HANNO SCRITTO PER Mauro Giovanelli: su “LE MUSE”, bimestrale di arte e cultura ANNO XIX, febbraio 2019 Articolo a cura di Teresa Laterza (pagg. 22÷27)

NOTE BIOGRAFICHE

Mauro Giovanelli nasce a Genova il 27 febbraio del 1945. Si laurea in Scienze Geologiche, presso l’università di Genova e s’interessa di filosofia. Autore dalla personalità poliedrica, amante della lettura e della scrittura, ma anche della pittura e del disegno, ha dato vita a tantissime opere poetiche, di saggistica e narrativa ed ha partecipato e presieduto a diversi eventi artistici culturali di rilievo. Tra i suoi lavori (1):

  • “Il leggio a nove posizioni” Vertigo Edizioni srl Roma (romanzo).
  • “A destra di nessuna sinistra” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica politica).
  • “Destra e manca” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica politica).
  • “Barra a manca, timone a dritta, tutto a destra” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica politica).
  • “Forse è Poesia” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Scrivo a Pasolini” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (saggio).
  • “Poesia III Millennio” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Cinema & Arte” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica d’arte).
  • “Sintonia Immaginifica” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (critica d’arte).
  • “Viscerale” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Pulsionale, Poesia III Millennio” Vertigo Edizioni srl Roma (romanzo).
  • “Pulsionale, Poesia III Millennio” 2a edizione Vertigo Edizioni srl Roma (romanzo).
  • “Le tessere del pàmpano” Vertigo Edizioni srl Roma (romanzo).
  • “Ecco perché Juanita” (3) Ediz. Illeggìoanoveposizioni (arabesco letterario).
  • “Tracce nel deserto” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia, critica varia).
  • “Poesia III Millennio” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Sensoriale poesia III Millennio” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Viscerale poesia III Millennio” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia).
  • “Settantanove scritti o giù di lì – Seventy-nine writings or thereabouts” Ediz.
    Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesia – italiano e inglese).
  • “Dalla risacca” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, aforismi).
  • “Affinché morte non ci separi” Ediz. Illeggìoanoveposizioni (letteratura, poesie d’amore).

(1) Elenco aggiornato al 3 marzo 2023.
(2) Ediz. Illeggìoanoveposizioni è self publishing.

Le sue opere sono reperibili su Amazon, IBS.it, lafeltrinelli.it e nelle Librerie Feltrinelli. Di prossima pubblicazione “Asso alla quinta” e, in fase di rielaborazione, “Ecco perché Juanita”(3).

È stato ufficiale di complemento, dirigente d’azienda, insegnante, immobiliarista, imprenditore. Si definisce un ricercatore dell’ignoto, scrittore per indole e predestinazione, indagatore della natura umana ed esploratore del mondo. Molti sono i posti da lui visitati: India, Uzbekistan, Russia, Turchia, Europa, Libia, Messico, Perù, Egitto, Sahara che hanno sicuramente contribuito alla formazione di una mente attenta, ricettiva, sensibile e dalle tante sfumature. Per la sua crescita, educazione e formazione lavorativa e professionale importante è stata la famiglia, ma anche i professori che l’hanno seguito nel corso dei suoi studi così come l’incontro con le letture di Pavese, Fenoglio, Caldwell. Così Mauro Giovanelli sintetizza la sua biografia breve in quarta di copertina di ogni testo: “Nato a Genova, asilo, elementari, medie, università, percorso netto, lineare, sempre regolato da lettura e scrittura anche nel tempo susseguente. Ufficiale di complemento per bizzarra circostanza, dirigente d’azienda per necessità, insegnante per passione, disegnatore per vocazione, imprenditore per presunzione, immobiliarista per occorrenza, ricercatore, visionario e altro ancora che all’istante non ricordo. Esploratore del mondo e indagatore della natura umana. Scrittore. (Quod scripsi, scripsi) Giovanni: 19, 22 – Born in Genoa, a clear, glitch-free journey through nursery, primary, high school and university – forever characterized by reading and writing, these latter to extend well beyond aforementioned journey. Reserve officer due to weird circumstances, company executive out of necessity, teacher out of passion, illustrator out of vocation, entrepreneur out of presumption, estate agent out of need, researcher, visionary and many more that elude me at this moment in time. Explorer of the world and enquirer into human nature. Writer. (Quod scripsi, scripsi) Ioannes: 19 : 22”.

