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GIORDANO BRUNO

GIORDANO BRUNO

Era l’alba del 17 febbraio 1600 quando il filosofo Giordano Bruno, una delle menti più lucide e ispirate del suo tempo (e anche del nostro), fu bruciato vivo in Campo dei Fiori a Roma a seguito della decisione presa dal Santo Uffizio dell’Inquisizione della Chiesa Cattolica. La sentenza fu preceduta da otto anni di carcere e torture, ufficializzate da “riunioni”, l’ultima delle quali avvenne il 9 settembre del 1599 e fu presieduta dai seguenti “commissari inquisitori”: Ippolito Maria Beccaria, Giulio Montenenzi, Pietro Millini, Anselmo Dandini, Marcello Filonardi e Alberto Tragagliolo. E’ opportuno riportarne i nomi per additare questi mostri all’esecrazione universale. Cinque mesi dopo, più precisamente l’8 febbraio del 1600, venne emessa la sentenza dai cardinali inquisitori Ludovico Madruzzi, Giulio Antonio Santoro, Pietro Deza, Domenico Pinelli, Girolamo Ascolano, Lucio Sasso, Camillo Borghese, Pompeo Arrigoni e Roberto Bellarmino. Il terz’ultimo capoverso del testo della condanna a morte sul rogo è un capolavoro di ipocrisia e così recita: “Invocato dunque il nome di Nostro Signore Gesù Christo… et dover essere rilasciato alla Corte Secolare, sì come ti rilasciamo alla Corte di voi monsignor Governatore di Roma (cardinale Ludovico Madruzzi n.d.a.) qui presente, per punirti delle debite pene, pregandolo però efficacemente che voglia mitigare il rigore delle leggi circa la pena della tua persona, che sia senza pericolo di morte o mutilazione di membro…”. Come se i nove cardinali non sapessero che le “debite pene” sarebbero consistite nel bruciare vivo quel genio indiscusso dell’umanità. Ma era necessario che la colpa del crimine non ricadesse sulla Chiesa, bensì sul potere temporale, sebbene anche questo fosse esercitato dal papa (Clemente VIII al secolo Ippolito Aldobrandini). Al termine della lettura della sentenza Giordano Bruno disse ai suoi aguzzini: “Forse tremate più voi nell’infliggermi questa sentenza che io nell’accoglierla”. Durante il percorso dal carcere di Tor di Nona al luogo dove sarebbe stata eseguita la condanna venne imposta a Giordano Bruno la “mordacchia” con la “lingua in giova” cioè trafitta da un chiodo ricurvo in modo che non potesse parlare, pena inflitta ai bestemmiatori che si rifiutavano di ascoltare “confortatori” e “padri”. Considerando che Roberto Bellarmino (il 25 febbraio 1616 presiedette anche il Sant’Uffizio nel processo a Galileo Galilei) fu uno dei più accaniti accusatori del grande filosofo mi chiedo:

Come mai il 29 giugno 1930 Roberto Francesco Romolo Bellarmino fu proclamato santo da papa Pio XI e il suo corpo è conservato, per la venerazione dei fedeli, in una teca della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio a Roma mentre quello di Giordano Bruno si è disperso in cenere e fumo?
Perché nel 1931 (17 settembre) San Roberto Bellarmino fu proclamato dottore della Chiesa Cattolica dallo stesso papa Pio XI?
Come può spiegarsi il fatto che nella conferenza del 18 febbraio 2011 a Fener di Alano di Piave (BL) organizzata dal Circolo Christus Rex si è giunti alla conclusione che la Santa Inquisizione fu un tribunale giusto e misericordioso?
Per quale motivo in occasione dell’Udienza generale del mercoledì (23 febbraio 2011) l’attuale papa emerito Benedetto XVI (Joseph Alois Ratzinger) decise di dedicare una meditazione sulla figura di san Roberto Bellarmino (nel corso della quale ovviamente non venne in alcun modo citato il caso Giordano Bruno)?
E infine perché nessuno parla più di quel feroce accadimento per il quale sarebbe necessario (a mio modesto avviso) un chiarimento ufficiale da parte della Chiesa Cattolica come fu fatto per il “caso” Galileo Galilei?

Mauro Giovanelli – Genova

Pubblicato su “Il Segno” nr. 8 del 16-30 aprile 2014 pag. 4 – http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it – con il titolo “L’inquisizione ai tempi di Giordano Bruno”.

