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UOMINI, MEZZI UOMINI, OMINICCHI, PIGLIANCULO E QUAQUARAQUÀ (1)

UOMINI, MEZZI UOMINI, OMINICCHI, PIGLIANCULO E QUAQUARAQUÀ (1)

Dunque… ricapitoliamo anche se, a forza di perdere tempo a riassumere, va a finire che questo Paese capitolerà. Il capo del Governo:
Trascorsero nove anni arrivando quindi al 2003… il Renzi era un co.co.co. nella Chil Post srl, azienda del su’ babbo Tiziano, successivamente indagato per bancarotta fraudolenta. Non so come andò o andrà a finire, neppure mi interessa. Quello che invece desta curiosità è che l’allora segretario provinciale de “La Margherita” (niente di meno), in quanto parasubordinato, non costava alcunché alla società del genitore. Il giorno 27 del mese di ottobre dello stesso anno, due giorni prima dell’annuncio dato dall’allora presidente nazionale e leader del medesimo partito contraddistinto dal fiore, simbolo di semplicità e purezza, ovvero Rutelli Francesco, che lo indicava quale candidato a Presidente della Provincia, la nostra guida scout si fece assumere a pieno titolo da papà in qualità di dirigente così, da quando eletto, nel giugno 2004, è stata la Provincia a versargli le consone “marchette”, cioè noi cittadini, tra l’altro adeguate allo stipendio da manager.
Da quella data e fino a tutto il 2014, due lustri, il nostro leader ci è costato non meno di 300 mila euro. Scoperto da “Il Fatto” con le mani nel vaso della marmellata, come si usa dire, pare abbia rinunciato a tale beneficio. Ma il “maltolto” l’ha restituito? A consentire una porcata del genere, estesa pure a Sindaci, Assessori regionali, provinciali, comunali e chi più ne ha più ne metta, è il decreto legislativo 267 che all’articolo 86 recita: “…l’Amministrazione Locale (la Provincia n.d.a.) prevede a proprio carico… il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per… i Presidenti di Provincia…”. Credo sia tuttora in vigore.
Altro che balzo della quaglia ha fatto il giovanotto, questo è un triplo salto mortale, flic flac, verticale sulle spalle, squadra e retta, corpo teso. Et voilà! Nondimeno ha inciampato in qualche valido giornalista che ancora abbiamo.
La famiglia Boschi:
Al termine di due ispezioni avviate nel 2012 e nel 2013, Banca d’Italia multò la “Popolare dell’Etruria e del Lazio” per 2,54 milioni di euro. La maxi sanzione è a carico di 18 tra ex componenti del collegio sindacale e del CDA, tra cui Boschi Pier Luigi nominato vicepresidente della Banca Popolare “Etruria e del Lazio” un mese dopo che la figlia Boschi Maria Elena divenne braccio destro del Presidente del Consiglio quindi ministro delle Riforme, per caso piccola azionista del medesimo Istituto di Credito nonché direttore generale della fondazione Open, la cassaforte che finanzia l’attività politica di Renzi Matteo, ed aveva coperto, tra l’altro, l’esborso di circa 300 mila euro per la recente “Leopolda”. Sempre fortuitamente uno dei direttori generali della “Etruria” è il di lei fratello e la moglie di costui, ovvero la cognata, è manager della… “Etruria”.
Ora, e vi stupirete di quanto sto per dire, non è tanto significativo il fatto che la “Etruria” sembrerebbe una banca della famiglia Boschi, che tale Istituto di Credito ricevesse favori di vario genere dal Governo tra i quali un Decreto salva banca dello stesso ministro Boschi che, con un altro Atto, solleva pure suo padre da ogni responsabilità gestionale, ma…
…ciò che accomuna Renzi Matteo e il sig. Boschi Pier Luigi (e famiglia) è che quest’ultimo dismise le azioni della “Etruria” due giorni prima che fallisse (mettendo sul lastrico i piccoli risparmiatori) mentre a suo tempo due giorni prima che venisse candidato ed eletto Presidente della Provincia, la nostra guida scout si fece assumere a pieno titolo da papà in qualità di dirigente per l’abietto scopo di cui ho già parlato.
Fucksia Serenella ex Movimento Cinque Stelle:
Poiché sempre di vile denaro trattasi e identici sono gli espedienti sordidi di ingannare il popolo per appropriarsene, a questi si aggiunge Fucksia Serenella espulsa il 28 dicembre 2015 dal Movimento 5 Stelle venendogli giustamente contestato di non aver rispettato i regolamenti interni del partito circa la restituzione di parte del suo stipendio (dalla medesima sottoscritti e controfirmati prima di entrarvi). Adesso tale soggetto classe ’66 si ritrova nel “cerchio magico” dei parlamentari che vivono alle nostre spalle passando (Razzi, Scilipoti & C. docere) in qualche altro gruppo di scellerati che siedono nel “Palazzo”. Già un primo segnale del senso morale di questa “signora” si ebbe quando disse “chapeau!” al discorso da “fine recita di una scolaretta delle elementari” o da “Piccola fiammiferaia” che la Boschi Maria Elena pronunciò nell’aula di Montecitorio a discolpa della mozione di sfiducia mossa contro di lei; in sintesi: “Lasciatemi dire quello che ho nel cuore. Amo mio padre, è una persona per bene, sono fiera di lui e fiera di essere la prima nella famiglia Boschi ad essersi laureata”… tanto di cappello aggiungo io in italiano volgare.
Qualora con questo compendio fossi riuscito a focalizzare appieno il “taglio” dello squallido abito mentale che vestono coloro che reggono i fili del nostro futuro sarebbe già un grosso risultato sebbene fermarci qui vorrebbe dire annullarci.
Pensare che ci sono state, e forse esistono ancora nascoste da qualche parte, persone dello stampo del più grande pensatore del ‘900 che risponde al nome di Pier Paolo Pasolini. Fate un confronto, vi scongiuro, con le sue parole:
“Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…”

