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IL PROFILO ALTRO

Il profilo altro

Fino a quando certi personaggi della politica potranno prosperare non solo a totale carico della collettività ma incidere sull’esistenza nostra e dei nostri figli, in questo Paese mai ci sarà giustizia. Tale particolare tipologia di politico ha trovato terreno fertile dal berlusconismo in poi, humus ideale per la coltivazione in serra degli embrioni, molti dei quali attecchiti e sviluppatisi in maniera talmente diffusa da sembrare fauna nativa, ed è a questo punto che siamo arrivati al renzismo. Neppure più ci accorgiamo che quel che prima era orrendo non solo è diventato norma, ma è pure nostro nutrimento quotidiano.
Di seguito il brano INTEGRALE, in maiuscolo le frasi significative, di quanto affermato dal rignanese nelle interviste che precedettero il referendum costituzionale di cui fu promotore (audio/video facilmente reperibili sui canali youtube):
Intervista televisiva:
[…]facendo credo un GESTO DI CORAGGIO, ma anche di DIGNITÀ, IO HO DETTO CHE SE PERDO IL REFERENDUM, NON è SOLTANTO CHE VADO A CASA MA SMETTO DI FAR POLITICA, che magari è un incentivo per tanti per andare a votare contro, perché però io dico che non è il tentativo di trasformare il referendum in un plebiscito, come ha detto qualcuno, è l’ASSUNZIONE DI UN PRINCIPIO, finalmente c’è RESPONSABILITÀ da parte di chi governa, siamo stati abituati ad avere per anni il pantano, sempre gli stessi che si davano il cambio in modo ciclico, io vorrei una cultura più anglosassone in cui fai, uno, due mandati, io spero di farne due, e poi te ne vai, se però nell’elemento chiave di trasformazione del sistema arrivi alla riforma costituzionale che è la partita sulla quale ti sei giocato tutto, ecco se io perdo, devo avere il coraggio di dire che devo trarne le conseguenze in un Paese in cui non perde nessuno[…].
Alla Stampa:
[…]se noi, se noi perdiamo il referendum, se io perdo il referendum costituzionale CONSIDERO FALLITA LA MIA ESPERIENZA POLITICA[…].
A Del Debbio Rete4:
[…]DEVO ANDARE A CASA, NON SONO COME GLI ALTRI IO, non posso restare attaccato[…].
In Senato:
[…]COME GIÀ DETTO DAVANTI ALLE SENATRICI E I SENATORI (e al Popolo Italiano N.d.A.) CHE NEL CASO IN CUI PERDESSI IL REFERENDUM CONSIDEREREI CONCLUSA LA MIA ESPERIENZA POLITICA …bla…bla…bla… L’ho fatto perché CREDO PROFONDAMENTE IN UN VALORE CHE È IL VALORE DELLA DIGNITÀ[…].
Costui ha parlato di “coraggio”, “dignità” (più volte), “assunzione di principî”, “assunzione di responsabilità”, ha dato la sua parola in maniera solenne, anche in Senato, il nostro Senato, e non solo l’ha disattesa nella maniera più sfacciata, ma ha pure fatto in modo che la nostra Società rimanesse ferma, immobile al suo modello, a mio avviso spregevole, di intendere i rapporti fra umani. Così siamo giunti, tra finzioni e ciarlatanerie, alla nascita di Italia Viva, la congiura contro il Governo Conte, i modelli di rinascimento da dittatura cui ispirarci. Mia opinione è che se non allontaniamo dalla “res publica” questa categoria d’individui ne saremo travolti.
Per chi avesse voglia di leggere ancora, di seguito le frasi significanti della sua dichiarazione pubblica, da Palazzo Chigi alla stampa, subito dopo la sconfitta al referendum dalla quale si evince tutto quel che c’è da capire. Per non annoiarvi troppo, ho sostituito le solite sgangherate corbellerie con …bla…bla…bla…
P.S. Altrettanto responsabili sono coloro che danno credito a questi personaggi.
Conferenza stampa a seguito della sconfitta:
[…] in modo inequivocabile, ho scelto un modo chiaro e netto e credo che sia stata una grande festa della democrazia, le percentuali di affluenza sono state superiori a tutte le attese, diciamo che è una festa che si è svolta in un contesto, si c’è stata qualche polemica in campagna elettorale, per carità forse di troppo, un contesto in cui tanti cittadini si sono comunque avvicinati e riavvicinati alla Carta Costituzionale, al manuale delle regole del gioco …bla…bla…bla… il no ha vinto in modo straordinariamente netto …bla…bla…bla… E allora mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta e dico agli amici del SI che ho perso io, non voi …bla…bla…bla… Io invece ho perso …bla…bla…bla… Io sono diverso, ho perso e a voce alta, anche se con il nodo in gola, perché non sono un robot …bla…bla…bla… Ma credo nella democrazia …bla…bla…bla… L’esperienza del mio Governo finisce qui …bla…bla…bla… La poltrona che salta è la mia, domani pomeriggio riunirò il Consiglio dei Ministri …bla…bla…bla… salirò al Quirinale dove al Presidente della Repubblica consegnerò le mie dimissioni …bla…bla…bla… come sapete vengo dal mondo dei boy scout …bla…bla…bla… […].
Mauro Giovanelli – Genova

