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I FAVOLOSI ANNI ’60 – LETTERATURA – DUE FOTOGRAFIE EMBLEMATICHE

I FAVOLOSI ANNI ’60 – LETTERATURA – DUE FOTOGRAFIE EMBLEMATICHE

A sinistra
Interno ristorante giapponese di San Francisco Kikkoman Shoyu. Sono presenti:
Allen Ginsberg, Peter e Julius Orlowsky, Donald Allen, Lawrence Ferlinghetti, Shig Murao, Bob Dylan (nato come Robert Allen Zimmerman; assunse il nome d’arte con cui lo conosciamo in onore del poeta inglese Dylan Thomas). Bob Dylan faceva inizialmente parte del più rivoluzionario gruppo di scrittori e poeti che si ricordino a memoria d’uomo per cultura, inventiva, rottura con la tradizione, idea di libertà, capacità letteraria, poetica cui le successive generazioni devono molto. Ovviamente tanti altri non sono presenti, non ultimi Henry Miller, Charles Bukowski (dissociato), Neal Cassady, William Seward Burroughs, Philip Whalen, Michael McClure, Gregory Corso e mi fermo qui poiché l’elenco sarebbe molto lungo.
Scoperta, importazione e valorizzazione della letteratura americana li dobbiamo al grande Cesare Pavese ed alla sua allieva, studiosa e intervistatrice degli autori oltre oceano, l’indimenticabile Fernanda Pivano.

A destra
Uscita da un locale pubblico al termine di un “reading” gremito di giornalisti e fotografi (oggi la gente neppure sa che significhi “lettura pubblica di brani poetici da parte degli autori”) ma, quel che è peggio, che senso possa avere parteciparvi.
Al manubrio Jack Kerouac parzialmente riconoscibile dai tratti del viso e il tipo di camicia che era solito portare all’epoca. La ragazza sul sellino posteriore un’ammiratrice. Allora usava così negli Stati Uniti… mentre in Italia ci si masturbava nei confessionali o negli ultimi posti dei cinema parrocchiali.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal Centro Culturale Tina Modotti Caracas – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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IL CERCHIO MAGICO

