SPAVENTAPASSERI

SPAVENTAPASSERI

Non saranno certo coloro che hanno fede,
essi dicono, a farmi desistere dal cercare
la risposta, individuare la meta stabilita
dalla notte dei Tempi. Pure dal mio osare
voler intendere il presupposto d’esser qui,
tra la prescelta folla dei contendenti.
Gli indagatori dell’Ulteriore vengono
definiti sciocchi e superbi dai drogati
di antiche e incongrue narrazioni,
nel convincimento di essere stati eletti
alla conoscenza, chissà da chi, cosa e perché.
A tal punto da imbalsamare loro la mente, il cuore,
l’anima, lo spirito. Inchiodandoli all’inerzia.

Dunque a te, donna amata, venerata
desiderata, dico solo… non lasciarti sedurre
da ingannevoli, primitivi miraggi, impedisci
che la notte ci avvolga, avvinghiamoci nella
nostra illuminata singolarità. Tu sei me.
La disattesa promessa di aver separato la luce
dal buio è illusoria, da sempre il grande
splendore è compagno di ciò che fatalmente
ci lasciamo alle spalle e rischiara il percorso
imboccato, tenendoci stretti per mano.
Non smorziamolo, impediamo alla vita
di ottenebrare il tempo che ci appartiene,
scambiamoci baci, abbracci, carezze. I corpi.

Impossibile sfidare l’enigma in solitudine. Già te lo dissi.
Amore! Siamo misura di riferimento dell’Universo?
Se le grandi masse celesti interagiscono fra loro
obbedendo a regole certe e le particelle elementari
non soggiacciono ai medesimi principi…
abitiamo noi fra queste due grandezze?
Potremmo quindi essere al centro del Tutto?
Ma procedendo nell’infinitesimale o nell’immenso
potremmo scoprire altre entità di mezzo?
La somma degli interi positivi fino all’incomputabile
genera un numero più piccolo di ciascuno di essi,
per di più negativo. Ciò potrebbe indicare stravolgimento
di ogni precetto? Un domani senza confini?

Voglio condurti nell’inesauribile, donarci eternità.
Immerso in questo pensare eccomi giunto nell’ospitale spiazzo
dove avverto gli aromi del nostro primo, sregolato prenderci.
Ora finissimi steli d’erba formano un morbido tappeto,
gli umori che un giorno remoto abbiamo disperso
in questo terreno gli hanno dato nutrimento. Ruoto su
me stesso e siedo sfinito ai piedi della quercia. Sguardo fisso
verso l’attraente soleggiata radura, gambe raccolte, avambracci
sulle ginocchia, mani abbandonate. Indicibile tristezza
non veder più lo spaventapasseri, nessun sfarfallio piumoso
di corvi che gracchiando si alzano in volo, la natura è ferma.
Nell’accendermi una sigaretta, smanioso di assurda malinconia,
gli occhi vanno oltre, al distante pendio che chiude il cerchio.
Indugio a lungo nel fissare i ruderi di quella discosta abbazia.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

La poesia “SPAVENTAPASSERI” è stata pubblicata il 31 maggio 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it

Immagine in evidenza ricavata dal web: Antonio Ligabue, nato Antonio Laccabue (Zurigo, 18 dicembre 1899 – Gualtieri, 27 maggio 1965), autoritratto

