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MI BASTO

Ho sbagliato! Del resto correva la necessità, mia, di modificare le precedenti edizioni delle opere presentate nella “competizione”. Non credo ai concorsi, in particolare di questo tipo dove hanno peso l’aspetto “commerciale” ed il “supporta me che io supporto te” somigliante al “voto di scambio in parlamento”. Diffido pure dei componenti le giurie. Mi sovviene la lettera che nel 1959 il grande Pier Paolo Pasolini, finalista del premio “Strega” con “Una vita violenta”, indirizzò a Salvatore Quasimodo a seguito della quale il sommo regista (e non solo) venne a sapere che quasi tutti i “colleghi” chiesero esplicitamente benevolenza ai giurati. Quell’anno fu assegnato (postumo) a Giuseppe Tomasi di Lampedusa per “Il Gattopardo”. Pier Paolo si pentì amaramente del suo unico momento di debolezza. Resta la sua enorme “massa”. Dubito della competenza dei componenti qualsiasi giuria, oggi più che mai.
Non ho tempo di leggere le altrui opere poiché scrivo molto per il piacere mio pertanto ho pochissimo tempo da dedicare alla “community” e pubblico me medesimo per il semplice fatto che le case editrici non investono più: Obliterato il “rischio d’impresa” anche nella cultura.
Ringrazio di cuore LUANA BOTTACIN per le sue spontanee quanto gradite recensioni al mio “PULSIONALE – POESIA III millennio”. A lei un abbraccio affettuoso.
Non parteciperò più ad alcun concorso letterario e/o similari. Mi basto.
Grazie a chi ha prestato attenzione ai miei scritti.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Lettera di Pier Paolo Pasolini a Salvatore Quasimodo.