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Nota: Quasi tutte le notizie della meravigliosa vita di Giordano Bruno le ho attinte dal testo “Giordano Bruno – La falena dello spirito” del nostro grande filoso e germanista Anacleto Verrecchia. Ho l’onore di averne una copia con dedica autografa, cosa non da poco considerando la riservatezza dell’uomo e l’umiltà del genio. Traduttore di Lichtenberg, appassionato studioso di Bruno, Nietzsche e Schopenhauer è stato uno dei più grandi intellettuali che abbiano attraversato il ‘900 e il suo stile è giudicato “la migliore prosa filosofica prodotta oggi in Italia”. È morto il 4 febbraio del 2012 all’età di 86 anni. Quotidiani e televisione gli dedicarono poco più di un trafiletto o annunci di qualche minuto, senza dubbio troppo impegnati a seguire le squallide vicende della politica interna. Comunque è certo che la persona non avrebbe gradito più di tanto sebbene per gli italiani sia stato facile accontentarlo. Diceva spesso “di un filosofo o di uno scrittore ciò che interessa sono gli scritti e non le vicissitudini personali”.

I REPLICANTI

I REPLICANTI

A che livello si colloca il punto di non ritorno della pazienza dei cittadini di questo Paese? Quale potrebbe essere il quid specifico a far scattare la molla dell’orgoglio agonizzante, la classica goccia impossibilitata ad entrare nel vaso stracolmo di umiliazione? Forse l’oltraggio, filigranato nei 14 €uro mensili di aumento in busta paga, poi smentiti, poi confermati in 15 (lordi)? “Neanche parlarne! Mica sono dei pezzenti, ci vuole questo e altro.” Ebbene il fatto che in parlamento bivacchino deputati, indagati, avvocati (dei medesimi), strapagati, senatori, corruttori, delatori, nani e ballerine, servi, ruffiani, mafiosi, lealisti, leghisti, centristi, divisivisti, forzisti, piduisti, liberisti..? “Impossibile! Ormai è la norma e nei secoli si sono abituati ad ogni sorta di “uomini” di potere. Che credete? Questo non è il Nuovo Mondo, bensì la culla della civiltà!” Dunque l’affronto di dover subire ogni giorno le dichiarazioni lunari di pitonesse, falchi, colombe e assimilabili potrebbe scatenare la tracimazione? Essere costretti a dover convivere con un’informazione sottomessa a un sistema in avanzato stato di decomposizione? “No! Da escludere categoricamente, è la consuetudine, e poi si può sempre cambiar canale e gustarsi una miss Italia formato ridotto!” Allora sapere che al parlamento europeo sono rappresentati (i cittadini intendo) da soggetti del calibro di Borghezio e Mastella, e chissà chi fra gli altri 71, potrebbe bastare a provocare una reazione irrefrenabile? “Negativo! Respinta tale ipotesi. Rientra nel costume nazionale e poi di quelli neppure conoscono la faccia quindi non gliene può fregar di meno.” Beh! Il fatto di aver raggiunto un livello di disoccupazione insostenibile, di miseria e sottosviluppo culturale e sociale inammissibili non contano alcunché? “Irrilevante! Del resto il Paese di santi, poeti e navigatori può confidare nella creatività dei suoi figli, la famosa “arte di arrangiarsi” e la criminalità organizzata in tal senso potrebbe dare una mano, “metterci una pezza”. No! L’Italia e i suoi abitanti sono a questo punto vaccinati a tutto ma… c’è un particolare, una minuzia apparentemente trascurabile, un’immagine angosciosa, vista e rivista in questi ultimi due decenni tanto nei telegiornali che nei filmati dei talk show, un vessillo del potere cui sembrerebbe che nessuno dia importanza, sfuggita agli stessi Santoro, Travaglio e Vauro… una scena che questi cittadini non potranno digerire in nessun caso, la scintilla che potrebbe provocare l’incendio!” E che sarà mai? “Quella botta!” Quale botta? “La spallata intravista per pochi secondi, forse due, tre, nel filmato di ”Servizio Pubblico” del 24 ottobre scorso (2013 n.d.a.), violenta, gratuita, inutile, che una guardia del corpo del presidente del consiglio ha dato alla graziosa corrispondente, a Roma, mentre cercava di avvicinare Letta (nipote) per intervistarlo. Quella botta ferina, stavo dicendo, appioppata da uno dei tanti gorilla che circondano chi dovrebbe rappresentarci, stazza enorme, uguale a tutti gli altri suoi colleghi, muti, circospetti, occhiali da sole di prammatica, doppi auricolari, petto in fuori, testa alta, cranio solitamente lucido e untuoso. Ecco! Il colpo gratuito di quel replicante alla nostra bella giornalista, associato all’indifferenza sdegnosa e arrogante di Enrico (nipote di Letta Gianni) che ha continuato a procedere con imperio verso chissà quale compito da svolgere a salvaguardia dei loro interessi (non ai cittadini mi riferisco). Ebbene sì! Questo gli italiani non potranno tollerarlo più a lungo e, come il misterioso ultrasuono emesso da alcuni insetti per indicare allo sciame la giusta direzione, potrebbe essere il segnale del riscatto.

