PERCHÉ? COSÌ… (Tanto vale Rinunciare, Umanità Malato Predestinato)

PERCHÉ? COSÌ…
(Tanto vale Rinunciare, Umanità Malato Predestinato)

Stamattina sono uscito per girare senza meta nel quartiere in cui son nato,
non capisco come possa esser giunto in piazzetta, calamitato
dove un tempo ho giocato con gli amici che fino ad oggi mi han seguito.
Ho cercato di pensare ma il vuoto ha dominato, riflettere senza alcun risultato,
ero leggero come e forse più di quel petalo strappato dallo stame
causa il forte vento gelido, improvviso, arrivato da occidente.
Mi ha detto “Non amare il prossimo tuo!” ed è fuggito trasandato,
roteando come fosse impazzito, un attimo ed è sparito, mi pareva assai incazzato.

Come è piccolo lo slargo che adolescente ha cullato i miei sogni,
sembrava gigantesco, allora vi si viaggiava e nascondeva,
adesso con pochi passi in ogni angolo sei arrivato.
Non vi è più il deposito di detriti dove avevamo scavato la trincea
per difenderci dai nemici della fantasia,
dove un’ultima sera di primo autunno, ancora tiepida,
Gabriella mi fece vedere la fessurina ed io il pisello,
vergognandoci ci siamo pure reciprocamente toccati,
“Prima tu!”, “No tu!”, “Va bene… io, ecco!” ed è li che son venuto,
lei lo strinse oltre il dovuto, ho scoperto esser cresciuto, pure lei si è bagnata.

Stamattina mi son chiesto a che serve chiacchierare, disquisire con chiunque,
scrivere per dare, leggere e assorbire, mi son perfino domandato…
se sia giusto ragionare, nulla può servire a cambiare l’animale,
in tanti ci si sono cimentati e alla fine uno scontato cordoglio dei vili
han guadagnato e… il loro mortale peccato resta la rinuncia, il poco scopare,
per dedicarsi a giustizia, libertà, tolleranza, uguaglianza, fratellanza.

Meglio quando il sole è tramontato, la notte mi avvolge protettiva,
non devo pensare che si reca a Wall Street per risvegliare la follia dei mercati,
oggi nervosi per il nuovo Presidente, come fossero creature,
voglio star solo, tu mi manchi, ormai son mesi che non sei seduta alle mie spalle
mentre veloce guardo la carta coperta e la mano possessiva ciondolante
dallo schienale si abbassa furtiva, arretra, si insinua fra le tue cosce
che allarghi leggermente per dirmi che sei pronta.

“Tre volte!” dichiaro all’apertura del Ciclope, osso duro a telesina,
per fortuna passa lo sciocco appartenente alla tribù di coloro
che hanno pure la faccia da sciocchi, meglio battersi fra eguali…
con questi significherebbe rubare, altri quattro abbandonano, avari,
e in quattro rimaniamo… bussa il mazziere “distribuisco!”
scartine vengono calate, tutto immutato, parla il re che batte ed io gioco i resti.
Fretta e libido improvvisi hanno dato l’imbeccata.
Se ne vanno… il Ciclope pensa… restano ancora due carte da giocare…
potrebbe aver fiutato ma rispetta il mio asso esposto.

Mi alzo.
“Signori per stasera ho finito, di qualcos’altro mi devo occupare.”
Raccolgo i soldi, alcuni stropicciati, unti, vissuti, come petali strappati dallo stame,
li ficco in tasca, sempre quella sinistra. “Andiamo!” le dico con garbo,
la prendo per mano e sorridendo, avvolti da una nuvola di fumo, usciamo,
non ci eravamo accorti che il giorno fosse arrivato.
Rimaniamo abbagliati dalla luce, rende euforici e famelici il profumo del pane
appena sfornato, ci sembrano incongrui i primi frettolosi passanti
che vanno al lavoro, una massaia con la sporta si reca al mercato per risparmiare,
le serrande che si alzano e il rumore che le accompagna paiono sbadigli…
Con noi ieri restava bloccato, adesso è subito domani.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: A sinistra: Rarissima foto anni ’60, uscita da un reading, al manubrio Jack Kerouac – A destra ricavata dal web, Wall-street, apertura.

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