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LA QUESTIONE MORALE

LA QUESTIONE MORALE

L’Italia deve essere rifondata, a partire dalle persone che si sono “imposte” per governarci, la guida scout Renzi Matteo per primo, poi a scendere i “giovani esploratori” che ha piazzato ai posti di comando. Continuare con la “rimozione” della vecchia guardia, gli Scilipoti, i Razzi, i Borghezio, Verdini, Gasparri, Lupi, Casini… e il “mucchio selvaggio” che dai tempi di Bossi e il “Trota” hanno occupato poltrone che erano di persone degne. Proseguire con tutti i parassiti strategicamente disposti, come su una scacchiera, da Berlusconi. Non sono più convinto che affrontando problema per problema si possano ottenere risultati, è dalla fine della seconda guerra mondiale che si adotta questa tattica, per il patrimonio artistico, il rispetto del territorio, l’equità sociale, i servizi, l’istruzione, il sistema carcerario, i rifiuti… effetti: zero! Siamo guidati da gente maleducata che guarda all’esclusivo e personale interesse per “tirare a campare” che è meglio che “tirare le cuoia” come da scuola di pensiero di andreottiana memoria, insegnamenti ricevuti e ben recepiti, meglio ancora condivisi tra le “larghe intese”. L’attuale capo del Governo rilascia quotidianamente dichiarazioni deliranti come, ed è solo l’ultima, quella sul nuovo “patto con gli Italiani” ovvero abbassare le tasse qualora le “sue” riforme andassero in porto. Alla raffica di sparate che escono dalla bocca del Presidente del Consiglio mancano solo Bruno Vespa, la lavagnetta, il plastico e la scrivania sulla quale già venne firmato il “contratto con gli Italiani”, una sceneggiata che rimarrà nell’immaginario collettivo della Nazione e che neppure il grande Ettore Petrolini avrebbe potuto immaginare. Stendiamo un pietoso velo sulla corruzione dilagante, un cancro difficilissimo da estirpare, e poi si rigenererebbe, come le parti di certi rettili. Oltre a tutto il resto noto la scarsa competenza degli attori, l’indifferenza palese verso le esigenze dei cittadini, neppure sanno di che si parla quando affrontano un argomento, aggrinfiati alle loro dorate poltrone navigano a vista nel nostro mare, che hanno trasformato in palude, lo stesso che affrontò il grande Cristoforo Colombo per un’ideale, un obiettivo, e mentre lo attraversava, spingendosi verso l’ignoto, disse: “E il mare porterà nuove speranze, come il sonno porta i sogni”.
Riprendiamoci le nostre speranze e i sogni, ci hanno “scippato” pure quelli e più nulla avremo da lasciare ai nostri figli e nipoti. Vivere in questo Paese così come l’hanno ridotto i Capi di Governo che si sono succeduti nei quattro lustri che vanno da Berlusconi a Renzi, tralasciando i personaggi altrettanto inquietanti che hanno fatto la loro breve ma diabolica comparsa in questo infernale intervallo, Monti in testa, sta diventando non solo angoscioso ma indegno per ciascuno di noi e immorale verso le nuove generazioni.

Mauro Giovanelli – Genova
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LA GASSA DELL’AMANTE E IL NODO ALLA CRAVATTA (arte marinara e concetto di stile)

LA GASSA DELL’AMANTE E IL NODO ALLA CRAVATTA
(arte marinara e concetto di stile)

Caro Schettino, quello che mi fa riflettere è che se fosse capitato a me, che so in un momento di follia, quello che è “successo” a te cercherei di non farmi più vedere in giro, mi nasconderei, farei cambiare il cognome alle mie figlie per evitare che in classe si sentano dire “Torni a posto, CAZZO!” Sto parlando sul serio, non tanto per te, ormai nessuno riporterà in vita i morti, quanto per il fatto sconcertante che, come te, in Italia ce n’è un’intera tribù, gente con la faccia più dura dell’acciaio al tungsteno. Un esempio a caso, e tanto per non fare nomi, i 185 del Parlamento che hanno cambiato casacca politica per puro opportunismo e convenienza personale, autentici vigliacchi, alcuni hanno addirittura “coperto” tutto l’arco costituzionale, gli Scilipoti, i De Gregorio, i Razzi, ecc. che poi sono anche brutti, viscidi, al loro confronto un’anguilla spalmata di grasso è carta vetro.
Tu puoi permetterti di trovare il coraggio di “apparire”, scrivere un libro, “Verità sommerse” o come cavolo si intitola, e trovare una casa editrice che te lo pubblica per il semplice fatto che viviamo in un Paese anomalo, moralmente sfasciato e ne approfitti. La colpa non è tutta tua, viene ripartita con quel migliaio di nostri parlamentari (negli USA sono la metà) che hanno gli stipendi più alti del Pianeta e continuano, sotto la gestione dell’esperta guida scout Renzi Matteo, a chiedere sacrifici ai pensionati e alle classi meno abbienti. Servi del Potere e del denaro; anche molti professionisti dell’informazione, giornalisti e conduttori TV hanno sposato la medesima filosofia di vita e vanno a braccetto con il Governo. Tu invece sei schiavo della tua spavalderia e di una mal riposta autostima. Comunque gli appartenenti ad entrambi i generi cadranno, prima o poi, nello stesso disgusto di sé stessi, e sarete tanti, tantissimi, di ogni categoria, vi esiliassero su un’isola deserta potreste rifondare una nazione.
E’ quindi logico che tu possa trovare la forza di agire come stai facendo quando al Parlamento Europeo siamo rappresentati da gente del calibro di BORGHEZIO. Però alla fine, vedrai, la tua vera punizione consisterà nel fatto di renderti conto che per il resto della vita sarai parte integrante di questa gente vile. Come dice nonno Kuzja (John Malkovich) nel bellissimo film “Educazione Siberiana” di Gabriele Salvatores, “La fame viene e scompare, ma la dignità, una volta persa, non torna mai più.” E a voi, cari signori, non ne è rimasta neanche una briciola.
Mi riferiscono che la gassa d’amante sia il più importante nodo dell’arte marinaresca e se non si sa fare è impossibile essere considerati eccellenti uomini di mare. Non metto in dubbio che tu sia in grado di realizzarlo ma almeno impara a farti bene il nodo alla cravatta, CAZZO!
Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “LA GASSA DELL’AMANTE E IL NODO ALLA CRAVATTA” è stato pubblicato il 15 luglio 2015 su IL SECOLO XIX con il titolo “CARO SCHETTINO, LA DIGNITÀ SI PERDE”

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CARLO GIULIANI – 2001 ODISSEA NEL G8 DI GENOVA

