
A dinotar gl’interni sensi; e allora
Cessaron le battaglie, e alzate furo
Città munite, e con le leggi esclusi
I furti, gli adulterj e le rapine.
Perocché prima ancor d’Elena al mondo
Donne impudiche fur cagion di guerra,
Ma ignoti son que’ che di fere in guisa
Cercando pasto alla lussuria ingorda
Spense la mano di rival più forte,
Come toro che sventra i men gagliardi.
Se a scorrer prendi d’ogni età gli annali,
Vedrai che incontro all’oprar fello e ingiusto
Fur le leggi dagli uomini inventate;
Nè Natura scevrar dal torto il dritto
Può come il ben dal male, il pro dal danno.
Nè ragion mai ti proverà che fallo
Commetta ugual chi pochi fusti infranga
Nell’altrui campo, e chi di notte involi
Con sacrilega man gli arredi a i numi.
Regola v’abbia che delitto e pena
Tra lor pareggi; nè flagello atroce
Solchi le spalle a chi di sferza è degno;
Ch’io già non ho timor che tu alla frusta
Danni chi meritò maggior gastigo,
Poichè tu dì che l’assassinio e ’l furto
Son cose uguali, e di tagliar minacci
Con falce indifferente il poco e il molto,
Qualor tu giunga a conseguire un regno.
Se chi è saggio tuttinsieme è ricco,
Buon calzolajo, ei solo è bello ed anche
Re, perché brami aver ciò che possiedi?
Ei mi dirà, Tu non sai quel che insegna
Il gran padre Crisippo. Il saggio mai
Fatto non si ha nè sandali nè scarpe,
Eppure il saggio è calzolajo. Come?
In quel modo ch’Ermogene è cantore
E musico eccellente ancorch’ei taccia;
In quel modo che dopo aver gittato
Via gli stromenti e chiusa la bottega,
Era cordovanier lo scaltro Alfeno;
Così di tutto il saggio è gran maestro,
E così re. Sta in guardia che una turba
Di ragazzi insolenti, o re maggiore
Di tutti i re, la barba non ti peli,
E se col nerbo non la tieni indietro,
Non ti s’affolli addosso, e tu frattanto,
O meschinello, invan ti sfiati urlando.
Ma per finirla, mentre al bagno vai
Tu re con pochi soldi, e nessun altro
Che lo scempio Crispin ti fa la corte,
Io dolci amici avrò che alle mie colpe
D’inavvertenza accorderan perdono,
Ed io del par compatirò lor falli
Ben volentieri, e tuttoche privato
Più di te, che re sei, vivrò contento.

Quinto Orazio Flacco – Satire (I secolo a.C.) – Traduzione dal latino di Luca Antonio Pagnini (1814) – Libro I – Satira III

Mauro Giovanelli – Genova
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TUTTO PUÒ ESSERE?

TUTTO PUÒ ESSERE?

Il nostro ex premier Renzi Matteo potrebbe essere inserito fra i candidati a qualche premio per la chimica? E per la letteratura? Accadimento che non avrebbe precedenti.
Operazione non facile trasformare la “palude”, dalla quale avrebbe dovuto portarci fuori, in “melma” soprattutto considerando i tempi celeri e solerti in cui ha portato a conclusione il processo interessando vasti campi della fisica, idraulica, botanica, mineralogia, stratigrafia, zoologia.
Che successivamente abbia realizzato il totale mutamento, peraltro irreversibile, della “melma” in “merda” è addirittura sbalorditivo considerato che l’ulteriore cambiamento di “sostanza”, ossia da «terriccio intriso d’acqua, attaccaticcio e scarsamente consistente» in “«residui alimentari non digeribili formati da cellulosa, cheratina, acidi gastrici, bile (ad abundantiam), muco, batteri» l’ha coniugato alla sola sostituzione di due consonanti (“LM” con “RD”).
Infatti egli apre nuovi orizzonti nella cultura classica oggi, ahimè, depressa e dimenticata. Non è sfuggito l’essersi rapportato al sommo poeta:

“E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco, vidi un col capo sì di merda lordo, che non parea s’era laico o cherco” (*)

Mauro Giovanelli – Genova
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(*) Dante Alighieri, “LA DIVINA COMMEDIA”, inferno, canto XVIII, versi 116-117, Grande Universale Mursia, edizione ottobre 1965, pag. 108.
Siamo nella seconda bolgia di Malebolge. Nella merda sono tuffati ADULATORI e LUSINGATORI. Il personaggio dei due versi è il lucchese Alessio Interminelli. Vicino a lui la meretrice Taide (di cui parla il poeta latino Terenzio, “sozza e scapigliata”) chiamata da Dante “la puttana” (verso 133).
Immagini in evidenza ricavate dal web: A sinistra laboratorio chimico, a destra fotomontaggio eseguito dall’Autore

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IN UN MARE DI MERDA

IN UN MARE DI MERDA

Nuotare nell’acqua dolce è più faticoso che in quella salata la cui maggiore densità “regge” il corpo. Nei laghetti delle oasi sahariane o nel mar Morto addirittura ci si può quasi stare seduti (provare per credere) ma… muoversi in un mare di merda è impossibile, saturo come in Italia poi… sprofondi nonostante l’alta consistenza perché vischioso, assorbente come le sabbie mobili, meglio stare fermi per non essere inghiottiti.

Mauro Giovanelli – Genova
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FUMATORI COMPULSIVI

FUMATORI COMPULSIVI

La legge che prevede il divieto di fumare nei locali pubblici in realtà incentiva il vizio. Infatti capita di trovarsi in compagnia di persone moleste e due sono le possibilità per concedersi una pausa: La toilette ed “Esco un momento per farmi due tiri”. Ma dura poco… quindi si diventa fumatori compulsivi.

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ATTENZIONE!

ATTENZIONE!

RICORDO A TUTTI CHE PER L’IMMINENTE REFERENDUM:

1) CHI VOLESSE VOTARE “NO” DEVE FARE UNA CROCE SUL SIMBOLO NO.

2) CHI VOLESSE VOTARE “SÌ” DEVE CANCELLARE IL SIMBOLO “NO” CON UNA CROCE.

FACILE! NON CI SI PUÒ SBAGLIARE.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: FACSIMILE SCHEDA PER REFERENDUM 4 dicembre 2016

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TI(N)TO HA RITINTO I TETTI (versione aggiornata)

TI(N)TO HA RITINTO I TETTI
(versione aggiornata)

Il regista Tinto Brass che, contrariamente al pensare comune e bigotto, ha girato anche dei film degni di nota sostiene:

Sul piano etico il culo è più onesto della faccia, non inganna e non è una maschera ipocrita.”

Dal punto di vista dell’antropologia umana è incontestabile, a mio avviso naturalmente, e ritengo che Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare, sarebbe d’accordo con Tinto. Invece non saprei cosa ne potrebbe pensare Renzi Matteo. “Ti(n)to, tu t’ha ritinto il tetto, ma tu ‘un t’intendi tanto di tetti ritinti!!”(1). Più o meno sempre questo il senso dei suoi interventi, dalla Confcommercio al salotto di Bruno Vespa, comparsate TV, rarissimi confronti, viaggi diplomatici (memorabile quello in Argentina spacciando la perifrasi per una poesia di Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo) fino al ricevimento di fine mandato di Obama con cui, nell’abbraccio, si sono vicendevolmente sussurrati “We can!!”… mettendoci entrambi la faccia.

