PASOLINI UCCELLACCI E UCCELLINI

PASOLINI
UCCELLACCI E UCCELLINI

Attimi che restano
aggrinfiati al tempo,
sospesi,
interminabili momenti
che annullano le distanze.
Abolito il distacco
con l’osservatore
non moriranno mai…
L’immagine non è più tale
ma qualcosa che vive
e ti coinvolge,
nata da una
improbabile congiuntura,
voluta dalla sorte
o da stupefacente armonia.
La verità trabocca
dalla sua propria luce,
quindi Pier Paolo Pasolini
e il principe De Curtis
da lì continuano a parlarci,
esistono,
sono ancora fra noi
per completare l’annuncio.
Tutto è stato prestabilito.
Le cravatte di entrambi,
i nodi infiacchiti
dal lungo giorno trascorso,
il casuale pullover del Maestro,
la giacca nera del grande attore,
il suo inevitabile cappello.
Due contro tutti.
Le bianche camicie
non indicano capitolazione,
anzi… la loro intesa perfetta,
nata improvvisa,
spontanea, inevitabile,
vuole lasciarci qualcosa
di forte e imperituro.
Le labbra di Totò,
le grinze del collo,
lo sguardo,
segnato dalle pieghe del viso,
che travalica le scure lenti
degli occhiali,
la stanghetta distratta,
l’infinita melanconia.
Preannuncia la sua propria fine
all’amico,
scomparirà l’anno successivo,
allora gli dice del dopo
cerca di metterlo in guardia,
fare attenzione,
il mondo non è
come loro interpretano,
al quale anela il poeta.
Pasolini ascolta incantato…
il suo sorriso buono, rispettoso
e leale è uno dei più spontanei
e sereni
che abbia mai visto in vita mia,
ha qualcosa di sacro,
misto a preghiera, cognizione,
amore.
Commoventi entrambi,
fotografia splendida, unica.
Neppure il corvo può far nulla,
continua Totò,
anche se è un intellettuale
di sinistra di prima
della morte di Togliatti,
saggio e profetico,
inutile azzardi
a cambiare gli uomini.
Essi sono così.
Sappiamo che il nero pennuto
diventerà insopportabile,
scomodo,
e i frati Ciccillo e Ninetto
lo uccideranno
per mangiarselo.
Stai attento Maestro,
così fanno i mostri,
ti massacreranno
e tenteranno di nascondere,
fra i loro visceri,
la tua immensa
spiritualità.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata da Eretico & Corsaro – Composizione dell’Autore

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INTERVISTA ALL’AMICO DI SEMPRE E ARTISTA GENOVESE ENRICO BAFICO

Mauro Giovanelli
INTERVISTA ALL’AMICO DI SEMPRE E ARTISTA GENOVESE ENRICO BAFICO

Dunque Enrico, siamo qui, a “La Rotonda”, luogo della nostra infanzia, due bei “negroni”, il mare a perdita d’occhio, il porto e le sue gru, direi di andare subito al sodo.

Che cosa ti ha spinto a dipingere?
– Fare il presepe da bambino.

Molti ritengono che nelle tue opere non segui un percorso lineare, i tuoi soggetti sono i più svariati, quasi come navigassi a vista.
– È una questione di fondo, di libertà.

Cosa ne pensi di quanti affermano, fra quelli il sottoscritto, che le “navi infinite” e le “ultime onde del ‘900” sarebbero i tuoi punti forti?
– Ognuno sceglie sé stesso.

Ottima risposta! Vale anche per me?
– No! Tu sei stato scelto.

Ah! A tuo onore, per ciò che riguarda la domanda precedente, c’è chi sostiene, me compreso, che se ti fossi dedicato a perfezionare i soggetti di cui sopra avresti potuto “sfondare”.
– Non credo, l’insuccesso non mi ha dato alla testa.

