I TRE MOSCHETTIERI – Alexandre Dumas (per raccontare un po’ di me)

I TRE MOSCHETTIERI – Alexandre Dumas
(per raccontare un po’ di me)

Nella vita mi è accaduto, e succede tutt’ora come certamente capiterà a ciascuno di voi, di incontrare individui, anche virtualmente, che disturbano, emettono riverberi negativi, lo si avverte subito, all’istante poiché, come le onde gravitazionali appena rilevate, attraversano il tuo “essere” lasciando segni negativi nel cuore, incidono sull’educazione ricevuta, ti domandi il motivo per cui tale e tanta ignoranza, incapacità di riflettere, pensare, ragionare si possa concentrare in una sola persona.
Tra l’altro nel tentativo di ferirti, essendo questo il loro unico obiettivo e scopo di vita per trascinarti nell’alveo melmoso in cui si riproducono, gli appartenenti a questa tribù ti apostrofano (considerandoli epiteti) con “PROFESSORE” o “INTELLETTUALE”, evidenziati così, in maiuscolo, che sta a significare lo scritto urlato.
Io sono professore, ho insegnato alcuni anni alle medie superiori, sono un intellettuale poiché fa parte di me, ho svolto pure incarichi di prestigio e comando nelle aziende e nell’esercito e, a causa di ciò, ho avuto accesi confronti con sindacati che abusavano del loro potere, li avevo avvertiti di questo, non mi hanno ascoltato ed ora contano meno di zero.
Mi relaziono anche con scrittori e giornalisti, artisti, ecc. Adesso i mediocri diranno: “Ma va! Chi è costui?” Senza ovviamente sapere chi fosse Carneade. Rispondo subito:
Per diversi anni trascorsi lunghi periodi estivi in villa, nell’entroterra genovese. Avevo incaricato un contadino, viveva solo in una baracca poco distante, di gestire giardino, terreno e quant’altro durante la mia assenza. Aveva la terza elementare e spesso lo invitavo la sera a bere qualcosa con me, di fronte al caminetto acceso si chiacchierava di ogni cosa, era un vero piacere ascoltarlo, la sua vita, esperienze, i segreti del bosco, come riconoscere una pianta, il canto degli uccelli, il rumore del vento, viceversa lui stava a sentire le mie iperboli, con interesse non comune, e capiva, rimaneva affascinato, mi poneva domande, argute, intelligenti; facevamo le ore piccole a conversare. Costui era un intellettuale e filosofo a sua insaputa. Io sono così e ho cercato di condividere questo caro ricordo per illustrare il metro che adotto nel valutare i miei simili. Lo stesso criterio ho applicato in giro per il mondo, da est a ovest, nord e sud, ancora adesso, sempre affascinato dagli ultimi, come l’inarrivabile Pasolini che, è vero, aveva l’accento friulano, come tanti nostri politici il loro, solo che… lui era Pasolini.
Adesso mi è capitato di incrociare (solo via etere per mia fortuna) una “signora”, non ricordo il nome, ma dal suo modo di porsi si evince l’ignoranza, mancanza di intelligenza, cultura ai minimi termini, maleducazione, volgarità assoluta, priva di un solo barlume di stile, in poche parole una che, senza alcun senso, lancia fendenti a vanvera, a destra e manca, come se si confrontasse in duello a fianco dei tre moschettieri che solo lei vede (da qui il titolo del mio pezzo) come eroi, personaggi certo (immaginari) ma comunque al servizio del Potere. Penserà di essere una d’Artagnan della conoscenza.
Personalmente mi accosto più a Don Chisciotte, scrivo cose sul Potere che altrove non vedo così “dirette” e sono orgoglioso di essere stato definito “Bukowskiano”, preceduto da apprezzamenti che mi hanno compiaciuto, da un eccellente scrittore e uomo di levatura morale non comune. Il suo libro “Un commissario”, autore Ennio Di Francesco, Castelvecchi Editore, dovrebbe essere adottato nelle scuole e obbligatoriamente fatto leggere da chi si mette a gestire la “Res publica” (Bersani compreso).
Però non sono ancora arrivato a mandare direttamente “affanculo”, tipico del grande Henry Charles, “Hank” per gli amici, ci sono vicino se non altro per guadagnare tempo.
Stavo dicendo di questa persona che ha avuto l’onore di sfiorarmi appena nell’etereo che la circonda, secondo lei in singolar tenzone, nel senso che parla da sola, permettendosi pure di “colloquiare” con terzi sul mio post. Ciò è prova della sua scorrettezza, “qualità” che va nel sacco insieme a tutto il resto, basterebbe che alzasse lo sguardo per rendersi conto che il suo ring ideale potrebbe essere la stalla poco avanti a destra o il recinto dei somari a sinistra.
Che tempi stiamo vivendo! Neppure credo si sia arrivati al fondo. Ringrazio tutti dell’attenzione e, per coloro arrivati fin qui, un abbraccio affettuoso (escluso alcuni, quelli che sanno di non meritarlo).

