IN MORTE DI LAURA ANTONELLI – Attrice italiana

IN MORTE DI LAURA ANTONELLI
Attrice italiana

Cara Laura,
quante volte mi sono soffermato ad ammirare il tuo petto, la parte lasciata scoperta dalla camicetta leggera appena sostenuta dai seni perfetti, giovani. Una spallina abbandonata lascivamente lungo il braccio, la carnagione che intuivo liscia e profumata, il viso di una Madonna, tanto la dolcezza ha aderito al tuo ovale compiuto. Gli occhi profondi esprimevano anche una sottile malinconia, a volte mi pareva non ti importasse piacere, essere desiderata per il tuo fisico, avevo la percezione volessi essere più compagna, consolatrice. Provocavi in me, come posso dire… languore, attiravi la mia attenzione perché i sensi che guardano al fascino venivano tutti soddisfatti, appagati. Bella, bellissima, fronte proporzionata, liscia, naso regolare, muliebre, le orecchie precise, i capelli mossi quel tanto da confonderli con i riflessi del tramonto in riva al mare. Non ho pudore nel dire ciò, e mai mi è capitato di provare tanta emozione per la scomparsa di una stella del cinema, ma i sogni dei quali, attraverso te, mi sono impossessato, le emozioni che mi hai regalato, il desiderio della carne che avvertivo nell’ammirarti sono la storia del mondo e della mia giovinezza. La carne è la sola cosa, essenziale, dalla quale non si può prescindere, l’unico mezzo di comunicazione con l’altra parte, la ricetrasmittente tra l’essere e il nulla. Vedere, sentire, annusare, toccare, penetrare sono attimi concessi da questo complesso involucro che ci contiene e tu mi hai fatto vaneggiare tutto ciò precocemente, e l’amore eterno, passione, sesso, dolcezza, carezze, giocare, baciare, e stringere l’altra a me, bramare il calore, desiderio di godimento, possesso, il vero rito sacrificale. La sola liturgia ad avere un senso è raggiungere così uniti l’orgasmo, quell’attimo di estrema perdizione e sommo piacere, l’unico gesto che abbia un contenuto, la vera azione che conduce ai confini ultimi del sublime, in prossimità dell’attendibile, il mezzo con cui si innesca la reazione che consente di intravedere per qualche istante il Cielo. Questo ho imparato solo guardandoti. Grazie.
Sono certo tu capisca cosa intendo dire. Starti a guardare mentre salivi quella scala in “Malizia”, il corpo flessuoso, provocante e innocente allo stesso tempo, quella visione mi è entrata nelle viscere, la tua naturalezza e sensualità toglieva il fiato, la veste lasciava intravedere per pochi istanti il tuo corpo inebriante, ancora oggi al ricordo della perfezione di quelle carni mi emoziono. È quel giorno, in un cinema di prima visione, che ho preso il mio diploma di maturità, della vita.
Questo è il senso dell’esistenza, Laura, la sola salvezza. Nell’inferno in cui viviamo è la carne, non la fede, che ci fa toccare il Paradiso. A Dio piacendo. Nei tuoi magnifici occhi, lo sguardo, con riflessi delle stelle sul mare di notte, mi ci perdevo dentro, cambiavano continuamente tonalità, rappresentavano immaginazione, tormento, rabbia, odio, estasi, inquietudine, pace. Comunicavano una predisposizione a dare amore incredibile, sprigionavi fiamme e sentimento da tutti i pori. Buona sorte ho avuto ad essere uomo, così da poterti ammirare e avvicinarmi attraverso te al mistero dell’origine del Mondo. Con queste parole voglio renderti eterna, per quello che sei stata, pure quando la vita è diventata matrigna, la malattia, la povertà e la rinuncia al desiderio di esistere.
Anche nel periodo più funesto, mi ha commosso tantissimo la spontaneità e l’affetto con i quali Lino Banfi ti è stato vicino, ha cercato di aiutarti, in quel periodo ultimo della tua vita, stavo dicendo, tu eri la giovane domestica che saliva la scala e tutto il Pianeta cominciava a ruotarti intorno.
Adesso riposa, cerca di dormire serena, abbi cura di te, sei circondata dai pensieri di molte persone, il tuo viso è ora rivolto verso le stelle e quello è il tuo posto.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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