COGNOME E NOME RENZI MATTEO

COGNOME E NOME RENZI MATTEO

L’ora tarda, siamo vicini al Santo Natale… ho scritto molto su Renzi Matteo (cognome prima del nome ha un’importanza ben precisa), quindi mi limito a dire che per me è un miserabile, e credo sia pure uno “sfigato” in altri campi, come si suol dire nel linguaggio giovanile, di certo in quello che nella vita ha più importanza, me lo dice la mia tendenza innata all’analisi delle tribù umane, non sbaglio quasi mai… il modo di camminare, la postura, finta sicurezza, scoutismo feroce, un pizzico di bullismo, gestualità forzata. Gli è mancato qualcosa… Pericolosissimo! Di quelli che scoprono con molto ritardo certe delizie… del resto nei quattro “Palazzi” ce ne bivaccano molti dello stesso “genere”. Fanno parte di quelli che arrivano in età “matura” senza… insomma alla prima che finalmente capita loro a distanza ravvicinata, tanto da sentirne l’aroma, si lanciano senza badare cosa ci sia intorno alla “rosa del deserto”. Nulla togliendo ad alcuno intendiamoci, ma è l’“ansia” di cui a un certo punto vengono assaliti che li porta ad accaparrarsi l’agognato bottino.
Adesso che, come Lacombe Lucien, il nostro leader ha raggiunto il successo potrebbe perdersi, sebbene guida scout di lungo corso, nei Boschi dove ci sono i lupi mannari.
Voi sapete che significhi “cognome prima del nome” e chi fosse Lacombe Lucien? Ve lo spiego in ogni caso:
“Cognome e nome Lacombe Lucien” è una pellicola del 1974 diretto da Louis Malle. Fu candidato al premio Oscar come migliore film straniero. Il nome si antepone sempre al cognome in quanto forma regolare per identificare la persona “retta” o “normalmente onesta”. In questo caso il regista decise di intitolare la sua opera (bellissima) facendo precedere al nome il cognome del personaggio principale in segno di spregio verso un uomo indegno, privo di ideali, senza alcun senso morale, ignorante e inconsapevolmente capace di qualsiasi efferatezza.
Giugno 1944. In un paesino del sud-ovest della Francia, vicino al confine spagnolo, vive il diciassettenne Lucien Lacombe, inserviente in una casa di riposo per anziani. Egli trascorre parte del suo tempo a uccidere piccoli animali con la fionda o con il fucile. Ignorante e illetterato è in cerca di identità, anela imprese “eroiche” che lo facciano emergere, uscire dalla condizione umile in cui versa, ottenere rispetto. Pur privo di consapevolezza politica, il ragazzo decide di aggregarsi ai partigiani recandosi presso l’abitazione del maestro Peyssac e rivolgergli la richiesta, ma viene respinto. Al ritorno, in seguito alla foratura di una gomma della bicicletta , Lucien arriva in paese dopo l’inizio del coprifuoco. Fermato dalla polizia, finisce nell’albergo occupato dal comando della Gestapo e lì viene colpito dalla vita lussuosa che conducono i collaborazionisti dei tedeschi i quali con la loro arroganza esercitano pure il potere di prevaricare i deboli e gli indifesi. Nel gruppo dei dipendenti della Gestapo troviamo alcuni balordi (come i molti che occupano palazzo Chigi, Madama, Montecitorio e finanche il Viminale. Per il Quirinale mi astengo) cui più che l’ideologia nazista interessa il denaro. Invogliato a bere, il giovane si ubriaca e involontariamente fa il nome del maestro Peyssac, che viene arrestato e torturato. Il destino di Lucien è bollato in quanto, senza porsi alcuna domanda, comincia a prendere parte alle azioni repressive assieme ai suoi camerati, si dà al saccheggio e uccide vari resistenti catturati. Per farla breve il giovane Lacombe si sente finalmente “potente”.
Egli vive gli ultimi travagliati giorni di guerra civile e vede i suoi camerati cadere uno ad uno sotto i colpi dei partigiani e, nel momento in cui giunge dove si torturano i prigionieri e un combattente segnato dalle percosse cerca di convincerlo a ravvedersi chiedendogli come mai avesse deciso di collaborare con i tedeschi, Lucien lo imbavaglia perché non vuole ascoltare il destino assegnatogli, sua intenzione è quella di giocare ancora al “superuomo”. Appena uscito dalla stanza, assiste all’irruzione di partigiani nell’albergo abbandonato dai tedeschi mentre i suoi ultimi camerati, intenti a ubriacarsi, vengono trucidati.
Scampato al blitz si ritrova, nel corso di una rappresaglia nazista, insieme a un ufficiale delle SS al fine di effettuare alcuni arresti. In una appartamento che stanno perlustrando viene rimproverato per l’orologio tolto ad una vittima che Lucien si mette in tasca e che il tedesco pretende gli venga consegnato. Questo fa scattare in lui la gelosia contadina, primitiva, ancestrale per le “cose”, le “masserizie” da conservare ed avverte una forte disillusione nei riguardi degli “invasori”, l’unica emozione che Lucien prova nella sua miserevole vita. Per la prima volta prende autonomamente la decisione di uccidere il tedesco e fuggire verso la Spagna dove vivrà i suoi ultimi giorni.
Louis Malle ha composto in questo film la figura perfetta del tipo di umani che rincorrono la loro identità nutrendo una sorta di rancore nei riguardi del consorzio umano, sfogano i loro bassi istinti in modo del tutto inconscio, non sanno distinguere fra il bene e il male, hanno difficoltà a discernere, esattamente come il 46% circa di analfabeti funzionali, di ritorno e non, che abbiamo in Italia. È un di più aggiungere che tale “fenomeno” investe pure gli appartenenti alle classi agiate, in diversi gradi e manifestazioni e per svariate cause. Da qui il mio paradigma iniziale poiché individui che creano danni al prossimo senza rendersene conto sono comunemente definiti “miserabili”, “meschini”, “abietti”. Victor Hugo docet.

Mauro Giovanelli – Genova

Nota: Benché Lacombe Lucien sia un personaggio inventato da Malle, dai titoli di coda si apprende che l’individuo interpretato dal protagonista fu poi arrestato dai partigiani e fucilato il 12 ottobre 1944.

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