(1) Da “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia

Mauro Giovanelli – Genova
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ESTRATTO DA “IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI” – Lucy

ESTRATTO DA “IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI”
Lucy

[…] – Mi sembrano pochi, come vedremo. Considera che il modello più accreditato dell’evoluzione umana, dopo i cinque, forse sei milioni di anni in cui ci siamo separati dagli scimpanzé…
– Ecco ciò che mi interessa! Quel preciso momento. Tu sai quale?
– Ci arriveremo, forse. Mi stavo riferendo agli ardipithecus, Kadabba, Ramidus, quel che vuoi, e gli australopithecus, anamemsis, afarensis, africanus, bosei. Lucy!(10)
– Chi era?
– Lucy? Il suo nome in aramaico significa “tu sei meravigliosa”, chissà se ha amato, sofferto, pregato, sarebbe interessante saperlo, allora i tuoi diecimila anni diventerebbero tre milioni e mezzo circa. E non dobbiamo dimenticare i generi paranthropus, aethiopicus, robustus…
– Parlami di lei, Lucy.
– Non c’è molto da dire, non distrarti.
– Mi stavo domandando se fosse una “persona”.
– È proprio questo il punto, vedo che cominci a capire, seguimi! In particolare a partire da circa due milioni e mezzo di anni fa, un milione circa dopo la tua Lucy, hanno convissuto quasi contemporaneamente cinque “specie” di nostri antenati del genere “homo”.
– Ecce Homo!(11)
– Che hai detto?
– Ecco l’uomo!
– Accidenti se corri, potrebbe essere, perché no? È questa l’incognita che dobbiamo trovare.
– Non farci caso, pensavo a voce alta. Ti ascolto.
– Stavo dicendo che da circa due milioni e mezzo di anni il genere “homo” si differenzia dall’australopithecus. Cosa significa? Che in quel momento è appunto l’uomo, come tu hai detto. Mi spiego? E chi ci dice che non fosse anche prima, Lucy, Dinqinesh, “tu sei meravigliosa”? Le differenze tra questi e gli ominidi sono il cranio più o meno piatto, la lunghezza degli arti e il fatto che insieme ai miseri resti fossero stati rinvenuti moltissimi manufatti in pietra dalla fattura elementare, tra cui utensili, i chopper (12), tali da far presumere avessero requisiti “umani” secondo il nostro modo di considerare le cose, cioè acuminati, utili anche alla difesa. E se coloro che li hanno preceduti non avessero avuto la pur minima voglia di spaccare il cranio a qualcuno con un aggeggio dal bordo tagliente ma solo con la loro propria forza? Significa che non provavano dolore, passione, sentimenti? Non avessero un’anima? […]

Mauro Giovanelli – Genova
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—–
(10) In onore della canzone “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles, mentre in aramaico è nota come Dinqinesh, che significa “Tu sei meravigliosa”. Il suo nome in codice è A. L. 288.
(11) Ecce Homo (Giovanni 19, 5), espressione che significa letteralmente Ecco l’Uomo, è la frase che Ponzio Pilato, allora governatore romano della Giudea, ha rivolto ai Giudei nel momento in cui ha mostrato loro Gesù flagellato. Secondo quanto raccontato dai Vangeli, Gesù, al momento dell’arresto, viene ritenuto innocente dal Governatore, ma dato che i Giudei lo volevano giustiziare ugualmente, Pilato lo fece flagellare, credendo che questa pena potesse essere la massima che gli si potesse infliggere. Quando ebbero finito con tale punizione, Pilato ripropose ai Giudei il Cristo coperto di piaghe e ferite sanguinanti e disse “Ecce Homo” come per dire “Eccovi l’Uomo, vedete che l’ho punito?”. Ciò non fu però giudicato sufficiente, cosicché i sommi sacerdoti lo fecero crocifiggere.

(12) Con il termine “chopper” si intende anche un tipo di utensile usato dai primi ominidi tra la fine del Terziario e l’inizio del Quaternario. La prima specie del genere Homo in grado di fabbricare questi strumenti fu H. habilis, circa due milioni e mezzo di anni fa.