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “I TRE MOSCHETTIERI – Alexandre Dumas (per raccontare un po’ di me)” è stato pubblicato il 16 MARZO 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it:

Immagine in evidenza: a sinistra “Don Chisciotte” di Pablo Picasso – a destra “i tre moschettieri” ricavata dal web

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BASTAAA !!!

BASTAAA !!!

Non saprei da chi cominciare per dire, molto semplicemente, basta! Desidererei non vederti più Serracchiani, mi ha stancato il tuo incedere lento, beato, quel mezzo sorriso indisponente che hai, sempre la stessa espressione, immutata, tranquilla, il clone della Bindi, lei era come te, tu sarai come lei se non accade qualcosa che vi cacci dall’occupazione abusiva dei Palazzi.
Basta! Ti prego Bersani, non ne posso più delle tue “massime” da truzzi, l’accento dialettale, la parlata stancante, vattene per piacere. Ogni volta che inquadrano una delle due Camere mi indispone vedere Bossi seduto al suo scranno, la faccia viscida e untuosa di Scilipoti tanto che al confronto un’anguilla spalmata di grasso è cartavetro.
Basta! Finiscila Crozza di fare l’imitazione di Razzi, questi non merita neppure l’ironia, già te l’ho scrissi una volta: alla “massa” lo rendi simpatico, abbiamo il 60% di analfabetismo funzionale e di ritorno e non capiscono “cosa” realmente sia quell’individuo. Antonio Razzi! Che non conosce l’italiano, affronto alla nostra cultura millenaria, l’unico manoscritto che ha imparato a interpretare è il cartello esposto all’ingresso della buvette “Si prega di osservare l’orario” e lui infatti sta fuori, ubbidiente, immobile a fissare il cartello senza neppure domandarsi perché…
Chiudiamo una volta per tutte con immagini del Parlamento, irrita i nervi individuare la Finocchiaro Anna che, braccia conserte e scialle di prammatica sulle spalle, d’estate foulard in seta, si muove tra gli scranni, o ai piani bassi, come chi sta distrattamente passeggiando nei corridoi di una mostra d’arte di cui nulla comprende. Lei è in attesa di uscire per recarsi al supermercato con auto blu e uomini di scorta destinati a prendere le confezioni dagli scaffali più alti.
Risparmiatemi la vista di Alfano, vi scongiuro, lo intervistate sempre, perché? Tanto per ogni accadimento che lo riguarda fornisce ogni volta la stessa identica risposta, con l’immutabile espressione contrita e compresa… (bello però “contrita e compresa” voi che ne dite?) che avrebbe la faccia della supposta l’attimo prima di essere utilizzata. Evitate Gasparri! Mi devo mettere in ginocchio? Farò pure quello se necessario. Gasparri! Ma vi rendete conto o no? “Fate i fessi per non pagare dazio” o che altro? Dico a voi cronisti, giornalisti, paparazzi. Ogni volta lo chiamate per farci ascoltare le sue opinioni e lui, come un camaleonte, scende ratto dal ramo più basso della politica per inferire rapide linguate a destra e manca (quelle a manca sono colpi a salve, lì c’è il vuoto). Rutelli! Ogni tanto spunta, è primavera, sta germogliando di nuovo, cresce piano piano come l’erezione di un autosufficiente.
Voi! Sì voi “onorevoli”, mi state rubando enormi porzioni di vita, oltre tutto il resto, io desidero scrivere di letteratura, arte, poesia, donne, ma… disturbate, siete di ingombro e… costate. Padoan! Diamoci un taglio con questo poveruomo, scommetto che a sera, quando rientra a casa e la moglie lo obbliga a nettarsi le suole sullo zerbino, escono fuori “spread”, “sommari”, “goniometri”, “diagrammi”, “indici” ISTAT… A proposito! Di questo Istituto inquadrano sempre e solo l’esterno, l’ingresso. Avete notato? Ma chi e che caspita ci sarà lì dentro? E quanti? Sarei curioso di entrarci, potrei sbagliarmi ovviamente ma ho la sensazione che ci sia una marea di impiegati, segretarie, dirigenti, manager, fattorini, tutti testa a cuocere solo per dare i numeri a Renzi. Ogni santo giorno esce fuori dai TG nazionali un “meno o più zero” virgola qualcosa in relazione alla notizia che seguirà, dati “a orologeria” come usavano dire anni fa per ogni avviso di garanzia recapitato a Berlusconi. Berlusconi… ma perché? Non sarebbe giunto il momento di andare in crociera? Niente da fare, appare, camicia bruna e casco in fibra di carbonio, adesso compete con Salvini per Bertolaso (buono questo)… Matteo Salvini! Lo stavo scordando… in piena rincorsa di un posto al sole delle Alpi, Prealpi, Appennini, pure quello siculo, e naturalmente anche del più grande Canyon d’Europa, il Gorroppu ubicato nel Supramonte, in Sardegna… intanto a “manca” ci si batte per Bassolino fregato alle primarie PD dalla compravendita di voti… tutta gente nuova, il futuro che avanza.