Mauro Giovanelli – Genova

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L’articolo “I REPLICANTI” è stato pubblicato il 10 luglio 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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Evitando di decrittare il segnale emesso da tale sgradevolissimo gesto ormai entrato nella consuetudine, la vittima della spallata ringrazia delle parole “profonde” che avrei proferito a sua difesa. Mi ha fatto piacere, è giovane, brava e deve ancora “rinforzarsi”. Invece sono stato colto di sorpresa dall’opinione di un intellettuale. Anzi, per la considerazione e la stima che ho nutrito nei suoi riguardi, ad essere sincero ho provato grande delusione della sua analisi. Tra l’altro mi è quasi sembrato volesse consolarmi, meglio ancora rabbonirmi. In poche parole ha egli incentrato la sua legittima critica sull’episodio in sé, la spallata alla cronista, dicendo di non condividere le interviste itineranti ai parlamentari poiché, tra le altre cose, le vittime di questi assedi potrebbero dare risposte frettolose.
Sarebbe stato troppo facile prendere spunto da tale lettura per proporre che i nostri governanti siano chiamati a legiferare a cielo aperto visto che, quando stanno seduti sulle loro comode e costosissime (per noi) poltrone, i tempi che impiegano a partorire qualsivoglia decisione diventano biblici. Ironia a parte l’ipotesi non sarebbe da scartare a priori, non male l’idea dei “politici da marciapiede”, insieme a tutti quelli che ci hanno mandato. Insomma sono rimasto deluso. Possibile non abbia capito che il gestaccio di un guardaspalle non c’entrasse un cazzo? O sono stato io ad essermi spiegato male? Questo il problema. Da qui la mia replica:
«Nel messaggio non intendevo focalizzare un punto di vista circa la “spallata”. Le due righe, o poco più, che le ho inviato ambivano a inquadrare un panorama complessivo, diciamo che avrebbero voluto essere una ripresa a campo lunghissimo, così da abbracciare il maggior spazio possibile, confinando le figure quasi all’orizzonte. Il mio proposito non era quindi quello di mettere in primo piano Enrico Letta (che non ho definito maleducato perché non risponde, ma arrogante), né i giornalisti dell’informazione televisiva che lei dipinge alla maniera di sciami fastidiosi (i paparazzi di felliniana memoria, che godere, che dolce vita!), tanto meno i body guards pure se, dobbiamo ammetterlo, in questi ultimi vent’anni si sono moltiplicati a dismisura; da qui il titolo che ho dato, “I replicanti”, che vuole staccarsi dal mero significato fantascientifico di creatura artificiale con fattezze umane (anche se lo sembrano ma questa è un’opinione). Il mio obiettivo era quello di indirizzare l’attenzione al “clima”, l’atmosfera ammorbata in cui ritengo sia precipitato il nostro Paese. Una… sensazione sgradevole che ci fa ricordare come i conflitti della storia, determinati da interessi e rancori profondi e imprescindibili, siano sempre stati attribuiti a cause e pretesti occasionali. Finanche una inutile e gratuita spallata di un gorilla del potente di turno a una brava e bella giornalista.»
Silenzio, nessuna risposta. Ho capito, allora cerco di ricucire lo “strappo” dovuto forse alla mia assertività. E non posso negare la malattia di cui soffro, la necessità del confronto, è la mia droga, quindi sono la parte debole e, come scrisse Cesare Pavese, “la strategia d’amore la sa usare solo chi non è innamorato”. E di questo giornalista mi ero davvero invaghito, dei suoi trafiletti intendo, così sono tornato alla carica:

«Rifuggo dalla piaggeria quindi mi costa fatica dire che gli ultimi vent’anni ho acquistato il giornale per cui scrive quasi esclusivamente per i suoi elzeviri, ottimi compagni. Ne ricordo di eccezionali che ho conservato insieme ad alcuni ritagli del mitico Fortebraccio e l’affilato Montanelli. Qualche tempo fa abbiamo avuto uno scambio di opinioni sul contenuto di una mia lettera che, prendendo spunto dalla spallata che un gorilla di Letta inferse alla graziosa giornalista, voleva arrivare a paventare qualcosa di più inquietante. Ammetto di essere stato assertivo nella mia replica che sta a dimostrare il cattivo umore che lei mi attribuì e io negai. Adesso chiedo venia confessando che, ebbene sì, ultimamente sono piuttosto cupo. Quando poi sento emettere suoni incomprensibili dai politici nostrani il mio stato d’animo si avvicina all’esasperazione. Arrivo al dunque rifacendomi a un mio scritto pubblicato successivamente dalla sua redazione dove cerco di evidenziare l’infamia degli stipendi dei nostri parlamentari, per chiederle: in un contesto così “teso”, confuso, di equilibri precari, in una “situazione sociale di complicata lettura” dove i “fumi dell’ira” nascondono le tracce della strada maestra e, come disse Pier Paolo Pasolini, dilaga “l’unica anarchia possibile, quella del potere”, non sarà che l’impropria spallata di uno dei tanti guardaspalle dell’intoccabile di turno o l’insopportabile ingiustizia dei guadagni astronomici di uomini del “palazzo” (vedere ”FATTI E MISFATTI”) possano scatenare l’uragano?»
Ancora silenzio… è caduto un idolo, mi dispiace. Avrà ragione lui? Penso di sì! In effetti il mio tentativo di scuoterlo non è stato appropriato nel modo, anche se l’intenzione era buona. Ultimamente avevo l’impressione si fosse ammorbidito, “costituzionalizzato”, “sdraiato”. È brutto essere stati innamorati e… traditi. Ci si esprime male.