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L’OROLOGIO DI PAPÀ

L’OROLOGIO DI PAPÀ

Amico…
sono stato messo in castigo dal sig. Facebook, credo che qualcuno ti abbia informato. Adesso i “cervelloni” del social sono molto più “sottili” nel punirti. Ti impediscono di interagire però vedi e leggi tutto. Per carità, mai stato così bene, dico davvero, e da questa “sospensione” ho scoperto che c’è sempre qualcosa da scoperchiare prima di giungere alla meta. Come posso spiegarmi? È giusto accada ciò se vuoi avvicinarti al limite. Esporsi, indignarsi, lottare. Nelle rarissime volte in cui ho digitato sull’icona mi è apparso uno dei tuoi innumerevoli lamenti poetici ed ho pure letto i soliti commenti cui di buon grado avrei voluto aggiungere questa mia digressione. Più per la “corte” che per te. Mi ero chiesto e ti propongo la domanda: Con chi te la stai prendendo? Se nulla hai da dire meglio zittirsi… Non ti piacciono i puntini sulle “i”? Come sarebbe possibile, nel virtuale, fare altrimenti? È automatico anche per gli analfabeti. Trovi superflua la conoscenza del greco e latino? Benissimo! Evitali.
Ignoravi forse che in Italia sono tutti allenatori di calcio, artisti e poeti? Adesso, come ho già avuto modo di riferirti in passato, questi ultimi hanno perfino il biglietto da visita con scritto “Tizio Caio – Poeta”. O Poetessa. Con la “P” maiuscola fra l’altro. Altrimenti come farebbero a ricordarlo la mattina, quando si svegliano (si fa per dire)? Amico! Bel piagnucolio comunque, commovente, estroso, buttato giù in uno di quei momenti di cui ho nozione solo mi sfugge un particolare: Ritieni che ad una folla variegata possano interessare i tuoi dolori alle ginocchia, la schiena? Che potresti essere un po’ folle? Minacciare di distruggere le tue opere che pochissimi sono in grado di apprezzare? Credi davvero spuntino le lacrime negli occhi del popolo di Facebook? Cerchi il senso della vita? Pensi di essere il solo? Insegui umiltà o compassione o cosa? Commiserazione? Riconoscimenti? Non ti pare di essere monotematico? Di girare in tondo al tuo problema, l’ “io” incompreso dell’arte… La tua anima (o cosa caspita essa sia per noi tutti) ed il corpo lacerati… Baricentri dell’Universo “Sono troppo grande!” che minaccia il suicidio. Chi esibisce pubblicamente e reiteratamente tale ipotesi mai farà il “grande salto” (per fortuna tua, mia, nostra)… Ti senti Leopardi? Allora viaggia con la parola oltre te stesso, emoziona, cerca di farci intuire l’infinito prima di provare dolcezza del naufragar dinanzi al tuo litorale.
Amico! Considerato che “viviamo pensando che la morte sia un fatto altrui” immagina quante persone rinfranchi con le tue sortite. Ai più procuri piacere, intimo, velato, nascosto; citi la tua sofferenza e loro si-eccitano (eccitano-si) e fra un “like” o “frase ad effetto” tipo “Gigante!”, “Meraviglioso!”, ecc… Godono nella consolazione di sapere che qualcuno stia peggio. Non lo sapevi?
Amico! Tu sei artista, pure pignolo, preciso, ordinato, di quelli che mettono i puntini sulle “i” di ogni opera. Basta osservare la cura con cui imballi il dipinto che spedisci, la catalogazione meticolosa di ogni tuo disegno, nello studio sai esattamente dove si trova il tale utensile, pennello, bozza, spatola… Dubito finanche ti possa disfare dei tuoi appunti, notazioni, esternazioni, poesie pure quella cui mi riferisco. A proposito! Forse mi è sfuggito (ribadisco di esser stato messo “dietro la Lavagna”, fra i “cattivi” del social) ma uno schizzo sul crollo del ponte Morandi a Genova avresti pur potuto farlo… Così! Per distrarti. Io te lo avrei suggerito se le comunicazioni con te, (Messenger a parte) fossero più… Fluide? Magari accompagnato da tre, quattro parole. Ha tagliato in due la città. Non si muore solo di pazzia, violenza… Gli “ultimi” sono ovunque… In questo istante, in qualsiasi punto del Pianeta ci sono sciami di fottuti individui che ammazzano, mortificano, mutilano, torturano donne, bambini, vecchi, giovani… Li umiliano. Stanno seduti nelle comode poltrone che un popolo ormai contento di essere schiavo ha posto sotto le loro natiche… Pochissimi mi hanno scritto durante l’esilio, neppure una telefonata… Quanto sono “scivolosi” i rapporti fra umani… Mi ricordano la parte affiorante degli scogli. Da bambino fino all’adolescenza frequentavo gli stabilimenti balneari “Nettuno della Cava” e gli “Strega” dove oggi sorge la “Fiera del Mare”. Tutta “Carignano”, l’ombelico de “La Superba” quindi del Mondo, si ritrovava lì. Agli “Strega” la granita era più buona. Incanto! A quel tempo sopravvivevano granchi, patelle, ricci, ippocampi… Adesso cemento per rare manifestazioni sportive e la montagna di vetroresina in esposizione durante il “Salone Nautico”. Ebbene là dove il mare lambisce appena la superficie calcarea si formano alghe (maggiormente viscide se basalto o granito dove attecchiscono con più difficoltà ma in filamenti) ed è necessario camminare con cautela, ci si può far molto male. Quante volte sono tornato a casa ammaccato! Così l’amicizia. Ci si spertica in “ti voglio bene”, “fratello”, “caro”, “carissimo”, “ci vediamo”, “dobbiamo incontrarci”, “baci”, “abbracci” e via di questo passo (dell’oca…) poi, per motivi oscuri (forse sono io a non coltivare tali “pratiche”) si sdrucciola lentamente nel silenzio… È una gran bella botta, decisamente doloroso quando ci si ritrova praticamente nudi, neppure uno straccio di Blue Jeans (Blu di Genova) a limitare i danni. Bah!
Amico! Con o senza puntini sulle “i” affermo che nell’istante in cui stavo leggendo la tua lamentela con questa lettera (commento) mi sarei permesso di suggerirti, come già rammentato in altre circostanze, di evitare di parlare pubblicamente dei tuoi acciacchi. Adesso non desidero sentirmi dire di farmi i c***i miei (come è mio costume del resto) a parte interessarmi di poche, rarissime persone.
Voglio raccontarti un insignificante accadimento che ti potrebbe incuriosire. Vincendo me stesso giovedì scorso (13.09.18) presi la decisione di portare il mio cronometro a far registrare poiché andava avanti cinque minuti al mese e sul quadrante si era accumulata quasi un’ora. In pratica da circa un anno spettava alla mia mente di toccargli il tempo. Ero già sull’uscio di casa quando pensai di tornare nel mio studio per cercare il vecchio Omega di papà, carica manuale, anni ‘40/50 onde evitare di rimanere a polso nudo durante il tragitto di ritorno (mai successo di programmare qualcosa). Quando lo trovai mi accinsi a dargli la corda e regolare le lancette. Rimasi sbalordito nel constatare che le sfere segnavano esattamente l’attimo… 16 e 46. Anche quella dei secondi nel cerchio in basso ad ore sei era sullo zero. Giuro che ebbi più di una pausa di trasalimento. È pur vero che avrebbero potuto indicare le 4 e 16 sebbene anche dividendo per due le innumerevoli probabilità esse restano tali. Il pensiero andò anche a mia mamma… Parafrasando lo splendido aforisma di Hermann Hesse:
“Anche un orologio fermo segna l’ora giusta due volte al giorno”
Mi viene da dire: “Anche a quelli che adottano tempi verbali appropriati, virgole e virgolette, citazioni ed ec-citazioni potrebbe capitare di scrivere qualcosa di buono almeno una volta. Come ai grandi artisti di mancare piccole, grandi occasioni per rivelarsi uomini.”
Ah! Un’ultima cosa. Io ci sono stato all’inferno. Ti assicuro che i gradini non scottano. Infatti sono inesistenti. Ci arrivi con volo planato stando comodamente disteso, fermo, immobile, in attesa… “Dormire forse…” Shakespeare aveva intuito qualcosa! (senza esserci stato ed ora più nulla potrà riferire.)
Spero tu stia bene, riesca a superare questo momento così da regalare ancora opere bellissime. Un caro saluto.
Mauro

