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COMMENTO A L’AMACA DI MICHELE SERRA – IMAM E VIP (della serie “Il marchese del Grillo)

COMMENTO A L’AMACA DI MICHELE SERRA
IMAM E VIP (della serie “Il marchese del Grillo)

La chiusa di Serra Michele “…non è sulla base del timor di Dio ma su quella del rispetto degli uomini che non uccidiamo” mi lascia alquanto perplesso. Non ho voglia né tempo di star qui a fare piroette linguistiche per spiegare che i modi di annientare o uccidere persone sono infiniti e imperscrutabili come le vie del Signore però mi riesce impossibile trattenermi dal dire che da noi vige la regola non scritta (ma più forte della Costituzione) citata da Onofrio del Grillo, magnificamente interpretato da Alberto Sordi, nel film “Il marchese del Grillo, 1981” ossia:
“Me dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo!”
Oggi tale locuzione ha raggiunto la massa di un “buco nero” considerando che la Guardia di Finanza sta effettuando ulteriori controlli (TGCOM 24 data odierna) presso la sede centrale di “Banca Etruria” scattati per ordine della Procura di Civitavecchia (Roma) la quale ha avviato un procedimento per truffa e istigazione al suicidio di Luigi D’Angelo. Il pensionato si è tolto la vita dopo aver saputo di aver perso oltre 110 mila €uro (tutti i suoi risparmi) per l’azzeramento delle obbligazioni subordinate dell’Istituto di Credito.
Ora sembrerebbe (condizionale) che diversi VIP del nostro Paese (compresi politici e noti conduttori televisivi) siano stati avvisati per tempo (circa 48 ore prima del tracollo) e rimborsati di quanto investito. Da ciò che ho ascoltato al TG de La7 (ore 20 del 16 c.m.) ciò che più mi ha colpito è che il sig. D’Angelo avrebbe lasciato una lettera ai propri congiunti nella quale, tra le altre cose, si raccomanda di “badare ai suoi cani”.
Ecco! Nel nostro Paese un pensionato “non è un cazzo!” mentre per l’amico Luigi i suoi animali erano ragione di vita.
R.I.P.
16 giugno 2016

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

P. S. Vengo a conoscenza da “IL FATTO QUOTIDIANO” di oggi 17 giugno 2016 che, contrariamente a quanto divulgato ieri da TGCOM 24 e La7, l’Istituto di credito in questione è la “Banca Popolare di Vicenza” anziché “Banca ETRURIA” anche se la sostanza non cambia. L’unica differenza è che nessun risparmiatore truffato da quest’ultima ha raggiunto, per fortuna, il livello di disperazione del povero Luigi D’Angelo.

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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PASOLINI – COMMENTO (Constantin Brâncuși)

PASOLINI – COMMENTO (Constantin Brâncuși)

“Migliaia di uomini sotto il tuo pontificato, davanti ai tuoi occhi, sono vissuti in stabbi e porcili. Lo sapevi, peccare non significa fare il male: non fare il bene, questo significa peccare. Quanto bene tu potevi fare! E non l’hai fatto: non c’è stato un peccatore più grande di te.”
Pier Paolo Pasolini
(La religione del mio tempo – 1960)

COMMENTO:

Da leggere e rileggere. Ed ogni volta domandarci da dove possa essere sbucato questo Pier Paolo Pasolini che con la parola e il pensiero ha fatto suo il concetto espresso dal grande scultore rumeno Constantin Brâncuși: “La semplicità è una complessità risolta”. Come la verità. Come credere di non macchiarsi la coscienza evitando, potendolo, di fare il bene cui sei chiamato dal tuo ufficio. Come essere stato il peggiore fra i peccatori.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

PASOLINI – COMMENTO (Constantin Brâncuși)” è stato pubblicato il 22 giugno 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagini in evidenza ricavate da Eretico & Corsaro, foto a sinistra e dal web scultura dell’artista rumeno Constantin Brâncuși, foto a destra.

