“LA PODEROSA”

“LA PODEROSA”

Ho gli occhi stanchi, stanchi,
stanchi di leggere, scrivere, guardare,
ho gli occhi stanchi a furia di
osservare ogni minimo particolare,
nulla mi sfugge, nulla, nulla…
Ho gli occhi stanchi di salino,
mare, tanto mare, albe e tramonti,
amare, ammirare, desiderare,
ho gli occhi stanchi di avere,
studiare, ritornare al verso precedente,
capire se è lui, o lei oppure sono io
a non indicare quale possa essere
la strada per arrivare almeno a un dio.
Uno! Sfiorarlo appena, percepirlo,
ho gli occhi stanchi di pensare
a ciò che l’artista avrà voluto dire
con i graffi sul dipinto, il numero
in alto, nell’angolo, non sono a caso,
non lui, e la pennellata che attraversa
la tavola, spirale, asse di evoluzione,
ho gli occhi stanchi di vedere
stupidità, ignoranza accettazione
di qualsiasi estrema, illimitata banalità…
Ho gli occhi stanchi di mancanza
della più totale, sconfinata libertà,
anche quella di morire, finire.
Ho gli occhi stanchi di afferrare
all’istante chi e cosa sei, siete,
siamo, anche tornando indietro
nel tempo, alle radici, vostre e mie.
Ho perso il senso della poesia
potrebbe non tornare più
la parola si è fatta pesante
ed il periodo è macigno
che mai ho assemblato,
trovava collocazione nel momento
in cui ne scolpivo l’incastro.
Ecco! Sono giunto in cima…
Lui… il “Che”, lo sapevo!
Inconfondibile la sua “Poderosa”
appoggiata ad un blocco, alla base,
polverosa, sabbia, sabbia, fango,
asfalto, sterrato, incrostata da infiniti
percorsi, sogni, grandi sogni…
Sta ammirando il tempio di Micerino,
respira a fatica, l’asma, il sigaro,
mi siedo spalle contro spalle
io guardo a Cheope e il fioco
bagliore della capitale, laggiù, in basso,
l’universo incombe, stelle, galassie
e mentre il cosmo ci cade addosso…
“È l’otto settembre!”
Lunga boccata, nuvola di fumo azzurro
si innalza a spirale verso la notte:
“Mi sono fermato al nove di ottobre,
il viaggio è ancora molto lungo.
Comunque arriverò.”
“Ero al corso allievi ufficiali quando
l’ho saputo. Ne avevi avuto percezione?”
Si alza, scende con leggerezza
gli alti gradoni… Resto solo.
Improvvisamente odo la sua voce
provenire dal buio, copre il motore
della potente Norton 500 M18:
“Avevo gli occhi stanchi. Nulla più.
Hasta la victoria siempre!”.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Tour Omnia Mustafa – Menfi e la sua Necropoli – I campi delle Piramidi da Giza a Dahshur (EN) Memphis and its Necropolis – the Pyramid Fields from Giza to Dahshur

RIPRODUZIONE RISERVATA 

Nota dell’autore (richiesta):
La poesia è evidentemente onirica dettata dalla stanchezza (che identifico negli occhi) non tanto di vivere quanto dover assistere alla decadenza cui ci ha portato, a mio avviso, il modo di intendere la vita in società ovvero capitalismo sfrenato, corruzione, perdita di qualsiasi riferimento culturale. La lirica, per l’ateo o il sedicente possessore di “fede” anche se dovesse trattare di sesso, amore, ecc. deve sempre cercare “oltre” (“…almeno un dio…” che si può individuare ovunque o immaginarlo) ed a quanto leggo in giro non vedo alcun “spessore”, molte volte scritti osceni che, fra l’altro, pure vengono premiati quindi il “problema” è verticistico. Io sto scalando la piramide di Chefren (bellissima esperienza stare seduti in cima, soli) perché ho visto la “Poderosa” alla sua base quindi vado incontro ad un dio per porgli solo la domanda cui lui darà risposta nel momento che, arrivato alla base, sta per ripartire a cavallo della sua moto per inseguire il sogno. Faccio notare che quando in Bolivia assassinarono il “Che” (con la “consulenza” della CIA) egli era quasi rassegnato conscio, forse, che arrivare agli Stati Uniti America Latina ed affrancarsi dagli USA potesse essere troppo anche per lui.
Spero di essere stato esaustivo.

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