Immagini in evidenza: A sinistra copertina de “Il leggìo a nove posizioni – A destra “ricostruzione” di “Lucy” dal reperto A.L. 288-1, consistente in centinaia di frammenti di ossa fossili scoperti nel 1974 in Etiopia, che rappresentano il 40% dello scheletro di un esemplare femmina di Australopithecus afarensis, l’ominide più famoso mai ritrovato.

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DARIO E BOB (misteri buffi per cialtroni incolti)

DARIO E BOB
(misteri buffi per cialtroni incolti)

Non è casuale che io affianchi due personalità che oggi, 13 ottobre 2016, ci hanno distolti dalla consuetudine invitandoci alla riflessione, chi ne è capace, sebbene i motivi per i quali i loro nomi rimbalzano nell’etere siano profondamente diversi. I sentimenti che ne scaturiscono così contrastanti eppure in un certo senso vicini da lasciare sbalorditi nel loro apparire compensazione morale uno dell’altro. Bob è un parziale indennizzo del fatto luttuoso concomitante vedendosi assegnare il prestigioso riconoscimento che nel 1997 fu di Dario e per quest’ultimo una sorta di rivincita verso i detrattori (molti) del suo meritatissimo premio Nobel, ultimo italiano della letteratura. Perché dico ciò con grande emozione? Sono cosciente che una parte fondamentale della nostra cultura se ne sia andata per sempre, non potrà essercene un altro a quel livello, è irripetibile, come Totò, Pasolini, Eduardo… e chido perdono ai pochissimi altri che non voglio menzionare.
Mi trovavo in un locale pubblico e dopo neppure due minuti che le notizie vennero diffuse già sentivo i ragli degli avventori che imprecavano allo scandalo di come si possa insignire un cantante di tale onorificenza senza sapere che colui che chiamano “menestrello” non solo è una delle voci più importanti che ci hanno accompagnati fino ad oggi ma pure eccezionale poeta formatosi alla scuola dei suoi amici Kerouac, Ginsberg, Michael McClure, Neal Cassady, William Seward Burroughs, Lawrence Ferlinghetti, ecc. Naturalmente il riferimento all’analogo “incidente” capitato diciassette anni prima a Stoccolma con il nostro talento naturale era d’obbligo. Che mezze persone siamo diventati, forse neppure un quarto, probabile neppure persone.
Quindi Robert Allen Zimmerman che scelse il nome d’arte Dylan in onore ed ammirazione dell’eccelso poeta gallese Dylan Marlais Thomas ha afferrato la staffetta consegnatagli da Dario Fo, un genio, irripetibili la sua mimica, l’espressività dei gesti, l’invenzione di una sorta di lingua comprensibile solo a chi ha gli strumenti per recepirla, la parte giullaresca della vita da lui elevata ad arte pura, il senso più profondo della satira, imitatore, “animale” da palcoscenico, letterato, inventore, poeta, pittore, filosofo, cantore, paroliere, improvvisatore e, naturalmente, esiliato a vita dalla televisione. Siamo in Italia.
Vorrei ascoltare almeno uno della vasta tribù di cialtroni che si permettono di denigrare uomini di cotanta statura che abbia solo sentito menzionare “Sani da legare” (1954), le “Commedie di Dario Fo” edite in vari volumi, il primo nel 1966, Torino, Einaudi, l’inarrivabile “Mistero buffo”, giullarata popolare in lingua padana del ‘400, “L’Apocalisse rimandata” (ovvero “Benvenuta catastrofe!”), Parma, Guanda, “Dario Fo dipinge Maria Callas”, Milano, Skira, 2015 e innumerevoli altre opere.
Non desidero enfatizzare troppo sebbene sia enorme il senso di mancanza che avverto per la dipartita dell’immenso Dario Fo così come provo felicità per il fatto che in certo qual modo il testimone della letteratura sia passato a Bob Dylan di cui sono fedelissimo ammiratore (Cormac Mc Carthy e Philip Roth avrebbero meritato ugualmente). Ma… di che stiamo parlando in un Paese dove le vicende truffaldine di un Fabrizio Corona qualunque occupano da giorni testate giornalistiche e palinsesti televisivi? Lasciatemi serenamente concludere dicendo che assistere alle parole di cordoglio dei nostri politici dalle facce buffe e misteriose mi fa venire il voltastomaco.
Caro amico Dario, riposa in pace con la tua Franca Rame. A te, Bob, congratulazioni dal profondo del cuore.

