Barbara e Valentina, le mie figlie. Erano adolescenti quando dalla tribuna d’onore della sua squadra di calcio meneghina, sciarpa bianca démodé e borsalino in testa, un signore divenuto miliardario cominciava a rilasciare striscianti dichiarazioni politiche che m’inquietavano. Ne intuivo la minaccia, percepivo l’insidia, m’infastidivano. Ecco le sue prime apparizioni televisive che non sarebbero finite mai. Non gli diedi peso più di tanto nella convinzione che le istituzioni lo avrebbero rifiutato, il sistema si sarebbe automaticamente protetto attivando gli anticorpi, quell’uomo non avrebbe potuto costituire un pericolo. Il tempo è passato in un lampo e solo ora prendo coscienza quanto la mia fiducia fosse mal riposta, sia guardando alla parte politica in cui credevo che a quella avversa, oggi alleate.
All’improvviso sento la necessità di chiedere scusa alle mie figlie per non aver fatto di più, il massimo, un estremo sforzo nel cercare di evitar loro un trentennio culturalmente e socialmente decomposto.
Io posso dire che i miei genitori mi hanno lasciato la Costituzione ma loro, di me, cosa racconteranno?
“L’uomo con la sciarpa bianca (Genitori esodati)” è stato pubblicato Su “la Repubblica” del 22 ottobre 2013 pag. 24 – “Il Segno di Rocca di Papa” novembre 2013 pag. 7 e il 28 ottobre 2013 sul sito di Memoria Condivisa.
Dario Rossi Speranza, 16 luglio 2018, elogio inserito quale presentazione a “PULSIONALE POESIA III MILLENNIO” “2a Edizione – Vertigo Edizioni srl – Roma
Mauro, sei proprio una cara persona, ricca di risorse e sorprese, come non volerti bene, il tuo magma intellettuale si auto produce senza pause in gran profusione e così accade che la tua copiosa messe venga giù come un fiume carsico che filtra in ogni dove e non conosce ostacoli. In questo tuo precipuo tratto ti vedo, se me lo concedi, molto somigliante nell’impeto, nel volume, nel massivo impatto e nella “follia” al geniale padre di Zarathustra, novello Nietzsche postmoderno, anche alquanto nichilista ed esistenziale, con il quale condividi la gran Virtù di scrivere argomentare e produrre Senso anche “senza pensare” come confessava alla sua rigorosa Coscienza il gran pensatore di Röcken. Ma non sarò certo io a censurarti nella tua iperattività caro amico mio, perché noi siamo involontari complici nell’aggressione totale ai Saperi ed alla Conoscenza. Siamo troppo simili per non sostenerci a vicenda sino all’ultima strenua parola immagine o pensiero! Anche se il Filosofo asseriva che “nessuno è perfezione”, noi tendiamo sovente a quella, la lambiamo pericolosamente e siamo costantemente molestati dal suo pensiero. Ma non per nutrire scioccamente i nostri rispettivi Ego, giammai potremmo essere vanagloriosi o peggio narcisi, ma solo per rendere più fruibile ed allettante la nostra produzione e per sopravvivere a noi stessi provando a vincere la Caducità dell’Essere, dell’Esistere e delle Cose tutte attraverso la Ricerca senza tregua nella Bellezza, Verità e Conoscenza Universale, che da Forma incolore senza consistenza quale oggi noi siamo si traduca in Essenza primigenia di ogni inizio, a dispetto di quel Dio troppo assente nella drammatica Vicenda Umana…
Dario Rossi Speranza, New York/Milano for Mauro Giovanelli.
Carla Infante, 20 gennaio 2019, pensiero critico “PULSIONALE POESIA III MILLENNIO” 1a Edizione – Vertigo Edizioni srl – Roma
Vorrei rendere omaggio (avrei dovuto farlo prima) a uno degli Editor della pagina “Setteversi”, Mauro Giovanelli, che ritengo profondo conoscitore della letteratura e dell’arte italiana e internazionale. Singolare nella sua poliedricità, personalità non facile, direi rude e inavvicinabile per certi aspetti, ma sicuramente una delle più grandi penne in circolazione! Devo confessare, dopo aver letto il suo ultimo libro “Pulsionale – Poesia III millennio”, di essermi trovata di fronte a un capolavoro! Opera che contiene un ritratto della vita senza filtri, pagine in cui prosa e poesia si mescolano per raccontare l’amore o il dolore con la stessa intensità… nella sua lirica che segue, è esaltata l’importanza di avere un “grembo” in cui rifugiarsi la sera quando al ritorno a casa si ha bisogno di qualcuno cui svelarsi senza finzioni e trovare ristoro! A presto Mauro… grazie.
