SPAVENTAPASSERI

SPAVENTAPASSERI

Non saranno certo coloro che hanno fede,
essi dicono, a farmi desistere dal cercare
la risposta, individuare la meta stabilita
dalla notte dei Tempi. Pure dal mio osare
voler intendere il presupposto d’esser qui,
tra la prescelta folla dei contendenti.
Gli indagatori dell’Ulteriore vengono
definiti sciocchi e superbi dai drogati
di antiche e incongrue narrazioni,
nel convincimento di essere stati eletti
alla conoscenza, chissà da chi, cosa e perché.
A tal punto da imbalsamare loro la mente, il cuore,
l’anima, lo spirito. Inchiodandoli all’inerzia.

Dunque a te, donna amata, venerata
desiderata, dico solo… non lasciarti sedurre
da ingannevoli, primitivi miraggi, impedisci
che la notte ci avvolga, avvinghiamoci nella
nostra illuminata singolarità. Tu sei me.
La disattesa promessa di aver separato la luce
dal buio è illusoria, da sempre il grande
splendore è compagno di ciò che fatalmente
ci lasciamo alle spalle e rischiara il percorso
imboccato, tenendoci stretti per mano.
Non smorziamolo, impediamo alla vita
di ottenebrare il tempo che ci appartiene,
scambiamoci baci, abbracci, carezze. I corpi.

Impossibile sfidare l’enigma in solitudine. Già te lo dissi.
Amore! Siamo misura di riferimento dell’Universo?
Se le grandi masse celesti interagiscono fra loro
obbedendo a regole certe e le particelle elementari
non soggiacciono ai medesimi principi…
abitiamo noi fra queste due grandezze?
Potremmo quindi essere al centro del Tutto?
Ma procedendo nell’infinitesimale o nell’immenso
potremmo scoprire altre entità di mezzo?
La somma degli interi positivi fino all’incomputabile
genera un numero più piccolo di ciascuno di essi,
per di più negativo. Ciò potrebbe indicare stravolgimento
di ogni precetto? Un domani senza confini?

Voglio condurti nell’inesauribile, donarci eternità.
Immerso in questo pensare eccomi giunto nell’ospitale spiazzo
dove avverto gli aromi del nostro primo, sregolato prenderci.
Ora finissimi steli d’erba formano un morbido tappeto,
gli umori che un giorno remoto abbiamo disperso
in questo terreno gli hanno dato nutrimento. Ruoto su
me stesso e siedo sfinito ai piedi della quercia. Sguardo fisso
verso l’attraente soleggiata radura, gambe raccolte, avambracci
sulle ginocchia, mani abbandonate. Indicibile tristezza
non veder più lo spaventapasseri, nessun sfarfallio piumoso
di corvi che gracchiando si alzano in volo, la natura è ferma.
Nell’accendermi una sigaretta, smanioso di assurda malinconia,
gli occhi vanno oltre, al distante pendio che chiude il cerchio.
Indugio a lungo nel fissare i ruderi di quella discosta abbazia.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

La poesia “SPAVENTAPASSERI” è stata pubblicata il 31 maggio 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagine in evidenza ricavata dal web: Antonio Ligabue, nato Antonio Laccabue (Zurigo, 18 dicembre 1899 – Gualtieri, 27 maggio 1965), autoritratto

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