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È MORTO “ACCATTONE” (Franco Citti ci ha lasciati – 14 gennaio 2016)

È MORTO “ACCATTONE”
(Franco Citti ci ha lasciati – 14 gennaio 2016)

È notte,
rifugio dei sognatori.
Dall’etere
vengo a sapere che
“Accattone”
è morto.
Brutto colpo,
sleale,
sotto la cintura.
Anche a lui voglio bene
come a tanti altri che vestono,
o hanno indossato,
il medesimo abito mentale.
La prima cosa
che mi è venuta in mente:
“Franco Citti sta a Pasolini
come Tibero Murgia sta
a Mario Monicelli”.
E’ un’eguaglianza,
matematica pura,
che formulo al presente
perché li tengo nel cuore,
mi accompagnano, fanno parte di me.
Ai termini che vi compaiono
ciascuno può dare
i valori che crede.
Questo cordoglio è,
o vuole essere,
ad ampio raggio d’azione,
a “campo lungo”
come si usa dire
nel mondo del cinema,
uno sguardo d’insieme
che abbraccia un’epoca…
finita.
Il modo migliore per dare
a Franco Citti ciò che gli viene,
inserirlo nella galleria dei grandi
considerando che
lui e Pasolini, patrimonio comune,
in vita non hanno avuto
i riconoscimenti che gli spettavano.
Il pensiero mi è venuto così,
di getto,
come spesso accade,
sono certo che apprezzano
poiché i distinguo
li formulavano solo
sull’animo umano,
la morale,
l’etica.
Grazie! Vi sono debitore,
tanti, troppi creditori
mi stanno girando intorno.
Il mio pensiero
si è conformato secondo
le istruzioni
da voi ricevute e,
a pensarci bene,
sapere che un giorno
vi potrei incontrare ancora,
ovunque e comunque sia
“l’oltre”,
mi rende più lieve
il trascorrere del tempo.
Un caro saluto alle grandi persone
che ci hanno provvisoriamente lasciati
anche se avverto le loro mani,
tutte,
che ancora mi guidano.
Ciao “Accattone”.
Mauro

Mauro Giovanelli – Genova

«È MORTO “ACCATTONE”» è stato pubblicato il 15 GENNAIO 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it:

Immagine in evidenza ricavata dal web – fotomontaggio dell’Autore. A sinistra la scena del funerale in “I soliti ignoti” di Mario Monicelli. Mi sembra un accostamento appropriato… con Tiberio Murgia, degli altri non parliamo proprio. Franco Citti merita esequie, anche virtuali, con tali personaggi, suoi compagni.

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MI SONO FERMATO UN ISTANTE A PENSARE