FESTIVITÁ 2023/24

FESTIVITÁ 2023/24

Evito di partecipare allo scambio di auguri coram populo come si usa fare, a strafottere, nei social; neppure desidero riceverne. Viste le circostanze, ossia l’asfittica situazione politica e il corrompersi dell’informazione che incombono sul nostro Paese nonché le guerre in corso in vari punti del Pianeta, in primis il genocidio che si sta compiendo a Gaza, ritengo che un pubblico scambio di auspici sia inopportuno e di cattivo gusto.
Opinione mia è che pure i rappresentanti delle varie confessioni, nessuna esclusa, dovrebbero tacere in segno di lutto, in fondo se l’umanità è giunta a questo punto, è evidente il fallimento delle divinità di riferimento. Suggerirei loro, mi riferisco ai ministri del culto, di riappropriarsi della parola nello stesso istante in cui anche l’ultimo cannone sarà stato gettato in mare al fine di creare strutture sommerse per il ripopolamento ittico e la pesca.
Mauro Giovanelli – Genova

Immagine in evidenza estratta da uno dei tanti filmati giunti da Gaza.

NON È LA TUA RAGAZZA

NON È LA TUA RAGAZZA

Nei giorni scorsi, sulle prime pagine dei quotidiani, nelle locandine delle edicole superstiti e a inizio di ogni trasmissione televisiva, mi è capitato di vedere la faccia di questo individuo accompagnata dalla scritta, esposta a caratteri cubitali:

“HO UCCISO LA MIA RAGAZZA”

Le sole parole che costui ha pronunciato alla polizia tedesca nel momento della sua cattura.
E nessuno, ripeto nessuno che abbia precisato, urlandolo al mondo intero, che la vittima del mostro, l’incantevole, gioiosa Giulia, NON ERA la sua ragazza né mai lo sarebbe stata.
E poi tutti complici nel citarlo col nome di battesimo anziché designarne la sua condizione di assassino (o presunto tale?).
Considerando le due cose insieme, è proprio qui che si evidenzia la netta tendenza, a “umanizzare” le fattezze della “probabile?” bestia, con l’aggravante di accostare la sua foto al celestiale sorriso di lei, alla sua immensa voglia di vivere come se la volontà della ragazza, prenderne le distanze, fosse scomparsa con la sua uccisione.
È così! Del resto c’è rimasto solo lui ma tutto sarà introdotto nel tritacarne di un’informazione demenziale supportata da un clima politico dello stesso livello dal quale uscirà, fra uno spot e l’altro, un macinato di vacue parole lanciate al vento della cultura al consumismo più sfrenato, anche degli affetti.
La gara è appena cominciata, intanto i primi sciacalli bipedi stanno già rovistando nella privacy della sorella Elena dilaniata dal dolore.
Giudice sarà l’auditel.
Mauro Giovanelli – Genova