Ma… la guida scout Renzi Matteo detto anche il rottamatore, termine non ancora approvato dall’Accademia della Crusca, forse meglio “rottamoso”, oltre che abbassare gli extragalattici stipendi di lor signori medesimi, abrogare la “schifezza” Fornero, non avrebbe dovuto guardare al “futuro che avanza”? Non più tardi di ieri, alle maestranze che stanno lavorando nel tunnel della Salerno-Reggio Calabria ha dichiarato: “L’Italia deve correre, non rincorrere”. Con che? D’accordo che a questi “unti” dalla furbizia (virtù servile) le stampelle le passano “gratis” le super attrezzate cliniche di cui sono attrezzati i Palazzi Madama, Chigi, Montecitorio, Quirinale e finanche il Viminale, però avrebbero dovuto subentrare i giovani, non Verdini, Casini… Casini! Ma cosa ci sta a fare in parlamento Casini? E La Russa?
Ecco! Un miracolo riuscito a Renzi, dobbiamo ammetterlo, è che pur introducendo alcuni giovani ha fatto subire a questi una “mutazione” ovvero li ha educati ad adeguarsi al “vecchio” stile, anzi oltre, è riuscito a portarli al primo ventennio. Tipo la Pina Picierno che, in quanto a finezza e buon gusto, se la batte con la Santanché, Elena Boschi detta “Etruria”, Marianna Madia che pare uscita da una pala d’altare dipinta dal Beato Angelico, Roberta Pinotti che necessita di F35 così a noi giungono F24 dall’Agenzia delle Entrate, Pippo Civati il “temporeggiatore”, Stefano Fassina il “Carneade? Chi è [era] costui”, Matteo Orfini detto “il silenzio è d’oro”, Matteo Richetti soprannominato “Spugna”, nostromo e braccio destro di capitan Uncino, infatti assorbe con estrema facilità ogni corbelleria gli venga indirizzata. Gianni Cuperlo “Il negoziatore”, ecc. In fondo solo fra deputati (nr. 635) e senatori (nr. 315) per un totale di 945 soggetti (negli USA poco più di 500) non è possibile elencarli tutti. Gli altri che accipicchia faranno? Ghedini lo sappiamo, Enrico Letta anche… Renata Polverini che da ex Presidente regionale ignorava l’enorme deflusso di denaro pubblico causato dai suoi più stretti collaboratori a proprio esclusivo vantaggio… Laura Boldrini che in destrezza nelle espressioni facciali supera il più abile dei mimi, indubbiamente dotata di nervi abituati a far eseguire alla mandibola rapidi spostamenti sul piano orizzontale tali da incurvare a piacimento il labbro inferiore che, in un nanosecondo, muta espressione secondo la circostanza, , allegra o contrita, un monumento alla simulazione… Eh, sì! Chissà quanti ne dimentico di quelli che sono sul palcoscenico e dietro le quinte di questo teatro.
Basta! Intanto vi faccio notare che ogni volta che li inquadrano sono sempre sorridenti, realmente, anche a Strasburgo, Bruxelles, e Lussemburgo (Già! Perché il Parlamento Europeo dispone di tre sedi) battute tra loro, pacche sulle spalle, bacini a vanvera; vivono tutti in un mondo “a parte”. Non se ne può più davvero, per questo in un post ho scritto a lettere cubitali “Sono strafatto di me stesso”, ho superato la soglia di sopportazione, è una questione di dignità, e non ho considerato Quirinale, Viminale e l’indotto che ruota intorno al carrozzone della politica, sindaci, assessori, Province, Regioni, perfino l’esercito di femmine che stanno sul libro paga degli italiani, a loro insaputa, una a caso mi viene in mente la Nicole Minetti che coordinava le famose “olgettine” mentre nei ritagli di tempo svolgeva l’incarico di consigliere regionale (se non vado errato oggi gode di un vitalizio alla tenera età di 31 anni).
Ma che costo avranno? Qualcuno lo sa? Se lo è mai chiesto? Tutti sprofondati nelle poltrone, aggrinfiati alla loro porzione di potere acquisita. Ho avuto modo di confrontarmi con assessori, appunto, i quali difendono il PD oltre ogni logica quando perfino il velociraptor D’Alema ne ha condannato la linea politica. E con tutto quello che costui guadagnerà se ne è accorto solo ora che il Matteo nazionale è un imbonitore stile il Berlusca? Presuntuoso come lo sono i mediocri, arrogante alla stregua degli insicuri?
Basta!!! Venticinque anni fa qualcuno disse “scendo in campo” e ne venne fuori un affollamento di indegni che nessun popolo credo abbia mai visto alla guida del proprio Paese.
Adesso tocca a noi, dobbiamo assolutamente sgombrare il campo con tutti gli strumenti che la democrazia mette a disposizione, poi passare il tosaerba, diserbante e pure l’aspirapolvere. Per ricominciare a vivere da persone degne…

