POTREBBE UN BATTITO DI CIGLIA…

POTREBBE UN BATTITO DI CIGLIA…

“Potrebbe il battito d’ali di una farfalla
nel golfo del Tonchino
scatenare un uragano a New York?” (1)
Da anni i migliori scienziati del mondo
stanno cercando una risposta a questa domanda
studiando i diagrammi generati dagli attrattori di Lorenz.
Che stolti! A me è bastato accendere il cellulare,
collegarmi a facebook e veder apparire sul display
un volto femminile non comune,
con qualcosa che ti fa dimenticare
i tuoi progetti immediati,
dove stavi andando e perché,
ti blocchi ad osservare il sorriso aperto, spontaneo,
i capelli che fluiscono sulle spalle,
come fossero diramazioni di un fiume d’oro
che per superare l’ostacolo dell’ovale compiuto
si fanno cascate,
cornici a un paio di occhi trasformati in pepite
con inclusioni di lapislazzuli
che la corrente ha trascinato con sé per abbandonarli,
incastonarli proprio lì, al posto giusto,
talmente espressivi e sinceri,
con riverberi che indicano la strada dell’amicizia, l’amore,
da lasciare l’osservatore incantato, come si trovasse
tra la provincia argentina di Misiones
e lo Stato brasiliano del Paraná,
di fronte alle cateratte dell’Iguazú.
Il naso greco è il simbolo della bellezza
che fa scivolare lo sguardo sulle labbra, vere, perfette,
a rappresentare il varco che conduce dietro le cascate,
all’interno di grotte misteriose
dove si nascondono antichissimi tesori
lasciati dai pirati di tempi lontani.
Sì, ho scoperto che il battito d’ali di una farfalla
nel golfo del Tonchino
potrebbe scatenare un uragano a New York…
anche un battito di ciglia.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: dipinto di Charmaine Olivia

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(1) Alan Turing in un saggio del 1950, “Macchine calcolatrici ed intelligenza”, anticipava questo concetto: “A conti fatti perciò una singola azione potrebbe determinare imprevedibilmente il futuro: nella metafora della farfalla si immagina che un semplice movimento di molecole d’aria generato dal battito d’ali dell’insetto possa causare una catena di movimenti di altre molecole fino a scatenare un uragano a grande distanza. Edward Lorenz fu il primo ad analizzare l’effetto farfalla in uno scritto del 1963 preparato per la New York Academy of Sciences. Secondo tale documento, “Un meteorologo fece notare che se le teorie fossero corrette, un battito delle ali di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso del clima per sempre”. In seguito Lorenz usò la più poetica farfalla, forse ispirato dal diagramma generato dagli attrattori di Lorenz, che somigliano proprio a tale insetto, o forse influenzato dai precedenti letterari (anche se mancano prove a supporto). “Può il batter d’ali di una farfalla nel golfo del Tonchino provocare un uragano a New York?” fu il titolo di una conferenza tenuta da Lorenz nel 1972.

FINE DELLA LEZIONE

FINE DELLA LEZIONE

So che stai soffrendo
come un animale in calore.
Purtroppo non ci sono
a soddisfare i tuoi istinti,
la smania che ti assale
rimane inappagata.

E ti vai spegnendo.

Adesso non puoi dire
che il mio egoismo è senza limiti,
tanto da farti sentire uno zero,
avrei dovuto darti di più, queste le tue ultime parole,
altro ancora, ed erano solo inutili convenzioni,
nulla valevano ma tu non lo capivi.

Ora beneficia della tua ovvietà.

Nell’ultimo anno mi hai pressato,
non hai inteso, due come noi
sono senza alternative,
avresti dovuto pensare come un uomo,
prendere e gioire, dare e godere,
solo così avremmo sfidato il tempo.

E insieme… risultare vincitori.

Non sei riuscita, proprio non ce l’hai fatta
ad anteporre i sensi, passione, la carne, gli umori
di cui restavamo impregnati, sudore, sperma,
liquidi escretori delle tue fertili mucose,
mi stringevi, con le unghie ti avvinghiavi a me,
perciò si aggiungeva sangue, e gradevole dolore.

Ma eri tu a mugolare di piacere.