IL CASO ERICH PRIEBKE (Sic transit gloria mundi)

IL CASO ERICH PRIEBKE
(Sic transit gloria mundi)

Adesso che il “problema” è stato travolto dall’attualità è forse il momento giusto per fare una riflessione. Mi è sfuggito il senso di tutto l’accanimento concentratosi intorno a una salma, oramai coacervo di atomi e molecole fuori controllo, particelle che hanno smarrito l’equilibrio, interrotto le comunicazioni fra loro, orfane della concertazione dello spirito. Non più persona bensì materia organica avviata a un rapido processo di decomposizione che la riporterà in circolo. Resta l’orrore che quel defunto ha rappresentato in vita e ciò che riverbera da morto: un simbolo con cui identificarsi per alcuni ignobili balordi, l’incolmabile abisso di dolore e angoscia per tutti gli altri. Fossi stato chiamato a decidere mi sarei lasciato guidare dal destino indecifrabile, avrei fatto seppellire quelle spoglie fra le sue vittime. In tale ottica quale altra scelta se non la più giusta? Il nazista assoggettato alla misericordia eterna dei suoi martiri e questi, che non ne ebbero una sola briciola, a concedergli perdono imperituro. E poi la regola sembrerebbe essere proprio questa: a Roma, nella diocesi Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio, poco distante da Campo de’ Fiori, è esposta la mummia di un gesuita, vescovo e dottore della Chiesa cattolica, che fu aguzzino di Giordano Bruno e persecutore di Galileo Galilei. Per la venerazione dei fedeli.

Mauro Giovanelli – Genova

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Pubblicato su “Il Secolo XIX” del 27 ottobre 2013 pag. 39 con il titolo “Priebke andava sepolto tra le sue vittime”.

BARBARA BERLUSCONI scende in campo (quello del Milan)

BARBARA BERLUSCONI scende in campo
(quello del Milan)

   In sintesi Barbara Berlusconi, intervistata da “Il Messaggero” nella sua funzione di dirigente del Milan, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: “noi fratelli siamo uniti nel difendere nostro padre dall’ingiustizia…”, “se si vuole eliminare mio padre dalla scena pubblica va fatto con il voto…”, “c’è chi vuole cacciare mio padre dalla politica per fare i propri interessi…”, “è questa lobby, non mio padre, a bloccare l’Italia…”, “lotterò per restare in Italia ma ho paura perché sento che non c’è certezza del diritto…”.
Tralasciamo di entrare nel merito delle ingiustizie patite dal suo papà le cui prove evidenti sono nell’incalcolabile patrimonio da lui accumulato (residenze, ville, azioni, titoli, auto, gorilla, vulcani finti, cortigiani, servi, olgettine, sale da ballo e chissà che altro ancora). Sorvoliamo circa i dubbi sulla possibilità che ci possa essere qualcuno che intenda eliminarlo o cacciarlo, la fantomatica lobby che blocca l’Italia, tanto ne è palese dimostrazione un parlamento che da vent’anni legifera per il su’ babbo, di Barbara, quindi evitiamo pure di ragionare sulla certezza del diritto perché la prova è che lui, poverino, è stato ingiustamente condannato invece di essere prescritto o graziato. Il duro colpo che ho ricevuto nel leggere tali dichiarazioni, l’ennesimo, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia incredulità è un altro. Pensavo che i figli della signora Veronica Lario non si esponessero nella torbida vicenda che vede coinvolti il loro papà e l’Italia intera. A Barbara, ma pure a Marina e, se del caso, agli altri rampolli e parenti vari del cavaliere, vorrei ricordare che questo Paese non è esclusiva proprietà dei Berlusconi, ci vivono circa una sessantina di milioni di altre persone. Stavo dicendo che i figli di secondo letto dell’ex parlamentare immaginavo fossero “diversi”, che volessero “aiutare” concretamente il genitore allo stesso modo di quanto fece mamma Veronica che con la sua invocazione resa pubblica nella famosa lettera aperta inviata a “La Repubblica” fu l’unica a implorare aiuto per un soggetto malato. Che cocente delusione ho patito! Questo è l’unico rilievo “vero”, di sangue per citare Giuliano Ferrara, che mi sento di segnalare. Il resto dei comunicati in merito a quell’intervista è il solito, inevitabile coacervo di ossimori ormai inestricabile.
Lasciate ogni speranza o voi che siete costretti dal vostro cuore a rimanere in questa Italia, senza dover lottare, come fa Barbara Berlusconi, per non andarsene. Anzi, nella convinzione di condividere i sentimenti di gran parte della popolazione considerando i già innumerevoli problemi che attanagliano questo nostro Paese, quindi per evitare di aggiungerne altri, desidero rivolgerle una esortazione:
“Non se ne vada, la preghiamo, resti con noi, per piacere. Grazie.”