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: “Urlo” di Edvard Munch, pittore norvegese, Løten, 12 dicembre 1863 – Oslo, 23 gennaio 1944

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IL POMERIGGIO DELLA DOMENICA

IL POMERIGGIO DELLA DOMENICA

Interessante questa folla disorientata, tipica della domenica pomeriggio ore 17,00, quando devono decidere di dare un senso alla loro esistenza, in particolare i due tipi che chiudono la fila di quella mostra d’arte, di spalle, uno a destra con il sacchetto degli opuscoli che sta collezionando e non guarderà mai, l’altro immediatamente a sinistra, implume, suo degno compare, orgoglioso solo dell’osceno borsello che porta a tracolla. Tizio, in primo piano, pare li stia osservando ma forse sta solo domandandosi perché si trova lì, comunque il suo sguardo si incrocia con quello di Caio, spunta appena di profilo, capelli bianchi, sciarpa al collo, viso aguzzo, affilato già di suo ma reso ancor più appuntito tanto è proteso nel cercare di fendere le ondate di conoscenza che lo stanno investendo, cerca di comprendere per venire fuori dall’uragano di ciò che gli è ignoto. Non ce la farà mai, terminato a sua insaputa. Sempronio è tutto a manca della foto, finge di guardare il quadro dove pare ci sia una “X”, incognita per eccellenza, ma si vede chiaramente che l’attenzione è rivolta altrove, non dove c’è la ressa bensì nel settore in cui mancano gli umani. Infatti è rimasto fuori campo ma vi giuro che stava lì, del resto per x tendente a zero la y… si è già perduto, come tutti gli altri, al’improvviso, forse li ho sognati perché adesso vedo solo individui sospesi in cielo tutti uguali caratterizzati dal vestito e dalla bombetta neri. Non mi è chiaro se stanno lentamente risalendo oppure candidamente scendendo. Pure io adesso mi sento diverso al punto da pormi la domanda di quale possa essere il mio ruolo. Sono forse uno dei tanti? La risposta preferirei non conoscerla anche se tendenzialmente ritengo di no.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: René Magritte, Golconda, colore ad olio, 81 cm x 1 m, Menil Collection, periodo: Surrealismo, 1953

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HO RICEVUTO UNA CARTOLINA DAL BOSCO DELLE FATE – PAOLA MICOLI

HO RICEVUTO UNA CARTOLINA DAL BOSCO DELLE FATE
PAOLA MICOLI

Le belle persone esistono, meravigliose, ne ho conosciuta una che chiamo Fatina, splendida, luminosa, di una dolcezza infinita, la cui voce risveglia i sensi e le sue parole sono lenimento dell’anima che diventa leggera, trasparente. Vive nei magici boschi della Svizzera e mi ha inviato i saluti che voglio qui condividere. Grazie Fatina, auguri di ogni bene. Ti abbraccio.
Mauro

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Cartolina ricevuta dall’amica Paola Micoli

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LOREDANA DELOGU CAMBIA IMMAGINE DEL PROFILO

LOREDANA DELOGU CAMBIA IMMAGINE DEL PROFILO

“C’è una lacrima nascosta che nessuno mi sa disegnare”
Fabrizio De André

Centro Culturale Tina Modotti Caracas

Commento:

Caro il mio Fabrizio, io ti ho ammirato, anzi ti ammiro, ci siamo incrociati nella vita, con Paolo Villaggio che era impiegato all’Ilva dove ho trascorso un po’ di tempo a capire come girano certi ingranaggi, Luigi Tenco, Bruno Lauzi che girava per Sestri Levante sempre ingrugnito, Umberto Bindi, il grande Gino Paoli ma… ti devo dire amico mio che per certe persone io quella lacrima nascosta la so disegnare con le parole, la vedo, il mio pensare gira gli angoli, si insinua pure nei più reconditi rifugi, nelle tane della mente femminile che a molti sono ignote, ho la mappa dell’amore, è un vecchio papiro, unico, in mio possesso, scritto in una lingua che solo io riesco a decifrare. Una cara e dolce amica che si chiama Loredana, animo nobile, raro, cui tengo molto, di più, la ammiro e lei non lo sa ma pure l’adoro. Caro Fabrizio, spero non ti dispiaccia, che dico… una mente come la tua, può solo gioirne… cantaci una canzone ti prego.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Le lacrime di Freya, Gustav Klimt

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FULVIO LEONCINI ARTISTA TOSCANO – VITA E MORTE – EROSO/EROS – 2016

FULVIO LEONCINI ARTISTA TOSCANO – VITA E MORTE
(Eroso/Eros – 2016)

