PULSIONALE POESIA III MILLENNIO – TERZA edizione

Dalla prefazione di Pamela Michelis, “Pulsionale, poesia III Millennio” terza edizione (le prime due sono esaurite non avendo rinnovato il contratto con la casa editrice Vertigo srl – Roma):
Mauro Giovanelli- Genova

… i suoi componimenti sono caleidoscopiche opportunità per essere rapiti da un vortice poliedrico che non segue mai un’unica intuizione, si fa piuttosto guidare da una voce lontana – Musa ante-litteram – capace di emergere, di volta in volta, da angoli diversi, attimi di luce sorgente quasi fossero comete.

[…]
Alzo lo sguardo al Cielo,
m’interrogo,
definisco l’orizzonte,
il canto della risacca
scompiglia ogni certezza,
abbasso gli occhi,
l’ombra veloce di un gabbiano
dà percezione di tremolio dei sassi
e svanisce nel vento,
invano l’ho seguita
per guadagnare tempo. […]
(Sum)

La mia mamma

Angela Aceto Giovanelli
14 marzo 1924 ÷ 30 marzo 2023

“In viva morte morta vita vivo!”
Giordano Bruno, “De gli eroici furori”

Stamattina una grande voragine si è aperta sulla Terra, la mia mamma è morta, così lentamente da quando è stato scritto di quest’accadimento che la memoria di lei è ora una lunga e sottilissima collana di perle tanti sono i ricordi disposti uno dopo l’altro, al punto che dei due capi s’è persa traccia, e non ci sono fermagli. In poche righe è quindi impossibile ripercorrere la sua meravigliosa vita, riavvolgere la storia, e poi c’è ancora molto da raccontare essendo che continuerà a vivere nei suoi figli, le adorate nipoti e pronipoti, e anche dopo, quando ogni cosa sarà molto più luminosa per tutti.
Ciao Mamma, ti abbraccio forte, ti sento.
Mauro.

Pulsionale poesia III Millennio

Dalla prefazione di Pamela Michelis, “Pulsionale, poesia III Millennio” terza edizione pubblicazioni “Illeggìoanoveposizioni” (le prime due sono esaurite non avendo rinnovato il contratto con la casa editrice Vertigo srl – Roma):
Mauro Giovanelli- Genova


… è una poesia pittorica quella del nostro autore che fin dalle prime righe sembra ricordarci che la vita – affinché sia tale e possa dare il massimo – allo stesso modo va vissuta, senza negarsi possibilità ed esperienze, facendo un profondo respiro e gettandosi nell’ignoto.


[…]
Ho visto l’unica aristocrazia,
la tua cultura, filosofia, saggezza e,
in rapida successione,
ho visto Carmen Mondragón, Nahui Olín,
gli esuli dalla guerra civile di Spagna,
udito il passo dell’oca che t’intimoriva.
Ti ho veduta con Alda in fasce, avvolta nella coperta,
io dentro te assumevo forma e sostanza mentre,
procedendo calma e accorta,
evitavi la folla terrorizzata, amalgamata, impazzita,
che al suono dell’allarme correva verso il rifugio. […]
(Mamma)

HANNO SCRITTO PER Mauro Giovanelli: su “LE MUSE”, bimestrale di arte e cultura ANNO XIX, febbraio 2019 Articolo a cura di Teresa Laterza (pagg. 22÷27)

NOTE BIOGRAFICHE

Mauro Giovanelli nasce a Genova il 27 febbraio del 1945. Si laurea in Scienze Geologiche, presso l’università di Genova e s’interessa di filosofia. Autore dalla personalità poliedrica, amante della lettura e della scrittura, ma anche della pittura e del disegno, ha dato vita a tantissime opere poetiche, di saggistica e narrativa ed ha partecipato e presieduto a diversi eventi artistici culturali di rilievo. Tra i suoi lavori (1):

  • “Il leggio a nove posizioni” Vertigo Edizioni srl Roma (romanzo).
  • “A destra di nessuna sinistra” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica politica).
  • “Destra e manca” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica politica).
  • “Barra a manca, timone a dritta, tutto a destra” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica politica).
  • “Forse è Poesia” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Scrivo a Pasolini” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (saggio).
  • “Poesia III Millennio” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Cinema & Arte” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica d’arte).
  • “Sintonia Immaginifica” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica d’arte).
  • “Viscerale” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Pulsionale, Poesia III Millennio” Vertigo Edizioni srl Roma (romanzo).
  • “Pulsionale, Poesia III Millennio” 2a edizione Vertigo Edizioni srl Roma (romanzo).
  • “Le tessere del pàmpano” Vertigo Edizioni srl Roma (romanzo).
  • “Ecco perché Juanita” (3) Ediz. Illeggìoanoveposizioni (arabesco letterario).
  • “Tracce nel deserto” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia, critica varia).
  • “Poesia III Millennio” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Sensoriale poesia III Millennio” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Viscerale poesia III Millennio” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Settantanove scritti o giù di lì – Seventy-nine writings or thereabouts” Ediz.
    Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia – italiano e inglese).
  • “Dalla risacca” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, aforismi).
  • “Affinché morte non ci separi” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesie d’amore).

(1) Elenco aggiornato al 3 marzo 2023.
(2) Ediz. Illeggìoanoveposizioni è self publishing.

Le sue opere sono reperibili su Amazon, IBS.it, lafeltrinelli.it e nelle Librerie Feltrinelli. Di prossima pubblicazione “Asso alla quinta” e, in fase di rielaborazione, “Ecco perché Juanita”(3).

È stato ufficiale di complemento, dirigente d’azienda, insegnante, immobiliarista, imprenditore. Si definisce un ricercatore dell’ignoto, scrittore per indole e predestinazione, indagatore della natura umana ed esploratore del mondo. Molti sono i posti da lui visitati: India, Uzbekistan, Russia, Turchia, Europa, Libia, Messico, Perù, Egitto, Sahara che hanno sicuramente contribuito alla formazione di una mente attenta, ricettiva, sensibile e dalle tante sfumature. Per la sua crescita, educazione e formazione lavorativa e professionale importante è stata la famiglia, ma anche i professori che l’hanno seguito nel corso dei suoi studi così come l’incontro con le letture di Pavese, Fenoglio, Caldwell. Così Mauro Giovanelli sintetizza la sua biografia breve in quarta di copertina di ogni testo: “Nato a Genova, asilo, elementari, medie, università, percorso netto, lineare, sempre regolato da lettura e scrittura anche nel tempo susseguente. Ufficiale di complemento per bizzarra circostanza, dirigente d’azienda per necessità, insegnante per passione, disegnatore per vocazione, imprenditore per presunzione, immobiliarista per occorrenza, ricercatore, visionario e altro ancora che all’istante non ricordo. Esploratore del mondo e indagatore della natura umana. Scrittore. (Quod scripsi, scripsi) Giovanni: 19, 22 – Born in Genoa, a clear, glitch-free journey through nursery, primary, high school and university – forever characterized by reading and writing, these latter to extend well beyond aforementioned journey. Reserve officer due to weird circumstances, company executive out of necessity, teacher out of passion, illustrator out of vocation, entrepreneur out of presumption, estate agent out of need, researcher, visionary and many more that elude me at this moment in time. Explorer of the world and enquirer into human nature. Writer. (Quod scripsi, scripsi) Ioannes: 19 : 22”.