P. S.
Aspetto qualcosa da te. Spero arrivi in tempo anche se ormai manca lo scopo.

Mauro Giovanelli – Genova
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A Roberto Fico

A Roberto Fico

Caro Roberto Fico, sembrerà banale ciò che sto per scrivere, pure insignificante ma non lo è. Credimi. Comincia da subito a pensare come liberarti ed affrancare l’Italia dall’ignominia perpetrata nei nostri “Palazzi” del Potere e liberati dei due manichini alle tue spalle che guadagnano cifre astronomiche solo per metterti e toglierti la poltrona da sotto il fondoschiena. Non ho alcunché di personale con costoro anche se dovrebbero essere consci di aver vissuto e vivere “sopra le righe” alle nostre spalle per volontà di parlamentari incapaci e parassiti. Si aggiungono commessi, barbieri, addetti alla ricarica orologi a pendolo, infermieri, medici, idraulici, falegnami, baristi, pasticceri, personale della buvette, infermieri e medici degli “ambulatori”, … Ecc. Ecc. Ecc.
Insomma rappresentanti strapagati di tutte le normali categorie del lavoro che “al di fuori” combattono per arrivare al giorno 20 di ogni mese.
È ora di fare sul serio. O no?
Buon lavoro.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: Roberto Fico Presidente della Camera 14 marzo 2018

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LA RISPOSTA

LA RISPOSTA

Correva l’anno settantatre,
giunse il giorno quattordici,
marzo, del tempo terrestre,
novantaquattresimo
di comparabile intervallo
quando, ad una certa ora
della fresca mattinata,
leggera, profumata, chiara,
vicinissima alla primavera,
luce invadente, improvvisa,
ombra scarna, esitante,
mi soffermai a pensare,
seduto su una panchina
proprio fronte il mio mare,
ad una astrazione che
in cuor mio avrei voluto
assolutamente ghermire
e rendere teorema.

Fra nulla e infinito
come esattamente definire
a quale punto sono arrivato?
Abbandonando ogni
convenzione, in primis
il calendario gregoriano,
ancor meglio sapere
dove noi tutti ci troviamo
in questo folle girovagare.
In sintesi le coordinate,
rispetto al vero, autentico,
ignoto termine di riferimento
rispetto al quale misurarci,
ovvero la distanza coperta
nello spazio interstellare,
nonché quel che avanza,
dall’inizio alla fine e,
se del caso, viceversa.
Ammesso il Tutto esista,
finanche Niente.

