ORIZZONTI
In un soffio febbraio è volato.
Inghiottito dalla sdraio,
stretto nelle spalle,
bavero alle tempie,
mani conficcate in tasca,
vento freddo, crepuscolare,
impregnato di salino, alghe,
vernice, legno fradicio, mare,
gambe a forbice, distese,
tacchi affondati nella sabbia
come robusti speroni,
sto misurando le onde.
Mi preparo a salpare.
Gran fatica alzare
il filo dell’orizzonte,
fargli superare il disco solare.
Mi raddrizzo alla tela dello schienale,
aumento la spinta, massima energia.
Nell’affondare sotto la semisferica
chiglia l’astro arrossisce
della sconfitta subita.
L’attimo prima di scomparire
drappo di caldi colori
dello spettro viene disteso
nell’ultimo cielo cobalto,
proiettando ogni tono
fra lo scarlatto ed il violetto,
carminio, arancione,
dove bagliori di stelle,
lontano passato, fantasmi di luce
in fuga dalla perduta fonte,
cominciano ad ammiccare.
Altre, che neppure esistono,
accoglieranno ogni momento,
risa e pianti, gioia e dolore,
vissuto su questo frammento
che vagheggio di governare.
Quante volte ho trascorso
la primavera a fare progetti
per il futuro, adesso ne ho quasi paura,
passo il tempo nel ricordare
ogni proposito toccato e svanito,
mi impigrisco nella nostalgia
quasi fosse la sola distrazione,
forse indolenza, cronica malattia,
timore di fare del male, riceverlo
ricadere nella sana follia.
Marzo sta finendo,
l’aria tiepida giungerà in aprile,
da lì a breve il caldo. Estate.
Batteranno il ritmo della vita
le città deserte, svuotate,
come ora le spiagge.
Voci lontane, confuse, ovattate…
Mauro Giovanelli – Genova
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