CONTINUATE A PREGARE…

Strage degli innocenti a Gaza

E voi, “credenti”, “fedeli”, “religiosi”, continuate a pregare, e mentre lo fate, in ginocchio, con la fronte sul pavimento, attaccati al muro, in qualunque maniera vi è stato insegnato, pensate fortemente che in questi ultimi duemila anni e spiccioli sono accadute le peggiori atrocità: l’olocausto, la “Santa Inquisizione”, le “crociate”, Hiroshima e Nagasaki, deportazioni, torture, schiavismo, annientamento di etnie (quella dei nativi delle americhe la più devastante e veloce), due guerre mondiali, conflitti ovunque fra eserciti guidati da “grandi condottieri”, “eroi”, “conquistatori”, e scontri su campi di battaglia trasformati sempre più in cimiteri al milite ignoto e arcinoto…
Pregate pure, tanto poi, con le commemorazioni, c’è sempre qualcuno addetto a ripulire le coscienze dei vivi.
Mauro Giovanelli – Genova

VENTO IDIOTA (IDIOT WIND) SENZA PERDERE LA TENEREZZA

VENTO IDIOTA (IDIOT WIND)
SENZA PERDERE LA TENEREZZA

Il Pontefice ha lasciato Cuba esortando il popolo, i governanti, e la Nazione tutta alla “rivoluzione della tenerezza”. Bella persona papa Francesco, da religente quale sono, è la prima volta che provo emozione di fronte al capo della Chiesa Cattolica, e massimo rispetto: la borsa che si porta appresso un po’ logora, modesta, gonfia, la gestualità dell’uomo semplice, le scarpe nere “comode”, pianta larga e suola robusta, la papalina sempre in equilibrio precario che non sopporta. È una persona che “cade”, non teme di mostrare la sua vulnerabilità. Quando è incespicato mentre saliva la scaletta dell’aereo, mi ha strappato dalla mente la considerazione che in quell’istante non c’era alcun Simone di Cirene a raccogliere la croce, neppure una Veronica a detergergli con un panno di lino il volto sporco di sudore e sangue, che ha dentro di sé, nella sua solitudine. Lo vedo un uomo isolato nella battaglia che conduce per cercare di cambiare l’umanità. Si è alzato da solo, senza aiuto alcuno, con orgoglio, naturalezza e volontà incredibili. Soprattutto mi colpisce il suo sguardo sincero, aperto, con un’ombra di malinconia, sconforto, che ti dilania, penetra i tuoi dubbi, vorresti abbracciarlo, sento che ha necessità di aiuto, avverto che vive la sua fede con profonda convinzione, ma ho l’impressione che allo stesso tempo si renda conto quanto potrebbero essere vani l’impegno e la dedizione che profonde nella missione che gli è stata assegnata.
Il Vicario di Cristo si è poi recato negli USA presentandosi dinanzi al Congresso e successivamente al Palazzo dell’ONU, immagino portando alla Nazione più potente della Terra e a tutti i “governanti” lo stesso messaggio, il richiamo alla rivolta dell’amore.
Tenerezza! Deve essere una parola “magica”. Ha subito indirizzato il mio pensiero a una delle migliori e più complete biografie su Ernesto Che Guevara, giocatore di rugby, appassionato di scacchi, eccellente poeta, ottimo fotografo, medico competente specializzato in allergologia, appassionato lettore che passava con disinvoltura da Jack London, Jules Verne ed Emilio Salgari ai saggi di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung fino ai trattati filosofici di Bertrand Russell, sebbene l’esempio che lo attirasse di più fosse Mohandas Karamchand Gandhi conosciuto come il “Mahatma” ossia “Grande Anima”. Fu anche un provetto motociclista tanto che con la sua Norton, cui fu dato il soprannome di “La Poderosa II”, dopo la laurea viaggiò per tutto il Sudamerica, Bolivia, Ecuador, Panamá, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, El Salvador, Guatemala. A proposito della più importante guida spirituale dell’India, che teorizzava e praticava la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa fino a regalare l’indipendenza al suo Paese, Ernesto Guevara, dopo aver visto la povertà delle popolazioni che incontrava ed essere stato influenzato dalle letture sulle teorie marxiste, concluse che solo la rivoluzione avrebbe potuto risolvere le disuguaglianze sociali ed economiche dell’America Latina coltivando il sogno di vedere un giorno il Sudamerica come un’unica entità. Per arrivare a ciò riteneva quindi necessaria una strategia di ampio respiro che non poteva certamente identificarsi con la “non violenza”. Nell’itinerante momento della sua vita si fermò per prestare attività di volontariato presso il lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni. Quanti sono i legami che ci uniscono tutti! E lavoriamo solo per scioglierli. Basta una semplice parola, un gesto onorevole, per fare collegamenti impensabili, intessere una tela di bei gesti tutti mirati al bene comune, la fratellanza e la solidarietà… e