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Tomba bisoma

«… “Settantanove scritti e mezzo – Vita, amore, morte, i soliti discorsi…” è il titolo di quest’ambiziosa raccolta, valorizzata dalla traduzione in inglese a fronte, per cui il titolo aggiuntivo “Seventy-nine and a half writings – Life, love, death and the usual…”. La raccolta contiene testi di “Pulsionale, poesia III Millennio”, 1a e 2a edizione, e “Le tessere del pàmpano”, entrambe Vertigo Edizioni, oltre a recenti produzioni inedite, quali Il cimitero delle api, Pulsione, Ti amo, L’altra faccia di Giacomo Leopardi (Ancóra), Il tuo spessore, Quel che resta, Riproverò, Annichiliti, Tomba bisoma per citarne alcune.

A colpirci, negli scritti precedenti, c’era stata un’innata poliedricità, capace di esprimersi con un verso sorprendente, “attivo”, nel modo di organismo vivente privo dell’intenzione d’adagiarsi semplicemente sulla pagina ma in grado di rifulgere a ogni tocco, sguardo, come se da questi traesse nutrimento e al passaggio del lettore facesse sbocciare un nuovo elemento interpretativo…» (Dalla prefazione)

Tomba bisoma

Beh, sì, non facile dirlo, spiegarlo

senza rischiare d’esser fraintesi,

è che ti prenderei con tale impeto

da sembrare violenza,

invece saresti felice,

tornare al principio,

come quando non esistevano

che odori puri e intensi,

fragranze miste a bestino,

e mentre le afferro con avidità,

dalle tue cosce, i glutei,

sapore acre, pungente

sale alle mie narici,

estasi remota mista a erba bagnata,

muschio, rugiada, ritmi primigeni,

bagliori fra i rami,

e tu sei femmina, io maschio,

e ci vogliamo, mammiferi affamati,

anche per condividere il resto

fin oltre la tomba bisoma

che ci prepariamo.

«…the collection includes texts from “Pulsionale, poesia III Millennio, 1a e 2a edizione” and “Le tessere del pàmpano”, both published by Vertigo Edizioni, as well as recent, first-time productions, such as “The cemetery of the bees”, “Pulsion”, “I love you”, “The other side of Giacomo Leopardi”, “Your thickness”, “What remains”, “I shall try again”, “Annihilated”, “Bisomus tomb” – to mention but a few. In the previous writings what struck the reader was an innate versatility, capable of expressing itself in lines of verse apt to take by surprise, “active” as a living organism devoid of any plan to simply recline on the page. Giovanelli’s poetry is, indeed, capable of glowing at every touch, glance, as if

whence it drew nourishment and, once passed on to the reader, it causes a new element of interpretation to blossom….» (From the preface)

Bisomus tomb

Yeah, not easy to be said, to be explained

without running the risk of being misunderstood,

it is just that I would take you with such impetus

it might seem violence,

on the contrary you would be happy,

to go back to the beginning,

like the time there were only

pure and intense smells,

fragrances mixed with stench,

and while I seize so greedily,

from your thighs, your buttocks,

an acrid pungent taste

rises to my nostrils,

remote ecstasy blending with wet grass,

moss, dew, primal rhythms,

dazzlings amidst the branches,

and you female, I male,

and we love each other, famished mammals,

to share the rest too

up to and beyond the dual tomb

we are preparing.

© Copyright 2021 Mauro Giovanelli “Settantanove scritti o giù di lì, vita, amore, morte, i soliti discorsi…”, “Seventy-nine writings or thereabouts, life, love, death and the usual…” – Translation Italian-English: Philip Mc Court – Distribuzione: Su ordinazione presso tutte le librerie, on-line, o tramite il sito www.ilmiolibro.it, su Amazon, IBS e in tutti i punti vendita Feltrinelli – Distribution: All bookstores, online, or through the website www.ilmiolibro.it, on Amazon, IBS and at all Feltrinelli stores.

Immagine in evidenza ricavata da Instagram National_Archaelogy, tomba bisoma ucraina del 1000 a. C. – Featured image taken from Instagram National_Archaelogy, Ukrainian bisome tomb from 1000 a. C.