Carla Infante – Teacher presso Ministero Pubblica Istruzione
[…] Se non hai “quel” grembo entro cui riversare ogni lacrima delle tue ferite, verso sera si va incontro a se stessi, il pensare è compresso all’essenziale, senza fronzoli né finzioni, così che tutto possa stare dentro l’abito mentale predisposto all’ultimo, eventuale fottuto viaggio, e lo riporrai a ogni fottuta alba fino a quando il sorgere del sole ti dovesse comunicare che un altro crudele, fottuto giorno, sta per cominciare. […] (Il mio grembo)
Angelo Pulpito, 20 giugno 2016, pensiero critico
“TRACCE NEL DESERTO” di Mauro Giovanelli
1a Edizione – Pubblicazioni
Libro variegato, molteplice, che tiene desta l’attenzione del lettore poiché la vita che scorre è fermata in attimi poetici, in prosa, in riflessioni. L’attenzione è sempre presente pagina dopo pagina “Tu… eri ancora un sogno errante tra i miei pensieri….”,“Mi sono fermato un istante a pensare…”, mentre l’esistenza dell’autore si dispiega in rivoli molteplici in cui il fiume della vita scorre e diviene. Venature filosofiche si spargono nei versi, ricordi, malinconie, amori ammantati di un mondo reale e surreale nel frattempo. Ma, forse, una recensione limita enormemente la creatività dell’autore di quest’affascinante libro per cui preferiamo che siano gli stessi lettori ad apprezzare il contenuto artistico e la capacità espressiva. Sicuramente da leggere tutto.
Angelo Pulpito per “Tracce nel deserto” di Mauro Giovanelli
L’articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2016 da “MEMORIA CONDIVISA” sito www.memoriacondivisa.it
Sospesa la vendita, in preparazione 2a edizione 2023/2024
Joseph Mallord William Turner – La nave negriera (The Slave Ship)
Post del 10 maggio 2016
Joseph Mallord William Turner – La nave negriera (The Slave Ship)
Genova (italia) Palazzo Ducale, mostra degli impressionisti cui vennero abbinati “lavori” di inglesi e americani indubbiamente per l’esiguo numero di “pezzi” forniti in prestito dai musei del mondo. La Superba non si fa rispettare come una volta ma il modo di dare una lezione ai direttori dei vari Santuari dove sono custoditi i dipinti di Van Gogh (post impressionista), Renoir, Monet, ecc. ci sarebbe stato ovvero accostarli ai nostri “grandi”, i liguri dei primi ‘900 della statura di Rubaldo Merello, Cesare Bentivoglio, Antonio Schiaffino, Giuseppe Sacheri… e tanti altri che nulla hanno da invidiare a molti dei classici così detti “francesi”. Lo rimarcai al responsabile dell’organizzazione, rimase turbato nel constatare che una pecora potesse uscire dal “percorso” stabilito. In tale circostanza ebbi comunque la sorpresa di ammirare dal vivo opere di notevole spessore fra le quali ne spiccava una, di Joseph Mallord William Turner, il cui “potente” magnetismo mi attirò a tal punto da soffermarmi a lungo a studiarlo pur trattandosi di un soggetto diciamo “paesaggistico”. Fu difficile staccarsi dalla sua luce generata in una dimensione a me sconosciuta. Raffigurava un vascello che lottava strenuamente contro gli elementi della natura vincolati da un patto infernale che li induceva tutti a scatenarsi sulla tela. Non era il dipinto in questione, o forse sì, potrei dire una fesseria in quanto il mio interesse era così concentrato nel cercare di interpretare i vari toni… che il “tema” passò in secondo piano; al limite avrebbero pure potuto non esserci i complementi che davano il titolo al quadro tanta era l’ampia varietà cromatica i cui riverberi, avvicinandomi per capire il criterio adottato dall’artista, denotavano una particolare e suggestiva tecnica di stesura del colore di rado rilevata. In poche parole rimasi stupefatto e provai una punta di orgoglio quando successivamente, nel raccogliere informazioni su questo genio, ebbi modo di leggere: «…Secondo quanto scritto da David Piper nella sua The Illustrated History of Art, i suoi ultimi lavori venivano definiti come “fantastici enigmi” e il celebre critico d’arte inglese John Ruskin lo definì colui più di ogni altro capace di “rappresentare gli umori della natura” in modo emozionante e sincero». Flutti implacabili, raffiche di vento accanite, riflessi