l’amore. Almeno così capita a me. San Francesco! Che nel 1203/4, dopo la sua conversione maturata nel 1154 a seguito dell’esperienza della guerra fra Perugia guelfa e Assisi ghibellina, quest’ultima soccombente dopo la sconfitta nel 1202, e la conseguente prigionia, rimase sconvolto a tal punto da indurlo a un totale ripensamento della sua vita. Da lì iniziò un cammino di mutamento che col tempo lo portò “a vivere nella gioia di poter custodire Gesù Cristo nell’intimità del cuore”. Ciononostante pensò di partecipare alla Crociata, quindi provò a raggiungere a Lecce la corte di Gualtieri III di Brienne, per poi muovere con gli altri cavalieri alla volta di Gerusalemme. Partecipare come cavaliere a questa missione era a quel tempo considerato uno dei massimi onori per i cristiani d’Occidente. Tuttavia, giunto a Spoleto, si ammalò nuovamente ed ebbe un profondo ravvedimento. La malattia potrebbe essere stato un “segno” per far sì che non fossimo privati di questo santo? Il fatto è che Francesco rinunciò al proprio progetto e tornò ad Assisi. Da allora egli non fu più lo stesso uomo. Si ritirava molto spesso in luoghi solitari a pregare e in lui germogliò un crescente senso di compassione, che gli ispiravano i deboli, i lebbrosi, i reietti, gli ammalati, gli emarginati che si sarebbe trasformato poi in una vera e propria “febbre d’amore” verso il prossimo. In questo senso, e non solo, uno degli uomini più “illuminati” della nostra epoca, Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore e regista, un genio dell’erudizione mondiale, che mai è citato dai mass media o dalla TV ed è tenuto pure ai margini della cultura ufficiale, come non fosse esistito, diceva: “Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e in servi, non ci saranno né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui”.
Sta di fatto che Francesco, amante di ogni forma di umiltà, si trasferì dopo pochi mesi presso il lebbrosario di Gubbio, intitolato a “san Lazzaro di Betania”, restando con i lebbrosi e servendoli con estrema cura. Dunque il “Che” nel lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni, san Francesco 750 anni prima a prestare la stessa opera in Toscana, Pasolini a percorrere negli anni ‘60 le polverose periferie di Roma nell’estenuante ricerca di un perché alle ingiustizie di questo Mondo. Ciascuno spinto dalla necessità di tenerezza.
A volte penso che sia tutto inutile e sono assalito da una profonda afflizione. Mi domando se quanto è detto negli incontri fra Capi di stato, dai “politicanti”, sui quotidiani o nei dibattiti televisivi, nelle omelie pronunciate nei funerali dei morti ammazzati per i motivi più abietti, seguiti da applausi al passaggio dei feretri, insomma questa marea di bla, bla, bla in fondo non sia altro che parole al vento, un vento idiota, “Idiot wind” come cantava Bob Dylan negli anni ’70, che lasciano il tempo che trovano. L’ultima strofa di questa poesia/canzone dice “…vento idiota che soffia tra i bottoni dei nostri cappotti, che soffia tra le lettere che abbiamo scritto, vento idiota che soffia tra la polvere sui nostri scaffali, siamo degli idioti, bambino, è un miracolo persino che riusciamo a nutrirci da soli”.
Il resto lo conosciamo tutti, o quasi, ma il punto è rispondere alla domanda che di certo vi state ponendo, cioè per quale motivo mi sono infilato in questo discorso. Perché sono convinto che il Santo Padre conosca la vita e le opere del grande talento italiano che trovò la morte nella notte tra il 1mo e il 2 novembre 1975, ucciso in maniera brutale, percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, località del Comune di Roma, “crocifisso” da un balordo, uno dei tanti “ragazzi di vita” che voleva salvare. Credo che il Vicario di Cristo apprezzi anche il menestrello del Minnesota, il poeta del country e del rock, non è mica uno che porta calzature di vernice rossa griffate Prada. Neppure ho dubbi che il papa non abbia letto la biografia sul braccio destro e consigliere di Fidel Castro, redatta da “Paco Ignacio Taibo II” e che consiglio pure a voi di dare un’occhiata. L’autore scrive: “Ernesto Che Guevara continuerà a farmi visita nei sogni, rimproverandomi come mai non sono in qualche parte del Mondo a costruire una scuola”. Il titolo del libro? Dimenticavo: “Senza perdere la tenerezza”.
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L’articolo “VENTO IDIOTA (IDIOT WIND) – SENZA PERDERE LA TENEREZZA – Versione 2” è stato pubblicato il 5 luglio 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it e inviato a Papa Francesco il 1° ottobre 2015.
Di seguito la sua risposta:
Egr Signore
Sig. Mauro Giovanelli
via______________
16129 GENOVA GE