IL CERCHIO MAGICO

Quando in una oligarchia come l’attuale dove in Italia il potere è nelle mani di quello che Eugenio Scalfari definisce “cerchio magico”, mentre il sottoscritto battezza “cricca infame”, costituito da una decina di persone che, sotto la direzione della guida scout Renzi Matteo & corifei, Elena Boschi in testa, ne determina la strategia politica ed economica a favore del “capitale”, tutti gli intellettuali, così la cultura, la conoscenza e l’informazione, diventano corpi estranei alla stregua di inclusioni sane all’interno di un organismo che vuole essere malato. La crisi di rigetto è quindi inevitabile.
E quando le decisioni a livello mondiale vengono prese da un gruppo di 130 individui, le maggiori personalità nel campo economico, politico e bancario che ogni dodici mesi si riuniscono in hotel o resort di lusso in varie parti del mondo, e i nomi dei partecipanti sono resi pubblici attraverso la stampa ma la conferenza avviene a “porte chiuse”, impedito l’ingresso al pubblico, persino ai parenti, tanto meno ai mass media, allora qualcosa non quadra. Qui e in questo modo vengono disegnate le strategie da adottare sui temi globali, economici e politici del Pianeta. È il “Gruppo Bilderberg”, il nome deriva dal luogo dove si tenne la prima conferenza, appunto all’Hotel de Bilderberg, a Oosterbeek (Paesi Bassi) nel 1954. Da sottolineare che si diede inizio a questa “tradizione” quando furono passati nove anni dalla fine della seconda guerra mondiale, sei dalle elezioni del 18 aprile 1948 che segnò uno straordinario successo della Democrazia cristiana a scapito delle sinistre ma ad un solo anno dalle votazioni del 7 giugno 1953 (quelle passate alla storia per la degasperiana “legge truffa” elettorale, che scatenò in Parlamento un’autentica battaglia tra i due fronti politici) dove la DC perse due milioni di voti. Tutto dovette ricominciare da capo essendo vanificato il faticosissimo percorso fino a lì compiuto al fine di tenere le sinistre lontane dal Governo. Ecco che il “Gruppo Bilderberg” scese in campo.
Quando ti accorgi che i giornalisti, così come i direttori dei TG o i conduttori di talk show sono diventati servi del regime essendosi trasformati in parroci di campagna che alle lamentazioni dei cittadini rispondono con notizie monche, se non rassicuranti del buon operato del Governo che alla lunga… e ti danno da recitare due Ave Maria e quattro Pater Nostro per penitenza così da guadagnarti una vita migliore nell’aldilà.
E quando ti accorgi che sono finiti i tempi in cui i professionisti dell’informazione erano i guardiani del Governo anziché alleati dei parlamentari, quando sui quotidiani trovavano spazio giuristi e storici di valore come Arturo Carlo Jemolo che su “La Stampa” del 2 giugno 1974 aveva scritto: “L’aria pareva più pura, persino la natura più bella; quanta fiducia nelle persone, quanta speranza che fosse sorta l’era degli uomini di buona volontà, disinteressati, senza ambizioni, per cui gli alti uffici fossero soltanto un dovere e una missione […] Fu lo spazio d’un mattino”. Quando c’erano penne affilate come scimitarre arabe del calibro di Indro Montanelli, Mario Melloni detto Fortebraccio, Giorgio Bocca, Giuseppe D’Avanzo, e tanti altri che sull’Espresso prima maniera non ne lasciavano passare una al politico di turno o al cardinale andato fuori dalle sue competenze, come Franco Cordero, giurista e scrittore italiano. Famoso rimase il suo articolo del 1° febbraio 1970 “L’inferno siete voi” in risposta al cardinale Carlo Colombo che gli inviò una melliflua lettera contestandogli la scelta, in qualità di professore di filosofia del diritto all’Università Cattolica, del libro di testo “Gli osservanti”.
E quando dobbiamo constatare che gli appartenenti al “cerchio magico” sono persone di basso profilo morale, infimo livello di competenza e professionalità, oserei dire anche di scarsa intelligenza, allora significa che il peggio deve purtroppo ancora arrivare. Emblematico a questo proposito l’inopportuno attacco di Renzi contro la sinistra inglese: “Jeremy Corbyn? è una ricetta per la sconfitta elettorale, ai laburisti piace perdere”, spiegava lunedì scorso (21/9/15) in direzione Pd il premier, che non si accontenta più di strigliare la minoranza del suo partito, ma espande i suoi orizzonti da Londra ad Atene. “Anche sto Varoufakis se lo semo tolti. Chi di scissioni ferisce, di elezioni perisce” è stata l’elegante dichiarazione della guida scout tanto per lanciare un subliminale “consiglio” alla sua minoranza. Abbiamo un Presidente del Consiglio, non eletto, di sinistra (?), cui dispiace quando perdono le destre. E considerando che per il famoso “aplomb” degli inglesi il laburista neppure l’ha degnato di considerazione, come merita, il più sanguigno Yanis Varoufakis (stessa faccia ma, in questo caso, non proprio stessa razza) replica mettendolo al tappeto: “Sotto un’estrema costrizione da parte dei leader europei, tra cui anche il signor Renzi che ha rifiutato di discutere ragionevolmente le stesse proposte della Grecia, il mio primo ministro, Alexis Tsipras, è stato sottoposto il 12 e 13 luglio a un bullismo insopportabile, a un ricatto nudo, a pressioni disumane”. L’ex Ministro greco dell’economia incalza “il premier italiano ha svolto un ruolo centrale nell’aiutare la rottura di Alexis, con la sua tattica del poliziotto buono, sulla base dell’assunto «se non cedi, essi ti distruggeranno»”. Avete inteso? Abbiamo anche un coraggioso alla guida della Penisola, un uomo di carattere, un cavaliere senza macchia e senza paura, un eroe insomma, di quelli che decantava l’Ariosto. E poi la stoccata finale: “Signor Renzi, ho un messaggio per te: puoi gioire tanto quanto ti pare per il fatto che io non sia più ministro delle finanze o deputato. Ma non ti sei sbarazzato di me, io sono vivo e vegeto politicamente, e come persona in Italia mi riconoscono quando cammino per le strade del vostro bel Paese. Ciò di cui vi siete sbarazzati partecipando a quel colpo vile contro Alexis Tsipras è la democrazia greca“. E forse anche della nostra, aggiungo io.
Quando viviamo in una società dove la gran parte della popolazione del pianeta, il 98%, è stanca di stare ad osservare quel 2% che sta rapinando le risorse a disposizione e che da solo detiene più della metà della ricchezza della Terra (World Institute for Development Economics Research delle Nazioni Unite con sede a Helsinki – n.d.a.) non c’è posto per gli intellettuali.
Allora lunghi funerali lentamente, senza tamburi sfilano, né musica dentro l’anima. Vinta, la Speranza piange, e l’atroce angoscia sui nostri crani pianta, dèspota, i suoi vessilli neri.”(*)