Suoi contributi personali (rari) sono apparsi su “Il Secolo XIX”, “La Repubblica” e “Il Fatto Quotidiano”. Attualmente fa parte della redazione de “Il segno di Rocca di Papa” e ha stilato diversi articoli apparsi in seconda di copertina “Attualità”; brani vari di poesia, satira e sociale sono apparsi su “Memoria Condivisa” (fondazione che si occupa di mantenere viva la memoria di ogni avvenimento che riguarda le nostre radici). Un suo pezzo “Politica proverbiale” è stato scelto da Barbara Marchand (ex conduttrice di Radio Montecarlo, poi in RAI) per declamarlo nel suo canale personale youtube. Diversi sono i premi e i riconoscimenti conferitigli:

«Atlantide Edizioni “Primo Premio Nazionale di Poesia Perdersi nell’amore – Premio alla carriera conferito il 07/2017”»; «Atlantide Edizioni “Premio speciale Accademia mondiale della poesia” per la lirica “Primavera”»; «Atlantide Edizioni “Diploma D’onore e Menzione Prima Rassegna Nazionale Apri il cuore alla poesia con la lirica “Spaventapasseri”»; «Atlantide Edizioni “Diploma D’onore Primo Concorso Nazionale Il Sabato del villaggio, terzo Classificato, sezione video poesia con la lirica “Fossi Specchio”»; «Atlantide Edizioni “Primo Concorso Nazionale Il Sabato del villaggio” Premio Speciale della critica sezione lingua italiana con la lirica “Fémina Danae”»; «Atlantide Edizioni Secondo premio Nazionale di poesia, Menzione d’onore sezione video poesia con la lirica “I divini cavalli di Achille”»; «Atlantide Edizioni “Secondo premio Nazionale di poesia” Perdersi nell’amore sezione lingua italiana con la lirica “A meno 1/12 dall’autunno”»; «Atlantide Edizioni Seconda Rassegna Nazionale Apri il cuore alla Poesia, menzione speciale per la lirica “Come niente fosse”»; «Atlantide Edizioni Primo Premio Nazionale di Poesia Perdersi nell’amore menzione e recensione della lirica “Logorìo della memoria”»; «Pluriversum Edizioni Attestato di segnalazione per l’opera “Donna”»; «Pluriversum Edizioni Attestato di segnalazione per l’opera “La risposta”»; «Pluriversum Edizioni Attestato di segnalazione” per l’opera “Orizzonti”».

L’autore è inoltre presente in varie antologie: Prima rassegna nazionale “Apri il cuore alla poesia” (Atlantide Edizioni); Antologia di autori italiani – primo premio nazionale di poesia “Perdersi nell’amore” (Atlantide Edizioni); Autori vari – Il federiciano 2018 (Aletti Editore).
Con l’incarico di Conduttore e critico di mostre d’arte ha presieduto: Anteprima mondiale mostra “CINEMA & ARTE” dipinti di Carlo Rambaldi – Lamezia Terme RC, Teatro Grandinetti, 5/6 agosto 2017; VIII Edizione Mostra d’arte contemporanea “SINTONIA IMMAGINIFICA”, La Morra CN, Chiesa dei Confratelli di San Rocco, 21 ottobre 2017. Come giurato ha presieduto la prima edizione del Premio Artistico Letterario Internazionale “Athena Ars” e il primo premio Artistico Letterario Nazionale “La nebbia agli irti colli”.

MAURO GIOVANELLI: UNA MENTE ILLUMINATA – NOTE CRITICHE

La poesia di Mauro Giovanelli è soffio d’infìnito, apertura all’oltre, all’ulteriore, ricerca instancabile e inesauribile di significati nello scorrere dell’esistere. Momenti d’inquietudine si alternano alla pacata riflessione. Stati d’animo forieri di scoperte nuove, allettanti, sempre sospese tra il se e il forse di quegli interrogativi che rendono l’uomo poeta/pensatore del proprio tempo. E il tempo dell’autore è quello delle svariate “verità”, degli angoli oscuri della mente, dei sogni ad occhi aperti, delle velate malinconie dei ricordi, dell’amore garbato e passionale (ammirazione, venerazione) per il gentil sesso, ma anche di quello universale, che sembra avere un linguaggio comprensibile a pochi. I poeti, quei liberi pensatori che non si limitano a uno sguardo superficiale delle cose perché amano penetrare i significati anche di ciò che può sembrare banale, in quel “significante nonsenso che ha il gusto soddisfatto del possibile”. E lo sguardo di Mauro Giovanelli si adagia sulle incoerenze del nostro tempo, sulle scelte insidiose, sulla coltre di uno spazio angusto che genera reazioni e ribellioni a una morale imposta, cieca, sterile, mentre l’animo umano richiede carezze, comprensione, ascolto, calore, sperimentazione del tutto, libertà d’essere, vigore, spontaneità. Autentici, istintivi, pulsionali sono i versi del nostro autore che sgorgano fieri, come il soliloquio più intimo dell’io o un dialogo allo specchio, in cui nulla è celato e i ricordi s’imprimono nostalgici per necessità, in quell’attimo d’ispirazione della parola “poetica” che sa d’eterno. Nel rincorrersi dei versi, in una frenesia di stati d’animo, l’autore riesce a godere delle sue provocazioni che non hanno alcun intento di scandalizzare bensì di risvegliare dal torpore, gli animi, le menti e i corpi ingabbiati nella consuetudine delle “buone maniere” che, spesso, incasellando l’uomo in ruoli e schemi, lo spogliano della sua vera essenza. La poesia di Mauro Giovanelli è molto altro, non solo introspezione, meditazione sul proprio io, ma anche importante spunto di riflessione sui temi caldi, che inquietano la nostra società, come la violenza sulle donne, l’ostilità verso lo straniero, il terrorismo, una visione ampia, non condizionata dal nostro esistere, uno sguardo attento, lungimirante, capace di sondare i misteri dell’universo ma anche della natura umana e del suo agire. In questo si nota l’interesse e la preparazione dell’autore sui temi filosofici di grande importanza che da sempre contraddistinguono l’interessante mondo di quegli uomini pensanti: i “libera mente”, come lo stesso autore ama definirsi. Una poesia interiore, sociale, politica che ricama singolari tempi e significati in un percorso di ricerca che non si arresta davanti al mistero dell’incommensurabile. I versi di Mauro Giovanelli parlano di un uomo dall’intelligenza vivace e dalla personalità complessa, multiforme, dalle svariate sfaccettature, di notevole spessore culturale e umano. Un artista e un ricercatore dai grandi valori etici, che fa dell’attenzione un pilastro del suo modo di rapportarsi al sentire comune. Delicati, ma anche provocatori sono i componimenti, spesso di denuncia di una realtà iniqua che non merita quel silenzio/assenso di comodo, ma che necessita di gridare, forte, quelle verità scomode che richiedono giustizia. Mauro Giovanelli non si lascia plasmare o ammaliare dall’apparenza, egli avverte l’esigenza di andare in profondità, di scavare, di osare, restituendo alla parola “poetica” la dignità che merita. La poesia è verità dell’anima, pura essenza dell’io, nei versi del nostro autore che vanta moltissimi riconoscimenti artistici e culturali, esperienze e sperimentazioni di cui i suoi versi sono pregni. Il suo pensiero, come lo stesso autore ama ricordare, si sposa con quello di un grande del panorama artistico culturale, Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista italiano del XX secolo. Un artista, Pasolini, culturalmente versatile, attento osservatore dei cambiamenti della società, nonché figura controversa che suscitò spesso forti polemiche e accesi dibattiti, con i suoi giudizi radicali e critici anche sulla società dei consumi. Così il nostro Autore, per i coinvolgenti contenuti dei suoi folti scritti e per l’apporto che lo vede attivamente impegnato nei vari ambiti artistici e culturali, è destinato a lasciare un segno indelebile in questa nostra epoca, in una società in continuo cambiamento, poco attenta alle reali e urgenti necessità dell’uomo, oggi lasciato spesso allo sbando e senza punti di riferimento. Una mente illuminata la sua, un intellettuale dalle verità scomode, ma anche un amante dell’affascinante mistero del bello e della forza della determinazione, come si evince da questa sua esortazione – “Datemi una leva, immagine, dipinto, arte, gioia, sofferenza, purché esprima ciò che vi anima, le pulsioni, io vi descriverò il mondo” – che contraddistingue l’audacia di chi è destinato, con i suoi scritti, a far parlare di sé.

INTERVISTA

La sua è una poesia dalle mille sfaccettature, quasi un abbraccio universale allo scibile. Cos’è per Mauro Giovanelli la poesia?

  • Irrefrenabile esalazione dell’anima o qualunque cosa essa sia, coglie all’improvviso, necessità, bi- sogno fisiologico, desiderio di comunicare, liberarsi, confessare se stesso a se stesso, rimettere i peccati, divulgare la propria Verità.

Poesia e vita, un binomio dove non esiste una linea netta di demarcazione se non in riferimento…

  • All’amore e l’Ulteriore.

L’inquietudine nei versi di Mauro Giovanelli…

  • Al sostantivo da lei adottato aggiungerei i sinonimi tanto per evitare differenze anche piccole, solo apparentemente insignificanti: ansia e turbamento. Non sono forse il propulsore della vita? Quella vera intendo. In tale compagnia l’inquietudine consente di mettere a fuoco il nostro telescopio, in questo caso strumento abbastanza particolare poiché permette sia di traguardare molto lontano sia vicinissimo. L’inquietudine è energia, tutto, finanche per arrivare al nulla, anch’esso estremo interessante da esplorare.