Andiamo avanti. A parte i ritratti, quando dipingi pensi più a te stesso o al futuro osservatore della tua opera?
A entrambi… forse ho mentito un po’.

Credo di sapere dove penda l’ago della bilancia… comunque non sono pochi coloro che sostengono esserti ispirato a De Chirico in alcune tue realizzazioni.
– Nell’arte non esistono bastardi, intesi come figli di “nn”.

Qualora dovessi essere costretto a inserirti in una “corrente” pittorica, in quale ti collocheresti? Surrealista, metafisica, realismo magico, ecc.
– Surrealismo della realtà.

Boh! Direi di sì anche se nei tuoi dipinti personalmente vedo pure un mondo metafisico.
– La realtà presenta una cifra metafisica a chi la sa cogliere, se vuoi puoi chiamarla poesia.

Alcuni dicono che la tua pittura sia piatta, poco “materica”, cosa ne pensi?
– Non amo la crosta.

Altri sostengono che la tua pittura sia una sorta di “realismo manipolato” al fine di dare un segnale ben preciso. Quale?
– Tutto quello che facciamo è manipolazione. Per l’artista il “messaggio” è solo il manichino sulla forma del quale il sarto confeziona l’abito. O lo vesti di bellezza o di stracci altrimenti suonerebbe come una predica.

Anche questa intervista?
– No! Qui siamo in una dimensione diretta in quanto il pensiero segue i percorsi curvilinei della danza mentre la sua esposizione il modello rettilineo del camminare.

Questo è vero! Ma lo sappiamo solo noi due. La domanda precedente l’ho formulata poiché pochi intercettano questo richiamo. Rimangono interdetti.
– Auguro loro di riprendersi subito dopo.

Una domanda ben precisa alla quale occorrerebbe analoga risposta: “cosa rappresentano il o i cachi che inserisci sul panno del biliardo al posto delle boccette?”
– Il caco deriva da ricordi d’infanzia.

Anche per me. Da quando hai avvertito la necessità di darti alla scultura? E perché?
– Da quando ho compreso che della pittura non avevo capito un “belin”. Metabolizzare la differenza fra disegno colorato e pittura richiede qualche sforzo in più.

Perfetto! Devo scriverlo? Non rispondere, ho capito… A parte alcuni lavori ho l’impressione che nella scultura, pur con le varianti fra le varie opere, ci sia un “denominatore comune” che le riconduce all’autore più che nella pittura. Sei d’accordo?
– Sì!

Allora qualcosa capisco… Qual è il tuo giudizio sul pubblico? La categoria di persone che in generale è venuta o viene alle tue mostre?
– L’umanità è più varia di quanto si creda.

Stai preparando una mostra dove proponi, tra l’altro, libri rivestiti di cristallo ciascuno forato al centro.
– Bucare i pilastri della cultura è un po’ come fare il “bucato” alla mente.

Qual è il tuo giudizio sulla gente in generale?
– Ottimo e abbondante.

Si dice che tu abbia viaggiato poco, in gran parte la tua vita l’hai trascorsa nella tua amata Genova che hai portato anche alla biennale di Venezia 2011. Se è vero, non pensi che esperienze all’estero avrebbero potuto aprirti altre illuminazioni? Far nascere ispirazioni impensate?
– Ho visto molte città d’Europa, Italia, Turchia e Marocco ma ovunque ho capito che tutto si riduceva a trovarmi un bar, il giornalaio e una tabaccheria a portata di mano.

“Tabaccheria”! Sublime poesia di Pessoa. Sono in parte d’accordo ma tu sei un pittore… Tutto qui?
– Potrei aggiungere che fra le mele cambia il colore della buccia ma la polpa è sempre la stessa.

Capisco! È come al solito arduo stanarti, farti dire qualcosa di più.
– Riconducendomi a Lao Tsu “Il saggio conosce il mondo senza muoversi da casa sua”.

Ora sì che ci siamo! Domanda forse scontata ma non banale: Cosa pensi della vita?
– La vita è un valzer… o no?

