PASOLINI COMMENTO – Ambiguo e solo

Dopo la mia morte…
non si sentirà la mia
mancanza : l’ambiguità
importa finché è vivo
l’Ambiguo.

Pier Paolo Pasolini
Comunicato all’Ansa 1969 in Transumar

COMMENTO:
Una sua intima riflessione. Di getto non mi sentirei di interpretarla a parte l’infinita malinconia di cui sono pervase queste bellissime parole. Aveva l’adorata madre che gli è sopravvissuta quindi… 1969, fine del tempo delle mele… una delusione personale? Ambiguo… riferito alla sfera sessuale? C’è molto da riflettere e poco da esaminare.
Solo lo era, purtroppo. Lo è meno adesso.

Mauro Giovanelli – Genova
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BANCONOTE DA 300 E 500 €uro

 

BANCONOTE DA 300 E 500 €uro

La BCE abolisce la banconota da 500 €uro. Pure quella da 300 affibbiata alla Merkel grazie al genio partenopeo, come la “Merda d’artista” del Maestro Piero Manzoni (napoletano) i cui barattoli sono esposti nelle celebri gallerie d’arte del mondo, quotazioni alle stelle e… pare neppure sia merda.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: KOTIOMKIN (Fulvio Maranzano)

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SPLENDORE URBANO – Svezia, il coraggio di Tess: sola davanti a 300 “nazi”

SPLENDORE URBANO
Svezia, il coraggio di Tess: sola davanti a 300 “nazi”

Splendida fotografia. Splendida lei, lo sguardo fiero, il pugno chiuso. Splendidi i nazisti che ci regalano, nella loro conformità l’immagine della pochezza, il limite alla fantasia, annullamento culturale, mancanza del sogno, frustrazione, necessità di essere “branco” affamato di ribellione al nulla che ciascuno inconsciamente avverte portandoli in gruppo alla ricerca di un “capo” che possa assecondarne gli insani appetiti.

Mauro Giovanelli – Genova
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ISTANTI

ISTANTI

“Solo et pensoso i più deserti campi vo mesurando a passi tardi et lenti, et gli occhi porto per fuggire intenti ove vestigio human la rena stampi.” Francesco Petrarca – Sonetti

Lo sguardo rivolto a terra indica melancolia, in alto la risurrezione dell’anima. Dall’infelicità perenne è possibile uscire, doveroso per noi stessi arrivare a godere dell’esistenza seppure a fasi alterne. La melancolia è infatti compagna fedele ma… a volte si distrae. Tutto dipende dal saper cogliere gli istanti che ci vengono regalati.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web – 11695078 – vista sul tettuccio delle redwoods in whakarewarewa forest – Nuova Zelanda

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PECUNIA NON OLET

PECUNIA NON OLET

   Finalmente! La verità comincia ad uscire e i nostri “fucilieri” ricevono una lezione di vita oltre che il perdono dei familiari delle vittime. “Pecunia non olet”. Già che siamo in argomento e come sempre pensato ribadisco che, a mio parere, possa pure esserci stata la “volontà” di uccidere perché dall’altezza di un cargo centrare e fulminare con due colpi due persone su una barca che “beccheggia” ci vogliono mira, abilità, fermezza, concentrazione, sicurezza e… “voglia”. Parola di ex ufficiale di artiglieria e addestratore al poligono.
Personalmente al massimo li avrei feriti ma, conoscendomi, sono certo che mi sarebbe uscito un sonoro “Sciò! Via!”.
Concludo manifestando una sensazione sgradevole: per quanto ci è consentito di vedere e ascoltare nei nostri ignobili telegiornali condotti da “giornalisti” ubbidienti… mai ho potuto intravedere un minimo di pentimento da parte loro anzi, al riparo delle scintillanti divise, appaiono supponenti e alteri anche se ciò potrebbe dipendere dal fatto che le immagini mandate in onda sono le medesime da quattro anni a questa parte. Di cuore mi auguro per loro che sia così.
E adesso basta Marò, abbiamo problemi ben più seri di cui occuparci.