Forse per farmi un favore
nuvola indiscreta offuscò il sole.
Repentino brivido da eclissi
destò lo straordinario torpore.

Alla fin fine, ma fine fine
altro non resta da fare
che correre da te,
abbracciarti, stringere forte
i tuoi fianchi, con furore gioire,
baciare il solo corpo,
carne e sangue, nervi, impulsi,
capace di farmi piangere,
godere, sognare, amare.
Unico il tuo pensare che,
seppur per altre esigenze,
spalanca la boschiva porta
del breve ma intenso tragitto
per me parato a festa.
Mi introduco, non è delirio
ma peculiare risposta.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Fulvio Leoncini artista post contemporaneo – “L’orecchio di Vincent” – Disegno con lapis dimensioni cm. 21×30 – Collezione Mauro Giovanelli

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ECONOMISTI

ECONOMISTI

Il vero pericolo per l’umanità è rappresentato dagli “Economisti” (degli ingegneri parleremo un’alta volta). Coloro che di questa sottospecie umana rappresentano un’autentica iattura sono quelli che salgono al Potere o giungono a respirarne l’olezzo. Tanto per fare un esempio alla portata di tutti sono infatti assimilabili agli “androidi” o “sintetici” ancor meglio “replicanti” magnificamente raffigurati nella famosa serie “Alien” nonché in “Blade Runner” del grande regista Ridley Scott.
Il “fine vita” è illimitato. Nelle “Prestigiose Università” la “programmazione” si avvale della più eccelsa tecnologia affinché il loro unico obiettivo non sia l’uomo bensì il “Mercato” e le “Borse”.
Quindi li senti blaterare di “PIL”, “Rapporto Deficit/PIL”, “ROI”, “ROS” e “ROE” (meglio non sapere che significhino), “Nasdaq”, “Dow Jones”, “NYSE”, “AMEX & Mercati OTC” , “Indici di disoccupazione”, “Indici di Borsa”, “Tendenza del Mercato”, “Indici nel naso”… Scusate! Mi è scappata dalla tastiera anche se fra costoro sia in uso simile capacità bonificante con annessa gestualità. Li ho visti!
Naturalmente i nostri “politicanti” (circoscrivo il discorso alla sola Penisola) sebbene ignorino del tutto tale mondo alieno ne traducono l’idioma a proprio esclusivo vantaggio per dimostrare, “grafici alla mano”, quanto siano stati bravi.
Mi domando: Ma questi “signori” e, ahimè, “signore” non si potrebbero confinare all’interno di una vasta area attrezzata di ogni comfort con il solo divieto, pena la “disattivazione”, di usare gli “indici”.
Per il loro soddisfacimento personale il dito medio sarebbe più che sufficiente.
O no?

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: INDICI MEDI

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LO SCHIAVISMO È ALLE PORTE

LO SCHIAVISMO È ALLE PORTE

Ero in tutt’altre faccende affaccendato per cui non ho avuto modo, neppure la voglia, di ascoltare per intero il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. Però un passaggio inerente il “LAVORO” mi è giunto chiaro e netto da un “basso” nel Centro Storico della mia Superba. Così recita (testualmente):

“…è necessario ci sia in ogni famiglia…”

Eppure… Cazzo! Sono strapagati, hanno consiglieri, portavoce, portaborse, porta la borsa, porta auto (autisti), porta sfiga (ai cittadini), porta foglio, porta la sporta, non im-porta, neppure com-porta ma… Più o meno dignitosamente un tempo il solo capofamiglia manteneva l’intero nucleo con il proprio stipendio o salario. Poi, complice anche il femminismo più becero (ossia mascolino, ovvero diverso dal movimento per la parità dei diritti), dovevano lavorare marito e moglie al fine di ottenere lo stesso risultato. Indi, connivente l’intero arco costituzionale, avrebbero dovuto lavorare pure i figli delle categorie meno abbienti, fenomeno successivamente esteso alle “abbienti” dopo aver disintegrato la così detta “classe media”.
Oggi i discendenti fino ai nipoti sopravvivono con le pensioni dei nonni quindi la frase suona sibillina, profetica, tanto più avendo a che fare con una specie di governanti tutt’altro che affidabili, oserei dire tortuosi, serpeggianti (Renzi docet). Anche se il risultato finale sarà lo stesso che si prefiggono dalla notte dei tempi chiedo la rettifica della locuzione che dovrà recitare:

“…è necessario ci sia LAVORO per OGNI COMPONENTE la famiglia…”

Regola rigidamente applicata e rispettata nell’esercito dei Politicanti dove l’indice di disoccupazione per loro parenti, affini, amici e amici degli amici è 0 (zero).