Suoi contributi personali (rari) sono apparsi su “Il Secolo XIX”, “La Repubblica” e “Il Fatto Quotidiano”. Attualmente fa parte della redazione de “Il segno di Rocca di Papa” e ha stilato diversi articoli apparsi in seconda di copertina “Attualità”; brani vari di poesia, satira e sociale sono apparsi su “Memoria Condivisa” (fondazione che si occupa di mantenere viva la memoria di ogni avvenimento che riguarda le nostre radici). Un suo pezzo “Politica proverbiale” è stato scelto da Barbara Marchand (ex conduttrice di Radio Montecarlo, poi in RAI) per declamarlo nel suo canale personale youtube. Diversi sono i premi e i riconoscimenti conferitigli:

«Atlantide Edizioni “Primo Premio Nazionale di Poesia Perdersi nell’amore – Premio alla carriera conferito il 07/2017”»; «Atlantide Edizioni “Premio speciale Accademia mondiale della poesia” per la lirica “Primavera”»; «Atlantide Edizioni “Diploma D’onore e Menzione Prima Rassegna Nazionale Apri il cuore alla poesia con la lirica “Spaventapasseri”»; «Atlantide Edizioni “Diploma D’onore Primo Concorso Nazionale Il Sabato del villaggio, terzo Classificato, sezione video poesia con la lirica “Fossi Specchio”»; «Atlantide Edizioni “Primo Concorso Nazionale Il Sabato del villaggio” Premio Speciale della critica sezione lingua italiana con la lirica “Fémina Danae”»; «Atlantide Edizioni Secondo premio Nazionale di poesia, Menzione d’onore sezione video poesia con la lirica “I divini cavalli di Achille”»; «Atlantide Edizioni “Secondo premio Nazionale di poesia” Perdersi nell’amore sezione lingua italiana con la lirica “A meno 1/12 dall’autunno”»; «Atlantide Edizioni Seconda Rassegna Nazionale Apri il cuore alla Poesia, menzione speciale per la lirica “Come niente fosse”»; «Atlantide Edizioni Primo Premio Nazionale di Poesia Perdersi nell’amore menzione e recensione della lirica “Logorìo della memoria”»; «Pluriversum Edizioni Attestato di segnalazione per l’opera “Donna”»; «Pluriversum Edizioni Attestato di segnalazione per l’opera “La risposta”»; «Pluriversum Edizioni Attestato di segnalazione” per l’opera “Orizzonti”».

L’autore è inoltre presente in varie antologie: Prima rassegna nazionale “Apri il cuore alla poesia” (Atlantide Edizioni); Antologia di autori italiani – primo premio nazionale di poesia “Perdersi nell’amore” (Atlantide Edizioni); Autori vari – Il federiciano 2018 (Aletti Editore).
Con l’incarico di Conduttore e critico di mostre d’arte ha presieduto: Anteprima mondiale mostra “CINEMA & ARTE” dipinti di Carlo Rambaldi – Lamezia Terme RC, Teatro Grandinetti, 5/6 agosto 2017; VIII Edizione Mostra d’arte contemporanea “SINTONIA IMMAGINIFICA”, La Morra CN, Chiesa dei Confratelli di San Rocco, 21 ottobre 2017. Come giurato ha presieduto la prima edizione del Premio Artistico Letterario Internazionale “Athena Ars” e il primo premio Artistico Letterario Nazionale “La nebbia agli irti colli”.