Settantanove scritti o giù di lì – Vita, amore, morte, i soliti discorsi… Seventy-nine writings or thereabouts – Life, love, death and the usual…

«… “Settantanove scritti e mezzo – Vita, amore, morte, i soliti discorsi…” è il titolo di quest’ambiziosa raccolta, valorizzata dalla traduzione in inglese a fronte, per cui il titolo aggiuntivo “Seventy-nine and a half writings – Life, love, death and the usual…”. La raccolta contiene testi di “Pulsionale, poesia III Millennio”, 1a e 2a edizione, e “Le tessere del pàmpano”, entrambe Vertigo Edizioni, oltre a recenti produzioni inedite, quali Il cimitero delle api, Pulsione, Ti amo, L’altra faccia di Giacomo Leopardi (Ancóra), Il tuo spessore, Quel che resta, Riproverò, Annichiliti, Tomba bisoma per citarne alcune.
A colpirci, negli scritti precedenti, c’era stata un’innata poliedricità, capace di esprimersi con un verso sorprendente, “attivo”, nel modo di organismo vivente privo dell’intenzione d’adagiarsi semplicemente sulla pagina ma in grado di rifulgere a ogni tocco, sguardo, come se da questi traesse nutrimento e al passaggio del lettore facesse sbocciare un nuovo elemento interpretativo…» (Dalla prefazione)


Tomba bisoma


Beh, sì, non facile dirlo, spiegarlo
senza rischiare d’esser fraintesi,
è che ti prenderei con tale impeto
da sembrare violenza,
invece saresti felice,
tornare al principio,
come quando non esistevano
che odori puri e intensi,
fragranze miste a bestino,
e mentre le afferro con avidità,
dalle tue cosce, i glutei,
sapore acre, pungente
sale alle mie narici,
estasi remota mista a erba bagnata,
muschio, rugiada, ritmi primigeni,
bagliori fra i rami,
e tu sei femmina, io maschio,
e ci vogliamo, mammiferi affamati,
anche per condividere il resto
fin oltre la tomba bisoma
che ci prepariamo.


«…the collection includes texts from “Pulsionale, poesia III Millennio, 1a e 2a edizione” and “Le tessere del pàmpano”, both published by Vertigo Edizioni, as well as recent, first-time productions, such as “The cemetery of the bees”, “Pulsion”, “I love you”, “The other side of Giacomo Leopardi”, “Your thickness”, “What remains”, “I shall try again”, “Annihilated”, “Bisomus tomb” – to mention but a few. In the previous writings what struck the reader was an innate versatility, capable of expressing itself in lines of verse apt to take by surprise, “active” as a living organism devoid of any plan to simply recline on the page. Giovanelli’s poetry is, indeed, capable of glowing at every touch, glance, as if
whence it drew nourishment and, once passed on to the reader, it causes a new element of interpretation to blossom….» (From the preface)


Bisomus tomb


Yeah, not easy to be said, to be explained
without running the risk of being misunderstood,
it is just that I would take you with such impetus
it might seem violence,
on the contrary you would be happy,
to go back to the beginning,
like the time there were only
pure and intense smells,
fragrances mixed with stench,
and while I seize so greedily,
from your thighs, your buttocks,
an acrid pungent taste
rises to my nostrils,
remote ecstasy blending with wet grass,
moss, dew, primal rhythms,
dazzlings amidst the branches,
and you female, I male,
and we love each other, famished mammals,
to share the rest too
up to and beyond the dual tomb
we are preparing.


© Copyright 2021 Mauro Giovanelli “Settantanove scritti o giù di lì, vita, amore, morte, i soliti discorsi…”, “Seventy-nine writings or thereabouts, life, love, death and the usual…” – Translation Italian-English: Philip Mc Court – Distribuzione: Su ordinazione presso tutte le librerie, on-line, o tramite il sito www.ilmiolibro.it, su Amazon, IBS e in tutti i punti vendita Feltrinelli – Distribution: All bookstores, online, or through the website www.ilmiolibro.it, on Amazon, IBS and at all Feltrinelli stores.