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(1) Scioglilingua toscano

Immagini in evidenza: Al centro disegno del grande artista toscano FULVIO LEONCINI – Ai lati ricavate dal web

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EPPURE È VERO! – Marianna Madia

EPPURE È VERO!
Marianna Madia

Pubblica amministrazione: Consulta boccia il cuore della riforma Madia

La Corte costituzionale giudica illegittimo il meccanismo per cui l’attuazione passa dal semplice parere della Conferenza Stato-Regioni. Nel mirino le norme sulla dirigenza, le partecipate, i servizi pubblici locali e il pubblico impiego. Incontro Madia-sindacati sul contratto il 30 novembre

VALENTINA CONTE “ECONOMIA & FINANZA”, 25 novembre 2016

Più che dalla Madia pare uscita (la riforma n.d.a.) dal baule della bisnonna se non dal dipinto di una pala d’altare del Beato Angelico…
Poveri noi!!!

Mauro Giovanelli – Genova
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Da PONTE nasce PONTE

Da PONTE nasce PONTE

A mio parere si pensa troppo e non si fa alcunché di definitivamente UTILE. Fra la Terra e la Luna ci sono solo 350 mila chilometri circa, più o meno 330 volte Milano Taranto. In fondo se si progettasse di fare un ponte opportunamente meccanizzato e concepito per compensare e sincronizzare la rivoluzione del satellite intorno al nostro pianeta in relazione alla rotazione del pianeta intorno al proprio asse, provvisto di diverse piazzole di rifornimento, alberghi, motel, outlet, supermarket, centri commerciali, parchi divertimento per bambini con piscine e gonfiabili, piste ciclabili, ampi spazi per qualsiasi manifestazione sportiva comprese le olimpiadi nonché adeguate aree ad uso cinofili, gattofili e quant’altro… potrebbe esserci un forte incremento del PIL ed aumento dell’occupazione per qualche decennio. Si investirebbe in ogni settore dello scibile umano, edilizia, meccanica, elettronica, industria spaziale, chimica, informatica, assicurazioni, automobilistica, alimentare, estrattiva, energetico e così all’infinito. O no?
Però non fatelo sapere a Renzi Matteo.

Mauro Giovanelli – Genova
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MAURO GIOVANELLI – L’artista del nulla

MAURO GIOVANELLI
L’artista del nulla

L’opera monocroma inserita non a caso in cornice autentica profilo romano riferibile alla metà del secolo XVIII circa (dimensioni parte esterna cm. 118 x 93, area interna cm. 97 x 73), otto modanature lisce, intagliate, verniciatura originale in foglia d’oro, sembrerebbe appartenere al movimento “spazialista” fondato dall’artista Lucio Fontana (Rosario, 19 febbraio 1899 – Comabbio, 7 settembre 1968).
Infatti con questo lavoro proposto in anteprima assoluta, l’artista Mauro Giovanelli ha cercato di conseguire, nel contrasto fra l’intelaiatura e il dipinto, il superamento del gioco d’ombre con cui, specie la luce radente, veniva sottolineata la soluzione di continuità tra raffigurazione ed estensione.
Senza dubbio possiamo quindi asserire di trovarci di fronte ad un nuovo movimento artistico di cui il presente quadro rappresenta la pietra miliare, il cippo dal quale ripartire al fine di eliminare qualsiasi stacco tra l’opera e il mondo circostante. Trovandosi il sottoscritto nella duplice veste di Autore e critico non resta altro da dire che a tale inedita corrente artistica, di cui rivendica comunque l’appellativo di caposcuola, viene assegnata la definizione “ristrettista” essendo sottesa alla rappresentazione del “vuoto” esattamente come quello generato dalle “fazioni” della politica Italiana. Evitando quindi di affermare che ci troviamo di fronte a qualcosa di importanza monumentale e lasciando ovviamente giudicare al pubblico, preme concludere che si vuole realizzare ciò che non è riuscito al grande scrittore francese Gustave Flaubert (Rouen, 12 dicembre 1821 – Canteleu, 8 maggio 1880) il cui sogno era comporre un romanzo sul nulla.
Ecco! A ciò l’artista ambisce, raccontare con l’arte figurativa il niente in cui ci hanno reclusi.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Foto scattata dall’Autore – Opera “ristrettista”

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