La Segreteria di Stato porge distinti ossequi e, nel comunicare che quanto è stato inviato al Sommo Pontefice è regolarmente pervenuto a destinazione, esprime a Suo nome riconoscenza per il premuroso pensiero e Ne partecipa il benedicente saluto.

Ho proposto questo pezzo per ringraziare Francesco della Sua attenzione. Allo stesso tempo mi pongo diverse domande ma, per non dilungarmi troppo, al momento desidero solo rendervene partecipi aggiungendo una riflessione: mi chiedo se in questo Paese il Pontefice non sia l’unica figura rassicurante. Sono certo di sì. I traumi che quotidianamente la politica ci impone diventano ogni volta più grevi. Altra considerazione, per quanto mi riguarda, è che nel quarantesimo anniversario della sua morte non credo ci sia miglior riconoscimento per il grande Pier Paolo Pasolini se non quello di essere entrato, pur nelle poche righe delle quali vi suggerisco la rilettura, all’interno della società occupando il posto che gli compete fra coloro che si sono spesi, e si prodigano tuttora, nella ricerca della tenerezza.
Mauro Giovanelli – Genova
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2001 ODISSEA NEL G8 DI GENOVA

Era il 20 luglio 2001, uno dei due registi di quei fatti sarà ritenuto meritevole del funerale di Stato, all’altro solo una casa a Montecarlo.
Come passa il tempo…