“Dalla risacca… raccolta di appunti, riflessioni, note”

di Mauro Giovanelli

Prefazione

«L’ottimista pensa che questo
sia il migliore dei mondi possibili.
Il pessimista sa che è vero.»
(J. Robert Oppenheimer)

Perché amiamo gli aforismi? Probabilmente per il piacere che ci dà il poter condensare un senso più ampio in una limitata perfezione. La bellezza dell’aforisma, infatti, risiede proprio in questo, nel fascino di un’espressione complessa e articolata custodita nell’essenzialità, nella brevità, nell’equilibrio, in quel morso rubato alla vita che tanto ci stimola e infiamma. Potremmo paragonarlo all’incanto del bacio nell’ardore della sua prima volta che riesce a essere infiniti colori e sapori tutti insieme, in questo caso stupendoci sempre, a ogni passaggio, vergine anche nel suo ripetersi.
Scrittore a tutto tondo, dopo la sua prospera esperienza letteraria nella poesia e nella saggistica, Mauro Giovanelli ha deciso di confrontarsi in questo campo solo apparentemente semplice e in realtà complesso, poiché richiede quel bilanciamento interiore e intellettuale non indifferente e soprattutto l’accuratezza d’idee e intenti in una padronanza linguistica incontrovertibile. Questa sua opera, dunque, ci arriva carica della nostra curiosità, poiché affascinati di sapere se la sua perspicacia poetica e la raffinatezza tipica del suo poetare possano riscontrarsi anche in questo contesto. Non rimarrete delusi, al contrario si resta imprigionati dalla verve tipica della sua scrittura che ancor più riscontriamo qui, nella scelta sopraffina delle parole, il loro musicale accostamento, il carico dell’esperienza uniti alla forte portata interpretativa maturata in anni di dimestichezza con la composizione più articolata.
Ecco, con questi suoi motti, adagi, spesso tradotti in dialoghi secchi, botta e risposta, racconto breve, Mauro Giovanelli si fa esegeta, perché riesce, con arguzia e mai sarcasmo, a centrare la questione, a proporre spunti di riflessione esistenziali e filosofici per gli orecchi di chi non si limiterà a leggerli semplicemente, bensì ne vorrà trarre prezioso spunto interpretativo per una più personale conoscenza.
Apprezziamo molto in quest’opera la decisione di lasciare gli aneddoti liberi, in ordine sparso, casuale, del resto la silloge è una raccolta di appunti, interrogativi e osservazioni anche lontani nel tempo. Evitare quindi di racchiuderli, come fanno molti, in aree tematiche è una scelta non solo azzeccata ma che denota come sia vivo e chiaro il loro senso più vero, quello di non essere legati a una schematicità o a un pensiero razionalmente fisso, bensì prediligere la necessità comunicativa, partorire maièuticamente non tanto l’idea quanto l’essenza.
A farci compagnia, poi, è il gusto espressivo che da sempre accompagna Mauro Giovanelli, per cui la scrittura è qualcosa di talmente personale e intimo da potersi permettere una sfacciataggine con la parola ardita, l’iperbole più che temeraria, come si fa con l’amico di vecchia data, fratello e complice, a volte assumendo toni bruschi, fin troppo diretti, sovente provocatori, oltre il limite del pensare comune: La vera libertà nei “rapporti” di qualsiasi tipo è non doversi mai scusare della sincerità, un
legame, il loro, di lunga data, proficuo e appassionato.

The Editors

“Scrivo a Pasolini”

di Mauro Giovanelli

Prefazione

«Il mondo non mi vuole più
e non lo sa.»
(Pier Paolo Pasolini)