Tutto qui! È semplice in fondo.
Stolta! Ma come puoi non aver inteso
che l’universo è questo,
il resto sono cantine ammuffite, strade senza sbocco,
lavori in corso, chiedere permesso, ricerca di un parcheggio,
falsi valori, passeggiate senza meta.

Se non hai una tua vita segreta.

Inviti a cena, convenevoli, raduni salottieri,
insopportabili opinioni, consuetudini, discussioni,
condivisioni, visite di cortesia, amici di facciata,
un caffè al bar, saluti stiracchiati, presenze fastidiose
mentre accanto si incrociano destini di altri…
alla disperata ricerca di amore.

Che noi avevamo… ora è dolore.

Non è possibile, né smetterò mai di domandarmelo,
eppure te l’avevo insegnato, spiegato bene,
avevamo compiuto il prodigio,
un caso su mille, diecimila… che dico? Unico.
Solo noi eravamo arrivati a destinazione,
la compiutezza, il gioco dei corpi, l’attrazione.

Ma ha vinto la necessità della finzione.

Ed io di questo godo, soffro da morire ma godo
della tua angoscia. Donna insensata!
Quante volte ho detto: “devi essere mia, come una schiava”,
quando lo sussurravo al tuo orecchio, te lo chiedevo
mentre ti ero dentro, nei tanti modi che da me hai imparato
e che volevi… “Sono tua, prendimi!” Rispondevi.

“Farò ciò che vuoi… ti scongiuro, amami per sempre!” Supplicavi.

Sempre! Avevamo resa autentica questa parola.
E dove lo trovo un altro come te! Piangevi…
A parte questo, nulla hai capito,
e ogni giorno che mi vorrai e non ci sarò
mentre davanti ai tuoi fornelli con un lui sereno
chinato sulla tavola a fare i conti, chissà perché

me lo immagino in salopette

per cattiveria sai, se non la indossa è nel cervello
che di sicuro ce l’ha. Allora mentre ti asciugherai
le mani, i piatti avrai lavato, getterai uno sguardo
furtivo al mio anello, ti tornerà alla mente l’attimo
in cui decidesti di pianificare la tua vita,
la paura dell’insicurezza che ora è terrore della ripetitività.

Difficile poter tornare indietro.

La vecchiaia… sei stata tu a richiamare la sua attenzione,
hai voluto sederti ad aspettarla, con me correvi, era lei disperata,
non ci raggiungeva, adesso piano piano ti si avvicina,
ogni giorno lascia il segno, ferite sul tuo corpo,
le ore passano in silenzio, la tua mente è svuotata,
hai già fatto la spesa, il momento del suo rientro si avvicina,

a questo pensi mentre sei in cucina.

Cerchi di scacciare il mio ricordo… ti dilania il pensare,
ritrovarsi il biglietto vincente della lotteria
e incassarlo a metà anziché spendere tutto,
fino in fondo, all’avventura. Che follia è stata!
Ma il fondo mai l’avremmo toccato, e tu sai perché,
il nostro sentimento dilatava sempre i confini.

Ne scoprivamo di nuovi stando vicini.

E adesso che più non ti usi? Che manca il maestro?
I glutei andranno infiacchendosi, la pelle si indebolirà,
già avviliti sono i capezzoli, piangenti e nostalgici i seni perfetti.
E il clitoride rosa che feci risorgere? Era nascosto, umiliato.
Ricordi? Le piccole labbra… hai gemuto la prima volta,
poi mi chiedesti di succhiarle ancora, prenderle, viziarle…

…mi tenevi premuta la testa, pervasa dall’eternità.

Ma chi potrebbe mai sfiorarti le gambe come so fare io?
Lentamente arrivavo fino alle mutandine ma…
non andavo oltre, pregustavo ciò che sarebbe stato,
tornavo alle ginocchia, i polpacci, i piedi, tu fremevi,
e allargavi le cosce sempre più, seduta al mio fianco, in auto,
guidavo e ti toccavo, tornavo su, pizzicavo la parte più tenera…

il loro interno, in alto, vicinissimo alla vagina.