CARLO GIULIANI – 2001 ODISSEA NEL G8 DI GENOVA

Gli anni ’60 sono stati favolosi, magici, le nuove generazioni devono credermi, un periodo unico, si sono verificate circostanze abbastanza difficili da ripetersi, un po’ come accadde per la corrente degli impressionisti, in Francia soprattutto, o la scuola dei pittori liguri primi ‘900, o la concomitanza dell’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre con la massa e dimensione del nostro Pianeta e la sua distanza dal sole, un miracolo che consente la vita. Per chi li ha vissuti una consolazione in più del tempo che se ne va.
Abbiamo avuto la cinematografia dei Fellini, Risi, Monicelli, Visconti, Antonioni, Kubrick, Bergman e attori del calibro di Gassman, Tognazzi, Sordi, Manfredi, Mastroianni. La letteratura con Fenoglio, Pavese, Calvino, Pratolini e tanti, tanti altri, americani, francesi, tedeschi, russi e ancora italiani non menzionati ma secondi a nessuno. Ovunque nasceva cultura. E musica. “I Nomadi” è stato il gruppo pop rock, fondato nel 1963 dal tastierista Beppe Carletti e dal cantante Augusto Daolio che, fra i “nostrani”, osservavo con maggiore attenzione e rispetto per la sonorità e il messaggio di denuncia e impegno sociale che sin dagli inizi trasmise. Il nicciano (nietzschiano) “Dio è morto” con richiami nel testo, secondo il mio personalissimo parere, alla poesia “Urlo” del grande Allen Ginsberg”, fu una meteorea sonora che penetrò nelle menti dei giovani. I Beatles li ho visti a Genova il 26 giugno 1965. A loro preferivo i Rolling Stones, che sono stati nella mia città il 9 Aprile 1967, e Bob Dylan che vi si esibì il 4 luglio 1992. Ritornò in Liguria nel 2001, sempre a luglio, durante il famigerato G8 e, volendo ascoltarlo di nuovo dal vivo, la sera del 20 andai a La Spezia dove spostarono il concerto per motivi di sicurezza.
Genova era stata occupata, circondata, sbarramenti e cancellate ovunque, polizia, presidi di carabinieri, vigilanti in borghese, brutti ceffi mai visti dall’inquietante aspetto di agenti del KGB, elicotteri che ronzavano continuamente sopra le nostre teste, insomma la città era stata posta sotto sequestro, in stato di assedio, stuprata. Pensare che la Superba aveva subito un simile smacco una volta sola nella storia recente, da parte dei nazisti nella seconda guerra mondiale, e i genovesi gliela fecero pagare perché, in tutta franchezza, quando arrivarono gli alleati i partigiani liguri avevano già provveduto a mettere in fuga i tedeschi, a fare pulizia, togliere la più grossa. Come fecero i Napoletani. Tornando al G8, in quell’estate di inizio secolo aleggiava un clima mefitico, la gente era meditabonda, depressa, le donne si recavano a fare la spesa con passo lesto, testa china, gli uomini parlavano tra loro a voce bassa, l’atmosfera che si viveva, sebbene splendesse un sole furente, era di rabbia, disorientamento, le espressioni confuse e irritate dei cittadini impregnavano il panorama complessivo.
Fu mentre stavo assaporando “Like a rolling stone” al Picco, lo stadio della città del “golfo dei poeti”, che venni a sapere della morte di un giovane “facinoroso” nel quartiere Foce, dove abito. Provai una sensazione strana, di sbigottimento e rassegnazione, mi sentii anche un po’ a disagio per essere seduto sulle gradinate ad ascoltare un concerto, come singolare fu il mormorio che intorno a me si andava propagando al diffondersi della notizia. Avvertii che il mio stato d’animo era comune a tutti gli spettatori, il vociare andava aumentando, si facevano ipotesi, congetture a voce bassa.
Qualcosa era già cambiato a partire dagli anni ’70, di piombo furono chiamati. Gli ’80 scivolarono dritti verso la caduta del muro di Berlino portando un po’ di speranza ma trascinandosi dietro bagagli di incertezze essendo guidati per la gran parte, Giovanni Goria e Ciriaco De Mita contarono ben poco, dal primo socialista Presidente del Consiglio della nostra Repubblica, Bettino Craxi, uomo dalle mille sfaccettature, amico intimo di un semplice imprenditore che gli subentrerà dopo la miserevole capitolazione e tempestiva fuga in Tunisia per sottrarsi al carcere. I ’90 ci predisposero all’Unione Europea, con “Mani Pulite” che pareva potesse dare la sterzata a una crisi che si aggravava alla velocità della luce, sempre più in basso, moralmente, culturalmente e l’economia fuori controllo. Così l’uomo dalla sciarpa bianca démodé “scese in campo” con un dispiegamento di forze mai visto e l’intero Paese si immobilizzò, sembrò impazzire consegnandosi nelle sue mani, un certo Berlusconi. Si arrivò al luglio 2001 e mentre il Capo del nostro Governo pensava a come si potesse eliminare l’indecorosa biancheria stesa nei carruggi della città e a far innalzare pannelli che riproducevano false facciate a quei palazzi storici che lui riteneva sconvenienti, proprio come fa con la sua finta persona, piazza Alimonda fu il palcoscenico di una tragedia, il segnale che il fondo non si era ancora toccato, tutto sarebbe ancor più piombato nell’oscurantismo. Un giovane di ventitré anni avrebbe smesso di godere dell’alternarsi delle stagioni: Carlo Giuliani. La sua morte è legata allo scontro avvenuto tra gli “anti G8” (o per meglio dire la parte infiltrata ad arte, i “Black Bloc”, gruppo di individui di stampo fascista dediti ad azioni di protesta violenta caratterizzata da atti vandalici, devastazioni, disordini) e le forze dell’ordine costituite da giovanissimi militari, con poca esperienza, guidati da “responsabili” la cui la gestione dei sistemi di sicurezza attorno al Vertice ha lasciato molti punti interrogativi. Le notizie della contestazione in atto convinsero Carlo a rinunciare alla gita al mare che aveva programmato quella mattina per dirigersi verso il corteo delle Tute Bianche. Nel pomeriggio, a seguito di una carica abortita, una Land Rover Defender con tre carabinieri a bordo rimase apparentemente bloccata contro un cassonetto per rifiuti e venne circondata da alcuni manifestanti. Tra questi Carlo Giuliani, il volto coperto da un passamontagna, che sollevò da terra un estintore precedentemente scagliato contro il mezzo da un altro giovane e a sua volta fece il gesto di lanciarlo verso il veicolo dei carabinieri uno dei quali, dopo aver estratto e puntato la pistola intimandogli di andarsene, sparò due colpi di cui uno raggiunse il ragazzo allo zigomo sinistro. Morirà nei minuti successivi mentre il fuoristrada, nel tentativo di sbloccarsi rapidamente, riprese la manovra passando due volte su quel corpo immobile steso a terra, una prima in retromarcia, la seconda allontanandosi. Erano le 17 e 27 del 20 luglio 2001, quindi venni a saperlo circa cinque ore dopo. Per coprire un fatto ignobile e scaricare le responsabilità, o per chissà quali altri disegni eversivi, la notte del giorno dopo ci fu lo scandalo dell’incursione di un contingente di Polizia alla scuola Diaz, e nell’adiacente Istituto Pascoli, che erano stati concessi dal comune di Genova al “Genoa Social Forum” come loro sede e dormitorio. Vi accaddero eventi contrari all’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativi alla tortura, alle condizioni e punizioni degradanti ed inumane cui furono sottoposte le vittime. Eh sì, indubbiamente la città fu presa quale teatro di prova per verificare o meno la possibile “tenuta” di eventuali successivi programmi di governo.
Comunque tranquillo Carlo, mentre pensavo a un mucchio di cose stretto nel pullover tanto l’aria si era d’improvviso rinfrescata, tra le quali il rientro immediato nella mia città, si stavano già alzando le note di “Idiot wind” e sicuramente l’inimitabile voce del grande Bob, in quell’istante, voleva giungere fino a te. Mi venne da riflettere quanto sia idiota il vento che a cicli alterni attraversa la mente dell’uomo, questo ha soffiato per alcuni giorni e continuerà ancora e ancora ma tu, insieme a Daolio, da lassù intonavate “Noi non ci saremo”.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “CARLO GIULIANI – 2001 ODISSEA NEL G8 DI GENOVA” è stato pubblicato il 13 luglio 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it: e su “Il Segno nr. 7/8 luglio/agosto 2015 pag. 2 http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it con il titolo “Ricordando quel giorno con le note di Bob Dylan”

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LA QUESTIONE MORALE – arabesco degli scritti di Mauro Giovanelli (compendio)

LA QUESTIONE MORALE
arabesco degli scritti di Mauro Giovanelli
(compendio)