Degli anni dell’università, ricordo con chiarezza molti esami ma in particolare la tematica di uno, il corso era “Letteratura italiana moderna e contemporanea” e verteva solo su Pier Paolo Pasolini. A pensarci oggi, mi tornano alla mente diverse situazioni – universitarie e culturali, di più ampio respiro – in cui Pasolini “spuntava fuori” in contesti di divulgazione che allora mi davano la sensazione di “qualcosa d’insolito”. Oggi, leggendo l’opera di Mauro Giovanelli, questo pensiero si è fatto improvvisamente chiaro e, con un po’ di pazienza da parte del lettore, proverò a spiegarlo meglio.
Il Professore ordinario – che, fra l’altro, scriveva anche per “L’Osservatore romano” – cuore nobile, fine e appassionato letterato, a una lezione disse, quasi sconsolato, che dopo Pasolini non esisteva più nulla; aveva da poco presentato un testo sul grande poeta in cui passava in rassegna alcune opere letterarie del Maestro collegandole a quelle cinematografiche, in particolar modo soffermandosi su “Petrolio”, ultimo, discusso, postumo e incompiuto lavoro.
Ricordo con nitidezza la sua pubblicazione, le sue lezioni, e per come mi arrivasse, giovane studentessa, quella che ora potrei chiamare la passione degli incompresi, ossia il cercare di trasmettere un amore – a tratti venerazione – non tanto per un autore e l’eredità che ha lasciato, quanto per le idee, i messaggi che percepivo fossero stati recepiti dal docente alla maniera di un’illuminazione che, a sua volta, avvertiva l’esigenza di diffondere quale discepolo del profeta. Questo pensiero mi sembrò strano, forse eccessivo, non avevo ancora gli strumenti per materializzarlo diversamente (e correttamente). Teniamolo però un attimo da parte, ci tornerò.
Più avanti diedi l’esame, robusto e altrettanto bello, di “Storia e critica cinematografia”, ed ebbi la fortuna di sostenerlo con altro professore emozionato e profondamente amante del suo incarico allo stesso modo del mio primo insegnante. Fra i tanti libri e documenti da visionare era contemplato il monografico su Pier Paolo Pasolini, con le pellicole “La Ricotta”, “Accattone” e “Teorema”. Questi tre film, in diverso modo, mi avevano scosso, lasciandomi una profonda malinconia, percezione di perdita, anzi di smarrimento, come di abbandono, ed avevo faticato a lungo non tanto a capire, quanto a convincermi che potesse essere reversibile, cioè guarire, per come ero profondamente certa, all’epoca, che il riscatto, l’opportunità e il miglioramento fossero veramente alla portata di tutti. Un parallelismo mi ha fatto realizzare, più di quindici anni dopo, che non era il riscatto che dovevo cercare, ma un senso umano vero, che invece profondamente credo possa esistere di là dal contesto sociale. Ci sono arrivata con la visione di “Non essere cattivo” (2015) di Claudio Caligari, film dove, per tanti aspetti, ho ravvisato un filo di connessione proprio con “Accattone”, e non solo per gli scenari di una diversa Roma
di borgata.

Questo apparentemente inutile preambolo, in realtà, dà la dimensione di quanto il testo di Mauro Giovanelli mi abbia colpito accompagnandomi in una riflessione più sincera e matura. Leggendo le sue pagine, infatti, mi è arrivato un dialogo intimo ed emozionante non solo con un letterato, un uomo, bensì con un’entità di pensiero; ho avuto l’esatta sensazione che Mauro Giovanelli arrivasse a Pasolini, ne oltrepassasse la carne e potesse scorgere, come con un terzo occhio in grado di percepire realtà situate oltre la visione ordinaria, un valore nascosto del Poeta, un moto interiore che, attraverso l’Autore, non smette di vivere per tutti.
Lo vedo perché Pasolini, tra le sue parole, non è semplicemente capito o assimilato, neanche solo amato, è scrutato, analizzato, interrogato, contraddetto. È così che si costruiscono i veri e proficui rapporti, non accettando passivamente ma mettendo in dubbio, confrontandosi senza dogmi precostituiti, dunque attraversando a piedi nudi quella landa d’incertezze che abbiamo di fronte.
Ed ecco allora che prende vita un libro che accompagna il lirismo più puro a una prosa riflessiva, arguta, in cui opere diverse procedono su un binario comune, a costruirne uno immaginario di cooperazione divulgativa, perché se è vero che leggendo Pasolini una cosa mi è stata da subito chiara, ossia l’intento non solo di parlare di sé, bensì farsi portavoce, di tanti, dei molti, e di un mondo che si celava nel buio del non visto che, per quanto inesistente agli occhi della borghese quotidianità, prosperava in un mutismo, spesso sofferente, ma altrettanto carnale e viscerale nella sua apparente staticità.
È un dialogo ininterrotto quello che si viene a creare, un rapporto speciale che alcuni hanno la fortuna di provare quando ci si imbatte in un’anima con cui si coglie una sorta di affinità elettiva e che, il più delle volte pur senza saperlo, riesce a dare un’interpretazione al nostro sentire, alla nostra volontà (e necessità di sapere).