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COGNOME E NOME BENIGNI ROBERTO – (l’equilibrista perfetto)

COGNOME E NOME BENIGNI ROBERTO
(l’equilibrista perfetto)

   L’ora tarda, l’estate vicinissima, fra meno di tre settimane il giorno comincerà ad accorciarsi nuovamente per dare sempre più spazio alla notte in un ciclo inarrestabile, monotono, implacabile come la mediocrità della stragrande maggioranza degli umani che, ahimè, è composta proprio da quegli individui che assurgono al Potere, guadagnano immeritati riconoscimenti, successo facile, denaro, notorietà.
Ho scritto poco su BENIGNI ROBERTO (*), anzi quasi nulla, e stasera desidero fargli sapere il miserabile che è, a sua insaputa naturalmente come tutti i cialtroni ma… nel caso specifico in modo diverso, camaleontico, subdolo, spregevole, viscido. Il nostro pagliaccio nazionale, alla stregua di Lacombe Lucien (*), ha raggiunto la propria gratificazione ed ora riposa in pace. Però sento il dovere di intrattenervi ancora per dargli l’ultimo saluto da comico fasullo, equilibrista del pensiero unico, celebrando un requiem secondo il rito liturgico della Chiesa cattolica visto e considerato che nelle sue esternazioni televisive e cinematografiche si è aggrinfiato a tutti gli appigli possibili, finanche papa Francesco.
Benigni! Intanto non sei meritevole del premio Oscar, oppure sì per il valore che ha nel finto mondo di Hollywood dove può anche capitare che per sbaglio venga assegnato a veri registi nostrani come Salvatores e Sorrentino. Se Trump dovesse diventare Presidente USA saresti a cavallo, dollari a pioggia, con il pubblico formato dal suo elettorato faresti il pienone. In ogni caso la mia affermazione trova riscontro nella sdegnata constatazione proferita da un vero uomo e artista di ben altra statura morale e intellettuale quale è stato il compianto Mario Monicelli: «…Non come quella mascalzonata di Benigni in “La vita è bella”, quando alla fine fa entrare ad Auschwitz un carro armato con la bandiera americana. Quel campo, quel pezzo di Europa lo liberarono i russi, ma… l’Oscar si vince con la bandiera a stelle e strisce, cambiando la realtà…» Penso basti e avanzi.
Benigni! Sei un pusillanime ma sappiamo, come disse il Manzoni del suo personaggio, che «Il coraggio o ce l’hai o non te lo puoi dare» e questo pregio sembra essere il grande «assente» di questi lustri ma non è problema tuo, mai l’hai avuto. Infatti quando per due serate su Rai1 recitasti «I Dieci Comandamenti» te ne sei guardato bene dal precisare che il secondo «Non nominare il nome di Dio invano» è stato modificato dagli «occidentali». L’originale, per molti il Verbo, recita: «Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose… non fate immagine di me!» (1) Lo sapevi? Ma sì che ne sei a conoscenza! Quando giungesti al punto te la cavasti con quattro sguscianti parole, hai sorvolato, insomma non te la sei sentita, quindi conosci pure il motivo di tale «ritocco». C’è una bella differenza, non credi? È un di più aggiungere che i mussulmani rispettano l’autentico. Strano a dirsi di questi tempi ma non adorano simboli pagani, statue della Vergine, gigantesche croci scolpite e attrezzate di pesanti statue del Cristo sofferente, sorrette da portatori ingobbiti, tintinnio degli addobbi, foglie dorate o d’argento alle estremità dei legni, Madonne piangenti, reliquie di Santi, mummie di Beati o Dottori della Chiesa.
Benigni! La «Divina Commedia»… Ci hai voluto dimostrare di conoscerne lunghi brani a memoria, l’hai spiegata (di certo non a me e gli amici che mi leggono), anche discretamente in alcuni passaggi ma… sudavi, hai fatto un grosso sforzo, encomiabile, lo ammetto… purtroppo non c’erano cuore, anima, sentimento, soprattutto ti è mancato ciò che il sommo Poeta possedeva: «La capacità di indignarsi!» E in quell’opera immortale avresti avuto modo di sbilanciarti facendo anche un solo, piccolo, timido riferimento alla squallida politica in cui siamo immersi, uno stagno marcescente privo di etica, cultura, onestà, le esatte inadeguatezze che, secondo una precisa logica morale aristotelica, aveva puntualmente denunciato Dante Alighieri nel primo dei Tre Regni dell’Oltretomba da lui visitato: l’inferno.
Benigni Roberto! Non mi fanno più ridere le espressioni da ebete che fai da anni, il saltellare continuamente, buttarti in braccio ai conduttori televisivi, strizzare i coglioni a Pippo Baudo e tante altre ripetitive arlecchinate. Ho pensato che potessi essere “qualcosa” di più. Sei finito, terminato, ti ringrazio di avermene dato la prova regina, saltare a piè pari dal sig. Enrico Berlinguer a Renzi Matteo, l’ultima farsa. Adesso puoi andare, acconciati pure normalmente, in particolare la ridotta capigliatura da scavezzacollo, abbiamo compreso l’opportunista, assennato e furbo interessato quale sei. Da oggi in poi Johnny Stecchino è defunto, per nostra fortuna, finalmente riuscirai a far ridere il rigurgito nazifascista in atto ovunque. Ulteriore obiettivo centrato in pieno.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