E lì avvertivo calore di femmina, plasmata
per me, compiuta, sentivo umido, caldo umido,
così abbiamo girato per motel e ristoranti
musei, chiese romaniche, barocche, ci sposavamo nelle sacrestie,
poi alberghi, birrerie, ogni sorta di pub, bar, spiagge di sera,
di giorno, scogliere protettive, cabine, e tu bruciavi…

a volte dicevi di accostare subito… non potevi aspettare.

Non mi è possibile perdonarti, mai potrò farlo,
è come se tu avessi inferto uno squarcio all’Infinito
che avevamo raggiunto, toccato, in cui abitavamo.
Ricordi bene che sembrava un susseguirsi di dune
di sabbia finissima, il sole sempre basso, al nostro fianco,
e il mondo era solo una percezione lontana, ad occidente…

le nostre ombre unite, lunghe, guardavano l’oriente.

Anteporre la sicurezza, la stabilità, il timore
di un futuro incerto che neppure sai se arriverà,
cominciare a pensare a sistemarti, organizzarti!
Parole orribili, prive di libertà.
Dove? Con chi? Come? Per aspettare di morire?
E quando dovesse giungere quel momento?

Sai che cercherai la mia mano, annasperai, ed io… dove sarò?

Come hai fatto a non capire che stavamo
cogliendo il meglio di ciascuno di noi…
nascondendoci da tutto. Splendido! Assoluto!
ci incontravamo solo nel nostro reale vissuto
fossimo stati insieme, come due coniugi
o compagni, non avrebbe potuto durare…

Solo i clandestini arrivano alla meta senza smettere di amare.

Stolta! Ottusa! Te l’avevo detto
di abbandonare la normalità,
ubbidire a me passivamente,
senza nulla pensare
se non a noi.
Ma la tua indole femminile… il timore,

ti hanno corrotta, ed io ho fallito.

Però… ho scoperto qual è la verità! Questa è l’ultima lezione.
Alla fine sta in un pensiero che a tutto sopravvive,
e accetta il passaggio offerto dalla prima foglia che s’invola,
da una brezza amica che si fa messaggera,
il riverbero di un raggio di sole distratto, il vento di scirocco,
un gabbiano che sconfina, il bagliore complice della luna

per giungere in tempo fino a te… e farti sentire la mia mano
che tiene stretta la tua.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Fulvio Leoncini – 13 stazioni per lady Chatterley – 2012 – Dedicato alla passione – Collezione privata – la medesima con la quale è stata proposta, sotto lo pseudonimo di Pike Bishop la poesia “Fine della lezione” proposta nella “Giornata mondiale dedicata alla violenza contro le donne”

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FERMATA D’AUTOBUS

FERMATA D’AUTOBUS

– Bello…

– Dice a me? Questo? È un mio primo piano ritagliato dalla foto a figura intera di pochi giorni fa. Me la sono fatta scattare per abbinarla ad una poesia che mi è stata dedicata. Almeno è attuale e qui sorrido un po’.

– Non mi pare, è così serio!

– Chi ha parlato? Scusi chi è? La conosco? Non ci vede bene forse… osservi che sguardo sereno.

– Decisamente bella la fotografia, non le dia retta.

– Un’altra ancora? Perdoni se le stavo dando le spalle… tutte donne? Mi sembra di avervi già viste, non siete volti ignoti.

– Non si preoccupi di questo. Purtroppo qui lo spazio non è mai abbastanza, non ci si rende conto della quantità di persone che circolano, un numero spropositato, enorme, ogni tanto passa un mezzo e riparte a pieno carico per distribuirci su altri piazzali… e avanti sempre, senza sosta, continuamente. Lei è tanto che aspetta?

– Pochissimo, oppure… mi lasci pensare… stavo dicendo a queste due signore… non ci sono più! Svanite!

– No! Hanno appena preso l’autobus insieme a nuovi arrivati, non c’erano più posti ed è ripartito quasi subito. Non se n’è accorto?