CARLO GIULIANI – 2001 ODISSEA NEL G8 DI GENOVA
di Mauro Giovanelli
Gli anni ‘60 sono stati favolosi, magici, le nuove generazioni devono credermi, un periodo unico, si sono verificate circostanze abbastanza difficili a ripetersi, un po’ come accadde per la corrente degli impressionisti, in Francia soprattutto, o la scuola dei pittori liguri primi ‘900, o l’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre in concomitanza con la massa e dimensione del nostro Pianeta e la sua distanza dal sole, un miracolo che consente la vita. Per chi li ha vissuti una consolazione in più del tempo che se ne va.
Abbiamo avuto la cinematografia dei Fellini, Risi, Monicelli, Visconti, Antonioni, Kubrick, Bergman e attori del calibro di Gassman, Tognazzi, Sordi, Manfredi, Mastroianni. La letteratura con Fenoglio, Pavese, Calvino, Pratolini e tanti, tanti altri, americani, francesi, tedeschi, russi e ancora italiani non menzionati ma secondi a nessuno. Ovunque nasceva cultura. E musica. “I Nomadi” sono stati il gruppo pop rock, fondato nel 1963 dal tastierista Beppe Carletti e dal cantante Augusto Daolio che, fra i “nostrani”, osservavo con maggiore attenzione e rispetto per la sonorità e il messaggio di denuncia e impegno sociale che sin dagli inizi trasmise. Il nicciano (nietzschiano) “Dio è morto” con richiami nel testo, secondo il mio personalissimo parere, alla poesia “Urlo” del grande Allen Ginsberg”, fu una meteora sonora che penetrò nelle menti dei giovani. I Beatles li ho visti a Genova il 26 giugno 1965. A loro preferivo i Rolling Stones, nella mia città il 9 aprile 1967, e Bob Dylan che vi si esibì il 4 luglio 1992. Quest’ultimo tornò in Liguria nel 2001, sempre a luglio, durante il famigerato G8 e, volendo ascoltarlo di nuovo dal vivo, la sera del venti andai a La Spezia dove spostarono il concerto per motivi di sicurezza.
Genova era stata occupata, circondata, sbarramenti e cancellate ovunque, polizia, presidi di carabinieri, vigilanti in borghese, brutti ceffi mai visti dall’inquietante aspetto di agenti del KGB, elicotteri che ronzavano continuamente sopra le nostre teste, insomma la città era stata posta sotto sequestro, in stato di assedio, stuprata. Pensare che la Superba aveva subito un simile smacco una volta sola nella storia recente, da parte dei nazisti, seconda guerra mondiale, e i genovesi gliela fecero pagare perché, in tutta franchezza, quando arrivarono gli alleati, i partigiani liguri avevano già badato a mettere in fuga i tedeschi, a fare pulizia, togliere la più grossa. Come fecero i Napoletani. Tornando al G8, in quell’estate d’inizio secolo aleggiava un clima mefitico, la gente era meditabonda, depressa, le donne si recavano a fare la spesa con passo lesto, testa china, gli uomini parlavano tra loro a voce bassa, l’atmosfera che si viveva, sebbene splendesse un sole furente, era di rabbia, disorientamento, le espressioni confuse e irritate dei cittadini impregnavano il panorama complessivo.
Fu mentre stavo assaporando “Like a rolling stone” al Picco, lo stadio della città del “golfo dei poeti”, che venni a sapere della morte di un giovane “facinoroso” nel quartiere Foce, dove abito. Provai una sensazione strana, di sbigottimento e rassegnazione, mi sentii anche un po’ a disagio per essere seduto sulle gradinate ad ascoltare un concerto, come singolare fu il mormorio che intorno a me si andava propagando al diffondersi della notizia. Avvertii che il mio stato d’animo era comune a tutti gli spettatori, il vociare andava aumentando, si formulavano ipotesi, congetture a voce bassa.