Mauro Giovanelli – Genova
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LA QUARTA DIMENSIONE

LA QUARTA DIMENSIONE

   La nostra Penisola è stata prescelta dalla natura per la bellezza degli scenari che offre, la varietà dei panorami da sempre concessi alla vista degli autoctoni; litorali incantevoli, policromi, multiformi, dalla rena di farina fossile alle imponenti scogliere calcaree, sedimentarie, metamorfizzate, basalti, graniti, arenarie. Un mare che il mondo ci invidia, composito nei colori che riverbera, blu profondo, azzurro, verde smeraldo, cobalto… dalla trasparenza della coscienza di un neonato a coprire ogni gradazione e sfumatura dell’intero spettro solare.
Ricchezza di storia, cultura, sapere e conoscenza affidatici dai nostri avi, siti archeologici ineguagliabili, non esiste paesino che non abbia un gioiello di antichità, romanico, gotico, barocco che imperversa ovunque, reperti che giungono a noi dalla protostoria a salire. L’ottanta per cento del patrimonio artistico mondiale!
E la cucina! Non ha eguali in nessun luogo della Terra, concepita dalla fantasia, il genio degli abitanti, creatività del popolo erede degli Etruschi e Liguri o Reti. Non esiste condimento che possa solo competere con il pesto genovese, basilico di Prà naturalmente, la pizza napoletana è simbolo dell’inventiva partenopea, etnia unica, sì perché sotto il Vesuvio si è sviluppata una filosofia di vita che se fosse estesa all’umanità intera non ci sarebbero problemi di sorta. I bolliti piemontesi, cotolette lombarde, orecchiette alle cime di rapa della Puglia, e i cibi della Sardegna, Abruzzo, Sicilia, fino a coprire l’intero territorio scusandomi di non poter nominare i piatti squisiti di ogni Regione, paese, frazione, anfratto del paradiso in cui ci troviamo. Infine le donne, fantastiche ma… questa è un’altra storia.
Eravamo i padroni del mondo conosciuto e, senza saperlo, pure di quello allora sconosciuto occupato dall’attuale potenza imperialista dopo il più meditato, feroce e perpetrato genocidio della storia a danno dei nativi americani, grandi civiltà sia i nomadi che gli stanziali. Precedente storico che può fare il paio solo con l’olocausto degli ebrei, zingari, sinti, rom, comunisti.
Cosa ci è capitato? Per quale motivo, ragione, ci troviamo nelle attuali condizioni? La causa, l’origine dello sfacelo morale e materiale cui siamo giunti dove potrebbe ricercarsi? Inutile indagare, la frittata è fatta.
Tutte le prerogative che in virtù di una particolare congiunzione cosmica sono state donate alla nostra Nazione per essere la più ricca e florida in assoluto sono andate sprecate da una maligna sequenza di Governi presieduti, particolarmente dal dopoguerra in poi, da politici tanto incapaci quanto ignoranti, privi di inventiva, fino ad arrivare all’attuale Esecutivo presieduto da Renzi Matteo… per tacer del resto. Mistero! In particolare per la Chiesa Cattolica il quinto doloroso del Calvario “Padre, perdona loro perché non sanno quello che… [ hanno fatto e continuano a fare. ]”
Purtroppo restano pochissime vie d’uscita. La prima determinare un processo di acculturazione totale ma considerando il livello infimo cui siamo giunti è da scartare, richiederebbe troppo tempo, una o due generazioni almeno e questi “signori” si mangerebbero ciò che resta. La seconda… insurrezione. Un sogno poiché imbrigliati come siamo in Europa, i “poteri” orizzontali, verticali, trasversali, asintotici e obliqui… Impossibile! Ce ne sarebbe una terza solo che, pur abitando ad un piano alto, il terrazzo sottostante attutirebbe il colpo e rischiare di ritrovarmi infortunato grave con le nuove norme circa l’assistenza sanitaria partorite da quel cervello della Beatrice Lorenzin sarebbe un disastro per i miei cari.
La quarta… è la famosa dimensione, tutti la ipotizzano ma nessuno riesce a tradurla in formula matematica… quella abitata dai parlamentari di casa nostra, e non solo.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavate dal web: A sinistra Sardegna, “le piscine di Soraya” tra le isole di Budelli, Razzoli e Santa Maria – A destra Liguria cementificazione sempre più invasiva delle sue coste. Al centro Consiglio Europeo. Fotomontaggio dell’Autore.