– Assolutamente no! Oltre voi non ho visto nessuno. Che strano… qui è tutto deserto, la piazza sembra enorme e… che silenzio! Dunque ero rimasto che questa istantanea è un mio primo piano ritagliato da una più grande. Mentre ero in posa per lo scatto, in quel preciso istante, dal bar uscì la voce di Claudio Baglioni, cantava “Questo piccolo grande amore”. Fu come se il tempo si fosse fermato e una forte emozione mi ha fatto ripercorre tutti, proprio tutti i grandi e piccoli amori…

– Sempre bravissimo quello… un cantautore esaltante.

– È senza dubbio un grande, come le sue canzoni, ma io accennavo ad alcune signorine, ragazze… effettivamente, ripensandoci, li ho usati come taxi, lui e sapesse quanti artisti, per farmi trasportare, insieme alle mie amiche, nel mondo del piacere…

– L’accenno è stato notato… so a che si riferiva.

– Come fa a sap… ecco! C’è un’altra signora, non eravamo rimasti soli, si sta asciugando le lacrime, mi pareva di aver sentito dei singhiozzi, piange… Ehi! La conosco… che ti succede piccola? Come mai sei triste? Lo sai che affliggi anche me…

– Penso al tempo trascorso troppo velocemente…

– Perché? Il tempo è passato? Di nuovo? Me l’ha detto anche… non c’è più, sparita pure lei. Che sta succedendo? Allora è salita ed io non me ne sono accorto, ho perso pure questo. Beh! Aspetterò il prossimo…

– Ottima scelta, anch’io… con te.

– Sì però l’ombrello l’hai portato? Io non ne uso da sempre, lo sai, ma stasera… hai notato? Comincia ad imbrunire e le nuvole sono basse e pesanti, non si può mai sapere, nel caso piovesse… ho l’impressione ci sia tanto da attendere.

– E se il conducente non ci vedesse? Nel caso passasse dritto, in questo settore può accadere di tutto…

– Chi te l’ha detto?

– Mi sembra un’eternità che sto qui, so come funziona, tu… sei appena arrivato.

– Meglio se non si accorge di noi!

– Intendo l’uomo al volante vestito di nero, potrebbe scendere, arrabbiarsi… amore, io ho paura.

– Di che? L’autista del Tempo? Ma quello è un vile oltre che stanco e distratto, il suo percorso è lungo e tortuoso… al massimo ti coglie all’improvviso, alle spalle, dobbiamo stare in guardia, non perderlo d’occhio, controllare che faccia sempre la stessa linea, senza deviazioni… l’hai vista la mia foto?

– Aspetta, prima ti prendo a braccetto, mi è sempre permesso? Con te mi sento in pace, serena. Dunque vediamo… eccoti qui, ci sei rimasto bene, sei sempre bello ma… com’è che la carta si è così ingiallita?

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Salvador Dalì – La persistenza della memoria – Olio su tela.

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NON SONO UNA PERSONA SERIA

NON SONO UNA PERSONA SERIA

“Io non sono una persona seria”(1), lo so da sempre, perché da sempre traguardo l’umanità allo stesso modo di come ci si può incantare ad osservare il brulichio di un formicaio in un noioso, assolato pomeriggio estivo.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web

(1) Pier Paolo Pasolini

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PASOLINI UCCELLACCI E UCCELLINI