Mauro Giovanelli – Genova
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TESTIMONE OCULARE

TESTIMONE OCULARE

Ha visto le grandi battaglie per la conquista di imperi sempre più vasti, Giovanni il profeta, il battesimo di Gesù, le sue parole, ha conosciuto il procuratore della Giudea Ponzio Pilato, Giuda di Kiriat, il sacerdote del Tempio Kajafa detto kaifa. Poi il regno di Diocleziano e l’imperatore Costantino, il concilio di Arles e quello di Nicea dove il cristianesimo divenne religione di stato. Ha assistito alle scissioni, luterani e ortodossi, ha udito le urla strazianti delle vittime dell’inquisizione. Ha conosciuto Giordano Bruno ma ancor prima ha visto Cristoforo Colombo partire per la scoperta del Nuovo Mondo. Ha assistito alle crociate in terra santa, lo sterminio dei nativi americani, l’olocausto degli ebrei, zingari, sinti, rom, comunisti, le bombe su Hiroshima e Nagasaki, le due guerre mondiali. Ha conosciuto il Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Mandela. Ha visto nascere te e me. Quell’ulivo non è una pianta, è una persona.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Un ulivo di 2000 anni che si trova a Felline, Salento. CONDIVIDI per aiutarci a farli diventare patrimonio Unesco. Firmate la petizione qui: http://firmiamo.it/gli-ulivi-della-puglia-patrimonio-unesco

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LA POESIA E GLI IMBECILLI

LA POESIA E GLI IMBECILLI

Certo che nella vita si verificano coincidenze impensabili, nessi, legami, incroci, basta un attimo di distrazione, apatia, depressione ed imbocchi una strada diversa da quella che era tua intenzione percorrere.
Stasera sono un po’ sul “disilluso” e prima di iniziare una certa cosa, fra le diverse da concludere, mi stavo trastullando nella “rete” con indolenza, indifferenza, rammaricato di non essere… altrove. Dove vado ad incappare? Prima di rivelarlo e presentarlo di seguito corre l’obbligo rammentarvi un mio articolo/post di pochi giorni fa, titolo “NOTIZIE DAI TG NAZIONALI – Myrta Merlino” con il quale invito la “giornalista” a fare un minimo tentativo, sforzarsi, tentare almeno di arrivare a discernere quale sia la differenza fra un “lapsus”, come quello di Luigi di Maio che ha attribuito la nazionalità venezuelana all’ex dittatore cileno Augusto José Ramón Pinochet, e l’ignoranza crassa della quale ci rese partecipi, nostro malgrado in quanto rappresentante dell’Italia, il premier in carica Renzi Matteo che nel febbraio scorso, per chiudere in bellezza la sua visita in Argentina, decise “motu proprio” di declamare ad una platea composita e composta da diplomatici di varie nazionalità una poesia di… (occorre domandarlo a lui visto che quasi nessuno ne ha accennò se non con “nonchalance”) credendo fosse di uno dei più grandi scrittori del Novecento nonché simbolo culturale del Paese di cui era ospite ossia Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo. E arrivò a terminare la rappresentazione.
Ecco ciò che ho scovato e vi prego, davvero, di leggerlo con attenzione. Tra l’altro l’Autore Aldo Pellegrini è argentino, morto nel ’73 ovvero due anni prima che la città gigliata desse i natali al nostro “Primo Ministro”.
Da applauso! Buona lettura.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Illustrazione René Magritte “La caja de Pandora”, 1951

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La poesia e gli imbecilli
di Aldo Pellegrini (Rosario, Argentina – 1903/1973)

La poesia è una porta ermeticamente chiusa per gli imbecilli, spalancata per gli innocenti. Non c’è niente di tanto opposto all’imbecillità quanto l’innocenza.
La caratteristica più spiccata dell’imbecille è la sua aspirazione sistematica a un certo ordine del potere. L’innocente, invece, si rifiuta di esercitare il potere perché li possiede tutti. L’innocente, consciamente o meno, si muove in un mondo di valori; l’imbecille in un mondo nel quale l’unico valore è rappresentato dal potere.
Gli imbecilli cercano il potere in una qualsiasi forma di autorità: in primo luogo il danaro, e l’intera struttura dello Stato, dal potere dei governanti fino al microscopico, ma corrosivo e sinistro potere dei burocrati; dal potere della Chiesa a quello della Stampa; dal potere dei Banchieri a quello della Legge. Tutto questo compendio di potere è organizzato contro la poesia.
Siccome poesia significa libertà, affermazione dell’autentico ha, indubbiamente, un certo ascendente nei confronti degli imbecilli.
In quel mondo falsificato e artificiale che si costruiscono intorno, gli imbecilli hanno bisogno di una serie di articoli di lusso: macchine, tendaggi, gingilli, gioielli, passatempi… e perfino di qualcosa che vagamente somigli alla poesia.
In quel surrogato di poesia da loro adoperato, parola e immagine diventano puri elementi decorativi e, così facendo, riescono spesso a distruggere il loro potere di incandescenza. Ecco come si crea la cosiddetta “poesia ufficiale”. Poesia fatta di paillettes, che suona a vuoto.
La porta della poesia non ha né chiave né lucchetto: è difesa dalla sua propria capacità di incandescenza. Soltanto gli innocenti, che hanno preso confidenza con il fuoco, che hanno le dita in fiamme, possono aprire quella porta e, attraversandola, penetrare nella realtà.
La poesia si assume il compito di far sì che questo mondo sia abitabile non soltanto per gli imbecilli.