Dalle sue poesie emerge il sentimento d’ammirazione e amore per le donne. Quanto è importante la figura femminile (compagna, madre, amica) per le sue ispirazioni poetiche?

  • Irrinunciabile. La donna è inizio e fine, ogni cosa esiste per lei e in lei. Il mio vissuto è funzione dipendente della donna, il pensiero, lo spirito sempre associato alla figura femminile e credo che dovrebbe essere un fatto normale. Neppure la definirei ammirazione ma venerazione, atto dovuto, forse l’unico vero sentimento d’amore quindi scopo, necessità, impellenza, completamento. L’altra parte dell’incastro perfetto per formare l’intero della loghia 22, testo gnostico di Tommaso, l’autentico insegnamento del Rabbi Jeoshu ha Nozri. “Allorché di due farete uno… troverete l’entrata del Regno.” Non sono del tutto convinto che questo possa valere anche per l’altra parte, non con la stessa valenza almeno.

L’osservazione del quotidiano è certamente una delle principali fonti d’ispirazione per i suoi componimenti, ma la sua poetica è intrisa d’interiorità e riflessioni sul senso dell’esistere, ce ne parli.

  • Interiorità, senso dell’esistere… quanto tempo ho a disposizione? Va bene, cercherò di essere conciso. Mi verrebbe da rispondere con una domanda. “Si potrebbe creare poesia evitando di esplorare noi stessi, interrogarci, indagare l’inconoscibile che siamo, che ci sovrasta? Di conseguenza considerare il senso della vita?” Personalmente ritengo sia impossibile o meglio, per quanto mi capiti di leggere, senza tali ingredienti non la definirei lirica ma espressione fotografica di ciò che appare. Torniamo al tele-microscopio, chi ne è privo non se lo può dare e non è in vendita. Nell’osservazione del quotidiano mi viene naturale creare associazioni che vanno oltre la mera visuale delle cose.

La concezione del tempo in Mauro Giovanelli.

  • In fisica il Tempo è funzione dipendente della materia, esiste poiché possiamo misurarlo attraverso il deterioramento e le modificazioni che quest’ultima subisce, ossia l’invecchiamento. È la quarta dimensione, netta, chiara di tutta la matematica e geometria dopo Euclide in virtù della dimostrata indimostrabilità del quinto postulato da parte del russo Nikolaj Ivanovič Lobačevskij’ e l’ungherese Nižnij Novgorod (contemporaneamente a insaputa uno dell’altro). Per Mauro Giovanelli… ho appena composto un aforisma che spero possa essere esaustivo: “Tempo è la distanza intercorrente fra mancanza e presenza. Nella direzione contraria apre all’infinito”.

Si definisce scrittore per indole e predestinazione, perché?

Innanzi tutto perché la scrittura mi accompagna dalle elementari, forse anche prima di saper comporre (ho ricordi indelebili dall’età di un anno), era lì ad aspettarmi. La prima poesia la scrissi in quarta, ho il manoscritto che sto cercando, è fra le pagine di qualche libro importante, purtroppo sono tanti; si riferiva a un vascello di pirati o corsari, in un mare in tempesta, il senso, l’incombere della morte. Non ho memoria di quando iniziai a leggere con cupidigia, “II corsaro nero” di Salgari ad esempio o “Viaggio al centro della Terra” di Verne. Resta il fatto che alle scuole medie (miste) “confezionavo” due temi diversi per lo stesso titolo, uno per la compagna N.A., l’altro per me. Sarei potuto arrivare a molti di più, almeno un altro per il mio amico vicino di banco, ma a quei tempi era necessario fare sia la “brutta” sia la “bella” e dovevamo consegnarle entrambe. Quando la professoressa di lettere ci scoprì, mi assegnò un posto vicino alla scrivania e nei “saggi in classe” mi assegnava i temi del Ginnasio. Scusi se mi dilungo, ma non credo che esistano scrittori, artisti in generate, che non siano tali per indole o predestinazione. Sotto quest’aspetto noto una certa inflazione, decadenza. Al teatro Grandinetti in quel di Lamezia Terme in anteprima mondiale nell’agosto del 2017presentai i dipinti inediti di Carlo Rambaldi (tre volte premio oscar per gli effetti speciali). Una signora si avvicinò e per presentarsi mi consegnò il suo biglietto da visita, dove sotto nome e cognome trionfava il suo titolo “POETESSA”. Pazzesco! Come ingegnere o geometra, avvocato. Lo stesso “poeta”, vero intendo, può esserlo oggi ma non più domani. Comandano l’ispirazione, irrefrenabili esalazioni dell’anima, necessità, bisogno fisiologico, desiderio di comunicare, liberarsi, confessare se stesso a se stesso, divulgare la propria Verità come ho avuto modo di dire poc’anzi. Oltre questo c’è il nulla.

Il silenzio come dimensione interiore e spazio-temporale della produzione scrittoria.

  • Salutare oltre che inevitabile. Il silenzio è roboante quando propedeutico alla “creazione”, perdoni l’uso di questo termine, è l’humus su cui sono coltivati sogni, speranze, riflessioni, utopie, angosce. È stella di neutroni che implode sulla sua propria massa liberando energia utile a riequilibrare il divenire.

  • “Dio non gioca a dadi con l’universo”. Cosa le viene in mente?
  • Il grande Albert Einsten, sua la frase che ho adottato come titolo di un mio lavoro. Poi Giordano Bruno il più grande filosofo dell’umanità nonché il suo aguzzino Roberto Bellarmino, il primo disperso in cenere e fumo il 17 febbraio 1600 e l’altro fatto santo e dottore della Chiesa tre volte. Le discrasie di una società malata, la nostra intendo, forse irreversibilmente se non acceleriamo il rallentamento di questa pazza e insensata corsa. Tanto varrebbe, dunque, prendere la vita allo stesso modo della sequenza di frasi nonsense che il Conte Lello Mascetti, magistralmente interpretato da Ugo Tognazzi in “Amici miei” (1975, diretto da Mario Monicelli), sciorina al vigile attonito. La geniale filastrocca non è così paradossale come sembrerebbe.

Molte sue poesie sono di ripudio o denuncia rispetto ad alcune realtà. Può la poesia contribuire a risanare la società? In che modo?

  • Può! Anzi deve. A una condizione, che sia poesia.

Pasolini è una figura presente e importante per il suo scrivere, ci spieghi perché.

  • Perché ritengo sia l’ultimo messia, in senso laico s’intende, oltre che il più grande intellettuale del secolo scorso. La nota che ho voluto inserire nella poesia che gli ho dedicato, “ULTIMO Māšīāḥ” e riportata sul mio “Scrivo a Pasolini” immagino sia esplicativa.’ “Credo di essere entrato nella mente di Pasolini indipendentemente da quanto che è stato scritto e detto di lui, neppure per quanto assorbito dai suoi insegnamenti. Credo di essere entrato nella mente di Pasolini perché è lo specchio della mia anima e del mio modo di traguardare il mondo. Credo di essere entrato nella mente di Pasolini per il semplice fatto che nel momento in cui ascolto la sua parola essa s’incastra perfettamente con il mio ragionare”. I santi e santini non mi hanno mai impressionato, difficile che mi lasci condizionare da chicchessia, credo di essere davvero libero dalle catene della morale comune e dagli aberranti condizionamenti della società. Se oltre duemila anni fa un uomo chiamato Rabbi Jeoshu Ha Nozri ha meritato l’appellativo di Messia, allora Pasolini è degno di essere chiamato tale non per investitura divina ma grazie alla “regalità” del suo pensiero e i percorsi indicati. Credo che Pasolini avrebbe potuto essere protagonista di un miracoloso rinnovamento, l’unico e forse l’ultimo intellettuale in grado di poter risolvere la complicata convivenza fra gli umani e a questo fine il suo cuore palpitava. Credo che Pasolini sia stato pure un profeta, senza alcuna ispirazione divina, ma solo perché ogni sua previsione si è avverata quindi è il propulsore che fa interagire le mie sinapsi quando leggo le sue parabole. Ciò al fine di evitare qualsiasi fraintendimento che possa portare a strumentalizzazioni di vario genere, men che meno mistici o presunti tali.”. Pasolini è mio grande amico, mi tiene compagnia.

Il suo rapporto con la fede.