MAURO GIOVANELLI: UNA MENTE ILLUMINATA – NOTE CRITICHE

La poesia di Mauro Giovanelli è soffio d’infìnito, apertura all’oltre, all’ulteriore, ricerca instancabile e inesauribile di significati nello scorrere dell’esistere. Momenti d’inquietudine si alternano alla pacata riflessione. Stati d’animo forieri di scoperte nuove, allettanti, sempre sospese tra il se e il forse di quegli interrogativi che rendono l’uomo poeta/pensatore del proprio tempo. E il tempo dell’autore è quello delle svariate “verità”, degli angoli oscuri della mente, dei sogni ad occhi aperti, delle velate malinconie dei ricordi, dell’amore garbato e passionale (ammirazione, venerazione) per il gentil sesso, ma anche di quello universale, che sembra avere un linguaggio comprensibile a pochi. I poeti, quei liberi pensatori che non si limitano a uno sguardo superficiale delle cose perché amano penetrare i significati anche di ciò che può sembrare banale, in quel “significante nonsenso che ha il gusto soddisfatto del possibile”. E lo sguardo di Mauro Giovanelli si adagia sulle incoerenze del nostro tempo, sulle scelte insidiose, sulla coltre di uno spazio angusto che genera reazioni e ribellioni a una morale imposta, cieca, sterile, mentre l’animo umano richiede carezze, comprensione, ascolto, calore, sperimentazione del tutto, libertà d’essere, vigore, spontaneità. Autentici, istintivi, pulsionali sono i versi del nostro autore che sgorgano fieri, come il soliloquio più intimo dell’io o un dialogo allo specchio, in cui nulla è celato e i ricordi s’imprimono nostalgici per necessità, in quell’attimo d’ispirazione della parola “poetica” che sa d’eterno. Nel rincorrersi dei versi, in una frenesia di stati d’animo, l’autore riesce a godere delle sue provocazioni che non hanno alcun intento di scandalizzare bensì di risvegliare dal torpore, gli animi, le menti e i corpi ingabbiati nella consuetudine delle “buone maniere” che, spesso, incasellando l’uomo in ruoli e schemi, lo spogliano della sua vera essenza. La poesia di Mauro Giovanelli è molto altro, non solo introspezione, meditazione sul proprio io, ma anche importante spunto di riflessione sui temi caldi, che inquietano la nostra società, come la violenza sulle donne, l’ostilità verso lo straniero, il terrorismo, una visione ampia, non condizionata dal nostro esistere, uno sguardo attento, lungimirante, capace di sondare i misteri dell’universo ma anche della natura umana e del suo agire. In questo si nota l’interesse e la preparazione dell’autore sui temi filosofici di grande importanza che da sempre contraddistinguono l’interessante mondo di quegli uomini pensanti: i “libera mente”, come lo stesso autore ama definirsi. Una poesia interiore, sociale, politica che ricama singolari tempi e significati in un percorso di ricerca che non si arresta davanti al mistero dell’incommensurabile. I versi di Mauro Giovanelli parlano di un uomo dall’intelligenza vivace e dalla personalità complessa, multiforme, dalle svariate sfaccettature, di notevole spessore culturale e umano. Un artista e un ricercatore dai grandi valori etici, che fa dell’attenzione un pilastro del suo modo di rapportarsi al sentire comune. Delicati, ma anche provocatori sono i componimenti, spesso di denuncia di una realtà iniqua che non merita quel silenzio/assenso di comodo, ma che necessita di gridare, forte, quelle verità scomode che richiedono giustizia. Mauro Giovanelli non si lascia plasmare o ammaliare dall’apparenza, egli avverte l’esigenza di andare in profondità, di scavare, di osare, restituendo alla parola “poetica” la dignità che merita. La poesia è verità dell’anima, pura essenza dell’io, nei versi del nostro autore che vanta moltissimi riconoscimenti artistici e culturali, esperienze e sperimentazioni di cui i suoi versi sono pregni. Il suo pensiero, come lo stesso autore ama ricordare, si sposa con quello di un grande del panorama artistico culturale, Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista italiano del XX secolo. Un artista, Pasolini, culturalmente versatile, attento osservatore dei cambiamenti della società, nonché figura controversa che suscitò spesso forti polemiche e accesi dibattiti, con i suoi giudizi radicali e critici anche sulla società dei consumi. Così il nostro Autore, per i coinvolgenti contenuti dei suoi folti scritti e per l’apporto che lo vede attivamente impegnato nei vari ambiti artistici e culturali, è destinato a lasciare un segno indelebile in questa nostra epoca, in una società in continuo cambiamento, poco attenta alle reali e urgenti necessità dell’uomo, oggi lasciato spesso allo sbando e senza punti di riferimento. Una mente illuminata la sua, un intellettuale dalle verità scomode, ma anche un amante dell’affascinante mistero del bello e della forza della determinazione, come si evince da questa sua esortazione – “Datemi una leva, immagine, dipinto, arte, gioia, sofferenza, purché esprima ciò che vi anima, le pulsioni, io vi descriverò il mondo” – che contraddistingue l’audacia di chi è destinato, con i suoi scritti, a far parlare di sé.

INTERVISTA

La sua è una poesia dalle mille sfaccettature, quasi un abbraccio universale allo scibile. Cos’è per Mauro Giovanelli la poesia?

  • Irrefrenabile esalazione dell’anima o qualunque cosa essa sia, coglie all’improvviso, necessità, bi- sogno fisiologico, desiderio di comunicare, liberarsi, confessare se stesso a se stesso, rimettere i peccati, divulgare la propria Verità.

Poesia e vita, un binomio dove non esiste una linea netta di demarcazione se non in riferimento…

  • All’amore e l’Ulteriore.

L’inquietudine nei versi di Mauro Giovanelli…

  • Al sostantivo da lei adottato aggiungerei i sinonimi tanto per evitare differenze anche piccole, solo apparentemente insignificanti: ansia e turbamento. Non sono forse il propulsore della vita? Quella vera intendo. In tale compagnia l’inquietudine consente di mettere a fuoco il nostro telescopio, in questo caso strumento abbastanza particolare poiché permette sia di traguardare molto lontano sia vicinissimo. L’inquietudine è energia, tutto, finanche per arrivare al nulla, anch’esso estremo interessante da esplorare.

Dalle sue poesie emerge il sentimento d’ammirazione e amore per le donne. Quanto è importante la figura femminile (compagna, madre, amica) per le sue ispirazioni poetiche?

  • Irrinunciabile. La donna è inizio e fine, ogni cosa esiste per lei e in lei. Il mio vissuto è funzione dipendente della donna, il pensiero, lo spirito sempre associato alla figura femminile e credo che dovrebbe essere un fatto normale. Neppure la definirei ammirazione ma venerazione, atto dovuto, forse l’unico vero sentimento d’amore quindi scopo, necessità, impellenza, completamento. L’altra parte dell’incastro perfetto per formare l’intero della loghia 22, testo gnostico di Tommaso, l’autentico insegnamento del Rabbi Jeoshu ha Nozri. “Allorché di due farete uno… troverete l’entrata del Regno.” Non sono del tutto convinto che questo possa valere anche per l’altra parte, non con la stessa valenza almeno.