Mauro Giovanelli – Genova
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(*) CHARLES BAUDELAIRE (libera interpretazione)

SENZA PERDERE LA TENEREZZA (Versione 1)

SENZA PERDERE LA TENEREZZA (Versione 1)

Oggi (22/9/2015) il Pontefice lascia Cuba e invita alla “rivoluzione della tenerezza”. Adesso è in volo verso gli USA, immagino per recare alla Nazione più potente della Terra lo stesso messaggio.
Grande persona papa Francesco, il suo richiamo alla rivolta dell’amore mi ha subito riportato a una delle migliori e più complete biografie su Ernesto Che Guevara, giocatore di rugby, appassionato di scacchi, eccellente poeta, ottimo fotografo, medico competente specializzato in allergologia, provetto motociclista tanto che con la sua Norton Modello 18 di 500 cc del 1939, cui venne dato il soprannome di “La Poderosa II”, dopo la laurea viaggiò per tutto il Sudamerica, Bolivia, Ecuador, Panamá, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, El Salvador, Guatemala. In questo itinerante momento della sua vita si fermò per prestare attività di volontariato presso il lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni.
Il “Che” era pure un appassionato lettore e passava con disinvoltura da Jack London, Jules Verne ed Emilio Salgari ai saggi di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung fino ai trattati filosofici di Bertrand Russell, sebbene l’esempio che lo attirava di più fosse Mohandas Karamchand Gandhi conosciuto come il “Mahatma” ossia “Grande Anima”. A proposito della più importante guida spirituale dell’India, che teorizzava e praticava la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa fino a regalare l’indipendenza al suo Paese, Ernesto Guevara, dopo aver visto la povertà delle popolazioni che incontrava ed essere stato influenzato dalle letture sulle teorie marxiste, concluse che solo la rivoluzione avrebbe potuto risolvere le disuguaglianze sociali ed economiche dell’America Latina coltivando il sogno di vedere un giorno il Sudamerica come un’unica entità. Per arrivare a ciò riteneva quindi necessaria una strategia di grande respiro che non poteva certamente identificarsi con la “non violenza”.
Il resto lo conosciamo tutti, o quasi, ma il punto è rispondere alla domanda che di certo vi state ponendo, cioè per quale motivo mi sono infilato in questo discorso. Perché sono convinto che il Santo Padre abbia letto la biografia sul braccio destro e consigliere di Fidel Castro, redatta da “Paco Ignacio Taibo II” e che consiglio pure a voi di dare un’occhiata. L’autore scrive “Ernesto Che Guevara continuerà a farmi visita nei sogni, rimproverandomi come mai non sono in qualche parte del Mondo a costruire una scuola”. Il titolo del libro? Dimenticavo: “Senza perdere la tenerezza”.

Mauro Giovanelli – Genova
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NO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

NO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Adesso sto per dire una cosa banale, così scontata da meravigliarmi di scriverla, davvero stupida, di basso livello, quasi fossi uno scolaretto che fa il suo primo tema, ma.. tu maschio, come puoi usare violenza alla forma animale più bella e amabile che ci sia a questo Mondo, appagante, che attira solo carezze, baci, forse qualche piccolo morso come si fa con i neonati, ti dà l’unico motivo per cui esisti, ed esisti in quanto vieni da lei ed in lei vieni, versi il tuo seme dentro quel corpo tornito, morbido, bello, da sfiorare appena per paura di farle male, e lei ti regala la continuità di una tua parte, maschio, che nutre con lo stesso seno da cui attingi piacere, godimento, amore, senso di appartenenza, gioia di esserci… tu maschio conti nulla, non credere alle tante corbellerie che migliaia di anni fa si sono trasmessi i popoli nomadi quando sostavano nei caravanserragli e decidevano intorno al fuoco le leggi da applicare.
Quelli hanno reso soccombente la parte debole, indifesa, dotata di muscoli usi solo ad offrire soavità.
Per questo tu, maschio, puoi cadere nella vigliaccheria, ti credi destinato a chissà che, sei nulla senza lei.
Ritorni fango nel momento stesso in cui solo puoi pensare di far male a quella creatura divina, in qualunque modo si voglia interpretare questa parola.
Sei tu maschio la parte derivata. Non dimenticarlo, è lei l’integrale che risolve l’equazione della vita.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web – Jean Désiré Gustave Courbet, “Il sonno”