Aldo Pellegrini (Rosario, Argentina – 1903/1973)

Mauro Giovanelli – Genova
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Commento al brano “lettura poetica” di Francesca Cannavò per “Lo specchio di Leonardo” – Autore Ivano Mugnaini

Commento al brano “lettura poetica” di Francesca Cannavò
per “Lo specchio di Leonardo” – Autore Ivano Mugnaini

A questo punto, dopo aver letto la splendida presentazione dell’amica Francesca all’opera di Ivano Mugnaini, non resta altro da fare che leggere il libro sfogliando ad una ad una le pagine con il settimo dito, a volte bagnato della nostra stessa saliva poiché è l’unico caso in cui potrebbe rendersi utile solo parzialmente sebbene per Leonardo sia finanche in grado di promettere il Paradiso. Il sette è un numero misterioso, non prodotto di alcuno contenuto tra uno e dieci, considerato fin dall’antichità simbolo magico della perfezione in quanto legato al compiersi del ciclo lunare, è espressione privilegiata della mediazione tra umano e divino, giorno successivo all’avvenuto compimento della Creazione quindi dedicato dall’Artefice alla contemplazione della sua propria opera. È pure rivelatore di qualcosa che giunge da lontano nel tempo, i fantasiosi racconti dei nomadi che la notte si radunavano intorno al fuoco nei caravanserragli, dopo lunghe traversate dell’implacabile deserto in un silenzio interrotto solo dal vento e l’incedere monotono e maestoso dei cammelli. Novelle pregne di deità, superuomini, longevi patriarchi. Quegli stessi resoconti che molti, ciascuno all’insaputa dell’altro, decisero di trascrivere trasformando in codici la tradizione orale tratta appunto dall’aramaico, greco, copto, latino e dove il settimo sigillo sarebbe l’ultimo, secondo l’Apocalisse di San Giovanni, a chiudere il “Libro” di Dio che tutti li raccoglie. Violarlo, secondo la leggenda, significherebbe penetrare i segreti della vita e della morte, rispondere cioè alle tante domande degli umani. E dopo? Sarà il Genio, “superamento della grazia divina, la negazione alla propria essenza umana”, a risolvere l’enigma? Colui che “guardando allo specchio le sue paure” potrebbe egli stesso essere tratto in inganno dall’immagine capovolta e fallace?
O alfine la soluzione, l’accettazione della morte che “è solo vita consumata, usata, donata” (bellissimo questo pensiero) non potrebbe essere nell’annullamento della mancanza? In effetti la vita è una trappola per coloro che non ne colgono le regole, i nostri sensi sono fuorviati, illusi poiché mentre io guardo Francesca osservo il suo passato e l’immagine di lei che raccolgo attimo dopo attimo sono fotoni di luce che percorrono il tragitto del nostro distacco ed impiegano un periodo, seppur infinitesimale, entro il quale già il suo sguardo ed il pensiero potrebbero aver subito mutazione. Allora mi avvicino a lei, arrivo a far sì che il suo corpo aderisca al mio, non vi è più alcun messaggero fra noi, sarà per questo che il cuore accelera i battiti, non ha alibi, è impegnato in prima persona ed il contatto, l’unione della carne, il settimo dito si unisce alle altre per afferrare, accarezzare, stringere, dare piacere.
Così l’intero si fa eternità e lo specchio… continui pure a mentire due volte.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Copertina de “Lo specchio di Leonardo” – Autore Ivano Mugnaini

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UNA GIORNATA A MENO 1/12 (- UN DODICESIMO) DALL’AUTUNNO RICORDANDO L’11 settembre 2001