MI SONO FERMATO UN ISTANTE A PENSARE

Correvo e volando su tutto,
godevo.
Mi sono fermato un istante a pensare
e ho visto lampi lontani,
incontri, il lavoro, emozioni,
passione concessa e voluta,
esatta e negata, il sesso, il seme versato,
le cose di sempre.
Riemerge costante un rimprovero ingiusto,
il torto subito, le figlie cresciute,
due ceffoni mal dati,
occasioni perdute di sogni mancati,
il tempo è compiuto.
Mi sono fermato a pensare…
che ero immortale e ora finito,
non avevo confini e sono arrivato,
la grande giocata su un piatto importante,
prevista, geniale, efficace,
la smorfia del viso ha tradito il mazziere
e un batter di ciglio mi ha detto le carte.
Allievo, ufficiale, scrittore mancato,
insegnante, dirigente d’azienda…
mi chiedo perché, eppure ho imparato,
la caserma è in rovina, il registro si è perso,
l’altoforno andato, la pagina è bianca.
Adolescenza vissuta selvaggia, audace, eterna,
la stanza e il cielo, rock duro,
amici, ragazze, Beatles e ma belle,
i baci segreti, la moto nascosta
e seta che copre la pelle di lei,
il piacere mi basta, che sballo la Crota.
Il pensiero rivolto a due cose,
la seconda è amore
che dopo ha regnato,
allora era più per la vita.
Mi sono fermato un istante a pensare…
Pike Bishop e il suo mucchio,
la porta di Ethan che apre al passato,
la ruota che gira e la serie vicina
ma quando poi cade, sul sei la pallina.
Non amo la rima, è così, ve lo giuro,
eppure mi viene imprevista,
un colpo vigliacco, inatteso,
regali ne ho avuti
e sfasciando gli involti mi sono piaciuti.
Ecco! Vedete?
Ci son ricascato, adesso ne esco. Mi fermo.
Un bagliore, la mamma è al mio fianco,
ha chiuso le entrate dei posti sbagliati,
la moglie indifesa, papà è volato,
l’astuccio fedele di plastica lucida,
all’interno pastelli e il colore annotato,
il banco, lavagna, i segni ammiccanti,
e io non capivo l’inganno nascosto.
Ho ripreso baldanza, indago il futuro,
la serranda abbassata è perfino uno strappo,
mi fermo di nuovo, rifletto,
ma ancor più piegato.
Il traguardo vicino,
lo studio accurato di un gesto maldestro
riemerso improvviso gigante.
Ancora? Era cosa da poco
gettata nel sacco del niente.
Ma io sono tosto. E che cazzo!
Per quale motivo tornate a giocare?
Mia sorella davanti a fermare i cattivi
mentre io custodisco le biglie vincenti,
il sole diverso non lo riconosco, è una stella,
e lo sciocco che andò sulla luna
non è più ritornato.
Mi sono voltato a guardare Lucrezia
e i suoi occhi raggianti, il viso stupendo,
l’astuccio contrario, gli atti indistinti.
Angelica mi accarezza, ritorno al presente.
La piccola dice:
tranquillo! Noi andiamo spavalde,
il mondo è bello e lo avremo, ci piace.
Rallenta!
Lulú acconsente.
Allora le stringo sentendole mie,
ritorna la forza,
distribuisco le carte.
Faccio ancora una mano.

Mauro Giovanelli – Genova

Immagine in evidenza: Enrico Bafico, Genova, “Attimo per attimo”, olio su tela, cm. 70 x 80

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IL CASO ERICH PRIEBKE (Sic transit gloria mundi)

IL CASO ERICH PRIEBKE
(Sic transit gloria mundi)

Adesso che il “problema”
è stato travolto dall’attualità,
e dimenticato,
è forse il momento giusto
per fare una riflessione.
Mi è sfuggito il senso di tutto l’accanimento
concentratosi intorno a una salma,
oramai coacervo di atomi e molecole
fuori controllo,
particelle che hanno smarrito l’equilibrio,
interrotto le comunicazioni fra loro,
orfane della concertazione dello spirito.
Non più persona bensì materia organica
avviata a un rapido processo
di decomposizione
che la riporterà in circolo.
Resta l’orrore
che quel defunto ha rappresentato in vita
e ciò che riverbera da morto:
un simbolo con cui identificarsi
per alcuni ignobili balordi,
l’incolmabile abisso di dolore e angoscia
per tutti gli altri.
Fossi stato chiamato a decidere
mi sarei lasciato guidare dal destino
indecifrabile,
avrei fatto seppellire quelle spoglie
fra le sue vittime.
In tale ottica
quale altra scelta se non la più giusta?
Il nazista assoggettato alla misericordia eterna
dei suoi martiri e questi,
che non ne ricevettero una sola briciola,
a concedergli perdono imperituro.
E poi la regola
sembrerebbe essere proprio questa.
A Roma, nella diocesi Sant’Ignazio di Loyola,
in Campo Marzio,
poco distante da Campo de’ Fiori,
è esposta la mummia di un gesuita,
vescovo e dottore della Chiesa cattolica,
che fu aguzzino di Giordano Bruno
e persecutore di Galileo Galilei.
Per la venerazione dei fedeli.

Mauro Giovanelli – Genova

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

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Pubblicato su “Il Secolo XIX” del 27 ottobre 2013 pag. 39 con il titolo “Priebke andava sepolto tra le sue vittime”.