Io spero tanto che quest’opera non passi inosservata, mi auguro che la maggior parte non si limiti a cliccare un semplice “mi piace” e procedere oltre come mi pare stia avvenendo, con disinvoltura, permettetemi di aggiungere leggerezza, superficialità. Questo lo dico con rabbia perché se così fosse allora ho un’ulteriore prova del come mai questo fottuto mondo gira in modo strano. Davvero non vi accorgete che nel dipinto c’è tutta la nostra vita? Ciò che veramente siamo? E uso il plurale maiestatis per non farvi sentire ancora più vermi, non crediate di essere come me. Hei, tu! laggiù in fondo… sì proprio tu che fai finta di non capire, con la tua cravatta Regimental senza panciotto… mai nessuno ti ha istruito? Tuo padre ad esempio. Credi di avere il senso dell’estetica e ignori che le righe diagonali non vanno con un tre bottoni a un petto. Stendo un velo pietoso sul nodo, doppio giro con la seta spessa e fodera… ma quando mai? Ah! Finalmente hai inteso, sei diventato serio… dimmi allora cosa ci vedi nel quadro. Non rispondi? Ti guardi intorno con aria stupita, cerchi alleati così da poterti sentire più forte, spalleggiato dal branco, invece sono tutti ammutoliti, lo stanno pensando anche loro che potrei essere matto ma non hanno il coraggio… come te elegantone. E sapete il motivo vero per cui tacete? Perché quando tornerete al quotidiano sarete circondati dall’atmosfera che trapela da questo insieme di colori, graffi, violenza, arte pura, genuina ma tanta rabbia di non riuscire a stupirvi, aprirvi il cervello. Sto parlando dell’artista ovviamente. La forte carica erotica, il pelo pubico che spunta appena dal buffet della camera da letto, il reggiseno con le coppe stracolme di vita, è particolare, modello anni ’30 con merletti e volant a ricordare alle vostre insulse menti che il paradiso esiste, qui in terra, che mai avete avuto il piacere di gustare, siete brutti, dentro, anche fuori alcuni che scorgo con le braccia conserte qui, davanti a me, esteticamente improbabili, concettualmente avari, e questo lo potrete constatare alzando lo sguardo, la vostra cupidigia si scontra con la realtà che quotidianamente vivete, la rinuncia, il volto della donna si trasfigura nella razione che vi spetta e meritate, il nulla, l’indefinito che quotidianamente siete obbligati a digerire, sul posto di lavoro, al bar sotto casa, nel momento in cui fate finta di essere burloni e raccontate, male, una barzelletta stupida agli amici che, pur non essendo dei fulmini di guerra, questo è sicuro, emettono risolini insulsi solo per evitarvi l’umiliazione che poi è il prendere coscienza della vostra pochezza. Allora rientrate a casa per trovare conforto e… chi vedete? La moglie, talmente disgustata da sembrare brutta. Non esistono donne brutte sono gli uomini a non comprendere, a trasfigurarne la bellezza che ciascuna possiede. Siete voi. Tra l’altro noto tutti uomini, si fa per dire, neppure una femmina, meglio così, però loro avrebbero visto quella specie di crestina, un cappellino, potrebbe pure essere il pezzo di un sudario strappato visto che si prolunga sul corpetto e sovrasta il volto da morto, trasfigurato in sembianze maschili, reclinato dalla disperazione, io sento il suo lamento. Tu lo senti? Te ne stai lì con l’espressione da ebete, non hai mosso un muscolo… Sì! Tu, hai capito benissimo, vedo che finalmente dai segni di vita, ti stai tirando su quei blu jeans stazzonati come la tua faccia, mollicci, senza dignità. Sei l’unico forse che potresti lontanamente intuire che siamo di fronte alla rappresentazione della vita e della morte, ci sei tu lì dentro, ti stai specchiando nella psiche… Che hai detto? Non è uno specchio quello, testone, è una psiche ed è stata inserita per stimolare l’immaginario, le funzioni cerebrali, emotive, affettive dell’individuo… Non lo vedi il decoro sullo sfondo? La parte più elaborata? Misteriosa? Non è il riflesso della parete ma il solo modo di relazionarsi con la realtà, il messaggio, la chiave di volta su cui poggia tutto l’impianto, un trucco dell’Autore per mettervi alla prova… quanto tempo viene sprecato nell’evoluzione. Adesso potete andare, state tranquilli, rilassatevi… dimenticate ciò che ho detto… non lo capireste mai.

Mauro Giovanelli – Genova
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QUESITO SCIENTIFICO

QUESITO SCIENTIFICO

Da una società in cui la dignità delle persone veniva calpestata assegnando, a chi soffriva di anomalie congenite o acquisite, termini diretti e impropri accentuando in tal modo il loro “sentirsi diversi”, siamo fortunatamente giunti ad attribuire le giuste definizioni. Infatti il cieco è adesso identificato “non vedente”, il paralitico o chiunque abbia difficoltà motorie “diversamente abile”, il sordo “non udente”, cretino “altrimenti intelligente” ecc.
Però adesso si sta forse esagerando con la manipolazione della lingua italiana sconfinando nell’inventare vocaboli non necessari in quanto il nostro idioma o lessico è il più completo e bello del Mondo. Infatti c’è stato chi ha scritto alla “Accademia della Crusca” per far approvare l’aggettivo petaloso ad indicare un fiore con tanti petali. Allora, dico io, l’insofferente alla eiaculazione precoce dovrebbe essere definito “spermaloso” (1), chi affetto da meteorismo “petoloso”, persona di alta statura “sperticoso”, il nano miniaturoso, ecc.
Ma non è di questo che volevo parlare, inizio sempre con il buon proposito di esprimere un concetto e mi perdo in mille rivoli. Vengo al sodo e scusate l’inutile preambolo. Chi soffre della “sindrome di down” un tempo veniva sbrigativamente definito “mongoloide” proprio per le caratteristiche somatiche che li caratterizza. La definizione deriva dal popolo dei mongoli (pure gli amerindi, Cina settentrionale e Siberia) che si svilupparono in climi molto freddi pertanto la particolarità più evidente è il taglio degli occhi dovuto ad una naturale protezione al forte riverbero solare della neve.
Mi pongo questa domanda e la ribalto a voi: qualora la causa della morfologia delle palpebre di queste etnie fosse quella appena citata, perché fra tutti gli animali che si espansero in quei territori (molte e varie specie fra cui mammiferi anche di grosse dimensioni) l’uomo è l’unico ad aver subito tale mutazione?
Al contrario non potrebbe essere che popolazioni primordiali affette da sindrome di down abbiano subito un’evoluzione che, complice la selezione naturale, li abbia portati all’attuale sviluppo?
Bah! Oggi mi sono imbattuto in una di queste persone che soffrono di tale patologia… pensavo pure che tale processo, qualora l’ipotesi fosse vera, richiederebbe tempi lunghissimi per cui non possiamo sperare che a breve ci possano essere significativi cambiamenti nella politica mondiale.
Grazie per l’attenzione.