L’osservazione del quotidiano è certamente una delle principali fonti d’ispirazione per i suoi componimenti, ma la sua poetica è intrisa d’interiorità e riflessioni sul senso dell’esistere, ce ne parli.

  • Interiorità, senso dell’esistere… quanto tempo ho a disposizione? Va bene, cercherò di essere conciso. Mi verrebbe da rispondere con una domanda. “Si potrebbe creare poesia evitando di esplorare noi stessi, interrogarci, indagare l’inconoscibile che siamo, che ci sovrasta? Di conseguenza considerare il senso della vita?” Personalmente ritengo sia impossibile o meglio, per quanto mi capiti di leggere, senza tali ingredienti non la definirei lirica ma espressione fotografica di ciò che appare. Torniamo al tele-microscopio, chi ne è privo non se lo può dare e non è in vendita. Nell’osservazione del quotidiano mi viene naturale creare associazioni che vanno oltre la mera visuale delle cose.

La concezione del tempo in Mauro Giovanelli.

  • In fisica il Tempo è funzione dipendente della materia, esiste poiché possiamo misurarlo attraverso il deterioramento e le modificazioni che quest’ultima subisce, ossia l’invecchiamento. È la quarta dimensione, netta, chiara di tutta la matematica e geometria dopo Euclide in virtù della dimostrata indimostrabilità del quinto postulato da parte del russo Nikolaj Ivanovič Lobačevskij’ e l’ungherese Nižnij Novgorod (contemporaneamente a insaputa uno dell’altro). Per Mauro Giovanelli… ho appena composto un aforisma che spero possa essere esaustivo: “Tempo è la distanza intercorrente fra mancanza e presenza. Nella direzione contraria apre all’infinito”.

Si definisce scrittore per indole e predestinazione, perché?

Innanzi tutto perché la scrittura mi accompagna dalle elementari, forse anche prima di saper comporre (ho ricordi indelebili dall’età di un anno), era lì ad aspettarmi. La prima poesia la scrissi in quarta, ho il manoscritto che sto cercando, è fra le pagine di qualche libro importante, purtroppo sono tanti; si riferiva a un vascello di pirati o corsari, in un mare in tempesta, il senso, l’incombere della morte. Non ho memoria di quando iniziai a leggere con cupidigia, “II corsaro nero” di Salgari ad esempio o “Viaggio al centro della Terra” di Verne. Resta il fatto che alle scuole medie (miste) “confezionavo” due temi diversi per lo stesso titolo, uno per la compagna N.A., l’altro per me. Sarei potuto arrivare a molti di più, almeno un altro per il mio amico vicino di banco, ma a quei tempi era necessario fare sia la “brutta” sia la “bella” e dovevamo consegnarle entrambe. Quando la professoressa di lettere ci scoprì, mi assegnò un posto vicino alla scrivania e nei “saggi in classe” mi assegnava i temi del Ginnasio. Scusi se mi dilungo, ma non credo che esistano scrittori, artisti in generate, che non siano tali per indole o predestinazione. Sotto quest’aspetto noto una certa inflazione, decadenza. Al teatro Grandinetti in quel di Lamezia Terme in anteprima mondiale nell’agosto del 2017presentai i dipinti inediti di Carlo Rambaldi (tre volte premio oscar per gli effetti speciali). Una signora si avvicinò e per presentarsi mi consegnò il suo biglietto da visita, dove sotto nome e cognome trionfava il suo titolo “POETESSA”. Pazzesco! Come ingegnere o geometra, avvocato. Lo stesso “poeta”, vero intendo, può esserlo oggi ma non più domani. Comandano l’ispirazione, irrefrenabili esalazioni dell’anima, necessità, bisogno fisiologico, desiderio di comunicare, liberarsi, confessare se stesso a se stesso, divulgare la propria Verità come ho avuto modo di dire poc’anzi. Oltre questo c’è il nulla.

Il silenzio come dimensione interiore e spazio-temporale della produzione scrittoria.

  • Salutare oltre che inevitabile. Il silenzio è roboante quando propedeutico alla “creazione”, perdoni l’uso di questo termine, è l’humus su cui sono coltivati sogni, speranze, riflessioni, utopie, angosce. È stella di neutroni che implode sulla sua propria massa liberando energia utile a riequilibrare il divenire.

  • “Dio non gioca a dadi con l’universo”. Cosa le viene in mente?
  • Il grande Albert Einsten, sua la frase che ho adottato come titolo di un mio lavoro. Poi Giordano Bruno il più grande filosofo dell’umanità nonché il suo aguzzino Roberto Bellarmino, il primo disperso in cenere e fumo il 17 febbraio 1600 e l’altro fatto santo e dottore della Chiesa tre volte. Le discrasie di una società malata, la nostra intendo, forse irreversibilmente se non acceleriamo il rallentamento di questa pazza e insensata corsa. Tanto varrebbe, dunque, prendere la vita allo stesso modo della sequenza di frasi nonsense che il Conte Lello Mascetti, magistralmente interpretato da Ugo Tognazzi in “Amici miei” (1975, diretto da Mario Monicelli), sciorina al vigile attonito. La geniale filastrocca non è così paradossale come sembrerebbe.