di luce ora intensi ora appena riverberati, turbinio di nubi sfilacciate come le residue vele dell’imbarcazione il tutto in una commistione diabolicamente perfetta. Potrei anche suggerire di definirlo l’artista delle “calamità naturali” o “potenza degli elementi” ma non va ancora bene, ci deve essere una definizione che renda giustizia a William Turner. Noterete di certo come in questo spettacolo passino in secondo piano le braccia degli uomini che fuoriescono dai flutti cercando di aggrinfiare l’aria per liberarsi dai marosi che, avviluppandoli ancor più saldamente delle catene, li accompagneranno al loro infausto destino, schiavi gettati in mare insieme ad ogni suppellettile allo scopo di alleggerire il natante. Poche pennellate maestose per raffigurarli, così come il vascello che viene “integrato” nella catastrofe, quasi una macchia, bestia ferita a morte in cerca di scampo. Ecco! Questa rappresentazione riconduce all’Apocalisse. Ad un attento osservatore non possono infatti sfuggire gli unici esseri viventi in perfetto equilibrio con il contesto, guardinghi gabbiani volteggianti come bianche colombe sul tutto prestabilito, sordi alle miserie umane. @Mauro Giovanelli – Genova www.icodicidimauro.com
Salve Mauro, come versi ? Grazie infinite per il bellissimo regalo che mi porgi come un prezioso diamante sul rifrangente adamantino cristallo della mia scrivania di lavoro dove spendo la mia Mente e mi provo sempre di far partecipe il mio Spirito nella sua dimensione più pura ed elevata. Che gioia leggere di sorprendenti colori, di nervose pennellate e di stoccate ora brune ora chiare che reinventano la Luce ! La grandezza di Turner è tutta qui, amico mio. Nessuno meglio di lui colse quella inusuale necessità: aprire come un drappo che svela il proscenio i sentimenti, le passioni, le emozioni al mondo intero e farne partecipe tutti, umili e nobili, in un’unica Estatica Collettiva Visione. Una vera Rivoluzione pacifica ! Ma come fare a rapire il fiacco ed ozioso sguardo dei mondani nobili e ricchi sulla tragica vicenda umana dei vinti degli oppressi dei semplici e degli umili ? Ecco che l’Eccelso ricorre alla Luce. Ma ad una luce nuova, talmente abbagliante e meravigliosa che anche il Principe non potè più divincolare gli occhi ! Oh caro, riesci a cogliere l’audacia divina del Nostro che costruisce la Luce senza mai usare il bianco ? La sua luce è fatta da una magica complessità di rosa di arancio di giallo e di verde ! Meraviglia del creato ! Come non rabbrividire al pensiero che un uomo inventa una Luce più grandiosa del sole ? E poi mio caro, osserva attentamente la geometria che segue quella inumana luce che non cade dal cielo ma che dal centro della tela si irradia verso la periferia ! Non è dunque una luce che emana da Dio ? No mio caro, la luce proviene dalle spalle della scena rappresentata ! Perciò noi ne siamo abbagliati. Perché, inspiegabile magia del Genio umano, quella luce illumina anche noi come statue di gesso immobili e silenti al cospetto di una Creazione così sublime che sovverte le Leggi della Fisica e che ispira l’Intelletto a nuove equazioni che spieghino in qualche modo quella nuova, inedita, inconosciuta Natura parallela al mondo euclideo che abbiamo imparato sui banchi di scuola. Ora osserva quello che in apparenza dovrebbe logicamente essere il mare. Ma è un cupo e triste pennellar di verdi e marroni ! Dov’è l’azzurro del mare ? Non sperare di trovarlo, Mauro caro, perché la metà del quadro è la incredibile rappresentazione di un Cimitero ! Dove i 132 schiavi neri realmente morti in quella spaventosa vicenda, che vide accanirsi senza pietà alcuna l’uomo contro l’uomo, rappresentano figure spettrali di morti che chiedono preci e memoria allo sprovveduto osservatore. E poi cosa dire di quel magnifico grumo di sangue al centro della scena che colora di morte la Luce al centro del disegno ? Ti chiederai, se Turner ci lascia avviliti sconfitti a senza speranza ? Quesito assolutamente intelligente e lecito assai. Una speranza di sopravvivenza a quella nave di disperati e dunque una speranza all’umanità il Nostro ce la concede: guarda