Mauro Giovanelli – Genova

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APOCALYPSE NOW REDUX 2015

APOCALYPSE NOW REDUX 2015

Appena terminata la visione di Apocalypse now redux, prima serata LA7, che non ho voluto assolutamente perdere, stavo per ritornare alle mie abituali occupazioni quando venni catturato dalle anticipazioni dei titoli dei quotidiani di oggi con le solite notizie sulla Scuola, i migranti, i Marò, la minoranza del PD, Salvini e Forza Italia, niente sul salvataggio di Antonio Azzollini e, a corredo, qualche immagine dal Parlamento dove gli occupanti gli scranni passavano dagli insulti ai sorrisi più aperti con estrema facilità terminando poi, dopo esser scesi dall’emiciclo, in abbracci, paccate sulle spalle e finanche baci tra oppositori. L’accostamento con il colonnello Kurtz e la legione da lui capitanata in una sanguinaria e pagana anarchia nella foresta tropicale mi pareva ovvia, ma non riuscivo a trovare il nesso eziologico. Infatti non c’è e il motivo è semplice.
Al contrario che all’esterno della eterogenea comunità installatasi nella neutrale Cambogia, appena fuori dal confine del dilaniato Vietnam, in guerra contro tutto e tutti, in questo Paese siamo omogenei nell’aver deciso di vivere in una tollerante e religiosa armonia anzi, rasentiamo il masochismo. Per fortuna intendiamoci, altrimenti dovremmo organizzare una missione speciale nei Palazzi del Potere, costituita da un esercito eterogeneo al comando di un fidato capitano Willard (Martin Sheen) che riesca ad infiltrarsi nelle loro fila per insegnargli l’educazione e il rispetto verso sé stessi e i cittadini ma non agisca come il suo predecessore, un altro ufficiale dei corpi speciali inviato prima di lui a svolgere lo stesso incarico, passato poi dalla parte del colonnello ribelle.
Come ben sappiamo viviamo in un Paese dove gli Scilipoti, i Razzi e i De Gregorio (pentito) sono tanti e determinano le maggioranze che ci governano. Dal governo Letta a Renzi sono già 185 i parlamentari che hanno deciso di emigrare in un altro gruppo politico e non mancano gli “appassionati” della fuga, c’è chi è riuscito ad attraversare l’intero spettro politico.
Sic transit gloria Italia.

Mauro Giovanelli – Genova

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CARI AMICI VI SCRIVO…

CARI AMICI VI SCRIVO…

   …è successo ancora! Ci siamo nuovamente assuefatti al peggio e la narcosi propinataci durante l’ultimo ventennio non ha esattamente la stessa composizione che in passato. Considerati i tempi, questa volta alla miscela è stato aggiunto un principio attivo dalla molecola piuttosto complessa, le dosi più che raddoppiate, i cicli di somministrazione hanno previsto intervalli ristrettissimi e la “terapia” ha coinvolto gran parte della popolazione impedendoci di distinguere fra ciò che è logico e illogico, giusto e sbagliato, lecito o illecito. Una cura che ci depriva della capacità di realizzare l’incubo e il paradosso in cui siamo precipitati così che qualsiasi forma di resistenza è stata scongiurata. Siamo regrediti allo stato di muti pesci che un certo “signore”, coadiuvato da corifei di ogni schieramento politico, ha addestrato a sopravvivere nella melma di un acquario infernale dotandoci di branchie sintetiche, all’uopo progettate, e da lui generosamente offerte in omaggio insieme al sacchetto ristoro e la mezza minerale. Nessuno fa più caso al tipo di “informazione” di certi quotidiani di “famiglia”, ed è diventato normale disquisire ogni giorno sulla parentela di una minorenne identificata quale presunta nipote di un capo di stato, piuttosto che di ingenti somme sottratte al fisco, o ancora di sistematici “aiuti economici” ad avvenenti signorine parcheggiate a utile distanza dal benefattore, di impropri stallieri e, concludendo ma non per difetto di altri argomenti, di “scippi” di aziende fra miliardari uno dei quali viene descritto come presunto comunista spalleggiato dalle toghe rosse. Siamo così in grado di digerire personaggi singolari tipo i leghisti Borghezio, Calderoli e Salvini dopo il duo Bossi e il “plurilaureato” Trota. Abbiamo assistito impassibili ai comportamenti di un ministro di Grazia e Giustizia della stazza della Cancellieri che espresse cordoglio e sentita partecipazione all’arresto di potenti amici di famiglia, spendendosi poi per farli rilasciare; di vice premier della sostanza di un Alfano sia prima maniera, ispiratore di leggi ad uso e consumo del suo padrone, sia al secondo stadio evolutivo che, con l’espressione costantemente imbronciata che si ritrova c’è quasi da credergli, a sua insaputa consentì la violazione della nostra sovranità nazionale da parte di fin troppo ben identificate forze kazake. Per chi avesse memoria corta vedi casi Ligresti e Ablyazov. Per non parlare dell’uomo con il baffetto, D’Alema, che da quando cammina e parla come avesse un palo lungo e dritto conficcato nel sedere continua a tramare nell’ombra a difesa di un apparato bulgaro del suo partito o a salvaguardia di chissà che altro. Il monumento alla supponenza.