L’Italia deve essere rifondata, a partire dalle persone che ci sono state “imposte” per gestire la cosa pubblica, quindi il Presidente del Consiglio in carica dovrebbe essere il primo a dimettersi, ovviamente a scendere tutti i ministri da lui nominati, in una sola parola: Elezioni! Tra l’altro credo che oggi, con il “caso Azzollini”, Matteo Renzi abbia mostrato il suo vero volto. Questo non è un governo eletto dal popolo anche se ha seguito i passaggi previsti dalla Costituzione percorrendo il filo sottilissimo che lega i vari articoli. Continuare ovviamente con la “rimozione” di moltissimi deputati e senatori “politicamente anziani” alcuni dei quali, senza fare nomi, sono un’autentica vergogna per l’intero Paese. Proseguire con tutti i parassiti strategicamente disposti, come su una scacchiera, dai precedenti leader. Non sono più convinto che con questa “casta” si possano ottenere risultati, che sia costruttivo affrontare problema per problema, metterli in fila, è dagli anni ‘70 che si adotta questo criterio, per il patrimonio artistico, il rispetto del territorio, l’equità sociale, i servizi, l’istruzione, il sistema carcerario, i rifiuti, la corruzione, le mafie, burocrazia ed evasione fiscale. Effetti: zero! Ci vuole gente in gamba che operi in contemporanea su tutti i fronti. Ormai è chiaro, siamo guidati da individui che guardano all’esclusivo e personale interesse per “tirare a campare” che è meglio che “tirare le cuoia” come da scuola di pensiero di andreottiana memoria, insegnamenti ricevuti e ben recepiti, meglio ancora condivisi tra le “larghe intese”. Del resto lo stipendio medio annuo dei parlamentari italiani pari ad €uro 144 mila circa è il più alto in Europa. I secondi in graduatoria, gli austriaci, ne percepiscono 106 mila, a seguire gli 86 mila degli olandesi, 84 mila i tedeschi, 82 mila gli inglesi. In coda Francia con 63 mila €uro e Spagna 35 mila per chiudere con poco più di 7 mila €uro ai poveri polacchi. È fin troppo evidente quanto poco conti l’ideale rispetto alla salvaguardia del “posto di lavoro”.
Il settore della Politica è quello che in questo Paese, rispetto al resto del globo, offre più “occupazione” avendo il maggior numero di persone impegnate a coadiuvare coloro che sono impegnati a salvare le sorti della nazione. Un numero imprecisato, ma altissimo, per la sicurezza, addirittura esorbitante tra amministrativi, tecnici, dirigenti, assistenti, fattorini, commessi, uscieri, medici, infermieri, addetti alla buvette, baristi, postini, camerieri, autisti, cuochi, barbieri, elettricisti, giardinieri, idraulici, tappezzieri e via di questo passo fino agli incaricati alla ricarica degli orologi a pendolo. Tutti con contratti e stipendi “atipici”, verso l’alto, rispetto ai loro omologhi lavoratori italiani. Infine i 630 “Onorevoli” che siedono alla Camera dei Deputati e i loro 1109 famigliari hanno un’assistenza sanitaria privata finanziata da Montecitorio, cioè noi cittadini, e quest’anno ci sono costati più di 10 milioni di €uro. Al riguardo mi mancano i dati del Quirinale e del Senato ma posso immaginarli. Lo credo che per loro costa nulla prevedere per l’autunno incombente tagli alla Sanità per 10 miliardi
L’attuale Premier rilascia quotidianamente dichiarazioni campate in aria come, e non è l’ultima, quella sul nuovo “patto con gli Italiani”, ovvero abbassare le tasse qualora le “sue” riforme andassero in porto. Alla raffica di millanterie, sempre e inevitabilmente poi tradite dai fatti, che emette colui che si era presentato come il “rottamatore”, mancano solo Bruno Vespa, la lavagnetta, il plastico e la scrivania sulla quale già venne firmato, da altro Primo Ministro, allora in pectore, il “contratto con gli Italiani”, una sceneggiata che rimarrà nell’immaginario collettivo della Nazione e che neppure il grande Ettore Petrolini avrebbe potuto vagheggiare. Stendiamo un pietoso velo sulla corruzione che ha raggiunto livelli insostenibili, un cancro difficilissimo da estirpare se non si va alle urne per cambiare veramente marcia augurandoci che gli elettori, come mi sembra di percepire, contribuiscano con il loro voto alla rimozione della “vecchia guardia” sostituendola con persone competenti, oneste, coraggiose e moralmente “sane”, quindi venga modificato il metodo, la “tecnica” del governare. Rinnovarsi! Oltre a tutto il resto noto la scarsa competenza degli attuali responsabili, l’indifferenza palese verso le esigenze dei cittadini, neppure sanno di che si parla quando affrontano un argomento, aggrinfiati alle loro dorate poltrone navigano a vista nel nostro mare, che hanno trasformato in palude, lo stesso dal quale partì il grande Cristoforo Colombo per un’ideale, un obiettivo, e mentre si allontanava, spingendosi verso l’ignoto, disse: “E il mare porterà nuove speranze, come il sonno porta i sogni”.
Mi domando: A che livello si colloca il punto di non ritorno della pazienza dei cittadini di questo Paese? Quale potrebbe essere il quid specifico a far scattare la molla dell’orgoglio agonizzante, la classica goccia impossibilitata ad entrare nel vaso stracolmo di umiliazione? Forse l’oltraggio di qualche tempo fa, filigranato nei 14 €uro mensili di aumento in busta paga, poi smentiti, poi confermati in 15 (lordi)? Oppure la “regalia” degli 80 €uro mensili, entrati in un modo e usciti in tanti altri? O il mancato rimborso della non indicizzazione, da anni, delle pensioni nonostante il pronunciamento della Consulta? Dunque l’affronto di dover subire ogni giorno le dichiarazioni lunari di individui che “bivaccano” in Parlamento da decenni potrebbe scatenare la tracimazione? Essere costretti a dover convivere con un’informazione sottomessa a un sistema in avanzato stato di decomposizione? Vedere scissioni su scissioni e il proliferare di micro partiti, correnti, gruppi da mantenere, dover ascoltare le sentenze inappellabili dell’attuale giovane leader?
Intanto il Tg Rai2 del 31 luglio 2015 comunica che la disoccupazione è salita al 12,7% e quella giovanile supera il 44% con 2 punti percentuali in più. Al contempo dal M5S è stata inaugurata la famosa bretella Palermo-Catania i cui lavori sono stati pagati con le indennità dei propri parlamentari.
Riprendiamoci le nostre speranze e i sogni, ci hanno “scippato” pure quelli e più nulla avremo da lasciare ai nostri figli e nipoti. Vivere in questo Paese così come è stato ridotto dai Comandanti che si sono succeduti alla guida della Penisola nei quattro lustri che vanno da Berlusconi a Renzi, tralasciando i personaggi altrettanto inquietanti che hanno fatto la loro breve ma diabolica comparsa in questo infernale intervallo, Monti in testa, sta diventando non solo angoscioso ma indegno per ciascuno di noi e immorale verso le nuove generazioni.

Mauro Giovanelli – Genova
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CI SONO STRANIERI E STRANIERI (viaggiare è sempre utile… non per tutti)

CI SONO STRANIERI E STRANIERI
(viaggiare è sempre utile… non per tutti)