  • Altro aforisma coniato di recente che comparirà nella prossima raccolta “Sensoriale – Poesia III Millennio “. “Credente è chiunque liquidi ogni dubbio e incertezza rinunciando a cercare risposte”. A mio avviso occorre distinguere tra “fede” e “credo”. Nel primo caso posso ritenermi uomo di fede nel perseguire i miei principi dettati dal cuore e la mente; parafrasando Jean Paul Sartre (Le parole) “…vedo ovunque l’assenza di un Dio” dunque mi ritengo maniaco di tale amputazione. Nel secondo caso affermo di non credere e sono convinto che le religioni, ottomilacinquecento le varie “confessioni” al mondo, dividano i popoli e siano strumento di forte condizionamento al fine di alimentare conflitti. Il discorso è molto lungo e ignoro il tempo che abbiamo a disposizione oltre gli spazi dedicati della vostra rivista sebbene sia pronto a confrontarmi con chiunque. Se permette, espongo due citazioni che a tal proposito rispecchiano il mio abito mentale. Anacleto Verrecchia: “Con la sua onnipotenza Dio ha deciso non solo di non esistere, ma anche di non essere mai esistito”. Questa è anche arte del pensiero. Poi: “Tracciare un muro divisorio tra l’uomo e gli altri animali è un’assurdità della filosofia occidentale, perché tutti gli esseri viventi sono fenomeni diversi di un’unica sostanza universale.”. Leggete questo grande filosofo contemporaneo, germanista, addetto culturale all’Ambasciata d’Italia a Vienna, coadiutore alle pagine culturali di giornali italiani tra cui Il Resto del Carlino e La Stampa. Grazie alla sua padronanza del tedesco collaborò con Die Presse, Die Welt. Non parlava volentieri della sua vita privata perché, diceva, “di un filosofo o di uno scrittore ció che interessa sono gli scritti e non le vicissitudini personali”. Ho il privilegio di possedere una copia con dedica e firma autografa del suo “Giordano Bruno, la falena dello spirito”. Fu traduttore di Georg Christoph Lichtenberg, appassionato studioso di Giordano Bruno, Friedrich Nietzsche e, grande amore, Arthur Schopenhauer La sua è stata giudicata “la migliore prosa filosofica scritta in Italia”. Confermo e chiedo venia della mia logorrea, che quanto riferito solo apparentemente potrebbe sembrare poco attinente alla sua domanda. Tornando alla fede, il credo, le confessioni, la religione, i tre monoteismi abramitici, ecc. sostengo che nella filosofia ci siano tutte le risposte alla nostra portata. Accorperei matematica e fisica aggiungendo che mi sono limitato al grande Verrecchia per ricordarlo e rilevare che quando morì, nel 2012, i telegiornali gli dedicarono neanche lo spazio che assegnano per l’infortunio al ginocchio di un calciatore. A lui andava bene così ma per i nostri giornalisti è stato facile accontentarlo. Concludo con Aulo Gellio, Noctes Atticae, XX 4,9, “Religentem esse oportet, religiosus nefas [ne fuas]” ossia “E’ opportuno rileggere (religentem), cercare, invece essere religioso è cosa da evitare, nefasta” e una mia massima (Dalla Risacca, copyright 2022 Mauro Giovanelli): “Nella ricerca della verità, Dio è utilizzato alla stregua del segnalibro a indicare la pagina da cui ogni volta ripartire per giungere al colophon del testo. La trascendenza è pausa di comodo lungo il percorso della conoscenza.”.

Scrittura e follia, un binomio per molti versi necessario.

  • Follia certo, molto diversa dalla pazzia. Sì, sono interdipendenti, binomio indissolubile, necessario per vivere anziché sopravvivere e dove, come riferito poc’anzi, non esiste una linea netta di demarcazione se non con riferimento all’amore e l’ulteriore.

Scrivere è sperimentare ma anche guardarsi allo specchio. Quanto è d’accordo con quest’affermazione?

  • I miei ultimi lavori portano il sottotitolo “III Millennio” non perché mi ritenga meritevole, anche se lo penso, di rappresentare solo in parte questo segmento dei secoli a venire ma per il fatto di verificare ogni giorno il vuoto culturale e formativo intorno a noi con tutto quel che ne consegue. Ritengo che l’Occidente sia civiltà in decadenza forse già arrivata oltre il punto di non ritorno. Come accaduto in passato, e la storia ci insegna, l’ultimo tragitto della discesa è rovinoso, veloce e inarrestabile. Pensi che sono ottimista da sempre. Che altro mi resta se non sperimentare e sperare di essere letto, ascoltato per ciò che di buono io ritenga di poter dare? Per noi, soprattutto per le nuove generazioni che vedo con poche speranze, sogni, mancanza di punti di riferimento, valori. Tentare di compiere il miracolo. Ecco! Risvegliare le anime. L’esiguo spessore della classe politica in Europa credo sia sotto gli occhi di tutti, almeno di chi sa ancora vedere e ragionare. Gli Stati Uniti d’America, la stessa Russia, Cina, tutti prostrati dinanzi al solo, vero, autentico, idolatrato monoteismo che ci sovrasta: denaro e consumo ne sono la dottrina. Quale migliore indagine se non cercare di restituire ai giovani, propulsori di ogni cambiamento, il latino e greco antico, coltivare le arti, passione della lettura, i classici, rispetto del prossimo, solidarietà, ricerca di se stessi, amore e, in questo senso, il miglior utilizzo degli smartphone? Solo così posso guardarmi allo specchio senza dover abbassare gli occhi. E poi non potrei farne a meno. Dal punto di vista introspettivo, credo sia anche questo il senso della sua domanda, le rispondo così: per ciascuno quale miglior confessore potrebbe esserci se non l’altro di noi? Senza sigillo sacramentale ovviamente. Sì! Certo, sono d’accordo.

La sua poesia è anche provocatoria. Ci parli di questa esigenza.

  • L’esigenza è di scrivere ciò che mi è suggerito non ho capito bene da chi o che cosa abiti in me comunque si coniuga con il tipo di capacità intellettiva che mi è stata assegnata. In parole povere ho quest’occorrenza. Per quanto riguarda il pungolo da considerarsi sotto l’aspetto della “morale corrente” (nulla a che vedere con Kant) ritengo che la verità sia provocatoria ed io scrivo ciò che penso, e lo faccio per piacere a me stesso, gli altri vengono dopo. Ritengo che i moralisti siano uno dei veri flagelli dell’umanità, e questo in ogni campo. Mi permetta una divagazione e perdoni l’accostamento. Il grande Srinivasa Aiyangar Ramanujan (Erode, 22 dicembre 1887 – Chennai, 26 aprile 1920) è stato un genio matematico indiano e se abbiamo potuto atterrare su Marte o sulla cometa “Rosetta”, lo dobbiamo alle sue formule. Egli non ebbe modo di accedere ai testi specifici o seguire regolari corsi sebbene lo stesso Godfrey Harold Hardy (Cranleigh, 7 febbraio 1877 – Cambridge, 1 dicembre 1947) che lo portò in Inghilterra a frequentare la più prestigiosa delle Università, disse di lui. “I limiti della sua conoscenza erano sorprendenti come la sua profondità. Un uomo capace di risolvere equazioni modulari e teoremi in modi mai visti prima, la cui padronanza delle frazioni continue era al di sopra di ogni altro matematico del mondo, che ha trovato da solo l’equazione funzionale della funzione zeta e i termini più importanti di molti fra i più famosi problemi nella teoria analitica dei numeri; tuttavia non aveva mai sentito parlare di una funzione doppiamente periodica o del teorema di Cauchy, e aveva una vaga idea di cosa fosse una funzione a variabili complesse… non furono pochi coloro che lo osteggiavano, sia perché era indiano, sia perché era povero, non faceva parte dell’elite e la sua presenza fra loro la consideravano una provocazione. Comunque Srinivasa sosteneva che la sua ispirazione onirica gli fosse dettata dalla Dea Namagiri Thayar e che il Dio Narasimha gli mostrasse nel sonno alcuni codici dei quali al risveglio riusciva a trascriverne soltanto una piccola parte. Perdoni la digressione ma, facendo le debite proporzioni, credo che più o meno sia una cosa di questo genere tanto per completare il discorso circa la sua domanda e la mia convinzione che lo scrittore (artista, poeta, ecc.) sia tale per indole e predestinazione.