PASOLINI
UCCELLACCI E UCCELLINI

Attimi che restano aggrinfiati al tempo,
sospesi, interminabili momenti
che annullano le distanze.
Abolito il distacco con l’osservatore
non moriranno mai…
L’immagine non è più tale
ma qualcosa che vive e ti coinvolge,
nata da una improbabile congiuntura,
voluta dalla sorte
o da una stupefacente armonia.
La verità trabocca dalla sua propria luce,
quindi Pier Paolo Pasolini
e il principe De Curtis
da lì continuano a parlarci, esistono,
sono ancora fra noi
per completare l’annuncio.
Tutto è stato prestabilito.
Le cravatte di entrambi,
i nodi infiacchiti dal lungo giorno trascorso,
il casuale pullover del Genio,
la giacca nera del grande attore,
il suo inevitabile cappello.
Due contro tutti.
Le bianche camicie
non indicano capitolazione anzi…
la loro intesa perfetta, nata improvvisa,
spontanea, inevitabile,
vuole lasciarci qualcosa
di forte e imperituro.
Le labbra di Totò, le grinze del collo,
lo sguardo, segnato dalle pieghe del viso,
che travalica le scure lenti degli occhiali,
la stanghetta distratta,
l’infinita melanconia.
Preannuncia la sua propria fine all’amico,
scomparirà l’anno successivo,
allora gli dice del dopo
cerca di metterlo in guardia,
fare attenzione,
il mondo non è come loro interpretano,
al quale anela il poeta.
Pasolini ascolta incantato…
il suo sorriso buono, rispettoso
e leale è uno dei più spontanei e sereni
che abbia mai visto in vita mia,
ha qualcosa di sacro,
misto a preghiera, cognizione, amore.
Commoventi entrambi,
fotografia splendida, unica.
Neppure il corvo può far nulla,
continua Totò,
anche se è un intellettuale di sinistra
di prima della morte di Togliatti,
saggio e profetico,
inutile azzardi a cambiare gli uomini.
Essi sono così.
Sappiamo che il nero pennuto
diventerà insopportabile, scomodo,
e i frati Ciccillo e Ninetto
lo uccideranno per mangiarselo.
Stai attento Maestro,
così fanno i mostri,
ti massacreranno
e tenteranno di nascondere
fra i loro visceri
la tua immensa spiritualità.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata da Eretico & Corsaro – Composizione dell’Autore

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Terra!

Terra!

Questo è il palcoscenico
di quanto fino a questo momento
è accaduto ed accadrà,
principalmente per volere nostro.
La culla di noi tutti, dal primo vagito
all’ultimo respiro.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata da Focus: bellissima fotografia scattata dalla Luna.

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SOLUZIONE GLOBALE

SOLUZIONE GLOBALE

Ogni specie vivente ha un ciclo di vita,
nasce, si insedia sul territorio,
prospera, arriva all’apice del benessere poi,
per mille motivi,
molti dei quali scaturiti da fattori esterni,
inizia la discesa inesorabile, la decadenza,
fino all’annientamento.
Ovviamente è un processo lentissimo
regolato dalla natura.
Tanto meno la fauna cui appartiene
quel determinato genere è forte e intelligente
quanto più rapida l’estinzione.
Dato che del regno animale l’uomo
ha in sé una sorta di attrazione
verso l’auto distruzione,
forse presente nel codice genetico,
ed è quindi l’essere più insensato
del Pianeta,
come ebbe a dire, ma non solo lui,
Albert Einstein:
“Ci sono due cose infinite,
l’Universo e la stupidità umana,
ma riguardo all’Universo
ho ancora dei dubbi…”,
temo che se non si correrà ai ripari
rapidamente,
entro poche decine di anni
avremo risolto in un sol colpo
le diseguaglianze sociali,
religiose, etniche
che ci siamo inventati…

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagini in evidenza estratte dal web – Composizione dell’Autore

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11 SETTEMBRE 2001

11 SETTEMBRE 2001

Un’ora qualunque di svariati giorni fa,
forse mesi o anni,
potrebbe essere l’attimo appena trascorso,
oppure adesso, mentre scrivo queste parole.
Il tempo non esiste più,
gli orologi si sono liquefatti
come nei dipinti di Salvador Dalì,
lui lo sapeva.
Allora la persistenza della memoria
ha preso il sopravvento,
si è espansa enormemente,
da non vederne più i confini.
Dissolto ogni punto di riferimento,
rimane l’ultimo ricordo
a tenere insieme la mia massa,
rallentarne appena la velocità,
quel tanto
da non farle toccare il limite della luce,
impedire l’infinito
e combaciare con il tutto.
Quindi posso afferrare quel momento.
Eh, sì! Perché ciò che cerco
è del mondo di prima.
Ora vago in uno spazio
sospeso sull’abisso,
dove l’intero è diverso,
cerco la discontinuità
da cui ha avuto inizio l’incubo,
per me, per tutti noi: la mattina de
l’11 settembre 2001.