L’UOMO CON LA SCIARPA BIANCA (GENITORI ESODATI)

L’UOMO CON LA SCIARPA BIANCA
(GENITORI ESODATI)

Barbara e Valentina, le mie figlie.
Erano adolescenti
quando dalla tribuna d’onore
della sua squadra di calcio meneghina,
sciarpa bianca démodé e borsalino in testa,
un signore divenuto miliardario
cominciava a rilasciare
striscianti dichiarazioni politiche
che mi inquietavano.
Ne intuivo la minaccia,
percepivo l’insidia,
mi infastidivano.
Ecco le sue prime apparizioni televisive
che non sarebbero finite mai.
Non gli diedi peso più di tanto
nella convinzione che le istituzioni
lo avrebbero rifiutato,
il sistema si sarebbe automaticamente protetto
attivando gli anticorpi,
quell’uomo
non avrebbe potuto costituire un pericolo.
Il tempo è passato in un lampo.
Solo ora prendo coscienza
quanto la mia fiducia fosse mal riposta,
sia guardando alla parte politica in cui credevo
che a quella avversa, oggi alleate.
All’improvviso avverto la necessità
di chiedere scusa alle mie figlie
per non aver fatto di più,
il massimo,
un estremo sforzo
nel cercare di evitar loro un ventennio
culturalmente e socialmente decomposto.
Io posso dire
che i miei genitori
mi hanno lasciato la Costituzione.
Ma loro, di me,
cosa racconteranno?

Mauro Giovanelli – Genova

“L’UOMO CON LA SCIARPA BIANCA – GENITORI ESODATI)” è stato pubblicato il 28 ottobre 2013 sul sito www.memoriacondivisa.it: – Su “la Repubblica” del 22 ottobre 2013 pag. 24 – su “Il Segno” novembre 2013 pag. 7 – http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it

Immagine in evidenza: ricavata dal web

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“DIO NON GIOCA A DADI CON L’UNIVERSO” (*)

“DIO NON GIOCA A DADI CON L’UNIVERSO” (*)