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(1) Esodo 20, 2-17 Il Decalogo > Deuteronomio 5, 2-21 – edizione 1968 – Casa della Bibbia – Ginevra, Genova.

(*) Cognome prima del nome ha un ben preciso significato (vedere nota).

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Nota (per chi volesse saperne di più):
Conoscete il significato del «cognome prima del nome» e chi fosse Lacombe Lucien? Ve lo spiego in ogni caso:
«Cognome e nome Lacombe Lucien» è una pellicola del 1974 diretta da Louis Malle. Fu candidato al premio Oscar come migliore film straniero (non espose alcuna bandiera a stelle e strisce). Il nome si antepone sempre al cognome in quanto forma regolare per identificare la persona «retta» o «normalmente onesta». In questo caso il regista decise di intitolare la sua opera (bellissima) facendo precedere al nome il cognome del personaggio principale in segno di spregio verso un uomo indegno, privo di ideali, senza alcun senso morale, ignorante e inconsapevolmente capace di qualsiasi efferatezza.
Giugno 1944. In un paesino del sud-ovest della Francia, vicino al confine spagnolo, vive il diciassettenne Lucien Lacombe, inserviente in una casa di riposo per anziani. Egli trascorre parte del suo tempo a uccidere piccoli animali con la fionda o con il fucile. Ignorante e illetterato è in cerca di identità, anela imprese «eroiche» che lo facciano emergere, uscire dalla condizione umile in cui versa, ottenere rispetto. Pur privo di consapevolezza politica, il ragazzo decide di aggregarsi ai partigiani recandosi presso l’abitazione del maestro Peyssac e rivolgergli la richiesta, ma viene respinto. Al ritorno, in seguito alla foratura di una gomma della bicicletta, Lucien arriva in paese dopo l’inizio del coprifuoco. Fermato dalla polizia, finisce nell’albergo occupato dal comando della Gestapo e lì viene colpito dalla vita lussuosa che conducono i collaborazionisti dei tedeschi i quali con la loro arroganza esercitano pure il potere di prevaricare i deboli e gli indifesi. Nel gruppo dei dipendenti della Gestapo troviamo alcuni balordi (come i molti che occupano palazzo Chigi, Madama, Montecitorio e finanche il Viminale. Per il Quirinale mi astengo) cui più che l’ideologia nazista interessa il denaro. Invogliato a bere, il giovane si ubriaca e involontariamente fa il nome del maestro Peyssac, che viene arrestato e torturato. Il destino di Lucien è bollato in quanto, senza porsi alcuna domanda, comincia a prendere parte alle azioni repressive assieme ai suoi camerati, si dà al saccheggio e uccide vari resistenti catturati. Per farla breve il giovane Lacombe si sente finalmente «potente».
Egli vive gli ultimi travagliati giorni di guerra civile e vede i suoi camerati cadere uno ad uno sotto i colpi dei partigiani e, nel momento in cui giunge dove si torturano i prigionieri e un combattente segnato dalle percosse cerca di convincerlo a ravvedersi chiedendogli come mai avesse deciso di collaborare con i tedeschi, Lucien lo imbavaglia perché non vuole ascoltare il destino assegnatogli, sua intenzione è quella di giocare ancora al «superuomo». Appena uscito dalla stanza, assiste all’irruzione di partigiani nell’albergo abbandonato dai tedeschi mentre i suoi ultimi camerati, intenti a ubriacarsi, vengono trucidati.
Scampato al blitz si ritrova, nel corso di una rappresaglia nazista, insieme a un ufficiale delle SS al fine di effettuare alcuni arresti. In una appartamento che stanno perlustrando viene rimproverato per l’orologio tolto ad una vittima che Lucien si mette in tasca e che il tedesco pretende gli venga consegnato. Questo fa scattare in lui la gelosia contadina, primitiva, ancestrale per le «cose», le «masserizie» da conservare ed avverte una forte disillusione nei riguardi degli «invasori», l’unica emozione che Lucien prova nella sua miserevole vita. Per la prima volta prende autonomamente la decisione di uccidere il tedesco e fuggire verso la Spagna dove vivrà i suoi ultimi giorni.
Louis Malle ha composto in questo film la figura perfetta del tipo di umani che rincorrono la loro identità nutrendo una sorta di rancore nei riguardi del consorzio umano, sfogano i loro bassi istinti in modo del tutto inconscio, non sanno distinguere fra il bene e il male, hanno difficoltà a discernere, esattamente come il 70% circa di analfabeti funzionali, di ritorno e non, che abbiamo in Italia. È superfluo aggiungere che tale «fenomeno» investe pure gli appartenenti alle classi agiate, in diversi gradi e manifestazioni e per svariate cause. Da qui il mio paradigma iniziale poiché individui che creano danni al prossimo senza rendersene conto sono comunemente definiti «miserabili», «meschini», «abietti». Victor Hugo docet.