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ISTINTO GLOBALE

ISTINTO GLOBALE

Anthony Hopkins è magistrale nell’interpretare la parte del naturalista Ethan Powell, in attesa di giudizio fra le mura di un ospedale psichiatrico. L’accusa è omicidio. Il silenzio in cui si è rinchiuso viene penetrato dal dott. Theo Caulder (Cuba Gooding Jr.), determinato e competente psichiatra che più si addentra nella mente dello scienziato più questi si insinua nella sua, finché nell’orrore che ha travolto l’uomo vedrà riflesse le ambizioni che insegue, specchio di un mondo bestiale, il nostro. Chi non avesse visto “Istinto primordiale”, pellicola di Jon Turteltaub, è meglio corra subito ai ripari.
Il film, comunica allo spettatore una sorta di percorso inverso. Infatti non è l’antropologo ad aver commesso il reato, al contrario sono i cacciatori di frodo che, insinuatisi nel branco di gorilla dove lo studioso si era inserito, ne fanno una carneficina. Gli assassini sono loro. Uccidendo un paio di queste canaglie per fermarle, Ethan Powell ha difeso il territorio, la sua famiglia, ha fatto giustizia. In un dialogo tra i due protagonisti si coglie la vera essenza del messaggio che si vuol dare, in particolare quando lo scienziato racconta al medico l’esperienza vissuta nella giungla con i primati. “…Avevo perfino bisogno di loro” gli dice “ad un tratto, senza preavviso, accadde, non mi sentivo più un intruso, per la prima volta ero nel gruppo, lì nel cuore di quella foresta, lontano da tutto ciò che conosci, che ti è stato insegnato a scuola, dai libri o dalle canzoni, dalla poesia… trovi la pace, l’affinità, l’armonia, finanche la sicurezza”. “C’era violenza?” domanda lo psicoterapeuta affascinato da quella storia. “No! C’erano… segnali. Mi avvicinai a un cucciolo, intervenne la madre, dovetti allontanarmi ma… quando capì, fu lei a portarmelo. Era una brava madre e una valida maestra, il piccolo era sempre protetto, disciplinato, seguito, sempre accarezzato, al sicuro, vegliavamo su di lui, come il vecchio capobranco vigilava su tutti noi, anche su di me. È sorprendente la sensazione di essere protetto, nel suo sguardo ho scoperto più che semplice sorveglianza… c’erano tolleranza, accettazione.”
Segnali al posto della violenza, protezione anziché abbandono, il capobranco che controlla. È la società dei gorilla descritta da Dian Fossey, la zoologa statunitense mancata il 26 dicembre 1985 dopo un vita dedicata e trascorsa fra questi animali.
Con tutto il compatimento che mi ha provocato l’espressione smarrita di Dell’Utri, seduto all’ultimo posto di un volo di linea, destinazione carcere, dico che mi ha fatto riflettere l’annuncio che sarà portato all’ospedale della casa di pena per essere “monitorato”. È giustissimo che ci si preoccupi della sua salute, come di chiunque altro, e sacrosanto preservare la dignità dell’uomo. Però mi domando… Federico Aldrovandi? Studente ferrarese di 18 anni perito il 25 Settembre 2005 per “anossia posturale” causata dal caricamento sulla schiena di uno o più poliziotti durante l’immobilizzazione. Stefano Cucchi, 31 anni? Deceduto il 22 ottobre 2009 nel reparto detentivo dell’Ospedale “Sandro Pertini” di Roma a seguito di un “fermo”? Riccardo Boccaletti, 38 anni? Dopo il suo ingresso in prigione per reati legati alla droga non gli furono forniti gli interventi specialistici che il grave e disperato quadro clinico avrebbe richiesto, morì il 24 luglio 2007 nel penitenziario di Velletri. E Riccardo Rasman, 34 anni? Giulio Comuzzi, 24? Manuel Eliantonio, 22? E tanti, tanti altri. In questi casi il capobranco dove era? Nella pellicola il gorilla anziano perde la vita nel tentativo di salvare Ethan Powell. Voi avete la sensazione “sorprendente”, come dice lo scienziato del film, di essere protetti dai capibranco che ci ritroviamo? I nostri strapagati ministri e parlamentari, tanto per capirci, quelli che ci riempiono di F24 per comprare F35, invadono le nostre abitazioni di cartelle esattoriali, logorano i cittadini con “accertamenti”, avvisi, intimazioni, perfino “istruzioni”. Per non parlare degli esosi super manager statali e parastatali nostrani. Vi trasmettono forse tranquillità, tolleranza, accettazione? Vi fanno sentire a casa vostra? E i grandi Economisti a capo dei colossi della finanza internazionale? I Banchieri? Vi infondono senso di appoggio? Pensate stiano spremendosi il cervello per noi, voi, la comunità?
A proposito, lo sapevate che oggi al mondo ci sono meno di mille gorilla di montagna? Affermazione sconvolgente ma vera. Pensate un po’ che i bracconieri uccidono questi “animali” anche per tagliar loro le mani allo scopo di farne posacenere da tavolo, per gli arredi di cui ci circondiamo, gli uffici in generale, molto richiesti dal mercato, anche questo nostro, globale intendo.