Il sabot dello chemin de fer contiene sei mazzi,
da 52 carte ciascuno, totale 312, più una neutra
che interrompe la sequenza, giacché la sua comparsa
dà il segnale che si è giunti alla duecentesima estrazione
e il colpo che si sta giocando sarà l’ultimo della “taglia”,
dopodiché esse saranno tutte nuovamente mischiate
per ricominciare da capo. Perché questo?
Per evitare che chi avesse eccellente memoria,
quindi ricordando le duecento già estratte,
sia avvantaggiato nel considerare le probabilità
di uscita delle rimanenti 112.
E fanno 313 carte totali,
una per “solidarietà” verso i più deboli.
Il gioco si sviluppa in senso antiorario,
come la rotazione della Terra intorno al proprio asse.
Un anno comprende 365 giorni, un mazzo esatto in più.
Oggi abbiamo estratto l’ultima carta,
“Rien ne va plus, les jeux sont faits”.
Altro giro.
Sì! Nella nostra società globale
la taglia non si mischia in anticipo
onde evitare che chi avesse più capacità sia favorito,
altrimenti avremmo dovuto interromperci
il 233esimo giorno ovvero il 22 agosto scorso,
e fare il rendiconto.
Pensate quante cose sono accadute nel restante periodo.
Quindi molto più serio e “democratico”
lo chemin de fer dove le regole sono precise, inconfutabili,
valgono per tutti, al contrario della continua finzione
cui ci stiamo adeguando in ogni campo.
Persino il giorno più corto dell’anno,
quello che corrisponde al Solstizio d’Inverno,
che si verifica tra il 21 o il 22 dicembre
ci piace festeggiarlo nove giorni prima,
il 13, la notte di Santa Lucia quando essa morì,
nel 304 d. C. durante le persecuzioni
dell’imperatore Diocleziano.
Questo “stacco” lo dobbiamo a Papa Gregorio XIII
che nel 1582, con la bolla papale “Inter gravissimas”,
promulgata a Villa Mondragone,
impose il passaggio direttamente dal 4 al 15 Ottobre,
togliendo quindi 10 giorni dal calendario giuliano,
tale era la sfasatura accumulata
negli oltre 10 secoli precedenti,
quando il solstizio coincideva
proprio con la dipartita della Beata.
Il calendario gregoriano è quello ufficiale
nella maggior parte del Mondo.
Molto accorti i papi nel gestire il tempo.
Villa Mondragone… Monte Porzio Catone,
presso Frascati a Roma…
fu residenza di papa Clemente VIII che,
spalleggiato da tal Roberto Bellarmino,
gesuita, vescovo e dottore della Chiesa Cattolica,
fatto santo, mummificato ed esposto,
per la venerazione dei fedeli,
nella terza cappella di destra della diocesi
di Sant’Ignazio di Loyola, in Campo Marzio,
sempre a Roma, poco distante da Campo de’ Fiori
dove il più grande filosofo mai esistito
fu arso vivo dal Sant’Uffizio per eresia,
dopo otto anni di duro carcere e supplizi.
Quando si parla di questo episodio,
il più turpe della storia dell’umanità,
e tantissimi altri commessi dai Pontefici,
occorre essere precisi,
come lo sono stati con i calendari.
Infatti il 22 dicembre 1920 papa Benedetto XV
promulgò il decreto della eroicità delle sue virtù,
sempre dell’inquisitore Roberto Bellarmino parliamo;
il 13 maggio 1923, durante il pontificato di Pio XI,
fu celebrata la sua beatificazione
e dopo sette anni, il 29 giugno 1930 fu canonizzato.
Ancora più rapida la nomina a Dottore della Chiesa,
conferitagli il 17 settembre 1931 sempre da parte di Pio XI.
La sua festa liturgica è attualmente il 17 settembre
quando avvenne il suo trapasso, chissà per quale direzione…
mentre tempo addietro era il 13 maggio,
giorno della sua beatificazione.
Come ho detto importante è la scrupolosità.
E’patrono della Pontificia Università Gregoriana,
dei catechisti, degli avvocati canonisti,
dell’arcidiocesi della città di Cincinnati negli USA.
Direte che c’entra, lo vedremo, anche se per ora,
sempre per l’esattezza,
essendo l’ubicazione della mummia
nella terza cappella di destra della basilica anzidetta,
e forzatamente entrato in un clima, chissà perché,
gaudente, mi verrebbe da dire:
“Tarapìa tapiòco! Prematurata la supercazzola, o scherziamo?
No, mi permetta. No, io… scusi, noi siamo in quattro.
Come se fosse antani anche per lei soltanto in due,