in alto a destra sull’angolo retto che chiude il dipinto, timida scorgerai una piccola macchia azzurra quasi celeste: è il cielo ! E’ quello il segno che una fioca speranza c’é per quei disgraziati ed anche per noi ammutoliti osservatori. Non mi attarderò a spiegare altro che pertiene Tecnica pittorica ed altre specifiche similari. Spero solo vivamente di averti comunicato le ragioni artistiche ed emotive perchè quando cerco deliberato goccialar di solitaria felicità mi attardo nel fissare anche le Opere meravigliose di Turner. Partendo proprio da The Slave Ship che per me è la più grandiosa opera di Turner ed uno dei massimi capolavori di tutti i tempi. Mauro caro, quando smetterò di elevare il mio Stupore sulle cose del mondo e sulla meraviglia che costituisce ai miei occhi l’essere umano chiederò a gran voce a chi ne avrà bisogno di prendere la mia Vita senza indugi né remore. La Vita non si lascia vivere quando ingombri il suo dipanarsi nei giorni con le ore morte del cuore insensibile agli eventi da cui se ne ingenera il Senso. Te sai che nulla, eccetto le Scienze Matematiche ed il sommo ardire di Progettare per l’umanità, accende il mio cuore più delle Belle Magnifiche Arti con le quali nei lunghi silenzi della mia intima contemplazione della Bellezza sparsa ovunque nel mondo conquisto me stesso a mete sempre più elevate, eteree e sublimi. Ritornando al tuo eccellente lavoro, lo trovo sommamente interessante come al solito. La tua scrittura scivola via come lo sguardo sull’incipiente tramonto: pochi battiti di ciglia e tutto si compie mentre hai ancora gli ultimi dorati raggi del sole impressi negli occhi; ma è già notte ! Così il tuo scandire il tempo con la parola che più si accumula e più si autogenera miracolosamente diventando autonoma da te e dal tuo originario proposito. Eppure sempre intringe di Senso cio’ che incontra senza saltare un sola mera locuzione ! Bravo ! Ti prendo le mani, le tue sagge ed esperte mani di Uomo di Cultura e di Natura che tanto hanno visto e vissuto e le stringo forte con le mie delicate ed ossute di Eterno Studente sempre pronto ad imparare per trasmetterti attraverso la mia affettuosa presa il mio orgoglio la mia stima e la mia alta considerazione di Uomo di Cultura e di Scienza senza pudore alcuno della tua bella persona. Carissimo amico mio, hai poi pubblicato la nostra meravigliosa corrispondenza ? Presto replicherò alla tua ultima missiva ed eventualmente mi diffonderò ancora sulla tua bella review. Come hai potuto facilmente osservare, qui mi son dovuto dare un limite. Non tutti son pronti e vogliosi di leggere tanto testo che, quantunque ricco di suggestioni ed iperboli, può stancare l’utente medio dei social che è oramai aduso all’immediatezza dei file video o grafici. Anche nella scrittura lirica sento forte la necessità di far di sintesi la prima virtù da servire al lettore distratto da mille fonti luminose brillanti urlanti ed accattivanti. Ad ogni modo, ti rassicuro sul fatto che chi vorrà leggerti lo farà con il massimo rispetto e la massima considerazione, quel che te meriti ed anche di più. Perché i miei amici qui sono tutti assolutamente meravigliosi e gentili, mai nessuno rabbuiò il mio umore con fare svelto o addirittura rude. Mi sovviene d’improvviso, mai dimentico delle parole che ci siamo scambiati, di chiederti a che punto ritieni sei giunto nella tanto agognata conquista dell’ Età Adulta per pronunciare ”le parole più difficili”. Che io invece frequento da sempre senza curarmi più di tanto delle convenzioni e del conformismo che ci dettano un canone così austero e rigido. Io lo dico a fil di labbra senza che questo mandi in frantumi il mio buon nome di maschio assolutamente innamorato di tutto quel che è donna, femmina e femminile in tutti i sensi possibili. Caro amico mio, ti voglio bene ! Carissimi Saluti @Dario Rossi Speranza Milano/NewYork