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PUTTANE (racconto breve) – Il presente scritto è rivolto ad un pubblico di soli adulti

PUTTANE
(racconto breve)

Il presente scritto è rivolto ad un pubblico di soli adulti

Milano, giornata di sole, aria tersa, pulita. Seduto al “Biffi” osservavo la fauna umana che scorrazzava frenetica, senza tregua, come formiche a fine estate, ciascun membro aveva il proprio bottino, ventiquattrore i professionisti, borsette Luis Vuitton le professioniste, alcuni portavano con scioltezza eleganti sacchetti dello shopping appena consumato, reclamizzati Hermes, Bulgari, Armani. Riecheggiavano i tacchetti delle signore e lo scalpiccio dei mocassini maschili, accompagnati da dissonanti fischi che ogni tanto scaturivano dallo strascicare delle orribili scarpe con suola di gomma sul pavimento.
Accanto al mio tavolo due coppie degustavano l’aperitivo, a occhio gli uomini parevano persone importanti, mi davano la schiena, le donne classiche femmine che si accompagnano alle persone che si credono importanti, una di esse ero certo averla conosciuta, me lo riferì l’aumento del ritmo cardiaco, ci scambiammo una veloce ed eloquente occhiata.
D’improvviso, rivolgendosi all’altro, uno dei due chiede:
– “Ma che tipo di uomo è questo Mauro Giovanelli? Con chi abbiamo a che fare?”.
In una frazione di secondo l’amico risponde secco:
– “Il migliore!”
Pausa brevissima, bastante a sistemare l’oliva che stava succhiando, poi aggiunge:
– “Nessuno è mai riuscito a batterlo su quel terreno.”
Le due compagne si fissano pochi istanti e, mentre la bionda prende il bicchiere, estende pure al sottoscritto i suoi occhi azzurri. Ora ricordo! Ma dai! Non è possibile! Sempre bella, qualche anno in più non l’hanno scalfita, è la moglie del tizio piccoletto, brutto, prepotente, il pezzo “grosso”, si fa per dire, della politica. Dalla voce riconosco pure il suo interlocutore, il celebre giornalista con cui ho avuto qualche scambio epistolare. Adesso è tutto chiaro e vengo colto da profonda emozione! Sposto di poco la sedia, quel tanto da non poter essere visto dai maschioni nel caso si dovessero muovere ma abbastanza da sbirciare lei. L’amica non la scorgo bene, capelli neri, che sia… l’altra?
– “E sei stato un perfetto idiota, dovevi pubblicarglielo quell’articolo, magari tagliandolo un po’ con la scusa degli spazi, se ti confronti con quello riuscirebbe perfino a dimostrarti che ha ragione qualora avesse torto, figurati il contrario…”
La conobbi al “Mangini” di Genova quando si tennero le amministrative, stava in fondo al salone, sola, elegantissima, stupenda, appena ci guardammo scattò quella… famosa, indefinibile “forza” reciproca, irrefrenabile attrazione che al confronto le onde gravitazionali appena scoperte sono quelle delle pozzanghere. Il richiamo dei sensi. Scrisse qualcosa su un biglietto, si alzò dirigendosi alla toilette, gambe da brivido, fondoschiena… il sogno, mai si voltò nel breve raffinato tragitto ma i cenni del capo, come volesse girarsi, parlavano. Aspettai che entrasse e, rivolgendomi alla brigata: “Scusate! Devo occuparmi di una faccenda.” e mi avviai ai servizi. Neppure chiusi completamente la porta alle spalle che sentii un paio di braccia al collo, era agitata, le sue mani tremanti, nervose, viaggiavano lungo il viso, la nuca, i capelli, io fermo come un palo, interdetto, poi la strinsi forte a me, così forte da farle male, le alzai la gonna, il suo profumo mi inebriava, stavo per inginocchiarmi, dovevo… “No! Non ora per favore” disse turbata. “Conosco il proprietario, è mio amico” pronunciai a bassa voce per calmarla mentre stavo frugando sotto le sue mutandine, finissime, eccitanti… l’Eden! “Possiamo chiuderci dentro, sei bella, bellissima…” aggiunsi. “Non ora!” replicò con tono di femmina abituata al comando. Mi staccai, si ricompose la pettinatura guardandosi allo specchio, diede un’aggiustata all’abito, si voltò, bacio tenero sulla guancia, infilò un biglietto nella mia tasca, uscì. Rimasi stranito! Quando rientrai in sala la prima cosa che udii fu “Ma… pisci dal cervello? L’ho sempre detto che sei una testa di cazzo! Guardati!” Era svanita. Intontito mi voltai e l’alzata dietro il bancone rifletteva l’immagine di un mohicano, mi diedi una rassettata “…hai pure la patta bagnata, sei ambivalente?” E giù risate. “Affanculo ragazzi, pensateci voi, ho preso un negroni, ho premura, devo andare…” e mi incamminai come uno zombie seguito da “Il negrone l’hai preso nel bagno… lo dice anche il Maestro!”.