oppure in quattro anche scribài con cofandina?
Come antifurto, per esempio.
No, aspetti, mi porga l’indice; ecco lo alzi così…
guardi, guardi, guardi. Lo vede il dito?
Lo vede che stuzzica? Che prematura anche?
Ma allora io le potrei dire, anche con il rispetto per l’autorità,
che anche soltanto le due cose come vicesindaco, capisce?
No, no, no, attenzione! Noo!
Pàstene soppaltate secondo l’articolo 12,
abbia pazienza, sennò posterdati, per due,
anche un pochino antani in prefettura…
senza contare che la supercazzola prematurata
ha perso i contatti col tarapìa tapiòco… dopo…
antani, come se fosse antani, anche per il direttore,
la supercazzola con scappellamento a destra, per due, grazie” (1)
Questa è divagazione? Bestemmia? Nonsense?
Ma non rispecchia il consorzio umano
dove finzione, ipocrisia, trucco, stratagemmi, imbrogli,
incomprensioni trovano terreno fertile?
Dobbiamo stare alle regole che ci siamo dati?
Quindi stasera farci tanti begli auguri di buon anno
e chi, in tale circostanza, dovesse dire, così tanto per…
che la prima cosa che un papa, Capo della Chiesa Cattolica,
dovrebbe fare appena eletto sarebbe quella di rivalutare
il più grande pensatore dell’umanità: Giordano Bruno.
Chiedergli scusa e perdono per averlo bruciato vivo,
averci privato di chissà quali altre invenzioni,
prostrarsi di fronte al suo genio e…
lasciare Roberto Bellarmino dove si trova,
per la famosa regola d’oro…
Sarebbe un guastafeste chi osasse tanto?
E se uno qualunque aggiungesse, puro azzardo questo,
di augurarsi che per il 2016 sarebbe giunto il tempo
di passare dalle parole ai fatti come, ad esempio,
che il Vaticano rinunciasse “motu proprio”
all’otto per mille in modo da “alleggerire”
il carico fiscale degli italiani,
mettere a disposizione l’enorme patrimonio
immobiliare di cui dispone,
esigere che venga tassato su ogni sua proprietà
che occupi suolo pubblico italiano,
luoghi di culto compresi, pure le chiese intese come edifici,
che nel nostro Paese si aggirano intorno alle 36 mila,
così a valere per tutte le confessioni,
come del resto è imposto ai cittadini e persone giuridiche.
Convocare i Capi di Stato e colloquiare direttamente
con loro sbattendogli in faccia i reali interessi
per cui fanno politica e organizzano
“esportazione di democrazia” o “missioni di pace”…
solo dove c’è abbondanza di materie prime,
nonché risorse energetiche.
Dichiarare apertamente che i Palestinesi
sono stati espropriati di gran parte del loro territorio,
che qualsiasi persona di buon senso
sa benissimo cosa si nasconde dietro il terrorismo
e i continui conflitti in Medio Oriente.
Fare piazza pulita nello IOR,
liberarsi della moltitudine di cardinali e vescovi
dai quali è circondato, coloro che tutto perseguono
meno che la Parola di Cristo.
Schierarsi davvero e concretamente con i deboli,
invitare e sollecitare per una “informazione”
giusta, imparziale, “civile”.
Denunciare gli spudorati stipendi dei parlamentari italiani,
i più alti del Pianeta, e i vergognosi benefici di cui godono…
invece di riceverli in udienza con tutti gli onori.
Adesso che il Capo del Governo va dicendo
ai quattro venti che tante cose sono state realizzate
e l’anno prossimo sarà quello dei “valori”,
mi sembrerebbe il momento giusto.
Insomma ci sarebbe molto da fare, senza alcun dubbio.
Gesù buttò all’aria i banchi dei pubblicani e commercianti
cacciandoli dal Tempio…
“Dio non gioca a dadi con l’Universo” (*)
fu la celebre affermazione di Albert Einstein
mentre era in procinto di sviluppare ed elaborare
la teoria della Relatività.
Il Potere non applica le regole eque e precise
dello chemin de fer, aggiungo io,
neppure inserisce una carta neutra tanto
per ridurre un poco la sproporzione.
Si muove a caso, a vanvera, un tanto al chilo
nel depredare la gran parte di umanità
a favore di una minuscola porzione di autoproclamatisi “eletti”.
Se per caso vi avessi annoiato, o portato a pensare che non
ci sia poi tanto con la testa o, ancora peggio,
vi avessi guastato la giornata chiedo scusa e…
vi faccio tanti auguri.