Ciao Dario, ho letto d’un fiato quanto hai scritto e ammetto volentieri di essere solo un istintivo al tuo confronto, con un certo spirito d’osservazione, amore per l’arte e tutto ciò che è bello, compreso il corpo, l’odore, finanche i difetti tipici delle donne, una certa facilità nella scrittura che mi porto dietro, per fortuna, dai primi approcci con la scuola. Inoltre fantasia da vendere, sogni, speranza e spiccato senso dell’umorismo che fanno sorgere in me impensabili metafore. Tutto qui. Tu sei ad un livello… professionista non è il termine giusto poiché si avverte che sgorga dal cuore il tuo saperti esprimere in modo più che eccellente con ogni mezzo, tutta verità, nulla di artificioso. Potrei definirti un istintivo più attrezzato? In ogni caso è bellissimo ciò che hai illustrato in modo forbito sebbene comprensibile pure a un bambino, il periodo scorre piacevolmente perché ciò che segue ha attinenza e si ricollega compiutamente a quanto precede, si giunge alla fine in discesa, soddisfatti, al punto di volerti dire, cosa mai successa in vita mia, con disinvoltura poi, e forse il motivo è che non resta altro, un semplice saluto è insufficiente, inadeguato ad esprimere la stima e l’affetto che nutro nei tuoi riguardi. Ti voglio bene amico mio, ho molto da imparare da te e questa prima lezione l’ho assimilata subito. Un abbraccio. Mauro Giovanelli – Genova
«Se non hai quel grembo entro cui riversare ogni lacrima delle tue ferite, verso sera si va incontro a se stessi…»
Con questa sua ultima raccolta poetica data alle stampe, “Affinché morte non ci separi - Poesie d’amore”, Mauro Giovanelli realizza quella che possiamo definire un’opera di assoluti. Intendiamo, per assoluti, due opposti totalmente distanti, eppure, a ben guardare, costretti a un legame indissolubile che li vincola alla reciproca esistenza. Il più conosciuto è sicuramente Bene/Male: quante volte, infatti, abbiamo letto di come un aspetto esista solo in funzione dell’altro e viceversa?
Mauro Giovanelli, però, in questa raccolta, si concentra su altri assoluti, che crediamo siano ancora più potenti: Eros e Thànatos.
Senza avventurarci in disquisizioni troppo filosofiche o freudiane, possiamo riassumere molto brevemente il concetto dicendo che Eros è la pulsione di vita, quella spinta inarrestabile che ci motiva verso il soddisfacimento di sé, la ricerca del piacere, l’appagamento dello spirito e della carne; collegato vi è Thànatos, uno stimolo altrettanto potente ma distruttivo, spesso inarrestabile – e comunque inevitabile – con cui dobbiamo imparare a convivere. Nondimeno, Thànatos può anche essere letto come forma di difesa dalla paura della morte, che perde dunque il suo carattere distruttivo e torna a essere una forza evolutiva, e quindi imprescindibilmente legata con lo slancio vitale e l’impulso anche sessuale. Solo nell’equilibrio tra le due può esserci eternità.
Ecco dunque che con le sue poesie Mauro Giovanelli li supera entrambi e ci porta a conoscere l’incontro di anime e di corpi che va oltre il presente, attraversa quella soglia mortale per inoltrarsi
nell’indefinibilità di quel che non possiamo conoscere.
“Affinché morte non ci separi” è l’elogio definitivo a una dualità che non si arresta con la cessione delle funzioni vitali e, infatti, vive anche quando agli amanti vien meno la vicinanza, poiché sono le anime a essere collegate, e la fisicità che prende vita è potente e stremante quanto lo sarebbe quella tangibile, lasciando in più un’irresistibile perdizione di sensi data dallo smarrimento momentaneo di sé.
Non a caso una delle immagini dominanti che ricorre nella raccolta è proprio quella del bisòmo, termine con cui, nelle catacombe, s’indicava una sepoltura doppia: tecnicamente sono proprio i loculi orizzontali nelle pareti realizzati spesso per contenere due salme, di solito marito e moglie.
Ogni poesia diventa bisòmo: scrigno sacro destinato a conservare l’immortalità di un ricordo, ancor più di un amore, e anche se la materia si disgrega in polvere, la presenza del sentimento vive perfino attraverso questa dissolvenza, ossia la sacralità di due anime che si sono incontrate e che attraverso la parola sigilla la loro presenza terrena e ultraterrena, perché senza definire un oltre, esso esiste comunque, lo sentiamo tra queste pagine ogni volta che le anime comunicano in modi che non riusciamo neanche a immaginare.