Che storia senza tempo! I nostri punti di incontro erano a metà strada, Tortona dove c’era pure un ristorante pregevole, o Binasco, motel di gran lusso, mai Genova o Milano. D’estate in spiaggia, a lei piaceva molto farlo in cabina, anche la sera in riva al mare, una o due volte di giorno nascosti dietro la boa, sempre riviera di Levante, trattorie dell’entroterra, locali caratteristi della Liguria, tutti con camere.
Dovevamo stare molto accorti, prudenti. Ciò che mi mise in tasca era il biglietto da visita del marito, quello brutto e potente che avevo accanto, orecchie piccole e attaccate alla testa, faccia da roditore, incisivi sporgenti, simpatici animali proprio perché il loro muso ha l’espressione sciocca. Dietro c’era il suo numero e l’ora in cui avrei dovuto chiamarla, cosa che feci il giorno dopo. La prima volta non riuscimmo ad arrivare in camera, nell’ascensore facemmo l’amore in modo feroce, da bestie, sudati, desiderio incontrollabile, complicità assoluta, totale, e poi ancora, e ancora, bastava passasse una mezz’ora. Ordinavamo da bere, si fumava, godevamo di ogni secondo, mi piaceva quando alla fine di ogni rapporto domandava, con sovrumana sensibilità in contrasto alla sua persona: “Sei soddisfatto?” passandomi le mani sul torace, lenta, assaporava la vita. Era imprevedibile, ogni volta mi stupiva ma… la sera che improvvisamente si alzò… era una meraviglia vederla camminare nuda, sarebbe sciocco dire che pareva ci fosse nata, come tutti noi, ma lei venne alla luce in modo speciale, spogliata di ogni limite, aveva l’apparenza di un angelo… si mise a frugare tra i miei abiti sparsi sul parquet insieme ai suoi, sparpagliati ovunque, tornò con la mia cintura e comandò: “Frustami!”. Non scherzava mai quando si trattava di sesso, avvertii un misto di stupore ed eccitazione, lanciò la cinghia sul letto e si mise a pancia sotto, piegata sul tavolo, le mani aggrinfiate al bordo opposto, gambe larghe. “Sono una puttana, come mio marito, puniscimi… ad ogni colpo io ti potrò dire solo tre cose: Basta, ancora o più forte… tu ubbidisci… quando ti dirò basta mi sodomizzi, con forza, violenza!”. Qualora avessi pensato di aver fatto tutto nella vita da quella sera capii quanto mi ero sbagliato.
Nei momenti in cui stavamo abbracciati osservando le stelle, il soffitto, il tetto della macchina, i vitigni del pergolato, parlavamo di ogni cosa, nulla ci era precluso. Aveva… ha così fame di… esistere quasi quanto me. Mi disse tutto del mondo del consorte. “Non esistono puttane perché ogni donna ha l’accortezza di innamorarsene prima di sposare un miliardario.” Esordì una sera. “Questa l’ho già sentita.” Ribattei. “Taci tesoro, ascolta… ti sposi quello che può darti tutto, gioielli, vestiti, sicurezza, futuro per te e i tuoi figli, nulla ti manca, neppure il suo amore i primi anni, solo… lo guardi e ti fa schifo ma cerchi di trovarci i lati buoni, ti convinci che…” Si interruppe, stava piangendo, per la prima volta la sentii mia, completamente, pure delle sue debolezze mi ero appropriato, ne possedevo il corpo, la mente e… qualcos’altro che mi sfuggiva, dovevo capire di che potesse trattarsi, la stavo amando al di là di ogni confine perciò la spiegazione stava di certo fissata alle pareti dell’Universo come un dipinto. Pensavo a questo mentre la accarezzavo. “…neppure sarebbe in grado di dare amore…” proseguì con voce roca riportandomi sulla terra “…non esiste nella sua dimensione, lui è la vera puttana, i suoi colleghi