Infatti, Mauro Giovanelli sostiene:

«Credo di essere entrato nella mente di Pasolini per il semplice fatto che nel momento in cui ascolto la sua parola essa s’incastra perfettamente al mio ragionare.».

E ancora:

«Ho scritto molto su Pasolini, “Io credo in Pasolini” quasi fosse una preghiera, “Ultimo Messia” per assegnargli la condizione (laica) che gli compete, e altre cose che tengo per me poiché quando gli parlo mi sento libero e non legato a stereotipi, modelli, stampi. Che cosa pagherei per fare una chiacchierata con lui.».

L’intera opera è ricca di questi momenti che elevano ulteriormente il lirismo nascosto pure dalla prosa più cruda, sprezzante, per quanto sempre raffinata, poiché il messaggio che Mauro Giovanelli vuole comunicare è di ben più ampio sguardo, ossia togliere il poeta dalla teca degli sterili idolatranti di Pasolini – sul cui agire per divulgarlo e comprenderlo molto ci sarebbe da dire – e questo proprio per liberarlo e restituirci un’immagine affrancata, non quella iconoclastica che l’ha sostituito, in particolare dopo
la sua morte, tanto discussa ma certamente per i motivi sbagliati, tralasciando quel lavoro fondamentale e del poeta e dell’uomo originario di Bologna ma friulano nelle viscere, che esula da congetture e pettegolezzi.

Più avanti:

«Molti scrittori, direi un’infinità, si sono dedicati a scrivere in merito alla morte di Pasolini, innumerevoli le ipotesi al riguardo, comunque l’alone di mistero che circonda questo grave delitto persiste fitto sull’immagine del suo cadavere martoriato. Fra l’altro non si è mai arrivati a qualcosa di concreto. In questo mio lavoro, all’opposto, considero il suo massacro ineluttabile, scritto nelle pagine del destino, cioè “dovuto” affinché alla sua figura, l’ingegno e il carico sociale di cui si fece paladino, sia assegnata la condizione di Messia, l’ultimo, un predestinato al martirio, come Gesù di Nazareth e altri profeti.».

Qui torniamo a quella riflessione iniziale sul riconoscere un profeta. Credo che profeta possa significare molte cose, che vanno oltre il senso meramente religioso, è quella capacità di essere guida pur senza saperlo e volerlo, perché con la parola, la propria arte e con la propria esistenza si diventa faro, messaggio assoluto, e credo sia questo l’elemento che Mauro Giovanelli riconosce in Pier Paolo Pasolini, perché avvertiamo che il poeta sia vissuto e continua a essere tra noi per tramandare un ufficio importante, non potendo tenere scisso il suo piano quotidiano da quello emozionale e creativo. È una fusione
centralizzante che, credetemi, non è scontata né di facile
gestione. Nelle parole accorate che in più punti l’autore
rivolge allo scomparso scrittore, c’è proprio questa immensa forza prorompente, questo cercare, scavare senza
sosta, e sempre al massimo della volontà, perché essa ci permette di lambire lidi sconosciuti, amare nella sofferenza e farne tesoro, bellezza, insegnamento, amore.

Ecco che:

«Dunque tu chi sei Pasolini? Perché ti soffermi a declamare una tragedia tra le quinte di un palcoscenico inesistente? Quanto sono tese le tue corde? Dove potrebbe arrivare la sensibilità di cui ti nutri a ogni istante?».

Concludiamo proprio con questo climax interrogativo dell’Autore perché non potrebbe essere altrimenti, perché solo nel porsi domande continuamente – domande vere e spesso scomode – non spegneremo mai la fiamma della vera conoscenza.

The Editors

BLADE RUNNER – Il replicante si accomiata…

BLADE RUNNER – Il replicante si accomiata…

“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi «B» balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire.”

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Rutger Hauer in “Blade Runner” di Ridley Scott, ispirato al romanzo “Do Androids Dream of Electric Sheep?” di Philip K. Dick.
La frase è l’incipit dell’amaro soliloquio che Rutger Hauer, nei panni del replicante Roy Batty, pronuncia pochi attimi prima di “spegnersi” sotto la pioggia.