Mauro Giovanelli – Genova
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(1) Geniale definizione reperita in una vignetta che non riesco a trovare per attribuirne la provenienza. Qualora l’interessato/a leggesse questo articolo è pregato di contattarmi al fine di consentirmi di indicare immediatamente la fonte.

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OMAGGIO ALL’AMICO DI SEMPRE E ARTISTA GENOVESE ENRICO BAFICO

OMAGGIO ALL’AMICO DI SEMPRE E ARTISTA GENOVESE ENRICO BAFICO

Nasce da famiglia genovese (originaria di Santa Margherita Ligure) nel tragico settembre del 1943 a Borgo San Dalmazzo (CN). Conseguita la maturità classica, negli anni ’60 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza sollecitato dal genitore avvocato ma abbandona i corsi per seguire le lezioni di Arte presso l’Accademia Ligustica di Genova sotto la direzione di Guido Zanoletti e Rocco Borella. Contemporaneamente approfondisce anche gli studi di filosofia per laurearsi alla facoltà di Genova presentando una tesi in Estetica. La formazione classica e gli argomenti da lui trattati saranno fondamentali per la sua produzione artistica. Nel 1968 si interessa al futurismo.
Nel 1971 si reca a Carrara dove apprende i rudimenti della tecnica della scultura in marmo. Nel 1975 viene selezionato per la Quadriennale di Roma dove fu esposta una sua opera di tendenza concettuale dal titolo “Crittogramma simultaneo”. Sempre nell’ambito dell’arte concettuale compie poi un’altra incursione facendo eseguire un buco conico da parte a parte su quattro volumi impilati della storia dell’arte di G. C. Argan dal titolo “Per andare dove dobbiamo andare”. Tale opera è stata realizzata con il contributo dell’Officina Navale Zamponi di Genova utilizzando un potente alesatore. Opera rimasta confusa tra i suoi libri per quarant’anni che adesso ripropone, il titolo è preso in prestito dal noto film “Totò Peppino e la Malafemmina”. Si guadagna da vivere nelle arti applicate alla pubblicità e nel 1984 realizza per la “Società del Grés” di Bergamo l’opera “La città in Grès” consistente in un plastico a pianta di poligono irregolare del diametro di circa tre metri sul quale costruisce una città ideale dell’Italia medioevale dei Comuni. A tal fine vengono impiegati nei vari colori tutti i materiali prodotti dall’azienda con la possibilità di smontarli e riassemblarli ad uso dei vari stand fieristici del settore. La realizzazione è stata esposta per la prima volta alla fiera del “Riabitat” di Genova. Di quegli anni rimangono il bronzo “Profiteroles” e “La maschera trifacciale dell’uomo che ride” e il “Soffio”. Dal 1985 in poi si dedica pressoché esclusivamente alla pittura ad olio in continua esplorazione dello spazio metafisico.
I soggetti del suo immaginario pittorico sono pervasi da enormi cachi, signori al biliardo rigorosamente attrezzati di guanti gialli, più spettatori che competitori, kellerine in divisa con grembiule e crestina, gnomi, cani, visioni oniriche della Genova ottocentesca, navi infinite dalle innumerevoli ciminiere che cariche di enigmi cercano di invadere lo spazio circostante solcando il mare sul filo ambiguo che separa ciò che è impresso sulla tela e lo spettatore. Nei suoi dipinti tutto è pervaso da un grande silenzio, da una quiete che si percepisce solo apparente poiché ogni particolare è pronto, si potrebbe quasi dire sta all’erta, per cercare di attenuare un eventuale risvolto tragico che incombe su tutto il paesaggio. Nella sua pittura è costantemente presente un aspetto di amara ironia che trasforma il tutto nella partita conclusiva del giocatore scanzonato e compulsivo inevitabilmente destinato a perdere. Si prova la sensazione che ogni oggetto potrebbe dissolversi da un momento all’altro come la nuvola di fumo dell’ultima sigaretta.
Il dipinto presente alla biennale di Venezia del 2011 dal titolo attesa o il nostro biliardo, scelto dall’amico, filosofo e germanista Anacleto Verrecchia, è particolarmente significativo di questo suo messaggio pittorico poiché per uscire da una mentalità culturalmente arretrata nella continua e ossessiva ricerca del “nuovo” ad ogni costo, Enrico propone il porto e la lanterna della sua amata Genova. Occorre aggiungere che nelle sue opere ci sono quasi sempre un interno e un esterno a stabilire un confine tra il finito e l’infinito, la permanenza e il transitorio riconducibili alla vita e alla morte. Significativa e emblematica della natura dell’artista la cura del dettaglio che sta a dimostrare il suo mancato definitivo “distacco” dall’infanzia, unico periodo della vita dove ogni particolare assume l’importanza sconfinata di un mondo ancora vergine e tutto da esplorare. Anche nei ritratti che gli vengono commissionati i protagonisti sono donne e uomini in attesa di qualcosa di indefinibile, immobili come cristalli e immersi nel costante ripasso di un intimo monologo interiore. Essi comunicano solo la loro fragile umanità soverchiata dal destino che incombe. I cani e i vari frutti inseriti in ogni dipinto pare invece siano “umani” al punto di interagire con l’osservatore rivitalizzando in parte lo scenario complessivo. Addirittura le sue navi infinite pare siano masse organiche in movimento che cercano di sfondare la tela per scompigliare tutto il gioco di incastri del dipinto.
Per chi non conoscesse a fondo il percorso artistico di Enrico Bafico, solo in un ritratto sono stati assegnati al modello un corpo e una mente che invadono il perimetro di gioco esterno dove il suo sguardo scruta minuziosamente sia lo spettatore che tutto l’al di là del dipinto. Quest’opera, intitolata “Mauro Giovanelli e l’amicizia vissuta dall’infanzia”, è importante per delineare il carattere dell’artista che nel rappresentare colui che lo riconduce totalmente nel suo universo infantile, nel suo habitat, lo invita ad abbandonare inconsapevolmente il suo apparente cinismo.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Enrico Bafico – “Mauro Giovanelli e l’amicizia vissuta nei luoghi della nostra infanzia”, olio su tela, cm. 75 x 100, 2010 e Enrico Bafico ci osserva attraverso la sua “prova d’artista” – Montaggio eseguito dall’Autore