Precisazione:
Benché Lacombe Lucien sia un personaggio inventato da Malle, dai titoli di coda si apprende che l’individuo interpretato dal protagonista fu poi arrestato dai partigiani e fucilato il 12 ottobre 1944.

Mauro Giovanelli – Genova
mauro.giovanelli@gmail.com

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SURNAME AND NAME ROBERTO BENIGNI
(perfect equilibrist)

At this late hour, summer, in less than three weeks, the day will begin to shrink again to give more room for the night in a relentless, monotonous, relentless as the mediocrity of the vast majority of humans who, alas, is composed by those individuals who have acquired such power, they gain undeserved accolades, easy success, money , notoriety.
I wrote little about BENIGNI ROBERTO (*), indeed almost anything but tonight i want to let him know the wretch who is, unbeknownst to him, of course, like all scoundrels but… in this case differently, chameleon-like, sneaky, slimy. Our national clown, as Lacombe Lucien (*), reached his own gratification and now rest in peace. However, i feel it my duty to entertain yet to give him a last farewell from comedian bogus, equilibrist of the single thought, celebrating a requiem mass according to the Liturgical rite of the Catholic Church considering that in his utterances and television has hooked all the holds possible, even papa Francesco.
Benigni! Meanwhile you’re not deserving of an Oscar, or Yes for the value it has in the fake world of Hollywood where it can even happen that inadvertently being assigned to real local filmmakers as Salvatores and Sorrentino. If Trump were to become U.s. President’d on horseback, dollars, with the audience formed by his electorate would you do a full house. In any case my assertion is reflected in indignant observation made by a real man and artist of quite different moral and intellectual stature which was the late Mario Monicelli: «…Not like that piece of rascality of Benigni in “life is beautiful”, when he finally does get to Auschwitz a tank with the American flag. That field, that piece of Europe the freed Russians, but… the Oscar win with the stars and stripes, changing reality…» I think it suffices and leftovers.
Benigni! You’re a cowardly but we know, as her character’s Manzoni, who «The courage or you or you can’t give» and this advantage seems to be the great «absent» of these shines but isn’t your problem, never get it. In fact, when for two evenings on RAI1 starred “the Ten Commandments” did you get a good look from the second «you shall not take the God name in vain» was amended by “Westerners”. The original, for many the Word, read: «Do not make any graven image, or any of the things that are up there in heaven or on the earth beneath; don’t you prostrate before such things … don’t make image of me! » (1) Did you know? But yes that you know! When you arrived to the point you bring you took out with four words, you flew over, so you didn’t hear it, so do you know the reason of this “remodelling”. There’s a big difference, isn’t it? Is one more added that muslims respect the authentic. Funnily enough these days but do not worship pagan symbols, statues of the Virgin, giant carved crosses and equipped with heavy statues of the suffering Christ, supported by bearers, ornaments, gold leaf and silver clinking on the ends of the wood, weeping Madonnas, relics of Saints, Beati mummies or doctors of the Church.
Benigni! The «Divina Commedia or Divine Comedy»… We wanted to demonstrate knowledge of their long tracks by heart, you’ve explained (certainly not me and friends i read), also discreetly in some passages but… you were sweating, you made a big effort, commendable, i admit… unfortunately there were heart, soul, feeling, especially did you miss what the poet had «the ability to be indignant!» And in that immortal work you got to book up on one side by a single, small, timid reference to shabby politics in which we are immersed, decaying pond devoid of ethics, culture, honesty, the exact inadequacies that, according to a precise moral logic of Aristotle, had promptly denounced Dante Alighieri in the first of the three Realms of the underworld he visited: Hell.
Benigni Roberto! Don’t make me funnier dead expressions that make for years, bounces, throw you in the lap of TV hosts, squeeze his balls to Pippo Baudo and many other repetitive harlequinades. I thought you might be something more. You’re done for, finished, i thank you for giving me the trial queen, skip to footer equal by Mr. Enrico Berlinguer to Renzi Matteo, the latest farce. You can go now, styled as well as normal, in particular the low hair from misbehaving, we realized the opportunist, sensible and clever interested you. From this day forward Johnny Stecchino is deceased, lucky for us, finally can you make people laugh the Nazi-Fascist regurgitation in place everywhere. Additional objective centered in the middle.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Picture show from the web