PASOLINI – QUANDO PARLANO GLI OCCHI…

PASOLINI – QUANDO PARLANO GLI OCCHI…

Sembrerebbe che Moravia stia spiegando qualcosa a Pasolini e lui ascolta con distaccata attenzione, direi un misto di diffidenza, perplessità… ammirazione che potrebbe sfociare nel disprezzo.
Da diverse immagini che li ritraggono insieme, mi sbilancerei affermando tutte quelle che mi è capitato di analizzare, ho sempre notato in Pier Paolo una certa “soggezione” verso Alberto, arriverei a definirla “forzato” timore reverenziale che finalmente emerge, quasi liberatorio, dalle considerazioni del Poeta riguardo ai diversi modi di “percepire” l’India durante la loro permanenza in quel Paese.
Distanti anni luce.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: Post di Angelica Rotondo

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COMMENTO A “L’AMACA” DEL 18 febbraio 2016

COMMENTO A “L’AMACA” DEL 18 febbraio 2016

Io penso che il puro desiderio di distruzione della politica sia partito da Berlusconi & C., passato per Monti, decantato con Letta e polverizzato da Renzi con l’accompagnamento di alcuni (molti) giornalisti compiacenti. Le “urla” e l’inciviltà in Parlamento hanno avuto inizio con i cappi dei bovari leghisti, i ragli di Bossi, e le innumerevoli corbellerie urlate dalla servitù al seguito della coalizione del primo governo dell’ex cavaliere. Airola potrebbe pure avere qualche buon motivo per essere “alterato”, non è giustificabile, ma i cartellini rossi o gialli usiamoli per tutti quelli che commettono falli. A quando una “Amaca” per il caso “Etruria”, magari a toni bassi?

Mauro Giovanelli – Genova
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LETTERA APERTA AI GIORNALISTI (NON PROPRIO TUTTI)

LETTERA APERTA AI GIORNALISTI
(NON PROPRIO TUTTI)