Infine dai Monti e attraverso Letta giunge a valle la guida scout Renzi Matteo che dai suoi esordi alla trasmissione “la ruota della fortuna”, rete Mediaset, con vincita di 48 milioni di Lire, il balzo da co.co.co. a manager dell’azienda del su’ babbo nelle 48 ore che precedettero la sua candidatura a Presidente della Provincia così da addebitare le proprie “marchette” alla collettività, il passaggio in un lampo dalla bici all’auto blu per recarsi al “patto del Nazareno” e arrivare, tralasciando il resto, al salvataggio di Antonio Azzollini e la composizione del peggiore CdA della RAI, composto in perfetta sintonia con Berlusconi, ci sarebbero da scrivere almeno tre volumi. Ma arriveremo pure a quelli.

L’unica speranza siete voi giovani, vi dovrete impegnare nel delicatissimo lavoro di attenti osservatori per analizzare ed esporre fatti. Le branchie che vi hanno applicato non sono ancora ben salde, potete facilmente rimuoverle così da recuperare la respirazione polmonare, riemergere dal liquame, immagazzinare ossigeno, tanto, tantissimo, e lanciare l’urlo feroce e liberatorio che risvegli la folla impazzita.

Qualcuno ci salvi, per carità! Se non voi, chi?

Mauro Giovanelli – Genova

mauro.giovanelli@gmail.com

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FERRARA ovvero LA VENDETTA PERFETTA (1)

FERRARA
ovvero
LA VENDETTA PERFETTA (1)

È stupefacente assaporare gli articoli di Ferrara ogni volta che me ne capita l’occasione, per puro caso, quando vengono “ripresi” da redattori che apprezzo. E pure le interviste che rilascia, come quella apparsa il 13 agosto scorso (2013 n.d.a.) su “Il Fatto Quotidiano”, il cui titolo è appropriato alla sua grandezza, alla dimensione che questo eclettico articolista, opinionista, politico e conduttore televisivo occupa nel mondo della carta stampata, e non solo. Affascinanti le sue teorie ardite, le citazioni dotte, gli intrecci di palazzo, senza tempo, come la terra di Maremma dove Ferrara, affidandosi alle regole della transumanza, reca al pascolo la Sua eccelsa mente per alimentarla di nuova linfa, abbeverarla alla fonte dell’ispirazione.
Giuliano è un virtuoso del paradosso, saltimbanco dell’allegoria, il raffinato dell’ansia che instilla alla sua platea sempre in trepidante attesa dei suoi colpi di genio. Per tornare all’incipit “LA VENDETTA PERFETTA, DI SANGUE” dedicato all’eventuale “ascensione” di una Berlusconi nel gotha di coloro che si sacrificano per il Paese, esso racchiude in sé la risposta definitiva al farneticare di tutti i soloni della politica, dell’informazione, esperti costituzionalisti circa la soluzione del dilemma che attanaglia l’intero Paese: la scappatoia per il sig. B. e l’agibilità politica di almeno un B. Mi ha colpito molto e sono certo che pure il condannato abbia condiviso.
Pensare che nel titolo la cosa più appropriata è la virgola. Chissà quanti avranno apprezzato questa sottigliezza. Sì, la virgola, non i banali puntini di sospensione, ma quel segno meno nobile della punteggiatura mi ha strabiliato. Che grande, che cervello immenso, c’è da non credere che il suo cranio possa contenerlo tutto, mi viene il sospetto possa essere tracimato in altre parti del corpo. Una semplice, insignificante, a volte inutile, non certo in questo caso, virgola. È quella cosa lì che fa da collante fra il leader e il suo “pubblico”. Chi mai l’avrebbe solo immaginato? Che in un breve segno di pausa potesse concentrarsi il potere di spalancare le porte all’intesa, la complicità con la platea, la comunione perfetta. Come la tempesta che il giornalista richiama per dare vigore alla tanto anelata “salita in cielo” di Marina. Perché alle persone che lo compongono, mi riferisco sempre al pubblico di Ferrara, non sarebbe bastato “La vendetta di sangue”, non avrebbero capito, e poi non sufficiente a fargli raggiungere l’acme del piacere, troppo rapida la frase, liscia, quasi innocua, diretta. Invece il richiamo alla pellicola di Wolfgang Petersen e quel trattino… “La vendetta perfetta” rappresenta i preliminari così le pulsazioni vanno fuori controllo, sale l’odio, l’aspettativa ingigantisce, il desiderio diventa forte, irresistibile, il momento della rivalsa è più vicino poi… lo stacco, ed è proprio qui la bravura del condottiero, per esondare subito dopo fra i suoi discepoli con… “DI SANGUE”.
Ahhh! Che godimento, che metafora appropriata. Il tocco del maestro, la stoccata finale dopo l’incipit strepitoso che esclude ogni altra elucubrazione dei microscopici consiglieri del perseguitato, avvocati compresi. LA VERA VENDETTA (VIRGOLA) DI SANGUE!! Ferrara è grande, immenso, come giornalista, uomo, trascinatore, guitto, poeta. Non bastasse, anche un raffinato della comunicazione! L’epigono perfetto per scaldare i cuori dei nostalgici seguaci del cavaliere.

