QUANDO IL NILO GIUNGE AL CAIRO…

QUANDO IL NILO GIUNGE AL CAIRO…

Si chiamano Se e Ma. Sono due sprovveduti che girano per il Mondo, cercano soluzioni ai vari problemi dopo che, bene o male, sono stati risolti, elaborano sempre nuove idee che si rivelano irrealizzabili perché riferite a fatti già avvenuti, espongono concetti senza capo né coda in quanto superati, si spendono molto nella loro affannosa ricerca della verità ma in ritardo, sono idealisti senza rimedio, non riescono a comprendere o non conoscono l’aforisma di un poeta arabo di cui, chiedo venia, non rammento il nome: “Quando il Nilo giunge al Cairo non può più tornare indietro”. Quindi, mi dispiace, inutili ascoltarli, però… una volta tanto può capitare di cadere nel tranello come mi sta succedendo ora. Vi propongo la lettura di questo pezzo:
Quali che siano le circostanze della mia dipartita, io morirò con la incrollabile fede nel futuro comunista. Questa fiducia nell’uomo e nel suo destino mi dà, persino ora, una tale forza di resistenza che nessuna religione potrebbe mai fornirmi.
Per quarantatre anni della mia vita cosciente sono rimasto un rivoluzionario e per quarantadue ho lottato sotto la bandiera del marxismo. Se dovessi ricominciare tutto da capo cercherei di evitare questo o quell’errore, ma le mie scelte resterebbero sostanzialmente immutate. Morirò da rivoluzionario proletario, marxista, materialista dialettico, quindi da ateo inconciliabile. La mia fede nell’avvenire comunista del genere umano non è meno ardente, anzi è ancora più salda, che nei giorni della mia giovinezza. Se si produrrà l’esplosione sociale che spero e la rivoluzione socialista trionferà in diversi Paesi, quegli stessi lavoratori avranno la missione di aiutare i loro compagni sovietici a liberarsi dai gangster della burocrazia stalinista… vedo la verde striscia d’erba oltre la finestra e il cielo limpido azzurro al di là del muro, la luce del sole dappertutto. La vita è bella, i sensi celebrano la loro festa. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione, violenza e goderla in tutto il suo splendore.(1)
Quando Trotsky lo scrisse era in uno dei tanti momenti di sconforto, sentiva la morte vicina. Dopo la dipartita di Lenin e a seguito della sua lotta politica nonché il duro contrasto con Stalin, favorevole al concetto di socialismo in un solo Paese, il Presidente del soviet di Pietrogrado dovette fuggire dal suo Paese per sottrarsi all’odio di quello che sarebbe diventato il suo più acerrimo nemico. Era consapevole che un avversario di tale spessore volesse ucciderlo per far sì che non potesse riorganizzare all’estero il partito in cui credeva e votato alla rivoluzione permanente. Però la causa di tale delitto non doveva essere riconducibile al dittatore dell’Unione Sovietica. Venne pertanto esiliato ad Alma Ata (oggi nel Kazakistan) il 17 gennaio 1929. Fu poi espulso e per lui cominciò un lungo vagabondaggio in diversi Paesi, sempre in fuga dai sicari dell’opposizione.
Nonostante questo egli continuò la propaganda in ogni luogo, auspicando una rinascita dell’URSS e del comunismo come lui lo intendeva. Si spostò dalla Turchia alla Francia poi in Norvegia, tenterà anche di stabilirsi negli Stati Uniti ma Roosevelt gli negherà il visto d’ingresso. Dopo aver lasciato la Turchia, dove ritornò per breve tempo, si stabilì in Messico (fu ospitato anche da Frida Kahlo e Diego Rivera) sotto la protezione del Governo di Lázaro Cárdenas del Río, precisamente a Coyoacan, un sobborgo di Città del Messico. Qui era continuamente spiato dai sicari dei Servizi Segreti sovietici che studiavano il sistema di penetrare la barriera protettiva che il Governo messicano aveva messo a sua difesa.
Non usciva mai di casa, viveva segregato in compagnia di sua moglie, trascorreva il tempo a comporre il suo progetto che avrebbe dovuto portare all’affrancamento dell’umanità dalla schiavitù. Nonostante ciò fu anche vittima dell’attentato da parte di un commando diretto da David Alfaro Siqueiros, famosissimo pittore e muralista messicano, che nella notte fra il 23 e 24 maggio 1940 assalì la villa di Lev Trotsky con l’obiettivo di ucciderlo. Il tentativo criminoso fallì ma il 21 agosto dello stesso anno venne assassinato da un killer di origine spagnola al soldo dell’U.R.S.S., tale Jaime Ramón Mercader del Río Hernández.
Se anziché Stalin, che ha trasformato la parola “comunismo” in un termine osceno, quasi impronunciabile, al potere ci fosse andato Lev Trotsky, cosa sarebbe cambiato? Intanto la guerra civile spagnola avrebbe potuto vedere la vittoria dei repubblicani i quali non ebbero alcun aiuto dall’Unione Sovietica, se non di facciata, anche perché la colpa della loro sconfitta sarebbe stata fatta ricadere sui trotskisti e gli anarchici così da giustificarne l’annientamento politico. I nazionalisti erano invece fortemente appoggiati in tutti i modi dalla Germania nazista e l’Italia fascista. Questo sanguinoso e cruento conflitto fu ritenuto il banco di prova dello scontro che avrebbe di lì a poco contrapposto le dittature nazi-fasciste al regime stalinista dell’Unione Sovietica e ai Paesi democratici dell’occidente: la seconda guerra mondiale.
In relazione a questa congettura possiamo almeno aggiungere la seconda domanda? Ma è pensabile che un uomo in procinto di morire (ormai Trotsky era cosciente quanto fosse vicino alla fine) potesse manifestare il falso, finanche a sé stesso, nella stesura del proprio testamento che precedette di qualche settimana la sua dipartita? In particolare il concetto da lui espresso all’ultimo capoverso?
Interrogativi senza risposta. L’abbiamo detto che Se e Ma sono due creduloni, visionari però… in certi pomeriggi silenziosi, quando sei solo con te stesso, può capitare di ascoltarli. Del resto sognare e fantasticare non ha mai nuociuto a nessuno, tutto il male possibile è già stato fatto.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