Cosa pensi dell’attuale situazione politica proprio in relazione alla decadenza morale e culturale che ha investito l’Italia in questo trentennio?
– C’è sempre qualcosa di peggio. Il problema è che il buon Dio ha concesso l’intelligenza ai cretini.

Te la cavi con poco, però… non male. Sei laureato in filosofia e so che ti ritieni tale, che influenza hanno avuto gli studi classici sulla tua arte?
– Esperienze che non avrebbero senso se non associate ad altre sopravvenute.

Genova! Cosa rappresenta per te?
– La genovesità è un sacrificio di cui bisogna essere degni.

C’è qualcosa che Genova non riesce a darti?
– La coltivazione del basilico peloso.

C’è qualche domanda che avresti voluto ti fosse rivolta? Formula pure un quesito cui desidereresti rispondere.
– Mille e non più mille!

Ma da cosa deriva tanta lievità?
– Dal calo del testosterone.

Hai nuovi progetti? Se sì ispirati da che? Indirizzati a quale tipo di… indicazione che vorresti dare?
– Vivere ancora un po’.

 

Mauro Giovanelli intervista a Enrico Bafico Genova, 19 marzo 2016
www.icodicidimauro.com – opere di Enrico Bafico www.enricobafico.it

Immagine in evidenza: Enrico Bafico (a destra) e Mauro Giovanelli – foto scattata in data odierna a Genova – quartiere Carignano – “La Rotonda”

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Terra!

Terra!

Questo
è il palcoscenico
di quanto
fino a questo momento
è accaduto e accadrà,
specialmente
per volere nostro.
La culla di noi tutti,
dal primo
vagito
all’ultimo
respiro.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata da Focus: bellissima fotografia scattata dalla Luna.

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UN’AMICA DI SAN GIACOMO DI ROBURENT – Pamela – 3 settembre 2015

UN’AMICA DI SAN GIACOMO DI ROBURENT
Pamela
3 settembre 2015

Notte! Luna piena.
Forse non si vedeva
ma era lì,
immobile,
decise di fermarsi.
Lei… fertile
come humus profumato
pronto per la semina
risplendeva anche nel buio,
non sapeva
che l’astro li spiava dall’alto,
assorbiva i loro sospiri,
e restava rapito
nel veder quei due corpi
diventarne uno.
Si avvicinò ancor più
alla Terra
sfiorando le montagne
per sentir da vicino
quel suono impercettibile,
l’esile nota
sbocciata da un accordo
che si spandeva
in quella donna
ancor prima che lei
se ne accorgesse.
Così crebbe di intensità
e formò melodia:
Pamela.
Per dieci volte la luna mutò,
si alzarono e si abbassarono
le maree,
e proprio mentre calava di nuovo
risentì quella nota
diventata armonia,
che si plasmò bambina.
Si commosse
nel riconoscerla tra mille.
In quello stesso istante,
non saprei precisamente dove
tra la Terra e il Cielo,
nacque un arcobaleno
e decise di fermarsi
tra le ciglia della fanciulla,
scelse di crescere con lei
per non svanir nel nulla.
Perciò negli occhi suoi mutevoli,
se lo vuole,
tu puoi trovarci
il blu del mare,
il verde dei torrenti di montagna,
il giallo del sole dell’estate,
il viola dei fiori delicati
e il rosso del fuoco
che è passione e infiamma ma,
se non si sa dosare, brucia.
Splendida ora lei si innalza
in continua mutazione,
altera Aquila
che sorvola grigie rocce
e morbide colline,
Gabbiano libero
che si eleva nel blu
per planare poi tra gli spruzzi
del mare in tempesta,
Rondine temeraria
che volteggia mirando a rotte lontane
alla ricerca del calore,
candido Airone
sovrano del suo regno
di pace e magia.
Ed infine Fenice
per rinascere diciottenne e…
librarsi infine
in direzione di
tragitti sconosciuti.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web: VAN GOGH – Peschi in fiore

Si ringrazia la poetessa e scrittrice Donatella Vescovi per la gentile collaborazione.