[…] Mi ascoltavi, ripenserai all’infinito che proprio perché tale ha il suo limite, una volta concesso all’universo d’esplorare ogni gioco, lo costringerà a cavalcare ciò che è stato, rimodulare il destino con le medesime pedine […] (Torneremo)
Però il lettore un poco più spregiudicato potrebbe chiedersi se in realtà Mauro Giovanelli non stia adoperando una metafora e questa morte, anzi l’andare oltre la morte, non sia anche simbolo della perdita di (del) sé nell’altro. Il dubbio è lecito: quando la perdizione di sé nell’altro è compiuta, perché tracimano i margini che un’intera esistenza ci ha imposto, che cosa succede al sé più profondo? È forse l’esperienza più “terrificante” che abbia provato chi, appunto, si è annullato nella perdita dell’amore: lo smarrimento di sé equivale a una vera e propria morte e l’altro diventa un luogo ultraterreno da raggiungere disperatamente, il paradiso promesso per ritrovare se stessi.
[…]Fossi specchio il tuo bagliore attraverserebbe indefinitamente l’universo mondo per riposare alle mie spalle l’eternità. […] (Fossi specchio…)
Ancora:
[…] Amore, amare, essere amati, amaro averli perduti, così da rinunciare all’affilata luce del sole che leviga ogni dolore e ombra benevola accoglie tregua, silenzio, mentre la vita scorre come carezza sul muso del purosangue che sta guardando il cielo. […] (I divini cavalli di Achille)
Forse abbiamo proposto un’interpretazione un po’ azzardata, ma
in fondo stiamo parlando di assoluti, di terre sconosciute e dunque di confini superati nel buio più completo… (pensiamo al componimento “Al centro”, per esempio):
[…] e sarà amore totale, fluido, i nostri corpi ci faranno toccare confini mai neppure immaginati, fino a coprire tutte le direzioni, e noi sempre al centro. […] (Al centro)
Ma è in realtà l’amore, la sua nascita, il suo dirompente prendere vita che si contrappone alla morte stessa pur essendone sorella. La convergenza di entrambi raggiunge l’apice nel brano in cui lo stimolo vitale tramite la fisicità è lasciato libero di incontrarsi e scontrarsi in un luogo estremo, è una collisione pari a un big bang animico:
Il fatto che la raccolta si risolva con una poesia intensa come “Il prossimo incontro”…
[…] Il prossimo incontro sarà più o meno così, intanto vederti, una carezza sul viso, di quelle che non si dimenticano, tu alzerai il mento, respiro corto, intenso, come lupa che fiuta il vento, abbraccio forte, ti stringerò in vita, la mano scenderà lieve, risoluta, calda, e questo per portar via qualcosa di te oltre il bacio, e la tensione della tua nuca. […] (Il prossimo incontro)
…lascia aperte altre vie interpretative, fa pensare che in effetti tutto sia un presagio di nuova vita, non un semplice rinnovarsi, piuttosto un trasmutare completo che avvia una nuova ciclicità del divenire che nondimeno transita nella carnalità e nell’amore ma esiste solo perché le anime hanno saputo superare l’averno della fine e sono ora proiettate verso un infinito di luce immateriale, però sempre all’insegna del conosciuto: lo sguardo di chi amiamo. Pamela Michelis
Cosa ci spinge a scrivere poesia? Noi crediamo sia la necessità di dare forma spirituale alla sequenza di parole, restituire al pensiero il candore di una rosa, la morbidezza di un petalo, la soavità del profumo di un giardino in fioritura. La poesia è, in fondo, un bocciolo dell’anima e, proprio come l’omaggio floreale, sa essere dono inaspettato e forse, proprio per questo, maggiormente gradito. Ogni verso è bellezza unica che arriva al cuore e lì rimane perché eterno, non nell’immobile restare a memoria, ma nel rinnovarsi costante nell’animo del lettore che decide di farlo proprio, di assorbirne la linfa infusa dall’Autore nell’atto della creazione.
La poesia è trionfo ed eredità, è decidere di lasciare la parte più nobile di sé non solo a una discendenza di sangue ma anche a coloro che semplicemente varcheranno le porte di questa vita dopo di noi.