Alle ore 15 e 23 del 21/10/2015 per il tramite della Redazione Casteddu Online, vengo a sapere che a Cagliari alcuni crocieristi sono stati aggrediti e messi in fuga da venditori ambulanti identificati per “stranieri” del Bangladesh in attesa, come di prammatica, sulla panchina del porto per proporre ai vacanzieri ombrelli a poco prezzo considerando il tempo impietoso. I turisti, sembrerebbe anche loro “stranieri”, si sono dati letteralmente alla fuga e, per completare l’opera, hanno chiamano la Guardia di Finanza e l’Autorità Portuale. L’accadimento, definito “incredibile” viene etichettato come un’altra pagina amara della gestione del turismo e della vendita a Cagliari.
Sono davvero addolorato per loro, i crocieristi intendo, hanno tutta la mia solidarietà. Mi fanno tornare alla mente il viaggio in India, fatto insieme ad un amico che si lagnava degli adulti, mamme, uomini e bambini che, a nugoli, ci assediavano, scalzi, vestiti stracciati, non le donne che in India sembrano tutte principesse, sguardi imploranti a chiederti di comprare i loro prodotti artigianali scolpiti nel legno, belli tra l’altro, cammelli, elefanti, gufi, civette. Poche rupie che per noi rappresentano nulla. Io mi fermavo a parlare con loro, volevo sapere, conoscere, capire. Acquistavo questi oggetti che ora sono sparsi sugli scaffali dello studio, fra i miei libri, e ancora adesso, a distanza di due anni, guardandoli mi tornano alla mente, non potrò mai dimenticarli, i riverberi che quelle pupille emanavano, i riflessi che i loro occhi colore indefinito, cangiante, dal nero più profondo all’azzurro come il cielo in una giornata di tramontana, perfino il bianco intravedevi, e l’indaco delle gemme incastonate nei templi, il rosso intenso e mutevole come immagino possa presentarsi una pozzanghera di sangue che assorbe luce dalla volta celeste. Nel momento in cui, al termine di finte trattative cui loro tenevano molto, si trovavano fra le mani le banconote, sì banconote, in India e nel Bangladesh le banconote sono tante, il valore pochissimo, cambi cinquanta, cento €uro e ti ritrovi con una montagna di carta, unta, stropicciata, odorosa di umani, selvatico, salino, vissuto.
Quando lo “shopping” aveva fine i fanciulli si prestavano ad accompagnarci ovunque, nei ghat del Gange, lungo le strade ed i vicoli tortuosi di Varanasi, e nel procedere ti indicavano piccoli tabernacoli rivestisti di lamine d’oro che apparivano improvvisamente dai bui anfratti fra case con tinte sgargianti, si fermavano a parlare con i Sadhu che in quel caso non si allontanavano, come di solito fanno, traducevano e spiegavano molte cose sul nostro mondo. Questi contatti, che io chiamo riti anche se sono il prodotto dell’iniquità di questo mondo, li ho provati ovunque, a Jaipur, Khajuraho, Agra, Nuova Delhi, ma anche in Messico, Turchia, Libia, Egitto, Perù, Uzbekistan. A dir la verità non in Europa, in particolare quella del nord, lì è tutto ordinato, pulito, silenzioso, ovattato. La gente ha il viso rubicondo, pieno, ma non esprimono granché i loro occhi. A Oslo mi è capitato di chiedere un’informazione per arrivare al museo di Munch ma la risposta è stata secca, rapida, inefficace. Il nostro Pianeta è un mercato ma quello vero, genuino, lo scambio di merce e favori, di umanità, è rimasto nell’emisfero sud e ad oriente.
Tornando all’India l’amico che avevo appresso protestava continuamente, sembrava disperato, non vedeva l’ora di allontanarsi, doveva sempre prendere le distanze da persone e cose che incontrava. Ciò che per lui era fetore per me odore, miscuglio di aromi, ventate di storia. Il traffico di animali, vacche, cani, scimmie, cinghiali, trabiccoli dalle fogge più strane, risciò, autobus improbabili, stracarichi, automobili con motore scoperto, vespe e lambrette, cicli, motocicli, tricicli, con intere famiglie a bordo, vecchi trattori con cassonetto per trasporto persone e cose, indigeni in perizoma che si sciacquavano alle fontanelle, anche mamme che lavavano bambini piangenti, si divincolavano, battevano i piedi a terra. Per lui era un casino insopportabile. Un’altra persona da quello che conoscevo in patria. A me di quel Paese sono rimasti ricordi indelebili, a lui solo questo.
Perché vi ho raccontato ciò? Ah sì, dimenticavo: l’ho mandato affanculo e sinceramente ci manderei volentieri anche i crocieristi di Cagliari. A prescindere.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “CI SONO STRANIERI E STRANIERI (viaggiare è sempre utile… non per tutti)” è stato pubblicato il 22 ottobre 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagine in evidenza: fotomontaggio eseguito dall’Autore di scatti effettuati ad Agra (India) presso l’orfanotrofio Madre Teresa di Calcutta.

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ALLA FIN FINE… PERCHÉ ?

ALLA FIN FINE… PERCHÉ ?