Mauro Giovanelli – Genova
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GLI AQUILONI (I POLITICI DEL PIANETA PROVERANNO VERGOGNA?)

GLI AQUILONI
(I POLITICI DEL PIANETA PROVERANNO VERGOGNA?)

Nella sua ultima dichiarazione pubblica al Cara di Mineo (Catania), fra quelli che fino a poco tempo fa chiamava spregiativamente “terroni”, il deputato europarlamentare nonché attuale segretario della Lega Nord ha sostenuto che dobbiamo accogliere in Italia “solo profughi cristiani”. Più o meno il concetto è questo e ritengo doverosa tale precisazione poiché quando vedo l’immagine della sua faccia fuggo veloce a sbirciare il titolo di testa dell’articolo e volto pagina. Ho l’impressione che da come parla, si muove, agisce, cammina, gesticola questo Salvini denoti chiaramente che l’unica cosa in grado di fare, male, sia quella di riempire felpe e t-shirt oscene. Sorge quindi spontanea una domanda: È possibile ci sia tanta gente che lo ascolti? E, più grave ancora, lo segua? Mi pongo il quesito, e lo ribalto al lettore, in quanto vorrei ricordare che, al contrario di Benito Mussolini in Italia, nella Germania del 1933/34 il signor Adolf Hitler conquistò il potere con la conferma dei cittadini. Infatti arrivò alla Cancelleria cavalcando e sfruttando, grazie alla sua abilità oratoria, la grave crisi economica della Repubblica di Weimar conseguente alla sconfitta subita nella prima guerra mondiale. La “propaganda politica” del futuro Führer fece presa sull’insoddisfazione delle classi medie che, attraverso l’esaltazione del nazionalismo, un acceso anticomunismo, l’antisemitismo più feroce e la glorificazione della pura razza ariana, rimasero affascinate, insieme alla maggioranza della popolazione affamata, dall’unica speranza di riscatto a disposizione. Il successivo sterminio pure degli zingari, i sinti, i rom ed altre etnie furono un effetto collaterale inevitabile.
Ritornando al Matteo celtico questi non fa altro che ripetere, rielaborandolo, l’infame refrain dei Bossi (il “vecchio” e il plurilaureato albanese “Trota”), dei Borghezio, Calderoli, Maroni, Castelli e compagnia blaterando. Che eccelsa scuola di pensiero ha avuto!!! Siamo in democrazia, si fa per dire, quindi è giusto dargli la parola anche se ultimamente l’eccessivo spazio concesso dai mass media all’uomo del nord mi sembra un po’ sospetto, ma… come può accadere, ripeto, gli si dia ascolto? È possibile non si vergogni? Almeno quando è solo, davanti allo specchio, ammesso riesca a superare tale prova.
È pur vero che a capo dell’attuale Governo “non eletto” abbiamo un altro Matteo, quello supponente, il velociraptor delle riforme di destra che fa di tutto per farle passare di sinistra, una bella faticaccia portare avanti questa tattica, forse è per questo che ultimamente lo vedo imbolsito, cupo, meno “frizzante”. Ma tale strategia, ne sono certo, alla fine avrà un suo peso. Come è inconfutabile, se non bastasse, che l’Italia detenga ormai il triste primato del 47% di analfabetismo funzionale. I due fattori giocano a favore dei populisti destrimani i quali lanciano messaggi diretti tipo “noi ti salveremo dall’uomo nero cattivo e puzzolente” quindi intellegibili pure a loro. Come le prime elezioni del dopoguerra che furono vinte da chi lanciava slogan che suonavano “i comunisti mangiano i bambini” con tanto di manifesti di giganti brutti, con tre narici, cattivi, rossi, che banchettavo con un bel pargolo tenero appena sfornato. Da qui ebbe origine il termine “trinariciuti”. Dobbiamo quindi fare affidamento sul restante 53% che a questo punto potrebbe dedicarsi ad una sorta di sostegno, come è d’obbligo nelle scuole per gli alunni disagiati. Di questi però i loro voti saranno sparpagliati nelle percentuali indicate dai sondaggi che, considerando un aggiustamento dovuto al fatto della piccola percentuale di analfabeti non condizionati da Salvini e l’esigua parte di “normali” che inspiegabilmente potrebbero votarlo, dovremmo grossomodo arrivare ad un buon 43% di affidabili. Da questi occorre un totale e fattivo contributo, che si muovano, come fa Alessandro Gassman che pulisce il marciapiede di fronte a casa sua. Diciamo che è una specie di chiamata alle armi, ormai siamo in guerra e il terreno di scontro sul quale si giocherà la partita sarà quello dell’intelligenza, la cultura, la morale e il senso di solidarietà contro la cretineria, l’ignoranza, il malaffare e l’egoismo più becero.
Se non ci si renderà conto che stiamo vivendo un periodo storico che sovvertirà gran parte delle regole che l’Occidente si era dato e l’esodo in atto è epocale e inarrestabile nonostante i ragli degli asini a due gambe (quelli a quattro zampe l’hanno capito) giungeremo allo stesso inevitabile risultato con gravi lutti, dispiaceri e dolore per tutti, non solo migranti, profughi, rifugiati, fuggiaschi o come meglio vengono definite queste persone.
Lo dico, e concludo, per coloro che considerano la vita degli altri esseri meno importante della propria tipo, ad esempio, i produttori e trafficanti di armi, i petrolieri, i colossi dell’economia e finanza, i giganti della chimica e farmaceutica, ecc. che “reggono” le sorti del Mondo badando esclusivamente all’interesse personale, il tornaconto. “Loro” potrebbero pensare di rimanerne fuori come sempre in passato ma… “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole…”(1), inizia così una poesia del Pascoli, però credo che questa volta non sarà “…di antico”(1). Infatti “…un’aria celestina che regga molte bianche ali sospese…”(1) si tramuterà in bufera che, oltre gli stracci, smuoverà anche i paracarri ben piantati nel terreno e porterà in alto migliaia, milioni, miliardi di aquiloni “…sì, gli aquiloni!”(1) di ogni tinta, neri, gialli, rossi, tutti i colori della natura.