Molte sue poesie sono di ripudio o denuncia rispetto ad alcune realtà. Può la poesia contribuire a risanare la società? In che modo?

  • Può! Anzi deve. A una condizione, che sia poesia.

Pasolini è una figura presente e importante per il suo scrivere, ci spieghi perché.

  • Perché ritengo sia l’ultimo messia, in senso laico s’intende, oltre che il più grande intellettuale del secolo scorso. La nota che ho voluto inserire nella poesia che gli ho dedicato, “ULTIMO Māšīāḥ” e riportata sul mio “Scrivo a Pasolini” immagino sia esplicativa.’ “Credo di essere entrato nella mente di Pasolini indipendentemente da quanto che è stato scritto e detto di lui, neppure per quanto assorbito dai suoi insegnamenti. Credo di essere entrato nella mente di Pasolini perché è lo specchio della mia anima e del mio modo di traguardare il mondo. Credo di essere entrato nella mente di Pasolini per il semplice fatto che nel momento in cui ascolto la sua parola essa s’incastra perfettamente con il mio ragionare”. I santi e santini non mi hanno mai impressionato, difficile che mi lasci condizionare da chicchessia, credo di essere davvero libero dalle catene della morale comune e dagli aberranti condizionamenti della società. Se oltre duemila anni fa un uomo chiamato Rabbi Jeoshu Ha Nozri ha meritato l’appellativo di Messia, allora Pasolini è degno di essere chiamato tale non per investitura divina ma grazie alla “regalità” del suo pensiero e i percorsi indicati. Credo che Pasolini avrebbe potuto essere protagonista di un miracoloso rinnovamento, l’unico e forse l’ultimo intellettuale in grado di poter risolvere la complicata convivenza fra gli umani e a questo fine il suo cuore palpitava. Credo che Pasolini sia stato pure un profeta, senza alcuna ispirazione divina, ma solo perché ogni sua previsione si è avverata quindi è il propulsore che fa interagire le mie sinapsi quando leggo le sue parabole. Ciò al fine di evitare qualsiasi fraintendimento che possa portare a strumentalizzazioni di vario genere, men che meno mistici o presunti tali.”. Pasolini è mio grande amico, mi tiene compagnia.

Il suo rapporto con la fede.

  • Altro aforisma coniato di recente che comparirà nella prossima raccolta “Sensoriale – Poesia III Millennio “. “Credente è chiunque liquidi ogni dubbio e incertezza rinunciando a cercare risposte”. A mio avviso occorre distinguere tra “fede” e “credo”. Nel primo caso posso ritenermi uomo di fede nel perseguire i miei principi dettati dal cuore e la mente; parafrasando Jean Paul Sartre (Le parole) “…vedo ovunque l’assenza di un Dio” dunque mi ritengo maniaco di tale amputazione. Nel secondo caso affermo di non credere e sono convinto che le religioni, ottomilacinquecento le varie “confessioni” al mondo, dividano i popoli e siano strumento di forte condizionamento al fine di alimentare conflitti. Il discorso è molto lungo e ignoro il tempo che abbiamo a disposizione oltre gli spazi dedicati della vostra rivista sebbene sia pronto a confrontarmi con chiunque. Se permette, espongo due citazioni che a tal proposito rispecchiano il mio abito mentale. Anacleto Verrecchia: “Con la sua onnipotenza Dio ha deciso non solo di non esistere, ma anche di non essere mai esistito”. Questa è anche arte del pensiero. Poi: “Tracciare un muro divisorio tra l’uomo e gli altri animali è un’assurdità della filosofia occidentale, perché tutti gli esseri viventi sono fenomeni diversi di un’unica sostanza universale.”. Leggete questo grande filosofo contemporaneo, germanista, addetto culturale all’Ambasciata d’Italia a Vienna, coadiutore alle pagine culturali di giornali italiani tra cui Il Resto del Carlino e La Stampa. Grazie alla sua padronanza del tedesco collaborò con Die Presse, Die Welt. Non parlava volentieri della sua vita privata perché, diceva, “di un filosofo o di uno scrittore ció che interessa sono gli scritti e non le vicissitudini personali”. Ho il privilegio di possedere una copia con dedica e firma autografa del suo “Giordano Bruno, la falena dello spirito”. Fu traduttore di Georg Christoph Lichtenberg, appassionato studioso di Giordano Bruno, Friedrich Nietzsche e, grande amore, Arthur Schopenhauer La sua è stata giudicata “la migliore prosa filosofica scritta in Italia”. Confermo e chiedo venia della mia logorrea, che quanto riferito solo apparentemente potrebbe sembrare poco attinente alla sua domanda. Tornando alla fede, il credo, le confessioni, la religione, i tre monoteismi abramitici, ecc. sostengo che nella filosofia ci siano tutte le risposte alla nostra portata. Accorperei matematica e fisica aggiungendo che mi sono limitato al grande Verrecchia per ricordarlo e rilevare che quando morì, nel 2012, i telegiornali gli dedicarono neanche lo spazio che assegnano per l’infortunio al ginocchio di un calciatore. A lui andava bene così ma per i nostri giornalisti è stato facile accontentarlo. Concludo con Aulo Gellio, Noctes Atticae, XX 4,9, “Religentem esse oportet, religiosus nefas [ne fuas]” ossia “E’ opportuno rileggere (religentem), cercare, invece essere religioso è cosa da evitare, nefasta” e una mia massima (Dalla Risacca, copyright 2022 Mauro Giovanelli): “Nella ricerca della verità, Dio è utilizzato alla stregua del segnalibro a indicare la pagina da cui ogni volta ripartire per giungere al colophon del testo. La trascendenza è pausa di comodo lungo il percorso della conoscenza.”.