Il giorno dei morti

[…] Là in fondo,
alla fine del parco,
appena dietro il cimitero,
erano fredde le tue cosce,
denso e madido
profumo di fiori morenti
riempiva le narici,
e al riparo della sottile nebbia
l’ultimo cigolio dei cancelli
diede voce al silenzio,
e nella spenta luce
tutto si dissolse
fra le tue mutandine,
e baciarti fu importante.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Fossi specchio…

[…]Se fossi specchio
il tuo bagliore
attraverserebbe
indefinitamente
l’Universo Mondo
per riposare
alle mie spalle
l’Eternità. […]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

I divini cavalli di Achille

[…]Amore,
amare,
essere amato,
amaro
averlo perduto
così da rinunciare
all’affilata luce del sole
che leviga ogni dolore
e ombra benevola
accoglie tregua, silenzio,
mentre la vita scorre come carezza
sul muso del purosangue
che guarda verso il cielo. […]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Straniero

[…]Fino a quando esisteranno rappresentazioni politiche del Pianeta dilaniate da immaginari confini a rappresentare virtuali Stati e relative divisioni amministrative ciascuno di noi sarà straniero, anche in patria. […]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Reliquie

[…]Siamo reliquie
del fallace disegno di un artefice
privo di eterna ispirazione.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Così

[…]Neanche al tempo mi concedo.
Avvolgerò l’inquietudine e,
con l’involto sottobraccio,
fisserò il mio istante,
guardando al sole.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

La verità

[…]Quando si arriva al punto di aver capito tutto
altro non resta che il suicidio
per conoscere l’Ulteriore
prima che la Natura
ci colga impreparati.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Immacolata di me

[…]Nel tempo ho capito,
che sei potere dell’anima
l’avevo solo intuito.
Dare e avere, dopo e prima sono in te.
Neanche nocchiero delle mie pulsioni,
schiavo della passione,
considero possesso
la penetrazione della carne,
invece ti appartengo,
mi genufletto e tu, per l’eternità
da me immacolata.
Ecco cos’è.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

.

HANNO SCRITTO PER MAURO GIOVANELLI: Pamela Michelis, febbraio 2023, prefazione a “AFFINCHÉ MORTE NON CI SEPARI” 1a Edizione Illeggìoanoveposizioni

«Se non hai quel grembo
entro cui riversare
ogni lacrima delle tue ferite,
verso sera si va incontro a se stessi…»

Con questa sua ultima raccolta poetica data alle stampe, “Affinché morte non ci separi - Poesie d’amore”, Mauro Giovanelli realizza quella che possiamo definire un’opera di assoluti. Intendiamo, per assoluti, due opposti totalmente distanti, eppure, a ben guardare, costretti a un legame indissolubile che li vincola alla reciproca esistenza. Il più conosciuto è sicuramente Bene/Male: quante volte, infatti, abbiamo letto di come un aspetto esista solo in funzione dell’altro e viceversa?

Mauro Giovanelli, però, in questa raccolta, si concentra su altri assoluti, che crediamo siano ancora più potenti: Eros e Thànatos.
Senza avventurarci in disquisizioni troppo filosofiche o freudiane, possiamo riassumere molto brevemente il concetto dicendo che Eros è la pulsione di vita, quella spinta inarrestabile che ci motiva verso il soddisfacimento di sé, la ricerca del piacere, l’appagamento dello spirito e della carne; collegato vi è Thànatos, uno stimolo altrettanto potente ma distruttivo, spesso inarrestabile – e comunque inevitabile – con cui dobbiamo imparare a convivere. Nondimeno, Thànatos può anche essere letto come forma di difesa dalla paura della morte, che perde dunque il suo carattere distruttivo e torna a essere una forza evolutiva, e quindi imprescindibilmente legata con lo slancio vitale e l’impulso anche sessuale. Solo nell’equilibrio tra le due può esserci eternità.
Ecco dunque che con le sue poesie Mauro Giovanelli li supera entrambi e ci porta a conoscere l’incontro di anime e di corpi che va oltre il presente, attraversa quella soglia mortale per inoltrarsi
nell’indefinibilità di quel che non possiamo conoscere.
“Affinché morte non ci separi” è l’elogio definitivo a una dualità che non si arresta con la cessione delle funzioni vitali e, infatti, vive anche quando agli amanti vien meno la vicinanza, poiché sono le anime a essere collegate, e la fisicità che prende vita è potente e stremante quanto lo sarebbe quella tangibile, lasciando in più un’irresistibile perdizione di sensi data dallo smarrimento momentaneo di sé.
Non a caso una delle immagini dominanti che ricorre nella raccolta è proprio quella del bisòmo, termine con cui, nelle catacombe, s’indicava una sepoltura doppia: tecnicamente sono proprio i loculi orizzontali nelle pareti realizzati spesso per contenere due salme, di solito marito e moglie.
Ogni poesia diventa bisòmo: scrigno sacro destinato a conservare l’immortalità di un ricordo, ancor più di un amore, e anche se la materia si disgrega in polvere, la presenza del sentimento vive perfino attraverso questa dissolvenza, ossia la sacralità di due anime che si sono incontrate e che attraverso la parola sigilla la loro presenza terrena e ultraterrena, perché senza definire un oltre, esso esiste comunque, lo sentiamo tra queste pagine ogni volta che le anime comunicano in modi che non riusciamo neanche a immaginare.

[…] Mi ascoltavi, ripenserai all’infinito che proprio perché tale ha il suo limite, una volta concesso all’universo d’esplorare ogni gioco, lo costringerà a cavalcare ciò che è stato, rimodulare il destino con le medesime pedine […]
(Torneremo)

Però il lettore un poco più spregiudicato potrebbe chiedersi se in realtà Mauro Giovanelli non stia adoperando una metafora e questa morte, anzi l’andare oltre la morte, non sia anche simbolo della perdita di (del) sé nell’altro. Il dubbio è lecito: quando la
perdizione di sé nell’altro è compiuta, perché tracimano i margini
che un’intera esistenza ci ha imposto, che cosa succede al sé più profondo? È forse l’esperienza più “terrificante” che abbia provato chi, appunto, si è annullato nella perdita dell’amore: lo smarrimento di sé equivale a una vera e propria morte e l’altro diventa un luogo ultraterreno da raggiungere disperatamente, il paradiso promesso per ritrovare se stessi.

[…]Fossi specchio
il tuo bagliore
attraverserebbe
indefinitamente
l’universo mondo
per riposare
alle mie spalle
l’eternità. […]
(Fossi specchio…)

Ancora:

[…] Amore,
amare,
essere amati,
amaro averli perduti,
così da rinunciare
all’affilata luce del sole
che leviga ogni dolore
e ombra benevola
accoglie tregua, silenzio,
mentre la vita scorre
come carezza
sul muso del purosangue
che sta guardando il cielo. […]
(I divini cavalli di Achille)

Forse abbiamo proposto un’interpretazione un po’ azzardata, ma
in fondo stiamo parlando di assoluti, di terre sconosciute e dunque di confini superati nel buio più completo… (pensiamo al componimento “Al centro”, per esempio):

[…] e sarà amore totale, fluido, i nostri corpi ci faranno toccare confini mai neppure immaginati, fino a coprire tutte le direzioni, e noi sempre al centro. […]
(Al centro)

Ma è in realtà l’amore, la sua nascita, il suo dirompente prendere vita che si contrappone alla morte stessa pur essendone sorella. La convergenza di entrambi raggiunge l’apice nel brano in cui lo stimolo vitale tramite la fisicità è lasciato libero di incontrarsi e scontrarsi in un luogo estremo, è una collisione pari a un big bang animico:

Il fatto che la raccolta si risolva con una poesia intensa come “Il
prossimo incontro”…

[…] Il prossimo incontro
sarà più o meno così,
intanto vederti,
una carezza sul viso,
di quelle che non si dimenticano,
tu alzerai il mento,
respiro corto, intenso,
come lupa che fiuta il vento,
abbraccio forte,
ti stringerò in vita,
la mano scenderà lieve,
risoluta, calda,
e questo per portar via qualcosa di te
oltre il bacio,
e la tensione della tua nuca. […]
(Il prossimo incontro)

…lascia aperte altre vie interpretative, fa pensare che in effetti tutto sia un presagio di nuova vita, non un semplice rinnovarsi, piuttosto un trasmutare completo che avvia una nuova ciclicità del divenire che nondimeno transita nella carnalità e nell’amore ma esiste solo perché le anime hanno saputo superare l’averno della fine e sono ora proiettate verso un infinito di luce immateriale, però sempre all’insegna del conosciuto: lo sguardo di chi amiamo.
Pamela Michelis