(1) Exodus 20, Deuteronomy 5, 2-17 2-21 the Decalogue > Edition 1968 – House of the Bible – Geneva, Genoa.

(*) Surname before name has a precise meaning (see note).

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Note: those who want to know more about “Surname and name Lacombe Lucien” is invited to see the movie, director Louis Malle.

SENZA SE E SENZA MA

SENZA SE E SENZA MA

Il regista ken Loach, vincitore della palma d’oro a Cannes, ha dedicato tutta la sua opera cinematografica alla descrizione delle condizioni di vita dei ceti meno abbienti. Egli afferma:

Il capitalismo ci sta portando alla catastrofe, un altro mondo è possibile e necessario

Dunque… io ne sono convinto, lo ero di mio intendiamoci, dai tempi in cui tale “sistema” veniva considerato come l’unico possibile per disciplinare la vita in società cosi come il comunismo il male assoluto (con il contributo determinante di un certo Stalin).
Se pure voi avete capito quanto non sia concepibile consegnare il futuro dell’umanità, soprattutto quello di figli e nipoti, nelle mani di 130 persone, il gruppo Bilderberg, sapendo che i cervelli dei componenti (siete pregati di verificarne le generalità) coordinano pure le estremità superiori… Se riuscite a comprendere che a medio e lungo termine sarà azzerata, e varrà per tutti, ogni prospettiva qualora si perseveri nel distribuire al 2 per cento della popolazione adulta oltre la metà di tutta la ricchezza e risorse del Pianeta mentre la parte residua viene suddivisa fra il restante 98 per cento… (*) penso si renda necessario da subito agire di conseguenza, già nel nostro Paese, studiando ed attuando in tempi brevi un nuovo metodo di convivenza civile possibile, sostenibile e imprescindibile.
Evitando però di muoverci “all’italiana”, perdendoci cioè in un coacervo di chiacchiere, bla bla, se e ma, però, forse, ipotesi, contradditori, confronti, discussioni, tavole rotonde, chi, come, quando, ecc. ma “rottamando” l’esistente che sta portandoci in un tunnel senza vie d’uscita. Dopo saremo costretti, con il nostro ingegno e fantasia ritrovati, a ridare vita ad un organismo oggi in avanzato stato di decomposizione. Senza “se e senza ma” come usano dire i nostri governanti.