Scrittura e follia, un binomio per molti versi necessario.

  • Follia certo, molto diversa dalla pazzia. Sì, sono interdipendenti, binomio indissolubile, necessario per vivere anziché sopravvivere e dove, come riferito poc’anzi, non esiste una linea netta di demarcazione se non con riferimento all’amore e l’ulteriore.

Scrivere è sperimentare ma anche guardarsi allo specchio. Quanto è d’accordo con quest’affermazione?

  • I miei ultimi lavori portano il sottotitolo “III Millennio” non perché mi ritenga meritevole, anche se lo penso, di rappresentare solo in parte questo segmento dei secoli a venire ma per il fatto di verificare ogni giorno il vuoto culturale e formativo intorno a noi con tutto quel che ne consegue. Ritengo che l’Occidente sia civiltà in decadenza forse già arrivata oltre il punto di non ritorno. Come accaduto in passato, e la storia ci insegna, l’ultimo tragitto della discesa è rovinoso, veloce e inarrestabile. Pensi che sono ottimista da sempre. Che altro mi resta se non sperimentare e sperare di essere letto, ascoltato per ciò che di buono io ritenga di poter dare? Per noi, soprattutto per le nuove generazioni che vedo con poche speranze, sogni, mancanza di punti di riferimento, valori. Tentare di compiere il miracolo. Ecco! Risvegliare le anime. L’esiguo spessore della classe politica in Europa credo sia sotto gli occhi di tutti, almeno di chi sa ancora vedere e ragionare. Gli Stati Uniti d’America, la stessa Russia, Cina, tutti prostrati dinanzi al solo, vero, autentico, idolatrato monoteismo che ci sovrasta: denaro e consumo ne sono la dottrina. Quale migliore indagine se non cercare di restituire ai giovani, propulsori di ogni cambiamento, il latino e greco antico, coltivare le arti, passione della lettura, i classici, rispetto del prossimo, solidarietà, ricerca di se stessi, amore e, in questo senso, il miglior utilizzo degli smartphone? Solo così posso guardarmi allo specchio senza dover abbassare gli occhi. E poi non potrei farne a meno. Dal punto di vista introspettivo, credo sia anche questo il senso della sua domanda, le rispondo così: per ciascuno quale miglior confessore potrebbe esserci se non l’altro di noi? Senza sigillo sacramentale ovviamente. Sì! Certo, sono d’accordo.

La sua poesia è anche provocatoria. Ci parli di questa esigenza.

  • L’esigenza è di scrivere ciò che mi è suggerito non ho capito bene da chi o che cosa abiti in me comunque si coniuga con il tipo di capacità intellettiva che mi è stata assegnata. In parole povere ho quest’occorrenza. Per quanto riguarda il pungolo da considerarsi sotto l’aspetto della “morale corrente” (nulla a che vedere con Kant) ritengo che la verità sia provocatoria ed io scrivo ciò che penso, e lo faccio per piacere a me stesso, gli altri vengono dopo. Ritengo che i moralisti siano uno dei veri flagelli dell’umanità, e questo in ogni campo. Mi permetta una divagazione e perdoni l’accostamento. Il grande Srinivasa Aiyangar Ramanujan (Erode, 22 dicembre 1887 – Chennai, 26 aprile 1920) è stato un genio matematico indiano e se abbiamo potuto atterrare su Marte o sulla cometa “Rosetta”, lo dobbiamo alle sue formule. Egli non ebbe modo di accedere ai testi specifici o seguire regolari corsi sebbene lo stesso Godfrey Harold Hardy (Cranleigh, 7 febbraio 1877 – Cambridge, 1 dicembre 1947) che lo portò in Inghilterra a frequentare la più prestigiosa delle Università, disse di lui. “I limiti della sua conoscenza erano sorprendenti come la sua profondità. Un uomo capace di risolvere equazioni modulari e teoremi in modi mai visti prima, la cui padronanza delle frazioni continue era al di sopra di ogni altro matematico del mondo, che ha trovato da solo l’equazione funzionale della funzione zeta e i termini più importanti di molti fra i più famosi problemi nella teoria analitica dei numeri; tuttavia non aveva mai sentito parlare di una funzione doppiamente periodica o del teorema di Cauchy, e aveva una vaga idea di cosa fosse una funzione a variabili complesse… non furono pochi coloro che lo osteggiavano, sia perché era indiano, sia perché era povero, non faceva parte dell’elite e la sua presenza fra loro la consideravano una provocazione. Comunque Srinivasa sosteneva che la sua ispirazione onirica gli fosse dettata dalla Dea Namagiri Thayar e che il Dio Narasimha gli mostrasse nel sonno alcuni codici dei quali al risveglio riusciva a trascriverne soltanto una piccola parte. Perdoni la digressione ma, facendo le debite proporzioni, credo che più o meno sia una cosa di questo genere tanto per completare il discorso circa la sua domanda e la mia convinzione che lo scrittore (artista, poeta, ecc.) sia tale per indole e predestinazione.