Di solito scrivo di tutto ciò che mi impone domande su aspetti importanti del nostro vivere quotidiano, e non riesco a decifrare, non per ignoranza bensì per avversione alle contraddittorie risposte ottenute sia dai libri consultati, sia dalle persone che in materia dovrebbero essere luminari. Provo perciò la sgradevole sensazione di essere l’unico ad avere certi dubbi, mi sorge il sospetto che gli altri siano a conoscenza di qualcosa che ignoro. In merito a quanto segue sono pertanto disponibile a qualsiasi osservazione che finalmente mi illumini. Preciso che questo “pezzo” lo sto redigendo più per me che per l’ipotetico lettore che avesse la pazienza di arrivare fino in fondo ed in esso eviterò di parlare del “trascendente”, ma di “fatti” storici ad esso intimamente legati e loro conseguenze.
La data di morte di Gesù non è determinabile con precisione, in quanto le indicazioni presenti nei documenti a disposizione, a partire dai Vangeli, non sono sufficienti, anche perché spesso stilate con intento più teologico che storico. I tre evangelisti sinottici concordano nel dire che Egli morì di venerdì, durante le festività collegate alla Pasqua ebraica (il 15 di Nisan), mentre il Vangelo secondo Giovanni (canonico ma non sinottico) ne colloca la dipartita al giorno precedente, quello di preparazione alla Pasqua (14 di Nisan). Inoltre tutti e quattro non specificano l’anno. Le date comunemente accettate sono il 7 aprile del 30, il 27 aprile 31, o il 3 aprile 33. In particolare, se si accettano le indicazioni di Giovanni, tra queste sembra doversi scegliere la prima.
Vi siete mai chiesti quali distinzioni ci sono e perché tra tutte le Chiese cristiane non cattoliche? In cosa credono? Quali le loro liturgie? Come sono nate? Per fermarci a queste, senza parlare di Ebraismo e Islam (comunque anch’esse “abramitiche”) se non per inserirle nella cronologia, la “religiosità” nel suo complesso ha avuto tanta parte nella storia dell’umanità, sta all’origine dei fatti salienti che l’hanno contraddistinta, pure quelli attuali, odierni, e ancora saremo investiti dai suoi riverberi negli anni, se non secoli, a venire.
L’Ebraismo esiste dalla notte dei tempi. Secondo il Vecchio Testamento gli ebrei sono il popolo eletto sa Dio.
La Chiesa cattolica (Apostolica Romana) è quella cristiana che riconosce il primato di autorità al vescovo di Roma, in quanto successore dell’apostolo Pietro sulla cattedra di Roma. Il nome richiama alla sua universalità, è stata fondata a partire dalla predicazione di Gesù Cristo e dei suoi Apostoli, ed è costituita dalla “stirpe di Dio” a sua volta formata da “tutte le nazioni della terra”.
Nel 325 d. C. l’imperatore Costantino, assillato dai problemi della gestione del suo regno, convoca il Concilio di Nicea per eliminare almeno le diatribe interne sorte fra le varie correnti del cristianesimo. Già si rende necessario fare un inciso: «coniugare i termini “correnti” e “cristianesimo” è un ossimoro, sono incompatibili tra loro». Il motivo è semplice «In verità, in verità io vi dico che il Figliuolo non può da sé stesso far cosa alcuna, se non la vede fare dal Padre; perché le cose che il Padre fa, anche il Figlio le fa similmente» [Giovanni, 5 17, 19]. Il Salvatore predicava uguaglianza, fraternità, tolleranza, solidarietà quindi, se non sto dicendo una sciocchezza, pochi anni dopo la Sua scomparsa la Parola venne tradita e disattesa dagli uomini. Per il Cristo esisteva una sola concezione di vita e le fonti erano le Tavole della Legge e la Sua Predicazione. Ovunque Egli sia, mineralizzato per atei e agnostici, o alla destra del Padre per i credenti, immagino che ciò non gli abbia fatto piacere. I principi stabiliti a Nicea non impedivano che la Pasqua cadesse il 14 di nisan (bastava che il giorno fosse una domenica) né che potesse coincidere con la data ebraica della Pasqua. La regola che la pasqua cristiana fosse sempre successiva al 14 di nisan ebraico fu stabilito solo secoli dopo per l’accumulo di errori nel calendario solare Giuliano e in quello lunare ebraico. L’autorevolezza ebraica sulla data della Pasqua era consolidata dalla tradizione e per scardinarla Costantino non esitò ad utilizzare argomentazioni apertamente antisemite. Eusebio di Cesarea scrive che Costantino si espresse con queste parole: «…sembrava una cosa indegna che nella celebrazione di questa santissima festa si dovesse seguire la pratica dei Giudei, che hanno insozzato le loro mani con un peccato enorme, e sono stati giustamente puniti con la cecità delle loro anime… è bene non avere alcunché in comune con la detestabile cricca dei Giudei in quanto abbiamo ricevuto dal Salvatore una parte diversa.» Anche Teodoreto di Cirro pronunciò frasi analoghe: «…fu prima di tutto dichiarato improprio seguire i costumi dei Giudei nella celebrazione della santa Pasqua perché, a causa del fatto che le loro mani erano state macchiate dal crimine, le menti di questi uomini maledetti erano necessariamente accecate… non abbiamo nulla in comune con i Giudei, che sono i nostri avversari… evitando ogni contatto con quella parte malvagia… le cui menti, dopo avere tramato la morte del Signore, fuori di sé, non sono guidate da una sana ragione, ma sono spinte da una passione irrefrenabile ovunque la loro follia innata le porti… un popolo così completamente depravato… quindi, questa irregolarità va corretta, in modo da non avere nulla in comune con quei parricidi e con gli assassini del nostro Signore… neanche un solo punto in comune con quegli spergiuri dei Giudei…». Personalmente ritengo la questione della data di santificazione della Pasqua un problema minimale, non ci vedo alcunché di “spirituale” nella sua soluzione, un conflitto tra cavillosi signori abituati a fare la manicure alle formiche piuttosto che gustarsi il panorama che li circonda.
In ogni caso, per farla breve, i successivi problemi ai principi stabiliti a Nicea furono di grande portata, la soppressione dell’eresia di Melezio, scismatico già dall’anno 304 o 305, la dichiarazione di eretici per gli Ariani che portò all’unione delle due fazioni causando dissensi ancora più gravi, il battesimo degli eretici, la persecuzione di Licinio e altre infinite diatribe. Infine il Concilio promulgò venti nuove leggi ecclesiastiche, chiamate canoni (sebbene il numero esatto sia oggetto di dibattito) che sono elencati nella Patristica relativa a Nicene.
Sta di fatto che da allora il Cattolicesimo divenne in pratica religione di Stato dando inizio al cosiddetto cesaropapismo, cioè un coinvolgimento di Chiesa e Stato che seguiterà fino ai nostri giorni ad essere oggetto di controversia.
Nel 622, lungo la Penisola araba, precisamente nella cittadina higiazena de La Mecca, si manifestò l’Islam ad opera di Maometto (Arabo محمد Muḥammad), considerato dai musulmani l’ultimo profeta inviato da Dio (Arabo الل Allāh), una religione monoteista il cui compito era quello di ribadire definitivamente la Rivelazione, annunciata per la prima volta ad Adamo (آدم Ādam).
Nel 1054 avvenne la prima frattura dell’unica Chiesa, ossia lo “Scisma d’Oriente” da cui si originarono la Chiesa Cattolica, che fa capo al papa di Roma, e la Chiesa Ortodossa, che fa capo al Patriarca di Costantinopoli.
Nell’anno 1517 Martin Lutero condannò la vendita delle indulgenze, ossia la cancellazione delle conseguenze di un peccato (detta pena temporale) del penitente che avesse confessato, inoltre respinse alcune dissoluzioni della Chiesa Cattolica alle quali la medesima non rinunciò. Così si ebbe lo “Scisma d’Occidente” da cui nacque la Chiesa Protestante. Se le diatribe interne sorte tra i primi cristiani sono un ossimoro per il messaggio lasciato nei Vangeli figuriamoci questi sommovimenti dal sapore più politico e di conquista del potere terreno che di predicazione e salvezza dell’anima.
In ogni caso ambedue gli scismi ebbero come effetto il disconoscimento del potere assoluto del papa.
La Chiesa Ortodossa d’Oriente non riconosce il papa e la sua pretesa giurisdizione per le Chiese orientali (motivo dello scisma, che è rimasto inalterato). Professa comunque la medesima fede e gli stessi dogmi della Chiesa cattolica: Dio, Trinità, divinità di Gesù, maternità divina di Maria, culto di Maria e dei santi. L’unica differenza nei confronti della Chiesa cattolica è che i pastori ortodossi possono sposarsi e ammettono anche un solo divorzio per i loro fedeli. Sarebbero propensi ad una riconciliazione con Roma e a riconoscere il primato del papa a patto che il papa stesso non pretenda che il suo monarchianismo assoluto si estenda anche alla Chiesa d’oriente. Roma invece pretende non solo il primato riguardo alla fede e alla morale ma pure la supremazia giurisdizionale del papa. Riguardo ai sacramenti sono in tutto simili alla Chiesa Cattolica, per cui Roma riconosce il battesimo operato dagli Ortodossi. Non possono celebrare insieme l’eucaristia (la messa) non essendo in comunione con il papa di Roma. Ma… tutto ciò non vi fa pensare? Considerando che Gesù lasciò la sua eredità spirituale a Simone, detto Pietro, uno dei dodici apostoli riconosciuto come il primo papa della Chiesa cattolica e, come abbiamo potuto vedere, i suoi successori si dimostrarono indegni di riceverne a loro volta l’insegnamento evangelico passando la loro esistenza in continui conflitti… di cosa stiamo parlando oggi? E con chi?
Il protenstantéṡimo comprende due Chiese più grandi:
Quella Luterana, frutto dello Scisma d’Occidente del 1517 che estromise dalla sua dottrina, oltre il primato del papa alla stregua degli ortodossi come abbiamo visto, anche tutta la tradizione della Chiesa Cattolica dagli inizi fino al 1517, disconoscendo ogni Concilio collocato in questo arco di tempo e mantenendo solo la Scrittura come deposito della fede. Non riconoscono Maria come madre di Dio quindi ne vietano il culto, così come vietano il culto dei santi e delle reliquie. Hanno una loro celebrazione eucaristica ma è valida solo al momento della celebrazione e non al di fuori di essa come fanno invece i cattolici con la sua adorazione. Inoltre riconoscono il sacerdozio e la celebrazione della messa. Riguardo ai sacramenti, oltre alla confessione che è un atto a sé stante, affermano il battesimo e l’eucaristia stessa.
La Chiesa Anglicana che ha origine nel XVI secolo (1534) e riguarda l’Inghilterra, fa riferimento alla Regina che ne è il capo assoluto. Riguardo alla fede, le Chiese protestanti hanno mantenuto come fondamento solo la Scrittura e scartato la tradizione a cui la Chiesa Cattolica dà ampio risalto. Nella Chiesa Anglicana esiste un sacerdozio esteso anche alle donne così come l’episcopato. Gli anglicani, come i Luterani, celebrano la messa e amministrano i sacramenti del battesimo e dell’eucaristia.
Nel tempo, poi, si sono formate altre confessioni legate alla dottrina Protestante, ossia la Chiesa Valdese, Battista, Avventista, Episcopale, Presbiteriana, Evangelica, Pentecostale ed altre professioni di fede che hanno una propria identità, distaccata pure dalla Chiesa originaria, per cui è difficile dare, di queste piccole comunità di credenti, una connotazione ben specifica delle loro convinzioni. Per grandi linee i Battisti pongono l’accento sul Battesimo degli adulti che scelgono spontaneamente di appartenere alla comunità cristiana, gli Avventisti aspettano il ritorno di Gesù, gli Episcopali promuovono il Vangelo sociale, fra i Presbiteriani non ci sono vescovi ma una organizzazione degli anziani, gli Evangelici animano la predicazione evangelica esclusivamente laica e i Pentecostali pongono l’accento sulla diffusione dello Spirito Santo che anima la comunità cristiana. La cosa che più risalta in tutte queste religioni è la mancanza di un sacerdote e l’esaltazione della laicità per cui tutti possono predicare il Vangelo.
La più importante di queste Chiese, venuta fuori dalla Riforma Protestante, è quella Valdese che ha una sua struttura di fede che si richiama alla Scrittura, non riconosce i sacramenti né una morale da rispettare ma lascia liberi i suoi fedeli di autodeterminare la propria vita secondo coscienza. Non esistono sacerdoti di culto ma solo Pastori predicatori. La sua teologia è molto all’avanguardia rispetto al cattolicesimo e anche rispetto alle altre confessioni protestanti. Ritengo sia la Chiesa che, più di altre, è vicina al messaggio evangelico di Gesù, in quanto esalta la laicità dell’uomo e delle istituzioni.
In questo lungo percorso, costellato di guerre, occupazione di territori, violenza intervenne pure l’Inquisizione, istituzione ecclesiastica fondata dalla Chiesa cattolica per indagare e punire, mediante un apposito tribunale, i sostenitori di teorie considerate contrarie all’ortodossia cattolica (eresie). Nella sola Spagna ed in Portogallo (e relative colonie), dal XVI secolo tale collegio giudicante fu sotto il controllo del re, quindi univa al contrasto dell’eresia o della stregoneria anche la persecuzione degli avversari politici. Il resto è storia recente.
Da tutto quanto precede, che ho cercato di riassumere ad uso e consumo mio ma pure degli indifferenti, pigri, menefreghisti nella speranza di stimolarli alla conoscenza, ultima speranza, a mio modo di vedere, per cercare di cambiare il modo di intendere la vita in società, credo di percepire cosa abbia fatto muovere il mondo e in che modo e quanto tuttora questo coacervo di differenze, incomprensioni, sottigliezze, mancanza di volontà a superarle e strumentalizzazione, ad uso e consumo dell’ignoranza del popolo, condizioni la nostra esistenza. Ecco il punto: l’inettitudine delle masse e la fatica a pensare. Quindi mi congedo lasciando la parola a un grande filosofo che in poche righe ha fatto un estratto della storia:
«Ed ecco una controversia incomprensibile, che ha tenuto in esercizio per più di sedici secoli la curiosità, la sottigliezza dialettica, lo spirito di intrigo, la bramosia di potere, il furore di persecuzione, il fanatismo cieco e sanguinario, la credulità barbarica, e che ha provocato sulla terra più orrori che non l’ambizione dei principi, la quale ne ha pur provocati moltissimi: Gesù è egli Verbo? E se egli è Verbo, è emanato da Dio nei tempi o prima dei tempi? E se è emanato da Dio, è coetaneo e consustanziale con lui o è invece di una sostanza simile? È distinto da lui o no? È creato o generato? E può generare a sua volta? Ha la paternità, o la virtù produttiva senza la paternità? E lo Spirito Santo è creato o generato, prodotto o procedente dal Padre, o procedente dal Figlio, o procedente da tutti e due? E può generare, o può produrre? E la sua ipostasi è consustanziale con l’ipostasi del Padre e del Figlio? E in quale modo, avendo essa precisamente la stessa natura, la medesima essenza del Padre e del Figlio, non può fare le stesse cose di quelle due persone, che sono lui stesso? Io non ci ho capito niente. Nessuno ci ha mai capito niente. E per questo ci si è scannati a volontà». [Voltaire, pseudonimo di François-Marie Arouet, (Parigi, 21 novembre 1694 – Parigi, 30 maggio 1778)]