UNA GIORNATA A MENO 1/12 (- UN DODICESIMO) DALL’AUTUNNO RICORDANDO L’11 settembre 2001

Storia, retroscena, ipotesi e conseguenze da cui discende molto di ciò che siamo oggi, la geopolitica, quantomeno dal ’48 in poi, i colpi di stato, ecc. più o meno li conosciamo tutti.
Questa vuole essere poesia alla quale ho cercato di consegnare un “messaggio” potente, cresciuta ieri dentro me, di fronte ad un mare splendido, nelle pause tra un tuffo e l’altro, seduto sulla battigia formata da antichi sassi di varie dimensioni che da sempre mi affascinano, con le loro inclusioni di plagioclasi, quarzite, residue venature micacee, colori strabilianti, forme uniche, sculture del tempo, corrosione… lenta corrosione fino a lasciare i più piccoli composti solo dal minerale residuo ad alta resistenza. Quelli che, adolescente, cercavo con pazienza insieme a mia sorella per farne collane e bracciali. Nel manipolarli uno ad uno durante le pause in cui inseguivo il vocabolo giusto che potesse rendere a tutti comprensibile il mio delirante pensare mi domandavo: “Ecco qualcosa che giunge da milioni e milioni di anni addietro e la tengo fra le mie mani”.
Intanto la signora alle mie spalle, un tre metri circa sotto l’ombrellone in prima fila, accovacciata sul lettino, sofisticata, bel seno quasi in vista grazie alle spalline slacciate, circa quarant’anni, forse poco più, l’età giusta per certe cose, ignara che appena il marito si era allontanato non mi era sfuggito con quale cura, alzando la gamba, cercasse imperfezioni nella pelle liscia del suo polpaccio, lo analizzava come se cercasse zirconi o pietre dure, ogni tanto si soffermava su un punto ed interveniva con grande concentrazione. La posizione lasciava intravedere, dal cavallo imbizzarrito del suo succinto slip, mio amico, carni ben più increspate, violacee, turgide, pur fra il pelo ricciuto che indubbiamente ella si limita a farsi depilare ai lati onde evitarne la fuoriuscita estiva. Che accostamenti bizzarri! Questo sasso indica il principio di qualcosa di remoto e lì c’è l’origine nostra.
Alla fin fine è tutto così… in bilico.
L’isola poco lontana mi faceva sognare ma non ci misi molto a completare “11 settembre 2001 – Il limite di f(x) per x tendente a zero è uguale a zero” ed inviarla a chi di dovere. È dura scrivere nel bagnasciuga con cellulare e Tablet, il pollice non scorre sullo schermo, l’umidità è nemica del moderno eppure tanto confortevole, utile… nei momenti adatti. Mi sono perso!
Ringrazio dei commenti anche se in sostanza, considerato il vostro gradito intervenire, mi interesserebbe molto più sapere, senza alcun obbligo ovviamente:
“Cosa ne pensate di questo componimento? La poesia intendo, lasciando perdere Busch, Iraq, Obama. Vi è chiara? Lascia qualcosa dentro di voi? Oppure è una delle tante piume di gabbiamo che galleggiano tra i flutti?
A proposito. Quando il marito (con la faccia da sciocco) della bella signora bruna fece ritorno con il frutto della loro unione, una pargoletta ricciuta di sette, otto anni, lei si ricompose. Lui invece stravaccandosi nella sdraio spalancò ansioso “Il Giornale”.
“Che spreco!” Ho pensato. Fine… mi butto in mare.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza scattata dall’Autore il 10 settembre 2016 – Isolotto di fronte a Bergeggi (Genova)

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PASOLINI – QUANDO PARLANO GLI OCCHI…

PASOLINI – QUANDO PARLANO GLI OCCHI…

Sembrerebbe che Moravia stia spiegando qualcosa a Pasolini e lui ascolta con distaccata attenzione, direi un misto di diffidenza, perplessità… ammirazione che potrebbe sfociare nel disprezzo.
Da diverse immagini che li ritraggono insieme, mi sbilancerei affermando tutte quelle che mi è capitato di analizzare, ho sempre notato in Pier Paolo una certa “soggezione” verso Alberto, arriverei a definirla “forzato” timore reverenziale che finalmente emerge, quasi liberatorio, dalle considerazioni del Poeta riguardo ai diversi modi di “percepire” l’India durante la loro permanenza in quel Paese.
Distanti anni luce.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: Post di Angelica Rotondo

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RIPENSANDO ALL’ORIENTE (Pamela)

RIPENSANDO ALL’ORIENTE
(Pamela)

