HANNO SCRITTO PER MAURO GIOVANELLI: Pamela Michelis, agosto 2020, prefazione a “LE TESSERE DEL PÀMPANO” 1a Edizione – Vertigo Edizioni srl – Roma – ORA IN COMMERCIO LA 2A EDIZIONE pubblicazioni “ILLEGGìOANOVEPOSIZIONI”

Questa nuova silloge di Mauro Giovanelli ancora una volta sorprende per la sua modernità, per la capacità di sapersi adattare ed esprimere, attraverso le parole, il profondo disagio che nasce da uno sconvolgimento emotivo improvviso e del tutto improbabile. Ciascuno di noi è cosciente di quanto questi primi mesi del 2020 abbiano avuto un impatto devastante sul nostro essere persone. Senza entrare nello specifico di tante, tantissime situazioni drammatiche che hanno coinvolto ogni aspetto della vita, quello che probabilmente accomuna tutti è il profondo senso di smarrimento, uno sconquasso che affonda le radici nelle paure più sedimentate del nostro animo, che hanno trovato la via per l’esterno, smosse dal terremoto degli eventi attuali.
Se le precedenti opere di Mauro Giovanelli ci avevano portato in una creatività poetica multiforme e liricamente sofisticata, ora ci troviamo di fronte a un nuovo modo di fare poesia, urgenza comunicativa che scardina gli stilemi autoriali e sembra anticipare un’ulteriore, feconda
evoluzione che darà altri frutti solo quando tutto ciò sarà completamente assorbito e rielaborato, sebbene già ora ci lasci senza parole:

[…]
Ciò che accompagna alla fine non è tanto la vecchiezza
quanto una sorta di crisi di rigetto, sociale ancor prima
che naturale, spirituale piuttosto che materiale, che
produce senso di esclusione dalla vita perciò causa
dell’inaridimento dei tessuti, originato più dalla crescente
percezione di eccezionalità ad essere partecipi di questo
mondo che dal fisiologico deperimento. […]
(Crisi di rigetto)

… dall’altra percepiamo la scomparsa totale di una patina temporale che affondava le radici in un tempo passato, necessario in quel frangente poetico, ma ora superato da una immediatezza potremo dire post-moderna:

[…]
Ed è stata un’altra stagione,
ancora,
ed è come non l’avessi vissuta,
la transitorietà…
aggrinfiato a suoni dissonanti,
poi un canto,
fugace,
delizioso,
e via,
di seguito,
più intenso,
forse,
andare avanti per non morire […]
(Piano Forte)

A farla da padrone in questa raccolta è una sorta di poesia-verità, versi a metà strada tra un intento aneddotico e uno drammatico, che vuole essere più immediata senza abbandonare l’avvincente armonia della parola scelta in funzione della più complessa e articolata espressività. Se una sorta di stato di crisi ha messo in discussione la nostra identità, solo combattendola – destrutturandola – la si potrà vincere, preferendo appunto una “discordante armonia” di struggente bellezza ad una certezza più classicheggiante:

[…]
Se Gerusalemme fosse inizio e fine del Mondo mi domando
dove dirigerci, quale parte dell’universo esplorare per
giungere nella città in cui le cose abbiano un senso,
dimora della verità, così da incontrarla alle fermate della
rettitudine, parlare con lei d’innumerevoli soli che sorgono
e muoiono, ricordare insieme le battaglie, quando lunghe
carovane di certezze s’incrociavano, superare passato
presente e futuro di ogni estensione dell’abisso, divenire
creature senza tempo. […]
(Gerusalemme)

Non siamo più solo di fronte alla poesia come finalità creatrice e forma letteraria, ma anche nella veste di “dispensatrice di senso” quando sembra non essercene più possibilità; le pagine che si susseguono, dove ai versi si affiancano testi in apparente prosa, sono l’evoluzione della letterarietà che s’inoltra in un futuro sempre più in grado di mescolare le suggestioni, dando vita a una nuova forma d’arte, a conferma che ogni crisi è opportunità di rinascere in una dimensione ancora più pura.
Pamela Michelis

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