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Nota dell’artista:

Vorrei chiarire, per chi lo volesse, circa l’utilizzo del famoso non-sense tratto dal film “Totò Peppino e la malafemmina”. Ho ritenuto di poterlo adottare non fosse altro per i tre anni di militare a Cuneo che toccarono a papà.
“Per andare dove dobbiamo andare…” dà titolo ad una mia opera cartacea recante un buco tronco-conico praticato su libri che trattano di saperi e modi umani. Se bucare il “sapere” può sembrare impertinenza è al contrario un atto di fiducia verso il progredire della conoscenza. Negare, affermando, è un ossimoro concettuale contro il prevalere della certezza sul dubbio.
In quanto a me sto andando dove devo andare con il mio vissuto ed i miei ossi…mori.
Con spirito libero e lieve.

Enrico Bafico

Genova, 13 febbraio 2016                                                       

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SE SÌ VERSIONE II (cercando di sgombrare il campo circa l’equivoco sulla posizione di Renzi Matteo quale Presidente del Consiglio)

DOPO LUNGO CONFRONTO QUESTA VERSIONE COMPLETATA DOVREBBE METTERE UN PUNTO FERMO ALL’ANOMALA POSIZIONE DI RENZI QUALE ATTUALE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E SULLE DUBBIE DECISIONI ASSUNTE IN TAL SENSO DA NAPOLITANO DURANTE IL SUO MANDATO.

SE SÌ VERSIONE II
(cercando di sgombrare il campo circa l’equivoco sulla posizione di Renzi Matteo quale Presidente del Consiglio)