Mauro Giovanelli – Genova
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(1) Nota: i brani citati nell’ultimo capoverso sono tratti dalla poesia “L’AQUILONE” di GIOVANNI PASCOLI (1855-1912) – Il presente articolo è dedicato a tutti i bambini del mondo vittime della stupidità e cattiveria dell’uomo.

XENOFOBIA: L’ECCEZIONE CONFERMA LA REGOLA

XENOFOBIA: L’ECCEZIONE CONFERMA LA REGOLA

A volte è più utile una fotografia, un volto, un’espressione per spiegare che la xenofobia è un preconcetto che si basa su ataviche paure che non hanno ragione di essere (vedere primo piano a sinistra dell’immagine in evidenza)… ovviamente c’è sempre l’eccezione che conferma la regola (vedere primo piano a destra dell’immagine in evidenza).

Mauro Giovanelli – Genova
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Il commento “XENOFOBIA: L’ECCEZIONE CONFERMA LA REGOLA” è stato pubblicato il 20 giugno 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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QUANDO LA “MEMORIA” HA IL COLORE, ILSAPORE E IL PROFUMO DEL VINO SCUOLA ENOLOGICA “CERLETTI” – CONEGLIANO

QUANDO LA “MEMORIA” HA IL COLORE, ILSAPORE E IL PROFUMO DEL VINO
SCUOLA ENOLOGICA “CERLETTI” – CONEGLIANO

Peccato davvero. Viviamo nel Paese più bello e ricco del Pianeta, deteniamo l’80% del patrimonio artistico del Mondo, le coste, i monti e le superbe valli fanno invidia a chiunque metta piede nel nostro territorio, la cucina è incomparabile così come i prodotti locali, unici per caratteristiche e peculiarità. La gente è appassionata al proprio lavoro, cura con sentimento il tesoro che la natura ci ha affidato, lo insegnano per trasmetterlo alle generazioni future, come i professionisti che hanno accolto il mio amico Mario Arpaia e che desidero ringraziare, pur non avendo avuto il piacere di conoscerli, se non altro per il fatto di come si percepisca quanto sia spontanea la loro dedizione all’attività che svolgono. Magari facessero altrettanto i nostri Governanti… comunque, nonostante ciò, questo mi riconcilia con la gente della Grande Nazione in cui vivo e mi fa sperare in un possibile riscatto dell’Italia.