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IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI (Lo sguardo del topo)

Mauro Giovanelli
IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI
(Lo sguardo del topo)

6a edizione – pagg. 178
codice ISBN: 9788892306882

si può acquistare:

• Solo in tutte le librerie Feltrinelli (su ordinazione)
• On-line sul sito: www.ilmiolibro.it
• On-line sul sito: www.lafeltrinelli.it

Presentazione

Yuzaf non è asceso al cielo come ci viene raccontato. In cerca di una risposta impossibile, almeno quanto lo sarebbe stato il dubbio che lo avrebbe colto durante il supplizio, lamentando l’abbandono del Padre, ha invece continuato a vagare tra le dimensioni del reale e del fantastico. Questa la sua missione, la croce alla quale sembra condannato dalla stessa natura di cui è composto, che gli fa incontrare altri “inverosimili” come lui: Corto, Srinivasa, Ramòn, Judex, dando vita a una ratatouille filosofica in salsa spirituale, insaporita con un melting pot delle migliori spezie antropologiche, raccolte dall’Autore ai crocevia della vicenda umana, nella sua mente, lungo le sconfinate praterie dell’investigazione fantastica…
Bene e Male, Divino e Umano, sono le invisibili sbarre della gabbia di Mānī che imprigionano il pensiero di Yuzaf nella speculazione dell’Oltre, lo costringono a surreali dialoghi con personaggi della storia e della fantasia che cucineranno a fuoco lento le convinzioni del lettore fino a dissolverle con la sola spiegazione alla nostra portata. Le molecole letterarie dell’opera sembrano formate da atomi privi di legami, gli elettroni saltano dall’orbita di un nucleo all’altro, collidono, rilasciano quanti di energia che riempono di tracce luminose l’etere della narrazione: preziose indicazioni che, per il lettore attento e motivato dalla ricerca terrena e spirituale, rappresentano la segnaletica del sentiero che conduce a concepire l’inspiegabile.
La ricostruzione storica e filosofica della religione sotto l’aspetto di “urgenza esistenziale” è accurata, onesta, priva d’intenzionalità alcuna di negare o affermarne l’esattezza, lasciandoci liberi di manovrare il leggìo a nostro piacimento per interpretare i manoscritti che su esso via via si alternano e incrociare lo sguardo del topo al fine di rispondere come possiamo a una domanda priva di senso: “qual è la verità?”
Alessandro Arvigo scrittore – Palermo