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “ALLA FIN FINE.. PERCHÉ?” è stato pubblicato il 12 ottobre 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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A QUESTO PUNTO È SOLO QUESTIONE DI DISGUSTO (commento a “L’amaca” di Michele Serra del 10/10/2015)

A QUESTO PUNTO È SOLO QUESTIONE DI DISGUSTO
(commento a “L’amaca” di Michele Serra del 10/10/2015)

Non capisco proprio dove Serra voglia arrivare nella sua “L’amaca” del 10/10/2015. Colpa mia intendiamoci ma per il poco che mi pare di aver recepito, mi corregga se sbaglio, con il suo messaggio quasi inviterebbe gli italiani ad accontentarsi del “meno peggio” considerando l’impunità di altri, tanti e per questioni gravi (equazione pericolosissima) e che, come minimo, Ignazio Marino sia uno sciocco. “Goffo” lui lo definisce, anche se nel suo essere impacciato e insicuro, non si sbaglia pagando pranzi di lavoro di tasca propria bensì facendo l’esatto contrario. Un po’ come la favola dei cleptomani ricchi e i ladri poveri.
Insomma a gestire “la grande bellezza”, non solo nostra, del mondo intero, va bene ci sia un “rozzo”, tanto per essere benevoli. Tra l’altro è comprovato che sia bugiardo, del tipo peggiore, patetico… e infantile come un bimbo dell’asilo con il moccio al naso che, per nasconderlo, se lo strofina con la manica lasciando su questa una scia, come quelle delle lumache. A proposito di grossolanità, mi “puzza” il fatto che il sindaco uscente di Roma si impegni a pagare di tasca propria tutte le spese sostenute con la carta di credito del Comune. “In questi due anni” – ha detto – “ho speso meno di 20 mila €uro per rappresentanza e nell’interesse della città”. E per chi o cosa avrebbe dovuto erogarli? “È di questo che mi si accusa?” – Ha aggiunto – “Bene! Ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito civica a mio nome”. A parte il fatto che nessuno gli concederà più tale benefit, ma… se ha deciso di fare beneficienza alla collettività capitolina donando 20 mila €uro, intanto significa che può permetterselo, beato lui, e poi perché tale decisione? La domanda non è così banale come potrebbe sembrare accertato che, di quei quattrini, ci sono pure alcune spese personali, quanto meno quelle dei pranzi con la sua signora.
Stendo un pietoso velo sulla telefonata dell’anno scorso in Vaticano per lasciar detto al segretario del papa di riferirgli che avrebbe convalidati 16 matrimoni gay formalizzati all’estero ed evito di ritornare al sorprendente viaggio negli USA, in concomitanza con quello del Santo Padre, costellato di panzane, smentite, ulteriori frottole e successive ritrattazioni. Nel frattempo la città eterna “galleggiava” in serie difficoltà causa il maltempo.
Sono partecipe dell’avvilimento di Serra nel vedere la suburra fascista che esulta, un po’ meno, anzi per niente, circa i grillini, ma… chiedo a lui: il PD della guida capo scout Renzi Matteo che roba è? Non ne parla mai? Della di lui moglie, insegnante, che “casualmente” prende la cattedra nello stesso paesino in cui abita quando centinaia di altri professori sono stati sbattuti a Canicattì? Che idea si è fatto del “patto del Nazareno”? E dell’alleanza con Verdini? E i voli di Stato? Cosa ne pensa Michele Serra dell’ipotesi di acquisto del nuovo aereo “presidenziale” da 75 milioni di €uro? E del signor Luigi Boschi, vicepresidente della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, padre del braccio destro del Presidente del Consiglio, il ministro Elena Boschi, che per caso è piccolo azionista del medesimo mentre uno dei direttori generali è, sempre fortuitamente, il di lei fratello? E come lo traguarda il fatto che tale Istituto di Credito sembrerebbe ricevere favori dal Governo? In ultimo, solo per non dilungarmi troppo, come interpreta Michele Serra i roboanti annunci di Renzi circa l’eliminazione di IMU e TASI per tutti? È giusto secondo lui? È qualcosa di sinistra o di sinistro? Cerco di “stringere” affermando che avvertire oggi i sintomi dell’ennesimo tramonto della politica mi fa trasecolare, se tale sensazionale scoperta viene fatta da un noto redattore.
Tutto questo fradiciume, e concludo, non sarà anche colpa di una stampa benevola e tollerante con il “cerchio magico” (definizione di Eugenio Scalfari) di questo Governo inqualificabile? Del resto non sono io a dirlo, ma è di Carlo Freccero la dichiarazione rivolta ai professionisti dell’informazione italiani: “Avete il numero di telefono di Renzi e vi scambiate gli sms. I giornalisti devono essere i guardiani e non i complici dei politici”. Sì? O No?