Mauro Giovanelli ama la poesia, la accudisce, la cresce, la vivifica, la immortala, persino la santifica quando decide di farne elemento sacro, non solo da venerare ma da proteggere e amare sopra ogni cosa. È per questo che nel corso della sua vita, ha dedicato a essa gran parte del suo impegno, anzi, della sua dedizione, e se è stato capace di dare alle stampe diverse raccolte, ora è pronto per un progetto più complesso, più intenso, realizzare appunto un’antologia delle sue opere arricchita da testi esclusivi, ciò che siamo qui oggi a presentarvi insieme a brani in nuova edizione già pubblicati.
“Settantanove scritti e mezzo – Vita, amore, morte, i soliti discorsi…” è il titolo di quest’ambiziosa raccolta, valorizzata dalla traduzione in inglese a fronte, per cui il titolo aggiuntivo “Seventy-nine and a half writings – Life, love, death and the usual…”.
La raccolta contiene testi di “Pulsionale, poesia III Millennio”, 1a e 2° edizione, e “Le tessere del pàmpano”, entrambe Vertigo Edizioni, oltre a recenti produzioni inedite, quali Il cimitero delle api, Pulsione, Ti amo, L’altra faccia di Giacomo Leopardi (Ancóra), Il tuo spessore, Quel che resta, Riproverò, Annichiliti, Tomba bisoma per citarne alcune.
A colpirci, negli scritti precedenti, c’era stata un’innata poliedricità, capace di esprimersi con un verso sorprendente, “attivo”, nel modo di organismo vivente privo dell’intenzione d’adagiarsi semplicemente sulla pagina ma in grado di rifulgere a ogni tocco, sguardo, come se da questi traesse nutrimento e al passaggio del lettore facesse sbocciare un nuovo elemento interpretativo. In Pulsionale (1a edizione), per esempio, a questo discorso si affiancava anche un elemento artistico aggiuntivo, poiché il testo era stato arricchito da quelle che ci piace definire impressioni d’arte «…riproduzioni inserite dall’Autore di opere presenti nella sua collezione privata, immagini familiari storiche, foto da lui stesso scattate e altre universalmente conosciute per il loro valore artistico…» (dalla Prefazione alla prima edizione). Tale pubblicazione, dunque, è stata un’esperienza pregnante, come se Mauro Giovanelli avesse voluto farci sentire circondati dalla lirica e dall’arte, avvolti dalla bellezza, alla maniera di un abbraccio sensuale e affettuoso allo stesso tempo, un caldo invito a stringerci al riparo delle sensazioni sotto la portentosa protezione della creatività che emoziona, e lasciarsi trasportare in un mondo sconosciuto, accogliente come nessun altro mai.
A traghettarci nei successivi lavori, fino a “Le tessere del pàmpano”, la sottile capacità intellettuale dell’Autore che affonda le sue radici in una conoscenza che non è didascalica ma appassionata, dunque vera e sincera, ricca di stimoli e instancabilmente “vogliosa” di nuove scoperte, inesauribile sete di comprensione. Proprio quest’atteggiamento è ciò che gli ha permesso di dare voce a un’esigenza nata in concomitanza ai tragici eventi vissuti negli ultimi diciotto mesi, un periodo che sembra drammaticamente lungo per l’impronta lasciata su tutti noi e che ancora oggi non siamo capaci di tarare in base alle nostre esistenze attuali. Ed è con questa silloge che Mauro Giovanelli dimostra non solo capacità adattative da un punto di vista artistico ma anche spiccata propensione di rimanere al passo con i tempi ed esserne innovatore, cercando nella poesia l’esatto spunto per salpare alla ricerca di esperienze incisive frutto di un’urgenza vigorosa che nasce sì dal disagio, ma anche da quell’innata capacità dell’uomo di non fermarsi alle difficoltà e superarle, anche quando sia ancora impossibile comprenderne l’effettiva portata. È, in fondo, quella resilienza che s’invoca in continuazione, ma a pochi è data la capacità di metterla in pratica.
I nuovi componimenti non giungono inattesi – come si può, infatti, arrestare l’onda creatrice? – ma necessariamente accolti, perfino voluti, fiduciosi che pure questa volta l’Autore sarebbe stato capace di offrire un apporto sincero e produttivo al nostro desiderio di ascolto. Infatti, il florilegio interno alla raccolta spazia in un’espressività strutturale varia; alcune, per esempio, molto vicine alla prosa (pensiamo a un testo come “Il tuo spessore”, di cui riportiamo alcuni passaggi) con un verso più lungo, articolato, energico flusso di coscienza che necessita d’infiniti elementi, quasi fossero appigli di senso per una rapidissima scalata alla consapevolezza. Da lettore ci si sente partecipi di un breve monologo fatto nella solitudine della propria anima ma con l’ardente desiderio che sia condiviso con chi sappia realmente ascoltare.