Premessa

Questo racconto è la naturale prosecuzione di “Ecco perché Juanita”, un’antologia elaborata nel 2012 decisamente originale nella composizione al punto che non trovavo termini adatti a definirla. Per descriverne la “costruzione” decisi di utilizzare il verbo “comporre” vale a dire “mettere insieme varie parti allo scopo di costituire un tutto organico”1 e “produrre, realizzare un’opera di carattere letterario o artistico in generale”2. Invece conclusi che il termine più adeguato a designarla fosse proprio “libro” intendendosi con tale parola “volume di fogli cuciti tra loro, scritti, stampati o bianchi”3. Desidero ricordare che, con tutto il rispetto, la parola Bibbia significa insieme di generi letterari diversi. Non è casuale che “biblia”, dal greco biblos, la corteccia interna del papiro che cresce sul delta del Nilo, utilizzata per produrre materiale scrittoio, sia un plurale che indica l’insieme di opere scritte e narrate (nella Chiesa greca dell’epoca di Giovanni Crisostomo4 si cominciò ad usare l’espressione “Ta Biblìa”, che significa “I libri”). Infatti il Vecchio e Nuovo Testamento sono insiemi di elaborati vari per origine, genere, compilazione, lingua e datazione, prodotti in un lasso di tempo abbastanza ampio, preceduti da una tradizione orale più o meno lunga e comunque difficile da identificare, racchiusi in un canone stabilito a partire dagli inizi della nostra era. In parole povere la prima grande raccolta, copiatura e forse pure sofisticazione della storia.
Tornando a “Juanita” dico che l’idea della sua realizzazione si insinuò nella mia mente quando decisi di riunire diversi e preziosi frammenti della letteratura (sottotitolo “arabesco letterario”) di circa cinquanta autori e un centinaio di brani e citazioni disponendoli all’interno di una narrazione secondo il mio gusto. Occorreva solo una base di appoggio. Quale migliore “cronologia” potrebbero regalarci altri capolavori che non siano “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” del grande Saramago, seguito da “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov per agganciarlo a “Il Procuratore della Giudea” di France e concludere con “Il Grande Inquisitore” di Dostoevskij? Nessuno! Un’avventura lunga 1700 anni.
Saramago descrive la vita di Gesù con una autenticità da lasciare senza fiato, ineguagliabili lo stile e la prosa. Nel suo Vangelo neppure viene sfiorata la personalità di Ponzio Pilato in quanto marginale al messaggio che l’autore ci ha compiutamente trasmesso. Per approfondirne la figura siamo quindi costretti ad immergerci nelle strabilianti pagine di Bulgakov dove il procuratore della Giudea viene assalito dal rimorso per una condanna decretata suo malgrado; la collera verso sé stesso lo dilania, realizza di essere entrato nel mito dalla porta sbagliata e la sua propria ignavia (qui ci sarebbe da discutere) lo inchioderà per sempre nella penombra del porticato, dietro la brocca del servitore che versa l’acqua sulle sue mani sudate. Che ne sarà di lui? Allora lo seguiamo nell’epico “Il procuratore della Giudea” di Anatole France dove, vecchio e dolorante, si reca ai Campi Flegrei per curare la gotta che lo tormenta. I tempi del fasto e del potere li ricorda con il fedele e ritrovato Lamia che, riferendosi al Cristo, gli chiede: “Ponzio, ti ricordi di quest’uomo?” ed egli risponde: “Gesù? Gesù il Nazareno? No, non ricordo”5. Non ricordo… perché? Amnesia senile? Inconscia rimozione di una rievocazione ostica? Menzogna? Indulgenza divina? Non lo sapremo e il Gesù de “I fratelli Karamazov” di Dostoevskji6, che chiude il mio saggio, non dice alcunché in proposito. Essendo stato vano il sacrificio estremo, Egli torna in questo mondo per riparare l’errore senonchè, riconosciuto e incarcerato dal Grande Inquisitore, non pronuncia una sillaba durante l’eccitazione verbale dell’aguzzino che a sera si reca nella cella per comunicargli la condanna al rogo. Il confronto tra i due si trasforma in un delirante monologo del prelato. Cosa rappresenta l’unica risposta del Nazareno, il bacio sulle labbra del suo persecutore con cui suggella il loro incontro? Quali potrebbero essere stati i pensieri di Yuzaf nel momento in cui, graziato per tale gesto, si diresse verso nuovi orizzonti? Dove sarà andato? Che panorami gli si apriranno? Come esplorerà l’intrico che custodisce l’oggetto della sua ricerca?
La reinterpretazione delle Scritture? Il leggìo a nove posizioni?
Mauro Giovanelli -Genova

P. S.
A parte alcune citazioni, avrei potuto omettere diverse note pie’ di pagina della cui inutilità sono convinto. Ho preferito inserirle ugualmente.