Mauro Giovanelli – Genova

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Immagine ricavata dal web – fotomontaggio eseguito dall’Autore

(1) da “Amici miei” – film italiano del 1975 – diretto da Mario Monicelli – La sequenza di frasi sono del Conte Lello Mascetti magistralmente interpretato da Ugo Tognazzi.

UNO È L’INTERO

UNO È L’INTERO

Amore,
solo amore.
In questo istante
trascorso nel silenzio
dell’inconcludenza,
e nel successivo,
adesso,
anch’esso fuggito.
Mentre scrivo
scorrono attimi
inarrestabili
e silenziosi.
Amore,
sempre amore.
Per te.
“Tanti sono gli uomini
a questo mondo…”,
mi dicesti
una volta,
neanche troppo tempo fa.
Ora tarda, acquazzone,
chiusi in auto,
vetri appannati.
Non concludesti la frase,
necessità di fare pipì,
di ciò mi informasti
con soavità, uscendo.
Accoccolata come una ranocchia,
mutandine a mezza coscia,
stavi espellendo
tutto lo champagne,
non più ghiacciato.
Scesi con il tuo ombrello
mi inginocchiai dinanzi,
proteggendoti,
eravamo a fianco
della vettura,
ti fissavo, mi guardavi.
La pioggia battente sulla tela
unica intrusa
a ricordarci di non essere
lontani, in un punto remoto
di questo Universo
solo nostro.
Il braccio si protese
fra le tue gambe,
e il liquido caldo
fu fonte sorgiva
che riempì il palmo
della mia mano
fattosi coppa.
Aumentò il piacere
di saperti mia,
e solo il bello mi apparteneva.
Mi sovvenne il Petrarca
“Mostrar la palma aperta…”
così, al femminile, i grandi
definivano la superficie
opposta al dorso delle estremità,
che pure questo offrii
al battesimo tuo
che infuse calore,
e il gocciolar dalle punte delle dita
amabile visione.
Come tu facesti
molte volte con me.
Ricordi? Ti piaceva
guardare, frapporti al getto,
poi accarezzavi il sesso
e ogni volta esclamavi:
“Ma con tutti quelli
che ci sono a questo mondo
perché voglio solo lui?
Lo ambisco, lo amo
come fosse un altro di te.
Irrinunciabile.”
Oggi è amore,
ricordi, nostalgia,
sofferenza,
assenza, inutilità.
I secondi scorrono,
monchi di una metà.
Non so dove sei.
Affronto i giorni,
mattina che fugge,
pomeriggio pura formalità,
pausa fugace la sera.
Il buio della notte
comprime i ricordi,
dilata i sogni,
è ingannatore,
bugiardo, dà la speranza
di un domani diverso
ma il pensiero
non è negligente.
La mia mente è la prora
di un battello infernale
al centro di perfide
tempeste che si susseguono.
Due masconi
le mie tempie che pulsano,
a intervalli schiaffeggiate
dai tuoi gesti,
buccia di pesca la pelle,
il modo di offrirti,
adorarmi,
frangenti implacabili,
ondate di dolore pungente
che travolgono
e si allontanano…
tra un gorgogliare di schiuma
bianca, effervescente,
bolle e bollicine,
chiazze,
come vino spumante versato
sbadatamente a terra,
o urina benedetta,
…per ritornare con più forza,
violenza inaudita
mettendo a dura prova
l’involucro
e il meccanismo interno.
Quante mi passano accanto,
incrociano la mia vita! Ma…
perché voglio solo te?
E tutto ciò che ti porti appresso?
Qual è il mistero?
La dualità
che diventa armonia,
fusione.
Ecco cos’è! Ho trovato.
L’incastro perfetto della loghia 22,
testo gnostico di Tommaso,
l’autentico insegnamento
del Rabbi Jeoshu ha Nozri:
“Allorché di due farete uno…
troverete l’entrata del Regno”

Mauro Giovanelli – Genova

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MANCANZA DI TE è DISPERAZIONE

MANCANZA DI TE è DISPERAZIONE

Mi piacerebbe sapere
se capita pure a voi.
Ci sono momenti in cui
mi rendo conto
del volume, non la mole,
neppure la massa,
più corretto dire
cubatura
o tutte le cose insieme.
Insomma l’estensione che occupo
nello spazio, una porzione
infinitesimale, quel tanto che basta
a definire me.
Per ora.
Lo penso spesso anche
di tutti voi
quando mi aggiro tra la folla.
Meglio ancora mentre,
seduto su una panchina,
lascio che defluisca dinnanzi.
Noi siamo ciò che occupiamo
e
a pensarci bene
non è una situazione confortante.
Condannati all’instabilità,
in senso strutturale intendo.
Importante no? E terribile!
Ciò che pensiamo,
sogni, speranze, ambizioni,
non potranno essere supportati
a lungo.
Come il diamante,
forma allotropica del carbonio
i cui atomi,
disposti in reticoli cristallini,
realizzano un volume
che cattura luce e la irradia.
Ma attimo dopo attimo
tende all’appiattimento
diventerà grafite.
Bidimensionale, scura,
poi…
neppure più quello.
Materia!
Di ogni cosa resterà
materia
forse
senza riverberi,
concetti,
ricordi,
brillantezza.
In questi istanti
intuisco il nulla.
Allora devo correre
da te.
Sei a letto, dormi,
mi spoglio,
scivolo con cautela
sotto le coperte,
mi avvicino
al tuo corpo.
Il calore che avverto
mi dona
l’eternità.

Mauro Giovanelli – Genova

Immagine in evidenza: opera di Jean-Michel Basquiat

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VOLVER

VOLVER

Dio non esiste,
quindi
neppure il Demonio.
I dèmoni sì.
Ti entrano dentro
all’improvviso,
senza bussare,
non li senti ma…
s’impossessano
della mente,
portano ricordi
tuoi e suoi,
di lei.
Nulla gli sfugge,
loro sanno
della vita, la morte,
dolore, gioia,
esaltazione, pena,
orgasmo, quiete
e altro ancora.
Tutto.
Del resto
ti sono figli,
tu li hai generati.
Questo succede
quando sei sbadato
e lasci qualcosa di
troppo
importante.

Mauro Giovanelli – Genova

Immagine: Fulvio Leoncini, Pulsionale, Tempera su carta, cm 50 x 35

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