Qualcosa era già cambiato dagli anni ‘70, di piombo furono chiamati. Gli ‘80 scivolarono dritti verso la caduta del muro di Berlino portando un po’ di speranza ma trascinandosi dietro bagagli d’incertezze essendo guidati per la gran parte dal primo socialista Presidente del Consiglio della nostra Repubblica, Bettino Craxi, uomo dalle mille sfaccettature, amico intimo di un semplice imprenditore che gli subentrerà dopo la miserevole capitolazione e tempestiva fuga in Tunisia per sottrarsi al carcere. I ‘90 ci predisposero all’Unione Europea, con “Mani Pulite” che pareva potesse dare la sterzata a una crisi che si aggravava alla velocità della luce, sempre più in basso, moralmente, culturalmente e l’economia fuori controllo. Così l’uomo dalla sciarpa bianca démodé “scese in campo” con un dispiegamento di forze mai visto e l’intero Paese s’immobilizzò, sembrò impazzire consegnandosi nelle sue mani, un certo Berlusconi. Si arrivò al luglio 2001 e mentre il Capo del nostro Governo pensava a come si potesse eliminare l’indecorosa biancheria stesa nei carruggi della città e a far innalzare pannelli che riproducessero false facciate a quei palazzi storici che lui riteneva sconvenienti, proprio come fa con la sua finta persona, Piazza Alimonda fu il palcoscenico di una tragedia, il segnale che il fondo non si era ancora toccato, tutto sarebbe ancor più piombato nell’oscurantismo. Un giovane di ventitré anni avrebbe smesso di godere per l’alternarsi delle stagioni: Carlo Giuliani. La sua morte è legata allo scontro avvenuto tra gli “anti G8” (o per meglio dire la parte infiltrata ad arte, i “Black Bloc”, gruppo d’individui di stampo fascista dediti ad azioni di protesta violenta caratterizzata da atti vandalici, devastazioni, disordini) e le forze dell’ordine costituite da giovanissimi militari, con poca esperienza, guidati da “responsabili” la cui la gestione dei sistemi di sicurezza attorno al Vertice ha lasciato molti punti interrogativi. Le notizie della contestazione in atto convinsero Carlo a rinunciare alla gita al mare che aveva programmato quella mattina per dirigersi verso il corteo delle Tute Bianche. Nel pomeriggio, a seguito di una carica abortita, una Land Rover Defender con tre carabinieri a bordo rimase apparentemente bloccata contro un cassonetto per rifiuti e fu circondata da alcuni manifestanti. Tra questi, il volto coperto da un passamontagna, Carlo Giuliani che sollevò da terra un estintore vuoto precedentemente scagliato contro il mezzo da un altro giovane e a sua volta fece il gesto di lanciarlo verso il veicolo dei carabinieri uno dei quali, dopo aver estratto e puntato la pistola intimandogli di andarsene, sparò due colpi di cui uno raggiunse il ragazzo allo zigomo sinistro. Morirà nei minuti successivi mentre il fuoristrada, nel tentativo di sbloccarsi rapidamente, riprese la manovra passando due volte su quel corpo immobile steso a terra, una prima in retromarcia, la seconda allontanandosi. Erano le 17 e 27 del 20 luglio 2001, quindi venni a saperlo circa cinque ore dopo. Per coprire un fatto ignobile e scaricare le responsabilità, o per chissà quali altri disegni eversivi, la notte del giorno successivo ci fu lo scandalo dell’incursione della Polizia alla scuola Diaz, e nell’adiacente Istituto Pascoli, concessi dal comune di Genova al “Genoa Social Forum” come loro sede e dormitorio. Vi accaddero eventi contrari all’articolo 3 della Convenzione europea per la difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativi alla tortura, alle condizioni e punizioni degradanti e inumane cui furono sottoposte le vittime. Eh sì, indubbiamente la città fu presa quale teatro di prova per verificare la possibile “tenuta” di eventuali successivi programmi di governo.
Comunque tranquillo Carlo, stretto nel pullover tanto l’aria si era d’improvviso freddata, pensavo a un mucchio di cose, tra le quali il rientro immediato nella mia città, si stavano già alzando le note di “Idiot wind” e sicuramente l’inimitabile voce del grande Bob, in quell’istante, voleva giungere fino a te. Mi venne da riflettere quanto sia idiota il vento che a cicli alterni attraversa la mente dell’uomo, questo ha soffiato per alcuni giorni e continuerà ancora e ancora ma lassù tu e Daolio già intonavate “Noi non ci saremo”.
Mauro Giovanelli – Genova
© Copyright 2015 Mauro Giovanelli “Destra e… manca” (politica, satira, ricordi, e altro ancora…)