Noemi,
questo è il soprannome con cui ho preferito chiamarti, si addice alla tua personalità, il pensiero imprigionato nella tempesta di sogni che i tuoi diciannove anni appena compiuti esigono distraendoti da ciò che sei, un fiore appena sbocciato che profuma di visioni e promesse. Ignori di essere bella, hai necessità di conferme, non ti basti ed oggi sono pochi coloro che possono darti certezze del tuo essere, il viso sconvolgente, gli occhi languidi di intensità unica, il corpo un trionfo di sensualità e vita.
Noemi… Stupefacente! In esso sono racchiusi innumerevoli segreti di una letteratura del periodo in cui ti sono stato coetaneo, un passato che hai tramutato in magico presente nei pochi giorni che ci siamo concessi. La tua lettera, accompagnata dalle splendide immagini di te, è un dono inaspettato che mi agita mentre un irresistibile richiamo della tua carne fa tremare le mie mani al punto che fatico a scrivere queste poche righe.
Noemi… sei l’ultimo, indimenticabile ricordo raccolto in quello che è stato un grande Paese, centro e ombelico dell’Universo, privilegiato dalla creazione che in esso ha concentrato almeno la metà dell’energia totale a disposizione e necessaria a conferirgli stupefacente bellezza, panorami meravigliosi, coste, monti e valli in ogni loro multiforme, incantevole e statuario aspetto. Purtroppo già avevo deciso di lasciare, smania di allontanarmi dall’ottusità, ignoranza e malaffare di indegni governanti che ivi si succedono da decenni ed hanno portato la nostra Penisola allo sfacelo sotto gli occhi serrati, come il loro ragionare, di un popolo che è stato luce di civiltà. Questo mi ha indotto a cercare nuovi orizzonti.
Noemi… Sono rimasto stupefatto della tua lettera, e le foto che hanno fissato l’immagine tua. La costanza che senza dubbio hai speso nel cercare dove ho scelto di vivere mi coglie impreparato, i due giorni trascorsi insieme, causa una forte, immediata quanto improbabile e reciproca attrazione percepita dagli sguardi, ha lasciato senza dubbio profondi segni nelle nostre anime, qualunque cosa esse siano.
Noemi… poche parole quella magica mattina per farti accettare il mio invito a cena. Ero incantato nell’osservarti, il tuo splendido volto, i gesti, la timidezza che si confondeva con una sorta di profondo malessere, non abbastanza trattenuto affinché io lo cogliessi dai riverberi dei tuoi occhi straordinari anche se talvolta li abbassavi per gustare, con malcelata disinvoltura di fanciulla quale sei, le portate che il rozzo ma simpatico e discreto oste deponeva sulla tavola. Accompagnavano questo rito le tue parole, refoli che muovevano appena le fronde dei castagni, il frinire delle cicale, attimi di silenzio, i racconti di te scivolavano nella tiepida aria di fine agosto andandosi ad incrociare con luci ed ombre filtrate dal protettivo pergolato e attraverso il suo intreccio sole e nuvole passeggere riflettevano una minima parte della nostra ansia d’amore.
Noemi… In riva al fiume, instancabile messaggero dei segreti della Terra, sembravi parte integrante del tutto. Nel momento in cui uscisti dall’acqua gelida leggermente tremante ti presi per mano nel deporre sulle tue spalle un asciugamano entro il quale ti rannicchiasti. La tua pelle giovane, fresca, era leggermente arrossata dal freddo e, nel dirigerci in quell’ansa che, a ridosso di rocce calcaree e alluvionali alternate a felci e profumo di libertà, offriva accoglienza, fu un tutt’uno avvinghiarci, stringerci al punto che l’energia sprigionata fermò il sole già basso sull’orizzonte. Distesi sotto un cielo azzurro cobalto, osservarti incantato, accarezzarti lentamente, soffermarmi sul tuo viso, gli occhi languidi che esprimevano desiderio, il nostro respirare a denunciare impazienza, le tue cosce tornite, il ventre che custodisce il mistero, baciarti ovunque mentre le tue mani frementi si afferrarono ai miei capelli, scesero lungo la schiena e lì le unghie lasciarono segni del tuo volerti concedere, subito, senza pausa. Scoprire i tuoi seni, sfiorarli dolcemente, con delicatezza, venerazione, sfilarti gli slip è stato… L’avvolgente semioscurità del crepuscolo dovette così assistere al trionfo dell’amore, nel silenzio interrotto solo dalla scorrere instancabile dell’acqua fra le rocce immobili scolpite e levigate, monoliti multiformi a guardia della nostra passione e testimoni delle parole sussurrate. Ti ho vista rinascere, ed io con te.
Noemi… Il giorno dopo una nostalgia incommensurabile ci ha visti ancora insieme ma i colori erano diversi, i volti delle persone, i rumori della campagna ci parevano ostili e nel momento in cui ci siamo salutati… qualcosa è germogliato nei nostri cuori. Per sempre.
Ti voglio bene Noemi… Da questa piazza circondata di case coloniali, basse e decorate, dipinte di accesi colori, la musica dei mariachis che dà inizio ad un’altra notte colma di fantasie e speranze, la gente che inizia a cantare e ballare, sereni, sorridenti, aperti alla vita… ogni volta che osservo il disco rosso dell’astro che va a nascondersi dietro le montagne della Sierra Madre fino a dare un ultimo saluto riverberando il pinnacolo alla sommità della Diocesi… io ti sono vicino.
Ti aspetto.
Mauro

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: A sinistra Noemi (Pamela) – A destra Diocesi di San Cristóbal de Las Casas, Distretto del Chiapas, Messico

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DUE O PIÙ RIGHE AD UN AMICO E GRANDE ARTISTA