Il giorno dei morti

[…] Là in fondo,
alla fine del parco,
appena dietro il cimitero,
erano fredde le tue cosce,
denso e madido
profumo di fiori morenti
riempiva le narici,
e al riparo della sottile nebbia
l’ultimo cigolio dei cancelli
diede voce al silenzio,
e nella spenta luce
tutto si dissolse
fra le tue mutandine,
e baciarti fu importante.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Fossi specchio…

[…]Se fossi specchio
il tuo bagliore
attraverserebbe
indefinitamente
l’Universo Mondo
per riposare
alle mie spalle
l’Eternità. […]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

I divini cavalli di Achille

[…]Amore,
amare,
essere amato,
amaro
averlo perduto
così da rinunciare
all’affilata luce del sole
che leviga ogni dolore
e ombra benevola
accoglie tregua, silenzio,
mentre la vita scorre come carezza
sul muso del purosangue
che guarda verso il cielo. […]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Straniero

[…]Fino a quando esisteranno rappresentazioni politiche del Pianeta dilaniate da immaginari confini a rappresentare virtuali Stati e relative divisioni amministrative ciascuno di noi sarà straniero, anche in patria. […]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Reliquie

[…]Siamo reliquie
del fallace disegno di un artefice
privo di eterna ispirazione.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Così

[…]Neanche al tempo mi concedo.
Avvolgerò l’inquietudine e,
con l’involto sottobraccio,
fisserò il mio istante,
guardando al sole.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

La verità

[…]Quando si arriva al punto di aver capito tutto
altro non resta che il suicidio
per conoscere l’Ulteriore
prima che la Natura
ci colga impreparati.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

Immacolata di me

[…]Nel tempo ho capito,
che sei potere dell’anima
l’avevo solo intuito.
Dare e avere, dopo e prima sono in te.
Neanche nocchiero delle mie pulsioni,
schiavo della passione,
considero possesso
la penetrazione della carne,
invece ti appartengo,
mi genufletto e tu, per l’eternità
da me immacolata.
Ecco cos’è.[…]
(© Copyright Mauro Giovanelli)

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HANNO SCRITTO PER MAURO GIOVANELLI: Pamela Michelis, febbraio 2023, prefazione a “AFFINCHÉ MORTE NON CI SEPARI” 1a Edizione Illeggìoanoveposizioni

«Se non hai quel grembo
entro cui riversare
ogni lacrima delle tue ferite,
verso sera si va incontro a se stessi…»

Con questa sua ultima raccolta poetica data alle stampe, “Affinché morte non ci separi - Poesie d’amore”, Mauro Giovanelli realizza quella che possiamo definire un’opera di assoluti. Intendiamo, per assoluti, due opposti totalmente distanti, eppure, a ben guardare, costretti a un legame indissolubile che li vincola alla reciproca esistenza. Il più conosciuto è sicuramente Bene/Male: quante volte, infatti, abbiamo letto di come un aspetto esista solo in funzione dell’altro e viceversa?