A parte i dissonanti consigli benevoli che dispensate, il motivo per cui riprendo l’argomento è l’aver ravvisato un vostro generale spostamento a destra, o al centro di nessuna sinistra, insomma una vera e propria adunata sul colle. Ovvio che potrei sbagliarmi ma fra i cronisti di giornali a grande tiratura non trovo più quelle differenze essenziali alla corretta informazione e al dibattito e, credetemi, questa è opinione ampiamente diffusa fra le mie frequentazioni non proprio minimali, e segnali convergenti mi giungono anche dall’esterno, impossibile non ve ne siate accorti.
Voi svolgete un lavoro assai bello e importante ma… delicato, perciò corre l’obbligo sottolineare, senza malizia alcuna, che i quotidiani cui collaborate usufruiscono di finanziamenti pubblici, diretti, indiretti, diversamente elargiti, o che dir si voglia. Il vostro disporvi a testuggine come le mitiche legioni romane non potrebbe essere un tantino sospetto? Un esempio per tutti, la cui sottile valenza non potrà di sicuro sfuggirvi, quali persone della cui sensibilità non dubito: ho avuto uno scambio di mail con un vostro illustre collega che, anziché pubblicare una mia lettera, preferì farmi pervenire la sua personale analisi da me non condivisa, anzi trovai deludente si fosse distratto su una banale, questa volta sì, quisquilia. Ammetto che la mia contro replica fosse stata troppo assertiva, ma con l’attenuante di due motivi conseguenti uno all’altro; il primo perché ritenni che l’interlocutore non avesse capito il messaggio in essa contenuto, il secondo la cocente delusione verso un redattore di cui fino a qualche anno fa condividevo ogni concetto. Nell’occasione mi ero anche chiesto: se ha dedicato una parte del suo prezioso tempo ad analizzare la mia ipotesi significa che non gli ho inviato una patacca, l’ha apprezzata, e non solo per la bazzecola sulla quale ha speso diverse righe. Perché ha eluso il vero quesito da me posto? Comunque inviai le mie scuse e lui, usando il potere della posizione che occupa in un periodico per certi versi anche un po’ mio, adottò la più odiosa delle tattiche, cioè “game over” ovvero “la palla è mia e non gioco più”. Io fui esuberante ma parte debole, lui ineducato dalla postazione fortificata.
Fatti di questo tipo mi sono capitati a catena negli ultimi mesi, e solo quando ho contestato o non apprezzato appieno le larghe e lunghe intese della stampa o TV.
Il direttore del quindicinale su cui scrivo, solo perché aveva denunciato anomalie e la cosa non fu gradita agli esponenti dei soliti vari partiti, è stato oggetto di aggressione da parte di componenti il Consiglio del Comune dove esercita la professione. Quel che voglio dire è che le strade verso la censura sono ambigue, mimetizzate, e oggi è più facile avere un dialogo sereno con il Papa che con redattori di quotidiani e politici.
Mi avete detto a più riprese che vi sembro una persona ragionevole, quindi vi domando. In questo Paese da dove si deve cominciare? Ditemelo per cortesia, con sentimento, come fossi un caro amico. Si potrebbe partire col rispondere per le rime all’esercito di disarticolati mentali che appaiono in TV, i sempre più numerosi cespugli di gramigna di questa foresta pietrificata da vent’anni di veleni? O dalle altezze cui veleggiano i salvatori della Patria che nel frattempo si sono succeduti con appropriata corte al seguito? E dove è scritto il divieto a fare entrambe le cose? Mi inquieta constatare come si siano ingrossate le fila dei redattori preposti alle rubriche “lettere al direttore” o “la posta di…” che da tempo si dedicano a dispensare inviti alla calma, elargire pacche virtuali sulle spalle, buffetti, alla stregua dei curati di campagna dopo la confessione “reciti dieci Ave Maria poi ne riparliamo”.
Dato che amo il confronto, con persone del vostro spessore è addirittura esaltante, pongo un ultimo quesito: e se io fossi un visionario? Per carità non certo della levatura di quelli descritti con eccellenza nelle recenti otto puntate di Corrado Augias su RAI 3, ma del genere metropolitano, uno dei tanti, confuso tra la folla, quegli anonimi cittadini che vorrebbero contribuire a migliorare la società, modesti… un fissato cui interesserebbe sapere, ad esempio, di cosa abbiano parlato Berlusconi e Renzi in quei 10 minuti di colloquio privato al Nazareno. Non vi desta curiosità?
Io non oso neppure più chiederlo, avverto raffiche di censura e i comandi provenire dalla tolda di questa nave in mezzo alla tempesta.
Credere! In Renzi, l’Eta Beta della politica, che dal suo gonnellino estrae tutte le soluzioni possibili e impossibili. Obbedire! Alla stampa e TV, solo quelle che escono dalle rotative di Paperopoli e trasmesse dai ripetitori di Topolinia. Combatt… no, nooo! Questa spero proprio sia un’altra storia.

Mauro Giovanelli – Genova
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TELETRASPORTO BRUNORENZIZZAZIONE E MATTEOVESPIZZAZIONE

TELETRASPORTO
BRUNORENZIZZAZIONE E MATTEOVESPIZZAZIONE

MASSIMA ATTENZIONE! La sera del 7 settembre 2015 durante la trasmissione “Porta a Porta” condotta dal noto giornalista Bruno Vespa, ospite il Primo Ministro Renzi Matteo, si è verificato un fatto inspiegabile. Per chiarire l’insolito accadimento anziché Carabinieri e Polizia sono stati chiamati con la massima urgenza il regista del film “La Mosca” David Cronenberg, subito riluttante poiché ha detto di non intendersi di vespe, l’attore Jeff Goldblum, lo sceneggiatore Charles Edward Pogue, il tecnico della fotografia Mark Irwin, del montaggio Ronald Sanders, i professionisti degli effetti speciali Chris Walas, Jon Berg, Louis Craig e Hoyt Yeatman, finanche il produttore Stuart Cornfeld che, molto seccato, ha imbarcato sul proprio Jet personale tutta l’equipe giunta nello studio con la massima tempestività.
Si sta ancora valutando il problema, pare un caso difficile. Intanto come potete vedere dalle espressioni dei due noti personaggi fotografati dai soliti giornalisti “gufi” nell’infermeria della RAI, si può constatare la loro contrarietà più totale. Finora l’unica dichiarazione rilasciata è stata del protagonista della famosa pellicola, Jeff Goldblum, che ha detto: “Chi di gufo ferisce, di Vespa perisce”.

Mauro Giovanelli – Genova
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