Due righe su me medesimo

Potrebbe essere un buon libro, o una cosa insensata, una tesi, componimento, anche una favola. Comunque credo sia una discreta idea in quanto scaturisce da una esigenza che risulta difficile spiegare. Ritengo però di conoscerne la causa: una memoria eccellente (solo per ciò che trovo interessante) che mi accompagna ovunque. Lo strumento invece sono le buone letture, mie fedeli amiche fin dall’infanzia merito l’educazione ricevuta da mamma, papà e la sorella maggiore. Quindi da “Pinocchio”, “Un capitano di quindici anni” o “Il corsaro nero” piuttosto che “Il barone di Munchausen” e “Il tesoro della Sierra Madre” sono precocemente saltato, usando i punti di appoggio dei Cronin, Vicki Baum e l’indimenticabile “Il villaggio sepolto nell’oblio” di Theodor Kròger, ai Melville, Cervantes, “La saga dei Forsyte” poi ancora “L’amante di lady Chatterley” e tanti altri della famosa superba collana Omnibus Mondadori. Quanto ero attratto dalle illustrazioni delle copertine! Approdare poi, in breve tempo, ai Calvino, Cassola, Moravia, Pratolini, Fenoglio, Pavese e… Pasolini, seguire le tracce di Hemingway e Caldwell per passare ai “maledetti americani” del calibro dei Ginsberg, Burroughs e Kerouac è stato facile perché inevitabile. I dissociati da questi ultimi, o “seconda generazione”, quelli del tipo Bukovski, Henry Miller, John Fante tanto per intenderci, hanno avuto un particolare irresistibile fascino, la mia personalità ne è stata influenzata non poco. Sbarcare sui classici russi, i francesi Camus, Mauriac e Sartre, i tedeschi tipo Gunter Grass, il portoghese Fernando Pessoa, i latino-americani della statura di Márquez, gli ebrei americani alla Philip Roth, i Cormac McCarthy, e… continuo? È stato utile per sfociare infine nella filosofia alla ricerca di risposte impossibili. Per quelli della mia generazione Marcuse è stata una tappa obbligata. Se aggiungo che il 27 febbraio 1945 sono nato a Genova dove risiedo, sposato, due figlie, due splendide nipotine. Che nel mio percorso mi sono stati affidati diversi lavori “importanti” che ho portato a conclusione con afflizione mentale (a me parevano inutili) e nel frattempo scrivevo, leggevo… mi sono stati assegnati incarichi e mansioni di responsabilità che non avrei voluto avere, ho viaggiato molto e, a parte una certa predisposizione per “L’apparato umano” (ho adottato il titolo dell’unico libro scritto da Jep Gambardella ne “La grande Bellezza”) femminile che non è il caso di approfondire… intanto leggevo, scrivevo, e scrivo… ecco che ho completato la mia biografia.
Mauro Giovanelli – Genova
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SOLUZIONE GLOBALE

SOLUZIONE GLOBALE

Ogni specie vivente
ha un ciclo di vita,
nasce,
si insedia sul territorio,
prospera,
arriva all’apice del benessere poi,
per mille motivi,
molti dei quali
scaturiti da fattori esterni,
inizia la discesa inesorabile,
la decadenza,
fino all’annientamento.
Ovviamente
è un processo lentissimo
regolato dalla natura.
Tanto meno la fauna
cui appartiene
quel determinato genere
è forte e intelligente
quanto più rapida l’estinzione.
Dato che del regno animale
l’uomo ha in sé
una sorta di attrazione
verso l’auto distruzione,
forse presente
nel suo codice genetico,
ed è quindi
l’essere più insensato
del Pianeta,
come ebbe a dire,
ma non solo lui,
Albert Einstein:
“Ci sono due cose infinite,
l’Universo e la stupidità umana,
ma riguardo all’Universo
ho ancora dei dubbi…”.
Temo che,
se non si correrà ai ripari
in fretta,
entro poche decine di anni
avremo risolto
in un sol colpo
le diseguaglianze sociali,
religiose,
etniche
che ci siamo inventati…

Mauro Giovanelli – Genova
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11 SETTEMBRE 2001 – SEPTEMBER 11, 2001