Mauro Giovanelli – Genova
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La poesia “11 settembre 2001” è stata pubblicata il 10 settembre 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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RITARDATARIA

RITARDATARIA

È il 10 agosto, scendono le comete.
Tu in questo giorno di molti anni fa,
mentre io calpestavo già la Terra,
eri ancora un sogno errante
fra i miei pensieri,
e vagavi nell’armonia dello spazio siderale.
Percorrendo orbite eccentriche
indugiavi, distaccata dalle altre.
Osservavi.
Quando, ritardataria,
decidesti di prendere forma umana
separandoti dal tuo luminoso strascico,
lo facesti solo per cadere
tra le mie braccia.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio dell’Autore.

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L’ORIGINE DEL MONDO

L’ORIGINE DEL MONDO

…quante volte mi sono soffermato
ad ammirare il tuo petto, la parte lasciata scoperta
dalla camicetta leggera appena sostenuta
dai seni perfetti, giovani.
Una spallina abbandonata lascivamente
lungo il braccio,
la carnagione liscia e profumata,
il viso di una Madonna,
tanto la dolcezza ha aderito al tuo ovale compiuto.
Gli occhi profondi esprimevano
anche una sottile malinconia,
a volte mi pareva non ti importasse piacere,
essere desiderata per il tuo fisico,
avevo la percezione volessi porti più come
compagna, consolatrice.
Provocavi in me, come posso dire…
languore, attiravi la mia virilità
perché i sensi che guardano al fascino
venivano tutti soddisfatti, appagati.
Bella, bellissima.
Fronte proporzionata, liscia,
naso regolare, muliebre, orecchie precise,
capelli mossi quel tanto da confonderli
con i riflessi del tramonto in riva al mare.
Non ho pudore nel dire ciò,
ma il piacere di cui, attraverso te,
mi sono impossessato,
le emozioni che mi hai regalato,
il desiderio della carne
che avvertivo nell’ammirarti,
sono la storia del mondo
e della mia giovinezza.
La carne è la sola cosa, essenziale,
dalla quale non si può prescindere,
l’unico mezzo di comunicazione con l’altra parte,
la ricetrasmittente tra l’essere e il nulla.
Vedere, sentire, annusare, toccare, penetrare,
sono percezioni concesse da questo
complesso involucro che ci contiene,
e tu mi hai regalato tutto ciò precocemente.
L’amore eterno, passione, sesso, dolcezza, carezze,
giocare, baciare, e stringerti a me, bramare il calore,
desiderio di godimento.
Ecco il vero rito sacrificale.
La sola liturgia ad avere un senso
è raggiungere così uniti l’orgasmo,
quell’attimo di estrema perdizione
e sommo piacere,
l’unico gesto che abbia un contenuto,
la vera azione che conduce
ai confini ultimi del sublime,
in prossimità dell’attendibile,
il mezzo con cui si innesca la reazione
che consente di intravedere per qualche istante
il Cielo.
Questo ci siamo regalati.
Sono certo tu capisca cosa intendo dire,
il tuo corpo flessuoso,
provocante e innocente allo stesso tempo,
mi è entrato nelle viscere,
la tua naturalezza e sensualità toglieva il fiato
e mentre ti alzavo la veste
e intravedevo le curve inebrianti…
ancora oggi al ricordo della perfezione
di quelle carni mi emoziono.
Questo è il senso dell’esistenza,
la sola salvezza.
Nell’inferno in cui viviamo è la carne,
non la fede,
che ci fa toccare il Paradiso.
A Dio piacendo.
Nei tuoi magnifici occhi,
lo sguardo, con riflessi delle stelle sul mare di notte,
mi ci perdevo dentro,
cambiavano continuamente tonalità,
rappresentavano immaginazione,
tormento, rabbia, odio, estasi, inquietudine, pace.
Comunicavano una predisposizione
a dare amore incredibile,
sprigionavi fiamme e sentimento da tutti i pori.
Buona sorte ho avuto ad essere uomo,
così da poterti ammirare, possedere
e avvicinarmi attraverso te al mistero
dell’origine del Mondo…

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

(da “In morte di Laura Antonelli” di Mauro Giovanelli)

Immagine in evidenza: Autore Gustave Courbet – Data 1866 – Tecnica olio su tela – Dimensioni 46×55 cm – Ubicazione – Museo d’Orsay, Parigi

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