[…] … sai, alla fine una cosa m’è rimasta impressa, non ci crederesti, anch’io fatico a spiegarmi, neppure saprei in che modo descriverlo, o rispondere al perché mi ricordo quel pomeriggio assolato, cicaleccio lontano, luce fredda e tagliente del giorno, insomma voglio dire, tu stavi seduta su un sasso a margine del sentiero, aria sbarazzina, ginocchia unite, piedi divaricati, calzini bianchi, lo sguardo, ma non è questo, è quando ci coricammo sul prato, io ti venni sopra, mai potrò dimenticare il morbido spessore, sì la consistenza del tuo corpo […] (Il tuo spessore)
A questi brani si affianca una scelta più contenuta, minimalista, quasi aforistica che intende scandagliare il significato primordiale dell’uomo, come se l’interrogativo sul mistero della vita si fosse fatto impellente e non più procrastinabile. Sentiamo che l’idea stessa dell’essere uomini è stata ribaltata, non semplicemente stravolta, e percepiamo forte questa ricerca del nostro posto nel mondo.
[…] La domanda non è “Che cos’è l’universo?”, la domanda è “Io ero previsto? E perché?”. […] (A caso)
Anche: […] È poeta chi scrive sotto dettatura di un alto principio convertendone l’idioma a lingua universale. […] (È poeta…)
La scelta di una metafora potente come quella dell’ape operaia nel componimento “Il cimitero delle api” è rappresentativa: la forma di vita che più simbolizza l’insetto verso un’agonia lenta che sembrerebbe inarrestabile per mancanza di volontà da parte di chi potrebbe fare qualcosa, rabbia e impotenza che si uniscono in una desolazione che sfiora i lidi stessi di quella umana, e viene da chiedersi se si stia parlando solo delle api e non di ciascuno di noi, in una simbiosi che è fratellanza ancestrale. Rimane una sensazione struggente e cruda nel lettore ma che non sovrasta
la consapevolezza di possedere la chiave per superare tutto questo, è il desiderio di un mondo migliore, è quella stessa poesia cui affidiamo i nostri messaggi e che desideriamo divulgare, come un volo d’api, a portare polline salvifico ovunque, pure nello spazio siderale che l’Autore apre alla vista:
[…] Nulla so di te, distante la tua luce, mentre perviene, narra il passato, ma del tuo fulgore assorbo ogni stilla, mi disseta e fortifica, sorgente di vita indica la via da seguire per annullare spazio fra noi, così da annichilirci all’infinito in una sola sostanza ogni volta più lieve nel liberare energia. In virtù di un principio ignoto sei destinata a me, il resto è vuoto. […]
Non di rado la visione del mondo di Mauro Giovanelli lambisce le equazioni matematiche, le leggi della fisica, ma non in un sistema che intenda ridurre di significato il sentimento e l’anima, al contrario per dargli respiro, esaltarli nel tentativo di possederne la formula. L’Autore si annida nei meandri del Cosmo senza perdere il filo che gli consenta di tornare sulla Terra, è una figura ricca di complessità ma sicuramente uomo coerente nel suo pensiero, la cui prosa si getta e si riversa sui fogli come un fiume. Ogni suo libro è una summa di molteplici elementi che necessita anche di pause di riflessione, rilettura, e il loro insieme vanno a plasmare un quadro articolato dove i temi universali di vita, amore e morte si muovono in binari talvolta distinti, talvolta amalgamati con sapiente tecnica e padronanza di stile.
Buona lettura, e buon viaggio.
Pamela Michelis
QUESTO SITO WEB UTILIZZA I COOKIE PER ASSICURARE UNA MIGLIORE ESPERIENZA DI NAVIGAZIONE, OLTRE AI COOKIE DI NATURA TECNICA SONO UTILIZZATI ANCHE COOKIE DI PROFILAZIONE UTENTE E COOKIE DI TERZE PARTI. PER SAPERNE DI PIÙ, CONOSCERE I COOKIE UTILIZZATI ED ESPRIMERE IL TUO CONSENSO ACCEDI ALLA PAGINA COOKIE - SE PROSEGUI NELLA NAVIGAZIONE DI QUESTO SITO ACCONSENTI ALL’UTILIZZO DEI COOKIE.Accept
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.