LETTERA APERTA AI GIORNALISTI (NON PROPRIO TUTTI)

LETTERA APERTA AI GIORNALISTI
(NON PROPRIO TUTTI)

A parte i dissonanti consigli benevoli che dispensate, il motivo per cui riprendo l’argomento è l’aver ravvisato un vostro generale spostamento a destra, o al centro di nessuna sinistra, insomma una vera e propria adunata sul colle. Ovvio che potrei sbagliarmi ma fra i cronisti di giornali a grande tiratura non trovo più quelle differenze essenziali alla corretta informazione e al dibattito e, credetemi, questa è opinione ampiamente diffusa fra le mie frequentazioni non proprio minimali, e segnali convergenti mi giungono anche dall’esterno, impossibile non ve ne siate accorti.
Voi svolgete un lavoro assai bello e importante ma… delicato, perciò corre l’obbligo sottolineare, senza malizia alcuna, che i quotidiani cui collaborate usufruiscono di finanziamenti pubblici, diretti, indiretti, diversamente elargiti, o che dir si voglia. Il vostro disporvi a testuggine come le mitiche legioni romane non potrebbe essere un tantino sospetto? Un esempio per tutti, la cui sottile valenza non potrà di sicuro sfuggirvi, quali persone della cui sensibilità non dubito: ho avuto uno scambio di mail con un vostro illustre collega che, anziché pubblicare una mia lettera, preferì farmi pervenire la sua personale analisi da me non condivisa, anzi trovai deludente si fosse distratto su una banale, questa volta sì, quisquilia. Ammetto che la mia contro replica fosse stata troppo assertiva, ma con l’attenuante di due motivi conseguenti uno all’altro; il primo perché ritenni che l’interlocutore non avesse capito il messaggio in essa contenuto, il secondo la cocente delusione verso un redattore di cui fino a qualche anno fa condividevo ogni concetto. Nell’occasione mi ero anche chiesto: se ha dedicato una parte del suo prezioso tempo ad analizzare la mia ipotesi significa che non gli ho inviato una patacca, l’ha apprezzata, e non solo per la bazzecola sulla quale ha speso diverse righe. Perché ha eluso il vero quesito da me posto? Comunque inviai le mie scuse e lui, usando il potere della posizione che occupa in un periodico per certi versi anche un po’ mio, adottò la più odiosa delle tattiche, cioè “game over” ovvero “la palla è mia e non gioco più”. Io fui esuberante ma parte debole, lui ineducato dalla postazione fortificata.
Fatti di questo tipo mi sono capitati a catena negli ultimi mesi, e solo quando ho contestato o non apprezzato appieno le larghe e lunghe intese della stampa o TV.
Il direttore del quindicinale su cui scrivo, solo perché aveva denunciato anomalie e la cosa non fu gradita agli esponenti dei soliti vari partiti, è stato oggetto di aggressione da parte di componenti il Consiglio del Comune dove esercita la professione. Quel che voglio dire è che le strade verso la censura sono ambigue, mimetizzate, e oggi è più facile avere un dialogo sereno con il Papa che con redattori di quotidiani e politici.
Mi avete detto a più riprese che vi sembro una persona ragionevole, quindi vi domando. In questo Paese da dove si deve cominciare? Ditemelo per cortesia, con sentimento, come fossi un caro amico. Si potrebbe partire col rispondere per le rime all’esercito di disarticolati mentali che appaiono in TV, i sempre più numerosi cespugli di gramigna di questa foresta pietrificata da vent’anni di veleni? O dalle altezze cui veleggiano i salvatori della Patria che nel frattempo si sono succeduti con appropriata corte al seguito? E dove è scritto il divieto a fare entrambe le cose? Mi inquieta constatare come si siano ingrossate le fila dei redattori preposti alle rubriche “lettere al direttore” o “la posta di…” che da tempo si dedicano a dispensare inviti alla calma, elargire pacche virtuali sulle spalle, buffetti, alla stregua dei curati di campagna dopo la confessione “reciti dieci Ave Maria poi ne riparliamo”.
Dato che amo il confronto, con persone del vostro spessore è addirittura esaltante, pongo un ultimo quesito: e se io fossi un visionario? Per carità non certo della levatura di quelli descritti con eccellenza nelle recenti otto puntate di Corrado Augias su RAI 3, ma del genere metropolitano, uno dei tanti, confuso tra la folla, quegli anonimi cittadini che vorrebbero contribuire a migliorare la società, modesti… un fissato cui interesserebbe sapere, ad esempio, di cosa abbiano parlato Berlusconi e Renzi in quei 10 minuti di colloquio privato al Nazareno. Non vi desta curiosità?
Io non oso neppure più chiederlo, avverto raffiche di censura e i comandi provenire dalla tolda di questa nave in mezzo alla tempesta.
Credere! In Renzi, l’Eta Beta della politica, che dal suo gonnellino estrae tutte le soluzioni possibili e impossibili. Obbedire! Alla stampa e TV, solo quelle che escono dalle rotative di Paperopoli e trasmesse dai ripetitori di Topolinia. Combatt… no, nooo! Questa spero proprio sia un’altra storia.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web.

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