HANNO SCRITTO PER MAURO GIOVANELLI: Carla Infante, 20 gennaio 2019, pensiero critico “PULSIONALE POESIA III MILLENNIO” 1a Edizione – Vertigo Edizioni srl – Roma

Vorrei rendere omaggio (avrei dovuto farlo prima) a uno degli Editor della pagina “Setteversi”, Mauro Giovanelli, che ritengo profondo conoscitore della letteratura e dell’arte italiana e internazionale. Singolare nella sua poliedricità, personalità non facile, direi rude e inavvicinabile per certi aspetti, ma sicuramente una delle più grandi penne in circolazione! Devo confessare, dopo aver letto il suo ultimo libro “Pulsionale – Poesia III millennio”, di essermi trovata di fronte a un capolavoro! Opera che contiene un ritratto della vita senza filtri, pagine in cui prosa e poesia si mescolano per raccontare l’amore o il dolore con la stessa intensità… nella sua lirica che segue, è esaltata l’importanza di avere un “grembo” in cui rifugiarsi la sera quando al ritorno a casa si ha bisogno di qualcuno cui svelarsi senza finzioni e trovare ristoro! A presto Mauro… grazie.
Carla Infante
Teacher presso Ministero Pubblica Istruzione

[…] Se non hai “quel” grembo
entro cui riversare ogni lacrima
delle tue ferite,
verso sera si va incontro a se stessi,
il pensare è compresso all’essenziale,
senza fronzoli né finzioni,
così che tutto
possa stare dentro l’abito mentale
predisposto all’ultimo,
eventuale fottuto viaggio,
e lo riporrai a ogni fottuta alba
fino a quando il sorgere del sole
ti dovesse comunicare
che un altro crudele,
fottuto giorno, sta per cominciare. […]
(Il mio grembo)

HANNO SCRITTO PER MAURO GIOVANELLI: Pamela Michelis, marzo 2022, prefazione a “SCRIVO A PASOLINI” – 1a Edizione Illeggìoanoveposizioni

«Il mondo non mi vuole più
e non lo sa.»

(Pier Paolo Pasolini)

Degli anni dell’università, ricordo con chiarezza molti esami ma in particolare la tematica di uno, il corso era “Letteratura italiana moderna e contemporanea” e verteva solo su Pier Paolo Pasolini. A pensarci oggi, mi tornano alla mente diverse situazioni – universitarie e culturali, di più ampio respiro – in cui Pasolini “spuntava fuori” in contesti di divulgazione che allora mi davano la sensazione di “qualcosa d’insolito”. Oggi, leggendo l’opera di Mauro Giovanelli, questo pensiero si è fatto improvvisamente chiaro e, con un po’ di pazienza da parte del lettore, proverò a spiegarlo meglio.
Il Professore ordinario – che, fra l’altro, scriveva anche per “L’Osservatore romano” – cuore nobile, fine e appassionato letterato, a una lezione disse, quasi sconsolato, che dopo Pasolini non esisteva più nulla; aveva da poco presentato un testo sul grande poeta in cui passava in rassegna alcune opere letterarie del Maestro collegandole a quelle cinematografiche, in particolar modo soffermandosi su “Petrolio”, ultimo, discusso, postumo e incompiuto lavoro. Ricordo con nitidezza la sua pubblicazione, le sue lezioni, e per come mi arrivasse, giovane studentessa, quella che ora potrei chiamare la passione degli incompresi, ossia il cercare di trasmettere un amore – a tratti venerazione – non tanto per un autore e l’eredità che ha lasciato, quanto per le idee, i messaggi che percepivo fossero stati recepiti dal docente alla maniera di un’illuminazione che, a sua volta, avvertiva l’esigenza di diffondere quale discepolo del profeta. Questo pensiero mi sembrò strano, forse eccessivo, non avevo ancora gli strumenti per materializzarlo diversamente (e correttamente). Teniamolo però un attimo da parte, ci tornerò.
Più avanti diedi l’esame, robusto e altrettanto bello, di “Storia e critica cinematografia”, ed ebbi la fortuna di sostenerlo con altro professore emozionato e profondamente amante del suo incarico allo stesso modo del mio primo insegnante. Fra i tanti libri e documenti da visionare era contemplato il monografico su Pier Paolo Pasolini, con le pellicole “La Ricotta”, “Accattone” e “Teorema”. Questi tre film, in diverso modo, mi avevano scosso, lasciandomi una profonda malinconia, percezione di perdita, anzi di smarrimento, come di abbandono, ed avevo faticato a lungo non tanto a capire, quanto a convincermi che potesse essere reversibile, cioè guarire, per come ero profondamente certa, all’epoca, che il riscatto, l’opportunità e il miglioramento fossero veramente alla portata di tutti. Un parallelismo mi ha fatto realizzare, più di quindici anni dopo, che non era il riscatto che dovevo cercare, ma un senso umano vero, che invece profondamente credo possa esistere di là dal contesto sociale. Ci sono arrivata con la visione di “Non essere cattivo” (2015) di Claudio Caligari, film dove, per tanti aspetti, ho ravvisato un filo di connessione proprio con “Accattone”, e non solo per gli scenari di una diversa Roma di borgata.
Questo apparentemente inutile preambolo, in realtà, dà la dimensione di quanto il testo di Mauro Giovanelli mi abbia colpito accompagnandomi in una riflessione più sincera e matura. Leggendo le sue pagine, infatti, mi è arrivato un dialogo intimo ed emozionante non solo con un letterato, un uomo, bensì con un’entità di pensiero; ho avuto l’esatta sensazione che Mauro Giovanelli arrivasse a Pasolini, ne oltrepassasse la carne e potesse scorgere, come con un terzo occhio in grado di percepire realtà situate oltre la visione ordinaria, un valore nascosto del Poeta, un moto interiore che, attraverso l’Autore, non smette di vivere per tutti. Lo vedo perché Pasolini, tra le sue parole, non è semplicemente capito o assimilato, neanche solo amato, è scrutato, analizzato, interrogato, contraddetto. È così che si costruiscono i veri e proficui rapporti, non accettando passivamente ma mettendo in dubbio, confrontandosi senza dogmi precostituiti, dunque attraversando a piedi nudi quella landa d’incertezze che abbiamo di fronte.
Ed ecco allora che prende vita un libro che accompagna il lirismo più puro a una prosa riflessiva, arguta, in cui opere diverse procedono su un binario comune, a costruirne uno immaginario di cooperazione divulgativa, perché se è vero che leggendo Pasolini una cosa mi è stata da subito chiara, ossia l’intento non solo di parlare di sé, bensì farsi portavoce, di tanti, dei molti, e di un mondo che si celava nel buio del non visto che, per quanto inesistente agli occhi della borghese quotidianità, prosperava in un mutismo, spesso sofferente, ma altrettanto carnale e viscerale nella sua apparente staticità.
È un dialogo ininterrotto quello che si viene a creare, un rapporto speciale che alcuni hanno la fortuna di provare quando ci si imbatte in un’anima con cui si coglie una sorta di affinità elettiva e che, il più delle volte pur senza saperlo, riesce a dare un’interpretazione al nostro sentire, alla nostra volontà (e necessità di sapere). Infatti, Mauro Giovanelli asserisce:

«Credo di essere entrato nella mente di Pasolini per il
semplice fatto che nel momento in cui ascolto la sua parola
essa s’incastra perfettamente al mio ragionare.».

E ancora:

«Ho scritto molto su Pasolini, “Io credo in Pasolini” quasi
fosse una preghiera, “Ultimo Messia” per assegnargli la
condizione (laica) che gli compete, e altre cose che tengo
per me poiché quando gli parlo mi sento libero e non
legato a stereotipi, modelli, stampi. Che cosa pagherei per
fare una chiacchierata con lui.».