Ecco come Jean Paul Sartre, nel 1952, sintetizzava dal punto di vista esistenziale la condizione di squilibrio tra la feroce dittatura di Stalin (non dimentichiamo che costui rese il termine “comunista” una parola impronunciabile) che nel 1940 riuscì finalmente a far assassinare il suo peggior rivale Lev Trockij facendo crollare definitivamente il sogno di Marx ed Engels su un affrancamento dell’umanità dal “bisogno” e il conseguimento del “socialismo reale”:
I comunisti sono colpevoli perché hanno torto nella loro maniera d’aver ragione, e ci rendono colpevoli, perché hanno ragione nella loro maniera d’aver torto”.
La citazione potrebbe non dire alcunché su quanto segue al contrario qualcuno, chissà, magari sarebbe in grado di trovarla attinente. Andiamo al nocciolo della questione e mettiamola così:
“E’ corretto dire che secondo la Costituzione Titolo III articoli 92 e seguenti il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio, ecc. ecc.” Questo è vero.
Se sì…
– Posso affermare che è altrettanto corretto dire che dopo l’ultimo Presidente del Consiglio nominato dal Presidente della Repubblica a seguito di regolari elezioni (Berlusconi, dimissionario dal 2011) i tre successivi (Letta, Monti, Renzi) sono stati scelti dal medesimo Presidente della Repubblica senza disporre di alcuna indicazione di voto?
Qui mi devo soffermare per una’importante precisazione che a prima vista potrebbe sembrare attenuante invece, osservandola al microscopio polarizzato, a me pare un’aggravante non da poco.
È vero che dopo il catastrofico Monti (voluto da chi? La scusa si conosce: “per salvare l’Italia”. Da che cosa?) ci furono le elezioni del 2013 “vinte” dal PD di Bersani per un pelo di acaro avendo il M5S, rivelatasi seconda forza politica nazionale, scompigliato equilibri risalenti al Triassico Medio. Venne comunque conferito al buon Pier Luigi l’incarico di formare il Governo (diciamolo pure, non è un fulmine di guerra, omologato come tanti altri, e la sua campagna elettorale affidata interamente alla tintoria sotto casa per “smacchiare” il giaguaro fu disastrosa, e pure leggermente patetica, come quella della “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria). Il filosofo uscito dalla Università di Bologna Alma mater non riuscì a far capire a Beppe Grillo la “critica della ragion pura” di Immanuel Kant quindi dovette ritirarsi con “summo gaudio” di tutti i suoi colleghi di Partito (valli a capire questi). E cosa fa il capo dello Stato? Si inventa Letta (nipote), mica l’ultimo arrivato, uno sveglio al punto che, stranamente, riesce a fare il miracolo (sarà l’ultimo): formare il Governo. In tutto il suo mandato tre sono state le invenzioni di Enrico: “Non sono Babbo natale”, “Non ho la bacchetta magica” e, micidiale, “Mica ci ho scritto ‘Jo Condor’ in fronte”. Un inciso: In Spagna (Repubblica unitaria, Monarchia costituzionale, Sistema parlamentare) nella attuale situazione post recenti elezioni è stato dato tempo ai partiti di trovare un accordo di governo entro il prossimo 2 maggio. Se per tale data non ci sarà un Presidente, saranno convocate nuove elezioni già fissate per il 26 giugno. Perché Napolitano non ha fatto altrettanto? Già dopo Berlusconi, ma pure con il fallimento Bersani, e anche dopo il soporifero Letta (nipote).
Se sì…
– Posso asserire che, essendo la nostra una Repubblica Parlamentare e non Presidenziale, dopo il primo evidente errore di valutazione da parte di Napolitano sulla scelta effettuata (voluto o no?) con Monti, ed il secondo sbaglio con Enrico Letta, alla terza “distrazione” con Renzi Matteo l’Italia è da cinque anni nelle mani delle (dubbie?) decisioni del Capo dello Stato a parte le elezioni del 2013?
Se sì…
– È giusto porsi la domanda del perché, almeno dopo Letta, egli non abbia sciolto le Camere e chiamati i cittadini alle urne?
Se sì…
È esatto dichiarare che in questo lustro il Popolo Italiano non ha più avuto modo di decidere da quale partito o coalizione di maggioranza relativa statuita a seguito di regolari elezioni Napolitano avrebbe dovuto “estrarre” il nome cui assegnare l’incarico di formare il Governo? In questo caso il suffragio del 2013 non ha peso.
Se sì…
È esatto dire che Renzi Matteo è al Governo per decisione del Capo dello Stato (cui gli è consentito farlo) ma non su indicazione della volontà dei cittadini?
Se sì…
E tenendo conto che mai nella storia della Repubblica si è verificata una situazione così palesemente contraria ai princìpi di una Repubblica Parlamentare…
È regolare dire che Renzi Matteo governa legalmente ma non legittimamente? Ossia svolge quell’incarico senza che gli sia stato assegnato dal Popolo sovrano?
Se sì…
Ho finito, grazie. Anzi no, neppure si potrebbe parafrasare Jean Paul Sartre “Renzi (e Napolitano) sono colpevoli perché hanno torto nella loro maniera d’aver ragione, e ci rendono colpevoli, perché hanno ragione nella loro maniera d’aver torto” che sarebbe un po’ come dare un colpo al cerchio e uno alla botte per il semplice fatto che abbiamo una legge elettorale dichiarata incostituzionale da tempo per cui “Renzi (e Napolitano) sono colpevoli”. Punto

Mauro Giovanelli – Genova
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IMPUTATI E VITTIME ITALIANI (Assolvere chi porta voti, dimenticare gli altri ? Del tipo: “chi c’è, c’è, chi non c’è non c’è ?)

IMPUTATI E VITTIME ITALIANI
(Assolvere chi porta voti, dimenticare gli altri ? Del tipo: “chi c’è, c’è, chi non c’è non c’è ?)

Personalmente dei quattro tecnici italiani dipendenti della società di costruzioni Bonatti rapiti in Libia lo scorso luglio ne sento parlare, con dovizia di particolari, solo adesso. Ed erano vittime innocenti di cui due hanno perso la vita. Dei marò, che comunque devono rispondere, piaccia o meno e fino a prova contraria, dell’uccisione di due persone che hanno lasciato vedove e orfani, c’è stato un vero e proprio assalto alla baionetta da parte dei “media”, a cronista alterno, con ritmo quotidiano, senza soluzione di continuità. Perché? Mi sfugge qualcosa?
Mauro Giovanelli – Genova

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