Mauro Giovanelli – Genova
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(*) “LE SCIENZE – Edizione italiana di “Scientific American” maggio 2016

Immagine in evidenza ricavata dal web: Paolo Pellegrin, Mediterraneo, Desperate, 2015.

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UN PENSIERO PER ANNUNZIATA STALTARI

UN PENSIERO PER ANNUNZIATA STALTARI

Annunziata Staltari, la tua umiltà già meriterebbe un trenta con lode, ma i voti hanno poca importanza, esprimono ciò che appare e non il tuo vero essere, quel che freme dentro te. Albert Einstein (ho la foto della sua pagella da qualche parte) stentava molto a scuola particolarmente in matematica e fisica. Come avrebbe potuto essere diversamente? I suoi prof. non lo capivano. Lui possedeva un grande segreto che ha voluto condividere con noi, come Pasolini… quanta conoscenza comprimeva le pareti della sua mente? E Giordano Bruno? L’uomo che nel 1600 ha spalancato le porte dell’Universo? Lo stesso traguardato e tradotto in formule dall’immenso Srinivasa Ramanujan, il povero ragazzo cresciuto nella periferia di Madras (India) che, senza aver mai aperto un libro se non qualche volume della spoglia libreria della città, formulò le più ardite equazioni trascendenti risolvendo problemi che da anni stavano sepolti nei cervelli dei professoroni di Cambridge. Il grande Hardy, direttore della prestigiosa Università dove venne chiamato, di lui scrisse: “Conoscerlo è stata l’esperienza più romantica della mia vita”. Morì a soli trentatré anni, come Gesù, dopo aver visto l’infinito. Diceva che a suggerire le formule fosse la Dea Namajiri che gli compariva in sogno.
Trova la tua Dea Annunziata e lascia perdere i prof. vedrai che il Cielo si riempirà di stelle. Un abbraccio.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal diario Facebook di Annunziata Staltari

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PASOLINI – COMMENTO da “Pietro II” in Poesia in forma di Rosa

PASOLINI – COMMENTO da “Pietro II”, in Poesia in forma di Rosa

“…Ecco, sono stato condannato.
Fatto personale, cicuta che dovrò bermi da solo.
Come l’eroe di un’operetta di dolore, in coturni
tra il basso coro, scendo nella notte – tiepida –
l’orrenda scalea. Gli amici se ne vanno a cena.
Solo. Con tre gatti di fotografi, e la piccola
folla che non guardo, eroe compreso nel suo dolore.”
( Pier Paolo Pasolini, da “Pietro II” in Poesia in forma di Rosa)

COMMENTO:

Che immagine sconvolgente, kafkiana, surreale, orrenda. Esaminate con massima attenzione, osservate l’espressione del nostro grande intellettuale, sguardo attonito, labbra serrate, tuttavia concentrato come la matricola seduta nell’aula magna dell’Università il primo giorno di lezione… sono convinto che in quell’istante, nella sua infinita esigenza di comprendere il mondo che lo circonda, stesse cercando di trovare un motivo, la logica aberrante che lo stanno inchiodando dinanzi a un Giudice. Non riesce a capire, per la prima volta la sua mente stenta a decollare, la massa celeste in cui si trova è anni luce distante dal Pianeta sognato.
Temo possano tornare quei tempi, stiamo retrocedendo su binari che conducono all’involuzione culturale e morale, la morte dell’anima; avanziamo solo per dare impulso al “progresso”. Parola d’ordine: “Sviluppo zero”.
Lo sguardo allibito di Pasolini è la rappresentazione perfetta dell’indignazione che il genio prova avverso un “sistema” che dubita possa finanche esistere quindi non riesce ad elaborare il fine, tanto meno la forza che muove i meccanismi del Potere altresì così evidenti all’uomo medio stritolato dal puritanesimo, clericalismo, ipocrisia, egoismo, vigliaccheria e malafede imperanti. Spaventoso!