L’intera opera è ricca di questi momenti che elevano ulteriormente il lirismo nascosto pure dalla prosa più cruda, sprezzante, per quanto sempre raffinata, poiché il messaggio che Mauro Giovanelli vuole comunicare è di ben più ampio sguardo, ossia togliere il poeta dalla teca degli sterili idolatranti di Pasolini – sul cui agire per divulgarlo e comprenderlo molto ci sarebbe da dire – e questo proprio per liberarlo e restituirci un’immagine affrancata, non quella iconoclastica che l’ha sostituito, in particolare dopo la sua morte, tanto discussa ma certamente per i motivi sbagliati, tralasciando quel lavoro fondamentale e del poeta e dell’uomo originario di Bologna ma friulano nelle viscere, che esula da congetture e pettegolezzi. Più avanti:

«Molti scrittori, direi un’infinità, si sono dedicati a scrivere
in merito alla morte di Pasolini, innumerevoli le ipotesi al
riguardo, comunque l’alone di mistero che circonda questo
grave delitto persiste fitto sull’immagine del suo cadavere
martoriato. Fra l’altro non si è mai arrivati a qualcosa di
concreto. In questo mio lavoro, all’opposto, considero il
suo massacro ineluttabile, scritto nelle pagine del destino,
cioè “dovuto” affinché alla sua figura, l’ingegno e il carico
sociale di cui si fece paladino, sia assegnata la condizione
di Messia, l’ultimo, un predestinato al martirio, come Gesù
di Nazareth e altri profeti.».

Ecco che torniamo a quella riflessione iniziale sul riconoscere un profeta. Credo che profeta possa significare molte cose, che vanno oltre il senso meramente religioso, è quella capacità di essere guida pur senza saperlo e volerlo, perché con la parola, la propria arte e con la propria esistenza si diventa faro, messaggio assoluto, e credo sia questo l’elemento che Mauro Giovanelli riconosce in Pier Paolo Pasolini, perché avvertiamo che il poeta sia vissuto e continua a essere tra noi per tramandare un ufficio importante, non potendo tenere scisso il suo piano quotidiano da quello emozionale e creativo. È una fusione centralizzante che, credetemi, non è scontata né di facile gestione. Nelle parole accorate che in più punti l’Autore rivolge allo scomparso scrittore, c’è proprio questa immensa forza prorompente, questo cercare, scavare senza sosta, e sempre al massimo della volontà, perché essa ci permette di lambire lidi sconosciuti, amare nella sofferenza e farne tesoro, bellezza, insegnamento, amore.
Ecco che:

«Dunque tu chi sei Pasolini? Perché ti soffermi a declamare
una tragedia tra le quinte di un palcoscenico inesistente?
Quanto sono tese le tue corde? Dove potrebbe arrivare la
sensibilità di cui ti nutri a ogni istante?».

Concludiamo proprio con questo climax interrogativo perché non potrebbe essere altrimenti, perché solo nel porsi domande continuamente – domande vere e spesso scomode – non spegneremo mai la fiamma della vera conoscenza.
Pamela Michelis

HANNO SCRITTO PER MAURO GIOVANELLI: Pamela Michelis, febbraio 2022, prefazione a “DALLA RISACCA” 1a Edizione “Illeggìoanoveposizioni”

«L’ottimista pensa che questo
sia il migliore dei mondi possibili.
Il pessimista sa che è vero.»

(J. Robert Oppenheimer)

Perché amiamo gli aforismi? Probabilmente per il piacere che ci dà il poter condensare un senso più ampio in una limitata perfezione. La bellezza dell’aforisma, infatti, risiede proprio in questo, nel fascino di un’espressione complessa e articolata custodita nell’essenzialità, nella brevità, nell’equilibrio, in quel morso rubato alla vita che tanto ci stimola e infiamma. Potremmo paragonarlo all’incanto del bacio nell’ardore della sua prima volta che riesce a essere infiniti colori e sapori tutti insieme, in questo caso stupendoci sempre, a ogni passaggio, vergine anche nel suo ripetersi.
Scrittore a tutto tondo, dopo la sua prospera esperienza letteraria nella poesia e nella saggistica, Mauro Giovanelli ha deciso di confrontarsi in questo campo solo apparentemente semplice e in realtà complesso, poiché richiede quel bilanciamento interiore e intellettuale non indifferente e soprattutto l’accuratezza d’idee e intenti in una padronanza linguistica incontrovertibile. Questa sua opera, dunque, ci arriva carica della nostra curiosità, poiché affascinati di sapere se la sua perspicacia poetica e la raffinatezza tipica del suo poetare possano riscontrarsi anche in questo contesto. Non rimarrete delusi, al contrario si resta imprigionati dalla verve tipica della sua scrittura che ancor più riscontriamo qui, nella scelta sopraffina delle parole, il loro musicale accostamento, il carico dell’esperienza uniti alla forte portata interpretativa maturata in anni di dimestichezza con la composizione più articolata.
Ecco, con questi suoi motti, adagi, spesso tradotti in dialoghi secchi, botta e risposta, racconto breve, Mauro Giovanelli si fa esegeta, perché riesce, con arguzia e mai sarcasmo, a centrare la questione, a proporre spunti di riflessione esistenziali e filosofici per gli orecchi di chi non si limiterà a leggerli semplicemente, bensì ne vorrà trarre prezioso spunto interpretativo per una più personale conoscenza.
Apprezziamo molto in quest’opera la decisione di lasciare gli aneddoti liberi, in ordine sparso, casuale, del resto la silloge è una raccolta di appunti, interrogativi e osservazioni anche lontani nel tempo. Evitare quindi di racchiuderli, come fanno molti, in aree tematiche è una scelta non solo azzeccata ma che denota come sia vivo e chiaro il loro senso più vero, quello di non essere legati a una schematicità o a un pensiero razionalmente fisso, bensì prediligere la necessità comunicativa, partorire maièuticamente non tanto l’idea quanto l’essenza. A farci compagnia, poi, è il gusto espressivo che da sempre accompagna Mauro Giovanelli, per cui la scrittura è qualcosa di talmente personale e intimo da potersi permettere una sfacciataggine con la parola ardita, l’iperbole più che temeraria, come si fa con l’amico di vecchia data, fratello e complice, a volte assumendo toni bruschi, fin troppo diretti, sovente provocatori, oltre il limite del pensare comune: La vera libertà nei “rapporti” di qualsiasi tipo è non doversi mai scusare della sincerità, un legame, il loro, di lunga data, proficuo e appassionato.
Pamela Michelis

HANNO SCRITTO PER MAURO GIOVANELLI: Pamela Michelis, ottobre 2021, prefazione a “SETTANTANOVE SCRITTI O GIÚ DI LÌ – Vita, amore, morte, i soliti discorsi… SEVENTY-NINE WRITINGS OR THEREABOUTS – Life, love, death and the usual…” 1a Edizione “Illeggìoanoveposizioni”