Mauro Giovanelli – Genova

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(1) Elogio all’intervista pubblicata su “Il Fatto Quotidiano” del 13/08/2013 – Titolo: “LA VERA VENDETTA, DI SANGUE”

DELRIO ovvero CREDO CHE… (con chi abbiamo a che fare)

DELRIO ovvero CREDO CHE…
(con chi abbiamo a che fare)

   Ho buona memoria, lo ammetto, e quando era ancora Ministro della Repubblica Delrio Graziano, intervenuto al meeting di CL in ordine alla famigerata IMU, aveva dichiarato: “Credo che i cittadini possano permettersi di pagare 400 €uro l’anno, è meno di un abbonamento ad una TV privata”. Ora si tratterebbe di capire se i nostri governanti sappiano, quando si esprimono, di cosa stiano parlando. Intanto l’incipit “credo che…” palesa incertezza, approssimazione, quindi scarsa o nessuna conoscenza dell’argomento che l’esperto di affari regionali e autonomie sta approcciando. Poi “cittadini facoltosi”. C’è da tremare pensando quali fasce di reddito, nella mente di questo signore, rientrino in tale categoria. Per il bocconiano Monti Mario e la piagnona Fornero, ad esempio, il contributo di solidarietà mensile è stato prelevato, retroattivamente, dalle pensioni superiori a circa 3 mila €uro lordi/mese (solo per gli stellari emolumenti dei politici i medesimi si riferiscono al “netto” o “lordo” a seconda della loro convenienza). E infine il finale strepitoso: “Credo che i cittadini… possano permettersi di pagare 400 €uro l’anno, è meno di un abbonamento a una TV privata”. Ma questo Delrio, con tutti i suoi “credo che…”, lo sa che per categorie sempre più ampie 400 €uro possono ormai fare la differenza fra ridere o piangere una volta di più all’anno? Credo che… NO! Visto che lui dall’alto di stipendi e benefit “intoccabili”, come tutti i suoi “colleghi”, si avvale di barbieri da 136 mila €uro all’anno (pagati dai cittadini facoltosi).

Comunque è coerente. Adesso che è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri nel Governo Renzi, quello di “yes we can”, enfatizza gli 80 €uro (lordi) mensili promessi dal suo capo a un ristrettissimo numero di lavoratori “agiati”, cioè coloro che ne guadagnano 1.500 (lordi) al mese, e sembrerebbero essere, a suo dire, il toccasana a tutti i mali del Paese. Naturalmente gli esclusi da tale beneficenza, i “facoltosi” pensionati e assimilabili, possono arrangiarsi, lui crede che… abbiano parenti ricchi.
Vai a capire questo spendaccione di Delrio, con quell’espressione un po’ così…

Mauro Giovanelli – Genova

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BRUNETTA NON HA IL SENSO DELL’UMORISMO (e dovremmo averlo noi…)

BRUNETTA NON HA IL SENSO DELL’UMORISMO
(e dovremmo averlo noi…)

   Martedì 7 agosto 2013 sui maggiori quotidiani nazionali:

«Lo spettacolo di Roberto Benigni non mi è piaciuto. Un buon motivo per non andare all’Inferno – incalza Brunetta – è l’idea di trovarci Benigni che ripete la sua solfa uccidendo Dante anche là. Per il resto, finché Benigni ripete pateticamente le battute sul sottoscritto e altri colleghi del PDL, attinte dal repertorio di Grillo e Crozza, non fa ridere, ma pazienza. Invece non c’entra alcunché con l’umorismo, ed è pura menzogna sostenere, come fa lui, che per la manifestazione di domenica a Roma abbiano pagato tutto e tutti. Un’infamia che colpisce non solo gli organizzatori ma diffama volgarmente tanta gente comune e perbene, che è capace di provare affetto per Berlusconi e rabbia per l’ingiustizia, ed è la stessa che prezzola Benigni con il canone quando ci rifila a tariffe milionarie i suoi flop danteschi.»
Ecco quanto affermato da Brunetta Renato criticando e attaccando a testa bassa il comico toscano che la sera prima, in apertura del suo spettacolo su Dante, si era permesso di ironizzare in ordine alla condanna definitiva per frode fiscale inflitta a Silvio Berlusconi. Sono stupefatto, oltre che affranto, dello scarso senso dell’umorismo dimostrato dal capogruppo PDL alla Camera, una triste sorpresa e desidero esprimergli la mia delusione. Infatti anche se appartengo ad altro schieramento ideologico ho sempre nutrito grande rispetto per Brunetta, sia per la diversa angolazione da cui traguarda la politica, sia per il guizzo spiazzante dei suoi interventi che lo elevano dal mediocre profilo tenuto dai suoi compagni di cordata, Santanchè in testa. Mi sono pertanto sorpreso delle sue esternazioni su Roberto Benigni scaturite da una battuta che lo associa ad una sorta di Rambo italiota. Mi rifiuto persino di immaginare che per una tale minuzia Brunetta pensi ciò che ha detto del nostro genio italico, probabile non fosse di umore particolarmente alto. Deve essere proprio così. Andiamo! Una persona della sua levatura mai cadrebbe in una simile meschinità.
Anche se Brunetta è un falco fra i fedelissimi di Berlusconi, il volo delle sue esternazioni è però sempre contenuto, rasoterra, quindi il profilo che tiene lo innalza di almeno quattro spanne dalla grossolanità dei colleghi di partito. E pure se, a pensarci bene, non ho mai capito quel ghigno, il rattrappirsi del naso sulle labbra del suo faccione, accompagnato da un maligno riverbero delle pupille alle domande di giornalisti “scomodi”, non posso essermi sbagliato sul suo conto. Ritengo che Brunetta abbia reagito d’impulso non esprimendo pertanto il suo vero pensiero circa il nostro più grande ed eclettico artista. A parer mio lui ha mentito pure a sé stesso, almeno così voglio credere, ma desidero ricordargli uno dei tanti vecchi adagi: alla fine le bugie vengono sempre a galla e si scopre che… hanno le gambe corte.

Mauro Giovanelli – Genova

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Immagine in evidenza ricavata dal web – fotomontaggio dell’Autore

L’UOMO CON LA SCIARPA BIANCA (GENITORI ESODATI)

L’UOMO CON LA SCIARPA BIANCA (GENITORI ESODATI)

Barbara e Valentina, le mie figlie. Erano adolescenti quando dalla tribuna d’onore della sua squadra di calcio meneghina, sciarpa bianca démodé e borsalino in testa, un signore divenuto miliardario cominciava a rilasciare striscianti dichiarazioni politiche che mi inquietavano. Ne intuivo la minaccia, percepivo l’insidia, mi infastidivano. Ecco le sue prime apparizioni televisive che non sarebbero finite mai. Non gli diedi peso più di tanto nella convinzione che le istituzioni lo avrebbero rifiutato, il sistema si sarebbe automaticamente protetto attivando gli anticorpi, quell’uomo non avrebbe potuto costituire un pericolo. Il tempo è passato in un lampo e solo ora prendo coscienza quanto la mia fiducia fosse mal riposta, sia guardando alla parte politica in cui credevo che a quella avversa, oggi alleate.
All’improvviso sento la necessità di chiedere scusa alle mie figlie per non aver fatto di più, il massimo, un estremo sforzo nel cercare di evitar loro un ventennio culturalmente e socialmente decomposto.
Io posso dire che i miei genitori mi hanno lasciato la Costituzione. Ma loro, di me, cosa racconteranno?

Mauro Giovanelli – Genova

“L’UOMO CON LA SCIARPA BIANCA – GENITORI ESODATI)” è stato pubblicato il 28 ottobre 2013 sul sito www.memoriacondivisa.it: – Su “la Repubblica” del 22 ottobre 2013 pag. 24 – su “Il Segno” novembre 2013 pag. 7 – http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it

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