Mauro Giovanelli – Genova
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Il commento “da “Pietro II” in Poesia in forma di Rosa” è stato pubblicato il 17 maggio 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagine in evidenza ricavata da Eretico & Corsaro

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GRANDI POETI GRANDI CALCIATORI

GRANDI POETI GRANDI CALCIATORI

«Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del “goal”. Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica.»
Pier Paolo Pasolini

COMMENTO:

Non comprendo questo aspetto del grande Pasolini, ho l’impressione che strida con la sua personalità improntata alla difesa degli ultimi e dedicata alla giustizia sociale, avversione di ogni sopruso. Lo sport in generale e il calcio in particolare è lo specchio della vita, essa stessa gara, pura competizione, lotta per superare l’avversario ad ogni costo al fine di raggiungere lo scopo: La “rete”… come il knock-out del pugilato, il colpo smorzato del tennis, il denaro accumulato dal capitalista, e così via.
Non ritengo il goal un’invenzione ma l’effetto ultimo conseguito a causa di intensi e forsennati allenamenti, allo stesso modo di un trapezista piuttosto che pattinatore, ecc. Tanto meno una sovversione del codice, se mai il contrario ovvero conservazione, riconoscimento, assoggettamento al codice stesso che nel raggiunto obiettivo vede la sua punta massima. Ineluttabilità non direi, nulla è scontato, viceversa tutto potrebbe essere “scritto”, se mai premio per le fatiche impiegate al raggiungimento di quello scopo cui concorre anche un pizzico di fatalità. Folgorazione o lampo di genio, beh… sì, limitatamente al contesto in cui ci stiamo muovendo, a genio sostituirei “estrema abilità”, “gesto atletico” compiuto. La genialità è ben altro a mio parere e Pasolini ne sa qualcosa. Stupore d’accordo, è ovvio, così come irreversibilità, vale a dire impossibilità a rivivere l’attimo appena trascorso. Ciò è vero in tutto “L’Universo Mondo”.
In ultimo direi che la “stoffa” di un grande giocatore, il talento innato è uno strumento donatogli dalla natura per gabbare gli antagonisti, la “finta” è scaltrezza che lascia inebetito il giocatore avversario assimilabile alla “furbizia”, virtù servile, usata e premiata all’interno e fuori dai campi di calcio. Accostarla alla poesia poi… forse solo lui avrebbe potuto permettersi questa affermazione.
Non a caso il gioco del pallone è utile strumento del Potere per dare sfogo alle frustrazioni della “massa”, e non da ieri. “Panem et circenses” la locuzione latina coniata dal poeta Giovenale e usata nell’antica Roma (imperiale), “pane e giochi” al fine di indicare le aspirazioni della plebe e piccola borghesia. Infatti la famosa proposizione era preceduta da “populus duas tantum res anxius optat…” ossia “il popolo due sole cose ansiosamente desidera… oggi gli 80 €uro e il calcio”.

Mauro Giovanelli – Genova
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P. S.
Sono a conoscenza dell’inclinazione di Pasolini a cimentarsi in partitelle nei polverosi campetti di periferia dai quali peraltro sono anche usciti molti “campioni” così come dalle “favelas” brasiliane o quartieri ghettizzati argentini. Il mio commento è comunque più incentrato sulla frase in sé e le considerazioni ivi proferite. Concludo dicendo che al di là di tutto Pasolini amava il calcio, che non è peccato intendiamoci (in ogni caso ci sarebbe da approfondire) ma è l’unica sua “passione” che, così come proposta, trovo enfatica e contrastante la sua personalità. Non sarebbe scandaloso rilevare in lui una “debolezza”, anzi…

Mauro Giovanelli – Genova
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Il commento “GRANDI POETI GRANDI CALCIATORI” è stato pubblicato il 17 maggio 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it

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SPLENDORE URBANO – Svezia, il coraggio di Tess: sola davanti a 300 “nazi”

SPLENDORE URBANO
Svezia, il coraggio di Tess: sola davanti a 300 “nazi”

Splendida fotografia. Splendida lei, lo sguardo fiero, il pugno chiuso. Splendidi i nazisti che ci regalano, nella loro conformità l’immagine della pochezza, il limite alla fantasia, annullamento culturale, mancanza del sogno, frustrazione, necessità di essere “branco” affamato di ribellione al nulla che ciascuno inconsciamente avverte portandoli in gruppo alla ricerca di un “capo” che possa assecondarne gli insani appetiti.

Mauro Giovanelli – Genova
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