Preparatevi! Lo schiavismo è alle porte.

Mauro Giovanelli – Genova
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Evidente l’immagine in evidenza

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MA CHE COMPASSO! IL PENDOLO DI FOCAULT…

MA CHE COMPASSO!
IL PENDOLO DI FOCAULT…

L’ultima strofa di una mia poesia, titolo “IDONEA DESTINAZIONE” così fino a ieri recitava:

“————–
A parer mio le gambe della donna
sono aste del compasso
che nello spazio siderale misura le coordinate
fra “benvenuto” e “addio”.
La tua assoluzione o la condanna.”

Infatti non più tardi di ieri una gentile amica mi segnalò di ricordare che nel film “L’uomo che amava le donne (L’homme qui aimait les femmes)” di Truffaut, 1976/77, dal protagonista (Charles Denner) viene pronunciata la seguente frase:

“Le gambe delle donne sono come dei compassi che misurano il globo terrestre in tutti i sensi, dandogli il suo equilibrio e la sua armonia.”

Per le molte coincidenze che, se da una parte mi gratificano dall’altra risultano indigeste, ho riflettuto, rivisto interamente il filmato inviatomi (della pellicola non ricordavo tale locuzione) e verificato che il doppiaggio rispecchiasse la versione italiana. Anche se il mio pensiero allarga gli orizzonti uscendo dal Pianeta il termine “compasso”, di cui non esistono sinonimi appropriati, ormai risultava inadatto. Ho pure pensato che per la gente sarebbe stato più facile e piacevole credere a Truffaut… Bah! Necessitava uno strumento di calcolo o verifica composto da aste o similari che per l’utilizzo debbano aprirsi e chiudersi e riassumesse, ampliandolo ulteriormente, il mio concetto. Mica facile!
Immediatamente… “Il pendolo di Focault” esposto al museo della tecnica di Parigi e romanzo (bellissimo) di Umberto Eco! Illuminazione!
Ecco il risultato:

“————–
A parer mio le gambe della donna
sono gli estremi limiti del piano di oscillazione
del pendolo divino che dell’Universo misura
il senso di rotazione, sono la differenza
fra “Benvenuto” e “Addio…
…………..
La tua assoluzione o la condanna.”

Voi cosa ne pensate?

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Locandina del film ““L’uomo che amava le donne (L’homme qui aimait les femmes)” di Truffaut, 1976/77

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Graziella Ciliberto Artista Contemporanea