Mauro Giovanelli – Genova
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UNA PERSONA CHE FA IL TEOLOGO

UNA PERSONA CHE FA IL TEOLOGO

 

In merito al “caso” Monsignor Krzystof Charamsa che, se vivessimo in una società non oso dire civile ma cristiana non costituirebbe un fatto di cui parlare, tutti i quotidiani e notiziari si pronunciano, più o meno, nel seguente modo:
«Così si esprime il TEOLOGO GAY “Sono fuori dell’armadio e sono felice”, a proposito del suo coming out durante la conferenza stampa a Roma con il fidanzato Aduard Benvegnù Guaitoli»
A tutti i giornalisti, pennivendoli, cronisti da gossip, ricercatori di scandali, mestatori di false notizie, maneggioni del sensazionalismo, mercenari dell’informazione che, se non fossero a stipendio anche grazie ai finanziamenti pubblici, neppure gli farebbero stilare la recensione di una recita scolastica, comunico:
“Questo signore dal viso pulito, onesto, sincero, perfino bello per quanto me ne possa intendere di uomini, che neppure lontanamente ricorda il grugno di Brunetta, il broncio “cubista” di Giovanardi, l’ovale metafisico di Scilipoti, il muso da clown di Razzi, il falso sorriso della Boldrini, l’espressione del tipo “ma qui che ci sto a fare?” di Grasso, la grinta di Salvini, le smorfie da capo guida scout di Renzi, e via di questo passo… appunto dico loro che costui è una PERSONA CHE È ANCHE TEOLOGO non un teologo gay. Sono stato chiaro? O no?
E dovrebbe continuare a fare il Monsignore. Cazzo!

Mauro Giovanelli – Genova
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I CUSTODI DELLA MEMORIA

I CUSTODI DELLA MEMORIA

In Messico, qualche anno fa, ho visto cose meravigliose. La “casa blu”, a Coyoacan, periferia della capitale, dove all’interno campeggia la scritta “Frida y Diego vivieron en esta casa 1929-1954” dove trovarono rifugio i repubblicani scampati alla guerra civile spagnola, intellettuali, scrittori, poeti, pittori, attivisti politici; Chichén Itzá nello Yucatan, con il suo sito archeologico Maya risalente al 6° e 11° secolo, e la celebre piramide di Kukulkan (nota come El Castillo); le imponenti piramidi azteche della Luna e del Sole, attraversate dal “Viale dei Morti” a Teotihuacan, il più grande e popoloso centro abitato del Nuovo Mondo, fondata intorno al 100 a.C. a circa 40 chilometri dall’odierna Città del Messico. Sulla sommità di esse Lev Trotsky e sua moglie, accompagnati da Rivera e consorte che li ospitarono per diverso tempo, sostarono a lungo a meditare, osservare il panorama splendido che si perde a vista d’occhio, il trionfo dei colori e della natura. Il Pato, così era soprannominato l’ex comandante dell’Armata Rossa che sconfisse l’esercito degli zaristi mettendo la parola fine alla rivoluzione d’ottobre, ha probabilmente avvertito alcune delle sensazioni che ho provato io. Quando sei lì ti accovacci al suolo, raccogli a te le gambe cingendole con le braccia, poggi il mento sulle ginocchia e ascolti il vento secco che passa tra i capelli e ti porta l’eco dei conflitti che si sono combattuti sotto quei maestosi monumenti, i sacrifici e le manifestazioni che vi si organizzavano fra un tripudio di folla. E gli inganni, i morti, migliaia di morti, ti sembra pure di vedere la maestosità delle processioni e i raduni che vi si tenevano prima che arrivasse la “civiltà”.
Di certo l’esule russo meditava all’esilio forzato cui era costretto per sfuggire alla collera del suo acerrimo nemico Iosif Vissarionovič Džugašvili e, più che alla contrapposizione che li divideva, si macerava all’idea che alla morte di Lenin avvenuta nel 1924, dilagò l’ambizione di colui che fu soprannominato Stalin, ossia “Acciaio”, il quale riuscì ad arrivare al vertice del potere essendosi liberato in maniera ignobile di ogni nemico o presunto tale. E fra questi lui, che sognava la “rivoluzione permanente”, fu il più odiato dal propugnatore del “socialismo in un solo Paese”. Chissà se quel posto incantato gli fece dimenticare, anche per soli pochi minuti, a come poteva riorganizzare all’estero il Partito, interrompere i suoi pensieri diretti a soppesare uno ad uno i fedelissimi rimastigli ripetendo fra sé quelle che di lì a poco sarebbero state le sue ultime parole: “La mia fede nell’avvenire comunista del genere umano non è meno ardente, anzi è ancora più salda, che nei giorni della mia giovinezza, se si produrrà l’esplosione sociale che spero e la rivoluzione socialista trionferà in diversi Paesi, quegli stessi lavoratori avranno la missione di aiutare i loro compagni sovietici a liberarsi dai gangster della burocrazia stalinista… vedo la verde striscia d’erba oltre la finestra e il cielo limpido azzurro al di là del muro, la luce del sole dappertutto. La vita è bella, i sensi celebrano la loro festa. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione, violenza e goderla in tutto il suo splendore.”
In Messico ho visto uno degli esseri viventi che è testimone oculare di tutto quanto avvenne da prima della venuta di Cristo ad oggi, lavorando indefessamente a produrre ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana mentre assisteva imperturbabile alle azioni degli uomini, i feroci combattimenti che si svolgevano alla sua base, prima tra Maya e Aztechi, con la supremazia di questi ultimi, e successivamente al genocidio da parte dei “Conquistadores”. Chissà quanto sangue hanno assorbito le sue radici mentre intorno si sviluppava il “progresso” passando attraverso rivoluzioni, conquiste, tradimenti. Il vento gli avrà pure portato gli echi della conquista del west, la guerra civile americana, l’attentato alle due torri. E ancora ci sta guardando. Questo gigantesco albero bimillenario, chiamato Sabino, che abita a Hierve el Agua nei dintorni di Monte Alban, provincia di Oaxaca, detto anche “albero del Tule” per l’omonimo villaggio di Santa Maria che lo ospita, la cui altezza raggiunge i 40 metri e pesa 509 tonnellate, è una conifera della famiglia delle cupressacee, il cipresso di Montezuma. Dal 2001 è stata avanzata la proposta di inserire questa straordinaria creatura nell’elenco dei beni più antichi al mondo, sotto tutela dell’UNESCO, mozione tuttora pendente.
Ma Sabino non è il solo ad osservarci da così tanto tempo. Anzi uno dei suoi fratelli, che alloggia da più di duemila anni nella terra magica del Salento, a poco meno di 3 km dal capoluogo comunale e circa 53 da Lecce, nella splendida regione delle Puglie, è certo che abbia visto svilupparsi il centro urbano di Felline dal primo nucleo di umani sorto probabilmente nel III secolo a. C., territorio comunque popolato fin dalla preistoria come testimoniato dalla presenza di alcuni menhir.
È un ulivo di 2000 anni, detto “il gigante di Felline” ma non ha un nome, neppure è stata presentata la richiesta di inserire quest’altro eccezionale essere nel novero dei beni da proteggere. Pensare che ha visto le grandi battaglie per la conquista di imperi sempre più vasti, Giovanni il profeta, il battesimo di Gesù, udito la sua Parola. Ha conosciuto il procuratore della Giudea Ponzio Pilato, Giuda di Kiriat, il sacerdote del Tempio Kayafa, detto Caifa. Poi il regno di Diocleziano e l’imperatore Costantino, il concilio di Arles e quello di Nicea dove il cristianesimo divenne religione di stato. Ha presenziato alle scissioni, luterani e ortodossi, e sentite le urla strazianti delle vittime dell’inquisizione. Ha conosciuto Giordano Bruno ma ancor prima ha visto Cristoforo Colombo partire alla scoperta del Nuovo Mondo dove ad attenderlo c’era Sabino. Ha osservato il passaggio dei crociati diretti in Terra santa, promessa secondo gli ebrei, per i musulmani il luogo in cui Maometto giunse al termine di un miracoloso viaggio notturno che mosse dalla Mecca. Tramite la corrente del Golfo e quella nord-atlantica dell’emisfero boreale che nasce proprio nel golfo del Messico, i cicloni e gli anticicloni, gli alisei, che propagano semi, pollini e quant’altro, sicuramente le due piante comunicavano tra loro sensazioni e paure, anche con gli altri undici confratelli sparsi nel mondo: Sicilia, Madagascar, Germania, Thailandia, Inghilterra, quattro in California, Australia, Cisgiordania. Così il gigante di Felline, Sabino e gli altri seppero pure dello sterminio dei nativi americani, l’olocausto degli ebrei, le bombe su Hiroshima e Nagasaki, le due guerre mondiali. Hanno conosciuto Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Mandela e inteso dei grandi domínî sorti e crollati, il più esteso quello di Temujin conosciuto come Gengis Khan. Tutto sanno di questi duemila anni e oltre.
Con infinita pazienza hanno ora appreso dell’uccisione di 13 ragazzi in fuga dall’Eritrea, sette donne e sei uomini di età compresa tra i 13 e i 20 anni; l’ennesima carneficina nel nordest della Nigeria con oltre cento morti; la sparatoria in un college dell’Oregon ad opera di un giovane di ventisei anni che ha provocato dieci vittime. Avvertono le tensioni fra Usa e Russia, il disagio dei giovani, le ingiustizie sociali… hanno visto nascere te e me e tutti quelli che in questo preciso istante vivono, sognano, fanno l’amore, sperano in un futuro migliore.
Questi alberi non sono vegetali ma persone.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “I CUSTODI DELLA MEMORIA” è stato pubblicato il 2 ottobre 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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PERSONE NON UMANE