DUE O PIÙ RIGHE AD UN AMICO E GRANDE ARTISTA

Caro amico,
prendo spunto dalla tua meravigliosa poesia, scomparsa dal web, ed alla mia provocazione su Wofgang per dirti alcune cose al fine di arrivare al cuore, non dell’obbiettivo che mi prefiggo e perderò nel compilare queste poche o tante righe (ignoro dove e quando potrò fermarmi) ma al tuo, quello che si coniuga con il cervello permettendoti di creare.
La poesia: I corvi non sono indifferenti alla vita ma ignari seppur consapevoli, e i cammelli tutt’altro che incuranti, mi pare sia questo l’aggettivo che gli hai anteposto, comunque ingiusto per l’innata nobiltà di questi carovanieri del deserto. Così le piramidi di Giza non sono immutabili, cambiano ogni secondo o frazione di esso, hanno visto cose che noi umani possiamo solo immaginare, perfino hanno assistito alla nostra nascita ed il loro valore è dato dallo sguardo di chi le osserva come la stupidità delle solite foto dipende dalla sensibilità di chi le scatta ed il motivo per cui fa ciò. So che attribuisci questo modo di pensare al personaggio che rassegnato si reca al parapetto dell’Arno ma so pure che tu sai che io so essere tu il protagonista. Non come in “Amore disse, gas” di Bukowski che del suicida si limita a formulare in chiusura la riflessione: “…oserei dire che quel giorno si mostrò piuttosto in gamba.”. Amico! Desidero solo sollecitarti a fare uno sforzo, cercare di uscire dal tuo perimetro, te lo dice uno che mai ha esternato propositi autolesionistici ma un bel giorno, senza dire alcunché, con lucidità feroce, riempì un bicchiere di psicotici, tre dita d’acqua e lo ingollò d’un fiato per andare a vedere che cazzo fosse l’abisso. Solo per una mezzora, sessanta fottutissimi minuti, un caso imprevisto tra l’altro, sono qui a romperti i coglioni. Il mondo sta putrefacendosi, lascia che siano i terroristi a disprezzare e distruggere monumenti simbolo del nostro passare su questa Terra, tu sei un artista di raro talento, non è giusto lo tenga per circoscrivere al tuo io tale capacità, sei obbligato a trasferirla al prossimo, piaccia o no è un atto dovuto, ce lo devi, e dare il tuo contributo potrebbe esserti di grande aiuto. Devi credermi! Passare ad esempio dalla fase “eroso eros” a “erosa civiltà”. Qualcuno ti ha detto che devi rispettare chi ti vuole bene, mi pare che la firma sia di un certo Fabrizio anche se sembrerebbe essere un dipinto o pennello bistrattato a parlare. Ma il tuo continuo piangerti addosso in bellissime citazioni o poesie non è raccolto solo da chi ti apprezza e ti vuole bene, al contrario i vari “mi piace” o frasi di circostanza e consolazione buttate lì con il tuo “grazie” in risposta nascondono per la gran parte godimento, l’uomo prova più piacere nelle altrui disgrazie che nella propria fortuna. A parer mio alla lunga ti sminuisci ed a me dispiace.
Il grande Amadeus ha un solo difetto, conquista soprattutto gli “ingegneri”, io me ne sono reso conto personalmente, ho la prova che questa categoria non capisca un cazzo, a parte il loro mestiere (a volte neppure questo), tra l’altro in parte fornita, per loro stessa ammissione, dai più evoluti. Mi sono interrogato su questo binomio. Un po’ come scartare il nome da dare a un figlio per il fatto che lo portasse un amico d’infanzia antipatico. Mi farò molti nemici qualora questa lettera fosse divulgata come vorrei, sebbene mai abbia mancato di dire ciò ai diretti interessati, ma la spiegazione è da individuarsi negli “accostamenti”. Ossia gli ingegneri non hanno ricordi sensibili, ne sono monchi, la loro gioventù l’hanno trascorsa spremendosi ed esaurendo il loro cervello sui libri, esattamente come Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant) ne “Il sorpasso” di Dino Risi che alla fine mai avrebbe potuto tornare all’esistenza solita dopo il ferragosto trascorso a viva forza con Bruno Cortona (Vittorio Gassman). Per questa categoria non esistono parallelismi fra “Il cielo in una stanza” e le prime mutandine bianche di cotone sfilate alla propria ragazza, non hanno vissuto a pane, cinema, musica e fica. Il loro habitat è stato la penombra di una stanza, testa a cuocere su libri di “costruzioni” piuttosto che “meccanica” e in sottofondo, unica loro perversione, la musica “matematica” e celestiale di un autistico dal genio incommensurabile. Quando a loro dico ripetutamente “Se Mozart avesse avuto in testa i motivi dei Rolling Stones piuttosto che Ivan Graziani, Beatles, The Trashmen (Surfin’ Bird, 1963) e mille altri sarebbe stato un musicista” neppure comprendono la provocazione. Rispondono che è la musica di Dio ignorando che Questi è “tanto onnipotente non solo da non esistere ma neppure essere mai esistito” [A. V.] Il pezzo da te inserito (anch’esso è stranamente scomparso e non sono avvezzo alle tante “K” delle composizioni di Mozart) è di per sé godimento puro che, con la contemporanea visione delle tue opere, diventa qualcosa che entra a far parte dei miei ricordi. Il Concerto Aria KV 418 “Vorrei spiegarvi… Oh Dio” cantata da Edita Gruberová è legato, come ho scritto a fronte del post che ti ho inviato, non solo ad una scena del film di Luchino Visconti “Gruppo di famiglia in un interno” del 1974, in particolare la sequenza in cui Konrad Huebel (Helmut Berger) giovane marxista disadattato confida il proprio malessere all’anziano professore, borghese e benestante (Burt Lancaster) ma anche al fatto che ero nell’ultimissima fila di un cinema di prima visione, a Torino, mentre con l’amata di turno stavamo arrivando all’apice del piacere.
Osservo spesso i due dipinti che ho, in particolare quello della serie “L’amante di Lady Chatterley” che trovo esaltante, prova a fare qualcosa della stessa levatura sui bambini morti ammazzati ogni giorno. Se non tu, chi altri? A proposito il mio libro l’hai letto? Temi possa offendermi qualora mi dicessi che lo butteresti nella spazzatura?
Un abbraccio caro amico e… adoro in modo particolare il dolce, dolce, dolce Ludwig van…

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web: Siria, strage di bambini

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