Cosa ci spinge a scrivere poesia? Noi crediamo sia la necessità di dare forma spirituale alla sequenza di parole, restituire al pensiero il candore di una rosa, la morbidezza di un petalo, la soavità del profumo di un giardino in fioritura. La poesia è, in fondo, un bocciolo dell’anima e, proprio come l’omaggio floreale, sa essere dono inaspettato e forse, proprio per questo, maggiormente gradito. Ogni verso è bellezza unica che arriva al cuore e lì rimane perché eterno, non nell’immobile restare a memoria, ma nel rinnovarsi costante nell’animo del lettore che decide di farlo proprio, di assorbirne la linfa infusa dall’Autore nell’atto della creazione.
La poesia è trionfo ed eredità, è decidere di lasciare la parte più nobile di sé non solo a una discendenza di sangue ma anche a coloro che semplicemente varcheranno le porte di questa vita dopo di noi.
Mauro Giovanelli ama la poesia, la accudisce, la cresce, la vivifica, la immortala, persino la santifica quando decide di farne elemento sacro, non solo da venerare ma da proteggere e amare sopra ogni cosa. È per questo che nel corso della sua vita, ha dedicato a essa gran parte del suo impegno, anzi, della sua dedizione, e se è stato capace di dare alle stampe diverse raccolte, ora è pronto per un progetto più complesso, più intenso, realizzare appunto un’antologia delle sue opere arricchita da testi esclusivi, ciò che siamo qui oggi a presentarvi insieme a brani in nuova edizione già pubblicati.
“Settantanove scritti e mezzo – Vita, amore, morte, i soliti discorsi…” è il titolo di quest’ambiziosa raccolta, valorizzata dalla traduzione in inglese a fronte, per cui il titolo aggiuntivo “Seventy-nine and a half writings – Life, love, death and the usual…”.
La raccolta contiene testi di “Pulsionale, poesia III Millennio”, 1a e 2° edizione, e “Le tessere del pàmpano”, entrambe Vertigo Edizioni, oltre a recenti produzioni inedite, quali Il cimitero delle api, Pulsione, Ti amo, L’altra faccia di Giacomo Leopardi (Ancóra), Il tuo spessore, Quel che resta, Riproverò, Annichiliti, Tomba bisoma per citarne alcune.
A colpirci, negli scritti precedenti, c’era stata un’innata poliedricità, capace di esprimersi con un verso sorprendente, “attivo”, nel modo di organismo vivente privo dell’intenzione d’adagiarsi semplicemente sulla pagina ma in grado di rifulgere a ogni tocco, sguardo, come se da questi traesse nutrimento e al passaggio del lettore facesse sbocciare un nuovo elemento interpretativo. In Pulsionale (1a edizione), per esempio, a questo discorso si affiancava anche un elemento artistico aggiuntivo, poiché il testo era stato arricchito da quelle che ci piace definire impressioni d’arte «…riproduzioni inserite dall’Autore di opere presenti nella sua collezione privata, immagini familiari storiche, foto da lui stesso scattate e altre universalmente conosciute per il loro valore artistico…» (dalla Prefazione alla prima edizione). Tale pubblicazione, dunque, è stata un’esperienza pregnante, come se Mauro Giovanelli avesse voluto farci sentire circondati dalla lirica e dall’arte, avvolti dalla bellezza, alla maniera di un abbraccio sensuale e affettuoso allo stesso tempo, un caldo invito a stringerci al riparo delle sensazioni sotto la portentosa protezione della creatività che emoziona, e lasciarsi trasportare in un mondo sconosciuto, accogliente come nessun altro mai.
A traghettarci nei successivi lavori, fino a “Le tessere del pàmpano”, la sottile capacità intellettuale dell’Autore che affonda le sue radici in una conoscenza che non è didascalica ma appassionata, dunque vera e sincera, ricca di stimoli e instancabilmente “vogliosa” di nuove scoperte, inesauribile sete di comprensione. Proprio quest’atteggiamento è ciò che gli ha permesso di dare voce a un’esigenza nata in concomitanza ai tragici eventi vissuti negli ultimi diciotto mesi, un periodo che sembra drammaticamente lungo per l’impronta lasciata su tutti noi e che ancora oggi non siamo capaci di tarare in base alle nostre esistenze attuali. Ed è con questa silloge che Mauro Giovanelli dimostra non solo capacità adattative da un punto di vista artistico ma anche spiccata propensione di rimanere al passo con i tempi ed esserne innovatore, cercando nella poesia l’esatto spunto per salpare alla ricerca di esperienze incisive frutto di un’urgenza vigorosa che nasce sì dal disagio, ma anche da quell’innata capacità dell’uomo di non fermarsi alle difficoltà e superarle, anche quando sia ancora impossibile comprenderne l’effettiva portata. È, in fondo, quella resilienza che s’invoca in continuazione, ma a pochi è data la capacità di metterla in pratica.
I nuovi componimenti non giungono inattesi – come si può, infatti, arrestare l’onda creatrice? – ma necessariamente accolti, perfino voluti, fiduciosi che pure questa volta l’Autore sarebbe stato capace di offrire un apporto sincero e produttivo al nostro desiderio di ascolto. Infatti, il florilegio interno alla raccolta spazia in un’espressività strutturale varia; alcune, per esempio, molto vicine alla prosa (pensiamo a un testo come “Il tuo spessore”, di cui riportiamo alcuni passaggi) con un verso più lungo, articolato, energico flusso di coscienza che necessita d’infiniti elementi, quasi fossero appigli di senso per una rapidissima scalata alla consapevolezza. Da lettore ci si sente partecipi di un breve monologo fatto nella solitudine della propria anima ma con l’ardente desiderio che sia condiviso con chi sappia realmente ascoltare.

[…]
… sai, alla fine una cosa m’è rimasta impressa, non ci crederesti, anch’io
fatico a spiegarmi, neppure saprei in che modo descriverlo, o rispondere al
perché mi ricordo quel pomeriggio assolato, cicaleccio lontano, luce fredda
e tagliente del giorno, insomma voglio dire, tu stavi seduta su un sasso a
margine del sentiero, aria sbarazzina, ginocchia unite, piedi divaricati,
calzini bianchi, lo sguardo, ma non è questo, è quando ci coricammo sul
prato, io ti venni sopra, mai potrò dimenticare il morbido spessore, sì la
consistenza del tuo corpo
[…]
(Il tuo spessore)

A questi brani si affianca una scelta più contenuta, minimalista, quasi aforistica che intende scandagliare il significato primordiale dell’uomo, come se l’interrogativo sul mistero della vita si fosse fatto impellente e non più procrastinabile. Sentiamo che l’idea stessa dell’essere uomini è stata ribaltata, non semplicemente stravolta, e percepiamo forte questa ricerca del nostro posto nel mondo.

[…]
La domanda non è
“Che cos’è l’universo?”,
la domanda è
“Io ero previsto? E perché?”.
[…]
(A caso)

Anche:
[…]
È poeta chi scrive sotto dettatura di un alto principio convertendone l’idioma a lingua universale. […]
(È poeta…)

La scelta di una metafora potente come quella dell’ape operaia nel componimento “Il cimitero delle api” è rappresentativa: la forma di vita che più simbolizza l’insetto verso un’agonia lenta che sembrerebbe inarrestabile per mancanza di volontà da parte di chi potrebbe fare qualcosa, rabbia e impotenza che si uniscono in una desolazione che sfiora i lidi stessi di quella umana, e viene da chiedersi se si stia parlando solo delle api e non di ciascuno di noi, in una simbiosi che è fratellanza ancestrale. Rimane una sensazione struggente e cruda nel lettore ma che non sovrasta
la consapevolezza di possedere la chiave per superare tutto questo, è il desiderio di un mondo migliore, è quella stessa poesia cui affidiamo i nostri messaggi e che desideriamo divulgare, come un volo d’api, a portare polline salvifico ovunque, pure nello spazio siderale che l’Autore apre alla vista:

[…]
Nulla so di te, distante la tua luce,
mentre perviene, narra il passato,
ma del tuo fulgore assorbo ogni stilla,
mi disseta e fortifica,
sorgente di vita indica la via
da seguire per annullare spazio fra noi,
così da annichilirci all’infinito
in una sola sostanza ogni volta
più lieve nel liberare energia.
In virtù di un principio ignoto
sei destinata a me,
il resto è vuoto.
[…]

Non di rado la visione del mondo di Mauro Giovanelli lambisce le equazioni matematiche, le leggi della fisica, ma non in un sistema che intenda ridurre di significato il sentimento e l’anima, al contrario per dargli respiro, esaltarli nel tentativo di possederne la formula. L’Autore si annida nei meandri del Cosmo senza perdere il filo che gli consenta di tornare sulla Terra, è una figura ricca di complessità ma sicuramente uomo coerente nel suo pensiero, la cui prosa si getta e si riversa sui fogli come un fiume. Ogni suo libro è una summa di molteplici elementi che necessita anche di pause di riflessione, rilettura, e il loro insieme vanno a plasmare un quadro articolato dove i temi universali di vita, amore e morte si muovono in binari talvolta distinti, talvolta amalgamati con sapiente tecnica e padronanza di stile.
Buona lettura, e buon viaggio.
Pamela Michelis

HANNO SCRITTO PER MAURO GIOVANELLI: Monica Vendrame, luglio 2017, per “RASSEGNA PREMIO NAZIONALE DI POESIA” Atlantide Edizioni

Per il suo ingegno e per il suo impegno professionale ampio e multiforme, che gli hanno consentito di percorrere, con successo, anche i sentieri dell’arte, garantendogli altresì l’acquisizione di una vasta conoscenza della natura umana. La sua vita è stata accompagnata da una continuità di ricerca che, dispiegandosi in tanti campi di studio, ha privilegiato il suo percorso di intellettuale illuminato e profondamente sensibile al fascino della poesia e della letteratura. Personalità di grande spessore culturale ed umano, ha coltivato i valori più importanti della vita e si è interessato, con serietà e competenza, alla storia e alla cultura di tanti popoli e tanti Paesi del mondo.
Monica Vendrame – Presidente della rassegna

Onorato e commosso del prestigioso “Premio alla carriera” che benevolmente mi è stato assegnato ringrazio di cuore l’estensore delle parole spese nei miei riguardi. Per quanto concerne l’aspetto “umano” sono emozionato e sbigottito nel constatare quanto questa persona mi conosca profondamente. Chiunque sia la abbraccio con affetto. Esprimo particolare gratitudine a Monica Vendrame e Fiore Sansalone e nel salutarli desidero rimarcare la profonda stima e amicizia che nutro per loro.
Mauro Giovanelli – Genova

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