QUANDO LA MEMORIA HA IL COLORE, ILSAPORE E IL PROFUMO DEL VINO (Scuola ENOLOGICA Conegliano e RADUNO ALPINI nel TRIVENETO – 2015)

QUANDO LA MEMORIA HA IL COLORE, ILSAPORE E IL PROFUMO DEL VINO
(Scuola ENOLOGICA Conegliano e RADUNO ALPINI nel TRIVENETO – 2015)

Peccato davvero! Viviamo nel Paese più bello e ricco del Pianeta, deteniamo l’80% del patrimonio artistico del Mondo, le coste, i monti e le superbe valli fanno invidia a chiunque metta piede nel nostro territorio, la cucina è incomparabile così come i prodotti locali, unici per caratteristiche e peculiarità. Ci sono persone appassionate al loro lavoro, curano con passione il tesoro che la natura gli ha affidato, lo insegnano per trasmetterlo alle generazioni future, come i professionisti che hanno accolto il mio amico Mario Arpaia e che desidero ringraziare anch’io pur non avendo avuto il piacere di conoscerli, se non altro per il fatto di come si percepisca quanto sia spontanea la loro dedizione all’impresa vitivinicola. Ciò mi riconcilia con la nostra gente e mi fa sperare nel riscatto dell’Italia.
Ho pure sfogliato lentamente le fotografie del carissimo amico Mario Arpaia, Presidente di “Memoria Condivisa”, del raduno Alpini nel Triveneto, le ho gustate una per una, come se stessi passeggiando fra di loro, gli Alpini, il cui incontro è uno degli avvenimenti che più mi emozionano per il semplice fatto che in quei giorni le repellenti qualità e i difetti insopportabili degli uomini vengono annullati, non esistono più e solo gli Alpini sono in grado di compiere questo miracolo, sempre. Ho partecipato a due di questi avvenimenti ma sono dovuti venire nella mia Genova per trascinarmi nelle loro tende, farmi sentire amico e fratello, ricevere solidarietà e avvertire l’affetto che in pochi istanti trasmettono al nuovo arrivato.
La prossima volta andrò io a trovarli. E sai che sono sentimenti veri, non esistono ipocrisia e menzogna nel loro essere uomini. Mai ho avvertito un senso di protezione come quando sono stato in mezzo agli Alpini. È bello sentirsi protetti, sicuri, potrei dire amati perché nell’istante che ti invitano, anzi reclamano la tua presenza, e ti introduci nel loro modo di intendere la vita in comune diventi parte del “corpo degli alpini” quindi fratello, il minore perciò quello più coccolato. Sono persone che amano, vivono, pensano con naturalezza, senza falsi scopi se non quello di dare aiuto, fratellanza, e con la stessa naturalezza muoiono come ci è stato raccontato da Guido Bedeschi in “Centomila gavette di ghiaccio”. Con il vostro permesso, l’aiuto della memoria (libro che ho letto e riletto in gioventù) e di internet riassumo brevemente la parte che ebbero gli Alpini nell’ultima guerra. La storia di un piccolo reparto alpino (la batteria Ventisei) della mitica Julia si fonde con quella dell’intero corpo di spedizione impegnato nella campagna di Russia. Gli Alpini, convinti di andare a fare la guerra sulle montagne del Caucaso, si ritrovarono invece a dover affrontare i russi sulla pianura del fiume Don (odierna Ucraina), muli contro autoblindo, piccoli cannoni di montagna contro carri armati. Pur in condizioni sfavorevoli e con un nemico nettamente superiore si coprirono di gloria (tanto che i russi stessi dichiararono in un comunicato che “Soltanto il Corpo d’Armata Alpino italiano deve considerarsi imbattuto sul suolo di Russia”). Ma la linea cedette su tutti gli altri punti e, per non finire accerchiati, gli Alpini dovettero volgere le spalle al fronte e ripiegare. Ebbe così inizio una marcia tragica e terribile per la salvezza, in centomila partirono (italiani, tedeschi, romeni, ungheresi), poche decina di migliaia tornarono. Nell’inverno 1942-1943 dopo 45 giorni di “disperata vita guadagnata ora per ora strappandola al gelo”, 15 giorni di accerchiamento, 11 combattimenti furiosi, 700 km. percorsi a piedi nella neve, i soldati poterono avere un breve riposo tranquillo e solo dopo altri 500 km. di marcia in 25 giorni gustarono la salvezza. Il punto di vista è quello dei soldati, spostati di qua e di là senza capirne il senso, abbandonati, sottoposti a prove tremende, forse neppure immaginabili, ma disperatamente e forsennatamente attaccati alla vita. La ritirata in poco tempo si trasformò in tragedia epica, ben presto senza scarpe, con piedi e mani congelati, temperature che sfioravano i 50 gradi sottozero, costretti a camminare tra la neve alta, senza nulla da mangiare per giorni e giorni, con pochissime residue munizioni, continuamente braccati dai russi e costretti ad aprirsi la strada combattendo, solo un disperato istinto di conservazione e una grande forza morale li tenevano in vita. Romanzo corale dove i soldati russi appaiono solo nello sfondo, contro di loro nessun odio (stranamente, i pochi episodi di barbarie e disumanità vedono protagonisti soltanto soldati tedeschi).
Ho contemplato il servizio fotografico del caro amico Mario, rivisto volti sinceri, allegri, con tanta gioia di vivere per sé e per gli altri, mi sono gustato scorci di una Conegliano stupenda dove ho vissuto momenti indimenticabili integrato perfettamente con la gente del posto come fossi un loro parente. Belle persone, davvero, ospitali, generose, buone. Un saluto particolare a Conegliano e i suoi abitanti.
Viva gli Alpini, il Veneto, la vita e l’Italia che vorremmo!

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

L’articolo “QUANDO LA MEMORIA HA IL COLORE, ILSAPORE E IL PROFUMO DEL VINO (Scuola ENOLOGICA Conegliano e RADUNO ALPINI nel TRIVENETO – 2015)” è stato pubblicato il 18 giugno 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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