L’articolo “Quando il Nilo giunge al Cairo…” è stato pubblicato il 18 giugno 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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(1) Tratto dal testamento di Trotsky, scritto a Coyoacán (Città Del Messico), pochi mesi prima di essere assassinato su ordine di Stalin nell’agosto 1940 da Jaime Ramón Mercader del Río Hernández che si era spacciato per un comunista trotskista canadese di nome Frank Jackson allo scopo di conquistarne la fiducia.

4 commenti su “QUANDO IL NILO GIUNGE AL CAIRO…”

  1. Mauro… sono così stanca di testamenti, discorsi, parole parole…
    nulla cambia…. anzi cambia ma sempre in peggio… mi sento così lontana da tutto ciò che sto vivendo….

    1. Anche io cara Rosaria, non solo parole e parole, pure le medesime, identiche locuzioni, perfino lo stesso gesticolare. La mancanza della sintesi è voluta, essere incomprensibili aumenta il Potere poiché la “gente”, purtroppo, nel caos assimila solo i luoghi comuni del tipo inserti pubblicitari. Nessuno vuole più pensare. Non è consolante ma ti sono vicino nella tua lontananza da questo immondo “assetto” sociale. Un caro saluto.

    2. Condivido il tuo lamento “Mauro… sono così stanca di testamenti, discorsi, parole parole… nulla cambia…. anzi cambia ma sempre in peggio… mi sento così lontana da tutto ciò che sto vivendo….” ed aggiungo che qualora fosse vera la locuzione “chiodo scaccia chiodo” di certo non lo è “parola scaccia parola” anzi prolificano e si moltiplicano in misura esponenziale. Dovrei farti alcune domande personali, nulla di che intendiamoci, solo per superare il “virtuale” e relazionarci come esseri umani. Io sono pronto a rispondere alle tue. Che ne pensi? Buona serata Rosaria. Mauro

  2. Non so perché ma non riesco neppure a lasciare un commento!
    Mi dispiace!!
    In relazione alla
    tua idea resto perplessa!
    Relazionarci come
    esseri umani…perché fino ad ora cosa si era…..?
    Il dislivello tra te Maestro ed io semplice fruitrice è decisamente notevole!!!
    Non ho nulla
    da offrire nello ” scambio”!!
    Con tanta ammirazione!

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