Quando la politica si fa seriale

Molti domandano se Renzi potrebbe andare in mezzo alla gente come fa il prof. Giuseppe Conte. Ma il rignanese è bugiardo certificato da se stesso, rispondo, e non ha dignità per decisione sua, se l’è data e se l’è messa sotto le scarpe autonomamente, ha mentito al mondo intero in forma solenne dagli scranni del Senato. Di che cosa stiamo parlando? I vari Travaglio, Padellaro e similia dovrebbero rifiutarsi di accettare confronti tv con costui, è il solo che può guadagnarci qualcosa nell’apparire. E poi c’è tutto il resto, anche i suoi accoliti sanno che è un opportunista seriale, perciò non ha amici, veri intendo, ha ingannato il popolo minuscolo a favore del Potere con l’iniziale maiuscola, in tutti i modi possibili, e con l’autoproduzione di uova e articoli ortofrutticoli che abbiamo, impensabile decida di circolare liberamente di città in città senza essere blindato, troppo rischioso, ci sarebbe un’impennata dei prezzi all’ingrosso di verdura e derivati avicoli.
Comunque io credo che perfino lui sappia d’essere politicamente finito, è che finge e mente pure a se stesso, sotto un certo aspetto si può capirlo, che altro potrebbe fare oltre quello che è?
@Mauro Giovanelli – Genova

MI BASTO

Ho sbagliato! Del resto correva la necessità, mia, di modificare le precedenti edizioni delle opere presentate nella “competizione”. Non credo ai concorsi, in particolare di questo tipo dove hanno peso l’aspetto “commerciale” ed il “supporta me che io supporto te” somigliante al “voto di scambio in parlamento”. Diffido pure dei componenti le giurie. Mi sovviene la lettera che nel 1959 il grande Pier Paolo Pasolini, finalista del premio “Strega” con “Una vita violenta”, indirizzò a Salvatore Quasimodo a seguito della quale il sommo regista (e non solo) venne a sapere che quasi tutti i “colleghi” chiesero esplicitamente benevolenza ai giurati. Quell’anno fu assegnato (postumo) a Giuseppe Tomasi di Lampedusa per “Il Gattopardo”. Pier Paolo si pentì amaramente del suo unico momento di debolezza. Resta la sua enorme “massa”. Dubito della competenza dei componenti qualsiasi giuria, oggi più che mai.
Non ho tempo di leggere le altrui opere poiché scrivo molto per il piacere mio pertanto ho pochissimo tempo da dedicare alla “community” e pubblico me medesimo per il semplice fatto che le case editrici non investono più: Obliterato il “rischio d’impresa” anche nella cultura.
Ringrazio di cuore LUANA BOTTACIN per le sue spontanee quanto gradite recensioni al mio “PULSIONALE – POESIA III millennio”. A lei un abbraccio affettuoso.
Non parteciperò più ad alcun concorso letterario e/o similari. Mi basto.
Grazie a chi ha prestato attenzione ai miei scritti.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Lettera di Pier Paolo Pasolini a Salvatore Quasimodo.

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Mondiali di calcio 2018 – Francia Campione

Mondiali di calcio 2018
Francia Campione

Due motociclisti che durante la parata di ieri si sono dati una craniata pazzesca davanti alla tribuna, gli aerei disallineati nel formare il tricolore francese… Qualora la nazionale non avesse vinto i mondiali… Povero Macron!
Viva la Francia! Viva i calciatori ultramilionari compresi gli ex migranti…

Mauro Giovanelli – Genova
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