Mauro Giovanelli, però, in questa raccolta, si concentra su altri assoluti, che crediamo siano ancora più potenti: Eros e Thànatos.
Senza avventurarci in disquisizioni troppo filosofiche o freudiane, possiamo riassumere molto brevemente il concetto dicendo che Eros è la pulsione di vita, quella spinta inarrestabile che ci motiva verso il soddisfacimento di sé, la ricerca del piacere, l’appagamento dello spirito e della carne; collegato vi è Thànatos, uno stimolo altrettanto potente ma distruttivo, spesso inarrestabile – e comunque inevitabile – con cui dobbiamo imparare a convivere. Nondimeno, Thànatos può anche essere letto come forma di difesa dalla paura della morte, che perde dunque il suo carattere distruttivo e torna a essere una forza evolutiva, e quindi imprescindibilmente legata con lo slancio vitale e l’impulso anche sessuale. Solo nell’equilibrio tra le due può esserci eternità.
Ecco dunque che con le sue poesie Mauro Giovanelli li supera entrambi e ci porta a conoscere l’incontro di anime e di corpi che va oltre il presente, attraversa quella soglia mortale per inoltrarsi
nell’indefinibilità di quel che non possiamo conoscere.
“Affinché morte non ci separi” è l’elogio definitivo a una dualità che non si arresta con la cessione delle funzioni vitali e, infatti, vive anche quando agli amanti vien meno la vicinanza, poiché sono le anime a essere collegate, e la fisicità che prende vita è potente e stremante quanto lo sarebbe quella tangibile, lasciando in più un’irresistibile perdizione di sensi data dallo smarrimento momentaneo di sé.
Non a caso una delle immagini dominanti che ricorre nella raccolta è proprio quella del bisòmo, termine con cui, nelle catacombe, s’indicava una sepoltura doppia: tecnicamente sono proprio i loculi orizzontali nelle pareti realizzati spesso per contenere due salme, di solito marito e moglie.
Ogni poesia diventa bisòmo: scrigno sacro destinato a conservare l’immortalità di un ricordo, ancor più di un amore, e anche se la materia si disgrega in polvere, la presenza del sentimento vive perfino attraverso questa dissolvenza, ossia la sacralità di due anime che si sono incontrate e che attraverso la parola sigilla la loro presenza terrena e ultraterrena, perché senza definire un oltre, esso esiste comunque, lo sentiamo tra queste pagine ogni volta che le anime comunicano in modi che non riusciamo neanche a immaginare.

[…] Mi ascoltavi, ripenserai all’infinito che proprio perché tale ha il suo limite, una volta concesso all’universo d’esplorare ogni gioco, lo costringerà a cavalcare ciò che è stato, rimodulare il destino con le medesime pedine […]
(Torneremo)

Però il lettore un poco più spregiudicato potrebbe chiedersi se in realtà Mauro Giovanelli non stia adoperando una metafora e questa morte, anzi l’andare oltre la morte, non sia anche simbolo della perdita di (del) sé nell’altro. Il dubbio è lecito: quando la
perdizione di sé nell’altro è compiuta, perché tracimano i margini
che un’intera esistenza ci ha imposto, che cosa succede al sé più profondo? È forse l’esperienza più “terrificante” che abbia provato chi, appunto, si è annullato nella perdita dell’amore: lo smarrimento di sé equivale a una vera e propria morte e l’altro diventa un luogo ultraterreno da raggiungere disperatamente, il paradiso promesso per ritrovare se stessi.

[…]Fossi specchio
il tuo bagliore
attraverserebbe
indefinitamente
l’universo mondo
per riposare
alle mie spalle
l’eternità. […]
(Fossi specchio…)

Ancora:

[…] Amore,
amare,
essere amati,
amaro averli perduti,
così da rinunciare
all’affilata luce del sole
che leviga ogni dolore
e ombra benevola
accoglie tregua, silenzio,
mentre la vita scorre
come carezza
sul muso del purosangue
che sta guardando il cielo. […]
(I divini cavalli di Achille)

Forse abbiamo proposto un’interpretazione un po’ azzardata, ma
in fondo stiamo parlando di assoluti, di terre sconosciute e dunque di confini superati nel buio più completo… (pensiamo al componimento “Al centro”, per esempio):

[…] e sarà amore totale, fluido, i nostri corpi ci faranno toccare confini mai neppure immaginati, fino a coprire tutte le direzioni, e noi sempre al centro. […]
(Al centro)

Ma è in realtà l’amore, la sua nascita, il suo dirompente prendere vita che si contrappone alla morte stessa pur essendone sorella. La convergenza di entrambi raggiunge l’apice nel brano in cui lo stimolo vitale tramite la fisicità è lasciato libero di incontrarsi e scontrarsi in un luogo estremo, è una collisione pari a un big bang animico:

Il fatto che la raccolta si risolva con una poesia intensa come “Il
prossimo incontro”…

[…] Il prossimo incontro
sarà più o meno così,
intanto vederti,
una carezza sul viso,
di quelle che non si dimenticano,
tu alzerai il mento,
respiro corto, intenso,
come lupa che fiuta il vento,
abbraccio forte,
ti stringerò in vita,
la mano scenderà lieve,
risoluta, calda,
e questo per portar via qualcosa di te
oltre il bacio,
e la tensione della tua nuca. […]
(Il prossimo incontro)

…lascia aperte altre vie interpretative, fa pensare che in effetti tutto sia un presagio di nuova vita, non un semplice rinnovarsi, piuttosto un trasmutare completo che avvia una nuova ciclicità del divenire che nondimeno transita nella carnalità e nell’amore ma esiste solo perché le anime hanno saputo superare l’averno della fine e sono ora proiettate verso un infinito di luce immateriale, però sempre all’insegna del conosciuto: lo sguardo di chi amiamo.
Pamela Michelis