Mauro Giovanelli – Genova
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Il commento “sulla SCUOLA ENOLOGICA “CERLETTI” – CONEGLIANO.” è stato pubblicato il 19 giugno 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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UOMINI E DONNE CHE ODIANO DONNE E UOMINI (dagli al diverso!)

UOMINI E DONNE CHE ODIANO DONNE E UOMINI
(dagli al diverso!)

I contrari di razzista, aggettivo, e razzismo, sostantivo, sono tollerante e tolleranza. Il problema è l’assenza di vocaboli che definiscano una persona che non si accorga delle differenze di colore della pelle degli esseri umani o delle loro tendenze sessuali, la fede che coltivano, ecc. Neppure le Costituzioni dei vari Paesi, anche i più liberali, possono esimersi dal non considerare certi aspetti, ignorarli del tutto, riferirsi solo a persone e cittadini, al contrario devono rimarcarli tutti puntualmente. Per cui i due termini non sono appropriati poiché evidenziano contesti considerati “diversi” che invece da molti vengono bellamente ignorati, non abitano proprio nella loro mente. Strano vero? Razzista e razzismo sono parole chiare, inequivocabili mentre i relativi opposti non esistono.
Voglio pertanto confermare di non essere tollerante, tantomeno razzista, neppure indulgente bensì un tizio qualunque che identifica il prossimo nell’intera umanità della quale ciascun componente ha il diritto di esercitare i propri istinti e ricercare la libertà nel rispetto delle esigenze di tutti. Il resto non mi riguarda, non lo percepisco.
Ovviamente però non sono perfetto, in quanto provo una certa antipatia verso coloro che si dimostrano inclini alla discriminazione, forse non li capisco, non riesco a comprendere cosa gli interessi di come agiscano i loro simili, ciò che fanno, i gusti sessuali o altro ancora. Tali individui hanno coniato il lemma adeguato, che usano “ad abundantiam”, per definire spregiativamente i soggetti che la pensano come il sottoscritto, cioè “buonista”. Questo termine è diventato offensivo e nessuno ha mai pensato di replicare con il suo contrario “cattivista”… già, ci sono arrivato in questo istante, non ci avevo pensato, forse esiste già: “fascista”. I grandi pensatori però… “È la tolleranza che crea i ghetti, perché è attraverso la tolleranza che i diversi possono uscire alla luce, a patto però di essere e restare minoranza, accettata ma individuata e circoscritta. La tolleranza è l’aspetto più atroce della falsa democrazia. Ti dirò che è addirittura molto più umiliante essere tollerati che essere proibiti e che la permissività è la peggiore delle forme di repressione. Pier Paolo Pasolini e “Viviamo in un’epoca dove le cose superflue sono le nostre uniche necessità. Oscar Wilde

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “UOMINI E DONNE CHE ODIANO DONNE E UOMINI” è stato pubblicato il 17 giugno 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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QUANDO LA MEMORIA HA IL COLORE, ILSAPORE E IL PROFUMO DEL VINO (Scuola ENOLOGICA Conegliano e RADUNO ALPINI nel TRIVENETO – 2015)

QUANDO LA MEMORIA HA IL COLORE, ILSAPORE E IL PROFUMO DEL VINO
(Scuola ENOLOGICA Conegliano e RADUNO ALPINI nel TRIVENETO – 2015)