11 SETTEMBRE 2001 – SEPTEMBER 11, 2001

Un’ora qualunque
svariati giorni fa,
forse mesi o anni,
potrebbe essere
l’attimo appena trascorso,
o adesso,
mentre scrivo queste parole.
Il tempo non esiste più,
gli orologi si sono liquefatti
come nei dipinti
di Salvador Dalì,
lui lo sapeva.
Allora la persistenza
della memoria
ha preso il sopravvento,
si è espansa,
enormemente,
da non vederne più i confini.
Dissolto ogni punto
di riferimento,
rimane l’ultimo ricordo
a tenere insieme
la mia massa,
rallentarne appena
la velocità,
quel tanto
da non farle toccare
il limite della luce,
impedire l’infinito
e combaciare con il tutto.
Quindi posso afferrare
quel momento.
Eh, sì! Perché ciò che cerco
è del mondo di prima.
Ora vago in uno spazio
sospeso sull’abisso,
dove l’intero è diverso,
cerco la discontinuità
da cui ha avuto inizio
l’incubo,
per me,
tutti noi:
la mattina de
l’11 settembre 2001.

Mauro Giovanelli – Genova
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La poesia “11 settembre 2001” è stata pubblicata il 10 settembre 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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SEPTEMBER 11, 2001 – 11 SETTEMBRE 2001

every hour
several days ago,
perhaps months or years,
it could be
the moment has passed,
or now,
as I write these words.
Time does not exist anymore,
watches have liquefied
as in the paintings
Salvador Dali,
he knew it.
Then the persistence
memory
He has taken over,
has expanded,
enormously,
as not to see the boundaries.
Dissolved each point
of reference,
It remains the last memory
to keep together
my ground,
just slow down
the speed,
just enough
not touch them
the limit of the light,
prevent infinite
and tie in with the whole.
So I can grab
that moment.
Oh yeah! Because what I try
It is the world’s first.
Now vague in a space
Suspended over the abyss,
where the whole is different,
I look for discontinuities
from which it started
the nightmare,
for me,
all of us:
the morning of
September 11, 2001.

Mauro Giovanelli – Genoa
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The poem “September 11, 2001” was published September 10, 2015 on the site www.memoriacondivisa.it

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RITARDATARIA

RITARDATARIA

È il 10 agosto,
scendono le comete.
Tu,
in questo giorno
di molti anni fa,
mentre io
calpestavo già la Terra,
eri ancora un sogno errante
fra i miei pensieri,
e vagavi nell’armonia
dello spazio siderale.
Percorrendo orbite eccentriche
indugiavi,
distaccata dalle altre.
Osservavi.
Quando, ritardataria,
decidesti di prendere
forma umana
separandoti dal tuo
luminoso strascico,
lo facesti solo
per cadere
fra le mie braccia.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’ORIGINE DEL MONDO (da “In morte di Laura Antonelli” di Mauro Giovanelli)

L’ORIGINE DEL MONDO
(da “In morte di Laura Antonelli” di Mauro Giovanelli)