Cara Graziella Ciliberto
www.pitturadeco13.it ,

spero che la pazienza paghi, ti chiedo ancora scusa ma gli impegni si accavallano di momento in momento per cui salta ogni programma, appuntamenti falliti, articoli obliati nel fondo di una delle tante cartelle del PC.
In questo istante sto ammirando le opere esposte nel tuo sito. Già una prima volta, visitato in fretta, ho avuto modo di essere investito da colori forti tuttavia pervasi da profondo senso di inquietudine, ricerca di qualcosa dimenticata nello scorrere del tempo fra le cavità dei nostri sogni, i dirupi di ogni incubo ma, soprattutto, inevitabile e continua ricerca del vissuto da cui estrarre indicazioni di ciò che il futuro potrebbe riservarci. Il passato non esiste più, il divenire neppure ha preso forma pertanto il solo presente “è”, ogni attimo suggerisce alla tua mano cosa imprimere sul supporto. Da ciò scaturisce la tua anima o qualunque cosa essa sia. Nel dipinto “Autunno” così come in “Alberi” ed in certo qual modo “Mare” insiste il perseguimento della tua incognita. Viali silenziosi, quieti, a volte rischiarati da timida luce laterale, vicina, a fianco
“Autunno”, oppure tale baluginio è lontano, in fondo al sentiero ombroso, fatato o stregato, dove si potrà trovare la risposta. Non sfuggono a questo percorso “Stupore” e “Tutto scorre”. Finanche “Mare” che, dal titolo, potrebbe suggerire azzurra prateria di acqua salata, o verde smeraldo, blu profondo, lascia l’osservatore al di qua di due alberi che, come sentinelle, consentono solo la visuale di uno spicchio appartato e sereno del tenue moto ondoso racchiuso comunque fra la sponda in cui ci troviamo e l’opposta costituita da colline nel momento in cui raccolgono gli ultimi raggi di un sole al tramonto.
“Metamorfosi” richiama in fondo la medesima mestizia, sotto forma umana che alla fine, ma fine fine, crediamo sia la sola in grado di cogliere il mistero dell’Universo. Infatti vi si può ammirare un abbraccio più di disperazione che di gioia, potrebbe essere riconciliazione, pace ritrovata. Resta il fatto che le connotazioni ed i tratti dei volti, profilo quello dell’uomo e di fronte la figura femminile, hanno lineamenti distintivi, oserei dire “laceranti”, si ha percezione di disfacimento in atto, corrosione non solo del corpo. Resta da vedere se tale processo sia da addebitare al “prima” della coppia, ipotesi che mi sento di sostenere visto che la “stretta” della donna riconduce a quello paterno nella parabola del “figlio prodigo”, “Perso e ritrovato” o “Padre misericordioso” raccontata solamente nel Vangelo secondo Luca 15,11-32. Qui è la femmina che perdona. Fra le sue braccia accoglie “lui” nell’intento materno di fermare il logoramento di cui egli è promotore e colpevole.
Potrei dire molto sulla tua pittura. Continua la tua ricerca, affinerai sempre più il linguaggio e ricorda: Non si è artisti per caso!
Un caro saluto.
Mauro

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagini in evidenza: Opere dell’artista Graziella Ciliberto

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FULVIO LEONCINI ARTISTA POST CONTEMPORANEO

FULVIO LEONCINI
ARTISTA POST CONTEMPORANEO

Fulvio, devo concedermi una pausa! Quanto meno resistere alla tentazione di scrivere ciò che suscitano le tue opere ogni volta che le osservo, che sia tecnica mista, disegno con lapis, olio, schizzo (sto aspettando la foto della parete su cui pulisci i pennelli) e quant’altro tu imprima su supporto di ogni tipo. Il 13 di questo mese (dicembre 2017), pochi giorni fa, è stato pubblicato un libro “Stupidi anni! Vita e morte di Cesare Pavese” che, ovviamente, ho acquistato e letto in meno di un’ora.
Trattasi di opera teatrale, Gianfranco Loffarelli l’autore, e abbraccia l’arco di tempo che va dal 1927 al 1950 più precisamente alle ore 20,30 di domenica 27 agosto, Torino, Hotel Roma, stanza nr. 43, quando la cameriera dell’albergo vide disteso sul letto il corpo immobile del grande poeta. Pantaloni e camicia, maniche rivoltate, un braccio piegato sotto la testa ed un piede penzoloni appena fuori bordo. Risultò evidente quanto non fosse più occupato a liberarsi dei suoi propri incubi, più dal viso disteso e sereno che dalle due righe stilate sul foglietto attiguo ad una confezione vuota di “Roipnol”, sul comodino accanto. “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Non fate troppi pettegolezzi” vi era scritto.
Caro amico, ti starai domandando che caspita c’entri tutto ciò con la tua arte. Abbi un po’ di pazienza. Intanto… “Perdòno o Pèrdono?”. Il nostro Cesare non mise alcun accento per cui voglio pensare che intendesse perdonare l’umanità intera per aver lasciato andare anzitempo il sommo letterato e pensatore. “Non fate troppi pettegolezzi” lo aggiunse ben conscio di quanto siano repellenti le “qualità” degli appartenenti al genere “Homo” in cui lui non si riconosceva (né vi apparteneva). Così mi rimarrà sempre un dubbio, non per l’interpretazione del suo testamento che mi risulta chiarissimo ma su un particolare per i più insignificante che vorrei conoscere e non saprò mai anche se, sono convinto, egli abbia agito come… avrei fatto io al suo posto.
Arriviamo al dunque. Perché dovrei commentare questa tua eccelsa opera dopo aver visto il ritratto che avevi promesso di farmi? Mi sono commosso come poche volte è capitato nella vita. E solo per questioni di donne. Ho provato la sensazione… come dire? Esiste una persona che è riuscita ad arrivare in fondo alla mia anima. Hai scritto “grande” fra l’altro. Se lo dici tu… Però devi sapere che all’età di pochi mesi, da bebè, avevo il vizio di tirarmi l’orecchio destro nel vano tentativo di metterlo in bocca e morsicarlo per cui, rispetto al sinistro, risulta essere più discosto dall’osso temporale. Mia mamma decise infine di incerottarlo ma il danno era fatto. Forse già allora la “destra” mi infastidiva… Osservando attentamente la mia propria immagine riprodotta magistralmente dovrei dedurne, proprio da questo particolare, che il sottoscritto sia dall’altra parte della psiche, e stia osservando Mauro quasi intendesse riferirgli qualcosa. Forse non tutti sanno che il riflesso percepito da uno specchio piano non è invertito destra-sinistra come ordinariamente creduto. Per le leggi della rifrazione che non sto qui a spiegare esso rimane infatti inalterato l’osservatore percependo il solo ribaltamento alto-basso e fronte-retro. Allora mi collego alla citazione che hai scritto in “calce” al ritratto in caratteri che potrebbero sembrare la piccola ringhiera della mensola:

“Quale mondo giaccia al di là di questo mare non so, ma ogni mare ha un’altra riva, e arriverò.”
Cesare Pavese, “Il mestiere di vivere (1935-1950)

L’ho fatta troppo lunga ma ho “sentito”, se mai avessi dovuto averne conferma, la magnifica persona che sei e, travolto da un’ondata di affetto sincero, avvertito la pressante necessità di dire: “Ti voglio bene”.
Per quanto riguarda la tua opera in evidenza affermo, nel pieno delle mie facoltà mentali, che se Vincent è “post impressionista” tu, Fulvio Leoncini, sei “post contemporaneo”. “Oltre” insomma… Come l’io al di là della tua specchiera… probabile abbiano una riva, la stessa. Dove arriveremo. Un abbraccio.
Mauro

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Fulvio Leoncini artista post contemporaneo – Ritratto di Mauro Giovanelli (immagine provvisoria)

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IL CRETINO PARTE V

IL CRETINO PARTE V

Ho testé avuto un “confronto” epistolare con certo “Antonio Di Bartolomeo” al termine del quale, non avendo egli alcunché da aggiungere circa il fatto che artisti si nasca e non ci si possa inventare come tentava invano di confutare, ricevetti questo Messenger:

“Scusami ma mi vedo costretto a rimuoverti dai miei contatti.
A te piace la polemica fine a se stessa.
A me per nulla…”

Si è dimenticato di aggiungere (…ma fine, fine…) Comunque per la prima volta è stato conciso poiché le sue adirate repliche e controrepliche avverso il mio modo di vedere le cose erano talmente “lunghe” e contorte che al loro confronto nella pubblicità della carta igienica “Regina” doppio velo si vede solo un coriandolo.
Costui, illustre professore, era da molto che si compiaceva di elargire sgangherate corbellerie in ogni direzione.
Resta il fatto che non mi è possibile far sì che gli giunga questa mia avendomi egli “bannato” e contemporaneamente “escluso” dal gruppo “Pluriversum Edizioni”, il suo habitat, dove riceve compiacimenti da tutti gli iscritti speranzosi di vedersi pubblicare loro esternazioni.
Nascondendosi nella caditoia del nostro “Social Network”, precisamente “Blocca”, dove il sottoscritto evita di inoltrarsi, dimostra la sua viltà pertanto ho titolo di lanciare questa bottiglia (con tappo) nel mare della “rete” sperando giunga a destinazione.
Dovessi recuperare il “dialogo”, davvero interessante, lo posterò aggiungendo qualche osservazione. Saranno gradite le vostre.
E sarà “Il cretino” parte VI.

Mauro Giovanelli – Genova
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