Peccato davvero! Viviamo nel Paese più bello e ricco del Pianeta, deteniamo l’80% del patrimonio artistico del Mondo, le coste, i monti e le superbe valli fanno invidia a chiunque metta piede nel nostro territorio, la cucina è incomparabile così come i prodotti locali, unici per caratteristiche e peculiarità. Ci sono persone appassionate al loro lavoro, curano con passione il tesoro che la natura gli ha affidato, lo insegnano per trasmetterlo alle generazioni future, come i professionisti che hanno accolto il mio amico Mario Arpaia e che desidero ringraziare anch’io pur non avendo avuto il piacere di conoscerli, se non altro per il fatto di come si percepisca quanto sia spontanea la loro dedizione all’impresa vitivinicola. Ciò mi riconcilia con la nostra gente e mi fa sperare nel riscatto dell’Italia.
Ho pure sfogliato lentamente le fotografie del carissimo amico Mario Arpaia, Presidente di “Memoria Condivisa”, del raduno Alpini nel Triveneto, le ho gustate una per una, come se stessi passeggiando fra di loro, gli Alpini, il cui incontro è uno degli avvenimenti che più mi emozionano per il semplice fatto che in quei giorni le repellenti qualità e i difetti insopportabili degli uomini vengono annullati, non esistono più e solo gli Alpini sono in grado di compiere questo miracolo, sempre. Ho partecipato a due di questi avvenimenti ma sono dovuti venire nella mia Genova per trascinarmi nelle loro tende, farmi sentire amico e fratello, ricevere solidarietà e avvertire l’affetto che in pochi istanti trasmettono al nuovo arrivato.
La prossima volta andrò io a trovarli. E sai che sono sentimenti veri, non esistono ipocrisia e menzogna nel loro essere uomini. Mai ho avvertito un senso di protezione come quando sono stato in mezzo agli Alpini. È bello sentirsi protetti, sicuri, potrei dire amati perché nell’istante che ti invitano, anzi reclamano la tua presenza, e ti introduci nel loro modo di intendere la vita in comune diventi parte del “corpo degli alpini” quindi fratello, il minore perciò quello più coccolato. Sono persone che amano, vivono, pensano con naturalezza, senza falsi scopi se non quello di dare aiuto, fratellanza, e con la stessa naturalezza muoiono come ci è stato raccontato da Guido Bedeschi in “Centomila gavette di ghiaccio”. Con il vostro permesso, l’aiuto della memoria (libro che ho letto e riletto in gioventù) e di internet riassumo brevemente la parte che ebbero gli Alpini nell’ultima guerra. La storia di un piccolo reparto alpino (la batteria Ventisei) della mitica Julia si fonde con quella dell’intero corpo di spedizione impegnato nella campagna di Russia. Gli Alpini, convinti di andare a fare la guerra sulle montagne del Caucaso, si ritrovarono invece a dover affrontare i russi sulla pianura del fiume Don (odierna Ucraina), muli contro autoblindo, piccoli cannoni di montagna contro carri armati. Pur in condizioni sfavorevoli e con un nemico nettamente superiore si coprirono di gloria (tanto che i russi stessi dichiararono in un comunicato che “Soltanto il Corpo d’Armata Alpino italiano deve considerarsi imbattuto sul suolo di Russia”). Ma la linea cedette su tutti gli altri punti e, per non finire accerchiati, gli Alpini dovettero volgere le spalle al fronte e ripiegare. Ebbe così inizio una marcia tragica e terribile per la salvezza, in centomila partirono (italiani, tedeschi, romeni, ungheresi), poche decina di migliaia tornarono. Nell’inverno 1942-1943 dopo 45 giorni di “disperata vita guadagnata ora per ora strappandola al gelo”, 15 giorni di accerchiamento, 11 combattimenti furiosi, 700 km. percorsi a piedi nella neve, i soldati poterono avere un breve riposo tranquillo e solo dopo altri 500 km. di marcia in 25 giorni gustarono la salvezza. Il punto di vista è quello dei soldati, spostati di qua e di là senza capirne il senso, abbandonati, sottoposti a prove tremende, forse neppure immaginabili, ma disperatamente e forsennatamente attaccati alla vita. La ritirata in poco tempo si trasformò in tragedia epica, ben presto senza scarpe, con piedi e mani congelati, temperature che sfioravano i 50 gradi sottozero, costretti a camminare tra la neve alta, senza nulla da mangiare per giorni e giorni, con pochissime residue munizioni, continuamente braccati dai russi e costretti ad aprirsi la strada combattendo, solo un disperato istinto di conservazione e una grande forza morale li tenevano in vita. Romanzo corale dove i soldati russi appaiono solo nello sfondo, contro di loro nessun odio (stranamente, i pochi episodi di barbarie e disumanità vedono protagonisti soltanto soldati tedeschi).
Ho contemplato il servizio fotografico del caro amico Mario, rivisto volti sinceri, allegri, con tanta gioia di vivere per sé e per gli altri, mi sono gustato scorci di una Conegliano stupenda dove ho vissuto momenti indimenticabili integrato perfettamente con la gente del posto come fossi un loro parente. Belle persone, davvero, ospitali, generose, buone. Un saluto particolare a Conegliano e i suoi abitanti.
Viva gli Alpini, il Veneto, la vita e l’Italia che vorremmo!

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

L’articolo “QUANDO LA MEMORIA HA IL COLORE, ILSAPORE E IL PROFUMO DEL VINO (Scuola ENOLOGICA Conegliano e RADUNO ALPINI nel TRIVENETO – 2015)” è stato pubblicato il 18 giugno 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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