Bella, bellissima.
Fronte proporzionata, liscia,
naso regolare, muliebre,
orecchie precise,
capelli mossi
quel tanto da confonderli
con i riflessi del tramonto
in riva al mare.
Non ho pudore nel dire ciò,
ma il piacere di cui,
attraverso te,
mi sono impossessato,
le emozioni che mi hai regalato,
il desiderio della carne
che avvertivo nell’ammirarti,
sono la storia del mondo
e della mia giovinezza.
La carne è la sola cosa,
essenziale, dalla quale
non si può prescindere,
l’unico mezzo di comunicazione
con l’altra parte,
la ricetrasmittente
tra l’essere e il nulla.
Vedere, sentire, annusare,
toccare, penetrare,
sono percezioni concesse
da questo complesso involucro
che ci contiene,
e tu mi hai regalato
tutto ciò precocemente.
L’amore eterno, passione,
sesso, dolcezza, carezze,
giocare, baciare, e stringerti a me,
bramare il calore,
desiderio di godimento.
Ecco il vero rito sacrificale.
La sola liturgia ad avere un senso
è raggiungere così uniti l’orgasmo,
quell’attimo di estrema perdizione
e sommo piacere,
l’unico gesto
che abbia un contenuto,
la vera azione che conduce
ai confini ultimi del sublime,
in prossimità dell’attendibile,
il mezzo con cui
si innesca la reazione
che consente di intravedere
per qualche istante
il Cielo.
Questo ci siamo regalati.
Sono certo tu capisca
cosa intendo dire,
il tuo corpo flessuoso,
provocante e innocente
allo stesso tempo,
mi è entrato nelle viscere,
la tua naturalezza e sensualità
toglieva il fiato
e mentre ti alzavo la veste
e intravedevo le curve inebrianti…
ancora oggi al ricordo della perfezione
di quelle forme mi emoziono.
Questo è il senso dell’esistenza,
la sola salvezza.
Nell’inferno in cui viviamo
è la carne,
non la fede,
che ci fa toccare il Paradiso.
A Dio piacendo.
Nei tuoi magnifici occhi,
lo sguardo, con riflessi delle stelle
sul mare di notte,
mi ci perdevo dentro,
cambiavano continuamente tonalità,
rappresentavano immaginazione,
tormento, rabbia, odio,
estasi, inquietudine, pace.
Comunicavano una predisposizione
a dare amore incredibile,
sprigionavi fiamme
e sentimento da tutti i pori.
Buona sorte ho avuto
ad essere uomo,
così da poterti ammirare,
possedere
e avvicinarmi
attraverso te
al mistero
dell’origine del Mondo…
Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: “Idillio”, Gustav Klimt, è la versione ad olio di una delle tavole disegnate dall’artista austriaco per “Allegorie ed Emblemi”. La composizione è assai più elaborata, non soltanto perché Klimt utilizza una cornice architettonica, ma mescola anche stili e periodi diversi.

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FURBETTI, FURBASTRI E FURBONI

FURBETTI, FURBASTRI E FURBONI

Dunque… è notizia di oggi (16 marzo 2016) che medici e infermieri assenteisti delle ASL di Brindisi, per truffare l’Azienda come nulla fosse, continuavano a smarcare e farsi smarcare il badge allontanandosi subito dopo dal posto di lavoro. Sono stati arrestati e verranno di certo licenziati. Qualcuno dei 26 colti in flagranza di reato dal Nas dei Carabinieri si dichiara pronto a collaborare offrendo altri elementi agli inquirenti. La “moda” si è estesa a macchia d’olio. Infatti alla stregua del vigile in slip aderentissimo, infradito e maglietta della salute corta al punto da mettere in evidenza l’apparato riproduttivo, la tendenza dilagante da decenni continua a imperversare e, aspetto non trascurabile, sale ai piani alti. Il TG2 ha parlato di “furbetti” del cartellino, come allora, io stavolta li avrei definiti “furbastri” considerando la status sociale più elevato nella scala gerarchica del “dipendente pubblico”.
Adesso capisco! I posti di lavoro in aumento che vengono menzionati dai mass media, tanto per dare un “aiutino” a Renzi in leggero regresso, sono nuovo personale assunto per sostituire i licenziati. Come vedete tutto il male non viene per nuocere, eliminare il superfluo al fine di incrementare l’efficacia e l’efficienza del sistema “Paese”.
Adesso per risolvere definitivamente i problemi dell’Italia non resta altro da fare che dedicarsi ai “furboni”, ovvero i parlamentari dei quali non si capisce bene di cosa si occupino. In questo caso però sussiste una complicazione, non è così semplice: Invero è difficile stabilire con certezza se sia meglio che non facciano alcunché e dormano piuttosto che attivarsi in qualche idea risultante sempre “malsana” per i cittadini.
“Do or not do, that is the question”.

Mauro Giovanelli – Genova
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