PERSONE NON UMANE

   Capisco che in questo momento i problemi del pianeta siano tali e tanti da far passare in secondo ordine il caso di cui mi accingo a scrivere. Per non parlare dei grattacapi dell’Italia che stanno raggiungendo livelli di guardia così elevati da coprire strati sociali sempre più ampi. Avete notato? Un numero crescente di individui pare soffrire di dermatite seborroica, altrimenti detta forfora. Sembrerebbe un’epidemia. A un attento osservatore non può sfuggire l’incessante marea di gente che gira per la città sfregandosi la testa, non si capisce se per eliminare dal cuoio capelluto le fastidiose squame biancastre, o per scacciare le “apprensioni” che con generosità vengono loro elargite a profusione dai nostri cari, fantasiosi e strapagati “politici”. Ora però non voglio parlare di quest’ultima sottospecie. Scelgo di abbandonare una volta tanto il circo della politica, con tutti i suoi clown, nani, prestigiatori del concetto, trapezisti della parola, saltimbanchi del pensiero, funamboli della morale, domatori delle coscienze, acrobati del dire, non dire, smentire.
Desidero invece rivolgere una riflessione ai miei veri amici ossia quei poveri esseri viventi destinati a sopportare la nostra arroganza e da noi sprezzantemente definiti “animali” dimenticandoci di far parte dello stesso regno. Un inciso è però doveroso: l’India ha ufficialmente disposto l’abbattimento di tutti i parchi acquatici destinati ad ospitare cetacei quali delfini e orche poiché la Scienza ne ha chiaramente riconosciuto lo “status speciale” avendo stabilito la loro intelligenza e sensibilità definendoli come “persone non umane” con determinati e imprescindibili diritti. Ciò è stato reso noto tramite un comunicato ufficiale, da noi passato in sordina forse anche per questioni “diplomatiche” contingenti. È risaputo il rispetto degli indiani per ogni essere vivente, e il loro Paese di appartenenza si iscrive al piccolo ma determinato manipolo di Stati che ha già bandito la cattura e l’importazione di specie animali a scopo di “intrattenimento”.
Arrivo al dunque ponendo alcune semplicissime domande. Secondo voi è giusto che un cittadino, residente in una zona a pochi passi dal mare dove lo spazio antistante è destinato a manifestazioni fieristiche, sia periodicamente obbligato a sopportare lo spettacolo di elefanti in catene con la testa malinconicamente ciondolante ad invocare giustizia e libertà? È logico dover subire il suono greve dei ruggiti di tigri e leoni costretti a vivere in due metri quadri, che combattono la pazzia spostandosi incessantemente da un lato all’altro della gabbia fino a rompersi il muso contro le sbarre? E le giraffe? Quelle del circo Medrano attualmente in piazzale Kennedy, che scorgo facilmente dalla finestra, tengono spesso la testa bassa, non capisco se per rassegnazione o per sfidare la potenza del cuore che, concepito per pompare sangue ben più in alto al fine di irrorare il cervello, in quella posizione potrebbe collassare provocando così la morte senz’altro preferibile alla vita che noi gli stiamo imponendo. Credo accarezzino l’idea del suicidio.
Ma è mai possibile che nel terzo millennio ci siano ancora soggetti che si divertono ad ammirare un pachiderma che riesce a mettersi per pochi istanti su una zampa sola? Magari con la domatrice di turno seduta trionfante sulla proboscide, braccio sollevato a sbandierare la mano per richiamare gli applausi? Battimani di che? In che consiste la prodezza? Dove li mettiamo I cavalli costretti a girare in tondo sobbarcandosi acrobazie di atletici fantini e avvenenti acrobate? Che senso hanno sparuti felini tramortiti che saltano rassegnati entro cerchi con o senza fiamme? E le scimmiette? Abbigliate di tutto punto, gesticolanti, ad imitazione dei nostri ticchi, vezzi o come diavolo volete chiamarli, sono forse l’emblema di molti dei nostri governanti? Tutto ciò è uno spettacolo edificante? Davvero lo trovate spassoso? Mi si potrebbe obiettare che i bambini si divertono. Ma è proprio questo il problema, la tragedia. Noi adulti li indirizziamo ad osservare lo spettacolo più osceno, insulso e diseducativo che mente umana possa concepire essendo basato sulla sofferenza di un essere vivente forzato ad agire contro natura. Comportandoci come domatori del pensiero dei nostri figli li educhiamo a ciò. È certo che si svaghino? Non ne sarei tanto convinto. A mio parere sono molto più intelligenti e sensibili di quanto possano pensare i genitori che li accompagnano. Qualcun altro potrebbe invocare la tradizione. Benissimo! Conserviamo le nostre consuetudini ma spogliandole degli aspetti deteriori superati, per fortuna, anche dai tempi. Il Medio Evo è passato da un bel pezzo.
Ben venga il Circo per eccellenza, quello articolato fra varie esibizioni di abilità fisica e le geniali trovate comiche dei clown. Se le riprovevoli “rappresentazioni” che ho evidenziato venissero abolite si darebbe un grosso impulso alla campagna in atto di educazione al rispetto della natura aiutandoci ad avere maggior riguardo di noi stessi e, chissà, alzare il livello di comprensione verso il prossimo, persone non umane comprese.
Sbaglio secondo voi?

Mauro Giovanelli – Genova

Articolo riveduto e aggiornato ad oggi di una mia lettera pubblicata da “Il Secolo XIX” a firma bonniegio@libero.it intorno al 2005/2006 cronista forti@ilsecoloxix.it – Bonnie è il nome della mia micia morta nel 2008 – Per quanto riguarda la presenza di animali nei circhi nulla è cambiato.

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore.

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