e colleghe, segretari, sottosegretari, corrotti, corruttori, ladri, parassiti, arroganti, frustrati, insensibili all’esistenza non solo degli altri ma arriverei a dire perfino dei familiari, i bambini… mirano unicamente al potere, ci si trovano invischiati come mosche in una ragnatela, pure a loro agio, cercano la sottomissione di tutto e tutti, giornalisti, opinionisti, conduttori della televisione, baciano i piedi dei superiori pensando a come e quando li pugnaleranno e sono spietati con i subalterni… vili! Ecco che sono, allora…” La interruppi: “Ascolta me adesso, calmati, non sei obbligata a palarmene…” Neppure mi sentì “…allora ti rendi conto di aver perso tutto, almeno la parte più preziosa di te, ho assistito a cose… sono a conoscenza di fatti che non potresti immaginare neppure tu, con la tua fantasia, il desiderio di conoscenza che ti possiede… le troie, le puttane da marciapiede sono le persone più buone e oneste che ci siano, quelle che vogliono farlo per loro scelta, al loro confronto poi sono regine…” Alzò la testa per guardarmi in viso, mi fissò qualche istante… “Mi ami?” In quel momento toccammo la punta massima dell’umana congiunzione, abbracciandola venni pervaso da effluvi femminili, brama di sacralità, in lei avvertii inconfessabile mitezza, desiderio di soddisfare appetiti fondamentali e sincera commozione. Non mi permise di risponderle che la veneravo, mise una mano sulla mia bocca. “Ti amo ma presto non potremo più vederci, mio mar… quello sta sospettando qualcosa, è furbo, poco intelligente ma furbo, non gli interessa tanto per me, ha nugoli di ronzanti sgualdrinelle attorno, ma la sua posizione… sta arrivando molto in alto… ed io devo farlo per te, potresti trovarti in guai seri, è gente maleducata…”
L’ultima volta che la vidi si presentò con l’amica, quella che avevo quasi a fianco, era il suo alibi più sicuro, trascorremmo una serata a tre in un delirio di onnipotenza tutto nostro.
Non mi accorsi che il cameriere stava chiedendomi se desideravo assaggiare i dolci della casa appena sfornati.
– “Vuoi che ci facciamo fare le scarpe da quattro fottuti decisi a rovesciare il mondo? Affiancati da intellettualoidi da strapazzo? Che cazzo gli hai risposto a fare?”
– “Pensavo…”
– “Tu a quello non devi rispondere, in particolare se scrivi sciocchezze, ti massacra, lascia perdere. Ok?”
– “D’accordo, ma…”
– “Niente ma! Voi non dovete più pensare, se mai l’avete fatto, scrivete ciò che diciamo noi, nei modi e termini che già sapete, cercate di non fare dell’ingenuità una valore. Cameriere!”
All’istante si materializzò il gestore, con cautela depose aperta sul tavolo una cartellina in cuoio, questi firmò il conto e ritirò la credit card consegnata in precedenza. Si alzò di scatto come avesse una molla sotto il sedere e schiaffò il tovagliolo in malo modo tanto che finì sulla sedia ammucchiato, sudicio da far ribrezzo. L’altro fece lo stesso con garbo, le signore con eleganza e indolenza tanto da innervosire il “potere”. Il responsabile salutò accennando un inchino mentre la compagnia si diresse verso l’auto blu in attesa, doppie frecce accese, lampeggiante sul tetto, vetri oscurati, guardie del corpo, quelle che ho descritto in un mio articolo “I replicanti”, nugolo di curiosi distanziati dalle transenne.
Li osservai allontanarsi, lei rimase un po’ indietro e procedendo faceva cenni con il capo, come volesse girarsi. Quando si voltò ci scambiammo uno sguardo da far aprire il cielo, i suoi occhi erano umidi, la sbavatura del rimmel e una lacrima che scese lungo la mia guancia tradirono la verità, la vita, l’amore.

Mauro Giovanelli – Genova
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Nota: Questo racconto è frutto della fantasia dell’Autore. Ogni riferimento a persone e cose reali o esistite è da considerarsi puramente casuale.

Immagine in evidenza – A sinistra: Egon Schiele, fanciulla in ginocchio, 1917 – A destra: Claudio Bindella , olio su tela

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