RIPRODUZIONE RISERVATA

PERCEZIONE

PERCEZIONE

Perché devo cercare le parole
quando le ho tutte dentro?
Si tratta solo di sputare
e metterle su questo fottuto
pezzo di carta.
Se provo angoscia,
se ho sbagliato,
se non ho avuto coraggio
di scegliere, ed ho fumato,
mille e più mille sigarette
pensando a un’altra di te,
adesso neppure più ti bramo,
il tempo è trascorso,
non siamo quelli di prima,
era buona la brezza intrisa
di pitosforo, ora castigo,
non più aroma di libertà
svanita nei dirupi di qualcosa
che diventa nera e profonda,
o accogliente utero materno,
dipende… ascoltami donna,
la mia passione si è pure
prosciugata, l’anima
è gonfia, ipertrofica,
penombra accogliente
nella vuota stanza
dipinta dei nostri colori
quando tu, come sorgente,
riversasti su me i tuoi odori,
umori, sudori di follia, saliva…
Il primo giorno necessità
di amare, subito, drogarmi,
combattere, sognare,
ribellarmi, penetrarti a lungo,
riempirmi di te, venire in te,
accarezzare, farti provare
quel desiderio che ora
mi prosciuga, logora questo
ingombro che ci portiamo
appresso, immateriale.
Cos’è se non spirito?
Intacca e rende
la mia persona fragile,
incontrollabile.
Fuggire, perdere l’orientamento,
trovarmi in un luogo
lontano, deserto,
dove sibila il vento tra i sassi,
scompiglia la nera chioma
fluente, la camicia… gonfia
la camicia, i pantaloni
sventolano frenetici
come vecchi stendardi,
uno di fronte all’altra,
immobili, ci guardiamo
sapendo di essere eternità.
Ascolta bene, attenta
a quanto ho da dirti,
neppure cerchi di toglierti
i capelli dagli occhi,
trattenere con garbo
la gonna che disegna
un fianco e si allunga
dall’altro sbandierando,
indica la direzione,
sei incantata dei tesori
a lungo trattenuti,
indicibili se non a…
Ma dove sei ora?
Mi hai sfiorato mentre
camminavo, testa china,
distratto, fulminato?
Avresti dovuto osare.
Il tempo sconfitto
mentre mi inginocchio,
appoggio la testa
al tuo ventre,
avverto l’odore di femmina
attraverso il tessuto,
il tuo che era suo,
incomparabile, annuso,
fiuto, aspiro il sapore
delle carni celate,
le mie braccia stringono
sempre più i tuoi fianchi
i glutei, mi aggrappo
alla vita avido di
fermarmi così per sempre.
Forse è morte che cerco,
amica fedele,
pronta ad accogliermi,
lei non finge, è orgasmo,
l’ultimo, prolungato fino
a risucchiarti, non finisce mai
là dove c’è la risposta.
Ti voglio bene morte mia.
Ho lasciato l’auto in mezzo
alla strada e mi sono
messo a correre, per giungere
qui, vederti, spogliarti,
e i seni, i seni, i seni
come piacciono a me,
l’ho sempre detto,
i capezzoli perfetti,
le orecchie precise,
i piedi, le ginocchia…
Ancora tu?
Attenta, arriva qualcuno
in divisa, sembra nazista,
pieno di cinghie, manette,
stemmi, catene, borchie
regolamentari, omologate,
decorazioni che brillano
sul nero vestito, è un coacervo
di preti, fascisti, indifferenti,
egoisti, fanatici…
Stai pronta,
questa è una morte diversa,
patita da un grande poeta
il mio vate, unico,
incommensurabile Pasolini,
aveva indicato la via, la verità,
la vita…
Dalle pagine
del Necronomicon,
libro mai scritto,
vengono vomitate parole,
le ho intercettate,
tutto ho letto,
per il piacere tuo.
Non mi conosce
la bieca figura che avanza
ma ci guarda.
Stai ascoltando questa chitarra?
Dio come suona, mi trapassa,
fa vibrare ogni cellula,
i neuroni saltano, che gioia
sta donando, riesce a farmi
credere, non so bene,
mi fa vedere il firmamento.
Ecco! Il turpe figuro
è scomparso,
l’Universo si flette,
cominciano a formarsi
crepe, passaggi, l’oltre
è ancora più in là,
vieni amore ritrovato
sono in alto, lasciati andare,
segui me, dimentica,
svuota la mente, riempila
di questa vibrazione,
noi siamo nulla separati,
uniti abbiamo tutto.
Osserva quei pietroni
giganteschi, sono il vecchio
tempio di una civiltà nostra,
antichissima, guarda
la precisione, uno sopra l’altro,
l’altro di fianco all’uno,
nella separazione fra due
non riusciresti ad infilare
un’unghia, attaccati come noi
dobbiamo essere.
Qui fra queste strettoie…
Senti? Sono loro, gli abitanti!
Andarono via prima di
diventare umani, dicono
che possiamo restare
ancora un poco,
quel tanto per capire,
sanno tutto delle
tavole di cui è composto
il Delomelanicon
ma ne hanno scompigliato
gli enigmi, vedi le scritte
in egiziano e greco che
volteggiano nell’aria
trascinate dalle ali del condor?
Svanito il deserto?
Siamo nei ghat dove si termina
in armonia con il cosmo
in un prolungato amplesso?
Dobbiamo trovare la porta,
quella giusta, passare
per il lago salato, le cascate
che conducono al nulla…
lì tutto è possibile…
Tutto! Comprendi ora
cosa voglio darti?
Vedo che hai aperto
le gambe, come sempre
con me, mai devi chiuderle,
non posso aspettare,
devo prendere ciò che è mio
all’istante, troppo prezioso
berti, mangiarti, bearmi,
entrare in una delle nove porte,
la tua, quella che conduce
al paradiso che nessuno
comprende cosa sia
ma tu ora lo sai, ridi,
stai godendo,
la tua espressione cambia,
dovresti vederti
quando provi immenso piacere,
sei l’altra parte di te
che conosco io solo.
I tuoi occhi diventano languidi
stanno guardando ciò
che sempre vagheggio,
formano profondità
come la mia irrequietezza.
Beviamo adesso,
prendi la fiaschetta,
è lì, sul dorso del mulo
che ci osserva,
sereno…

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagini in evidenza ricavata dal web: Opere dell’Artista TEOREMA FORNASARI – Fotomontaggio effettuato dall’Autore

RIPRODUZIONE RISERVATA 

A UN PASSO DALLA VERITÀ (Estratto da IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI di Mauro Giovanelli)

A UN PASSO DALLA VERITÀ (Estratto da IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI di Mauro Giovanelli)

[…]
– Ascoltami. Mentre tu parlavi con quell’essere, quello alto, grosso, glabro dalla testa ai piedi, volgare, ho visto in sogno la Dea Namagiri, mi ha preso per mano conducendomi in un luogo meraviglioso, insieme abbiamo percorso i setti di una gigantesca ammonite fossile, pareva di puro cristallo, sarà stata alta come una montagna, e siamo scesi girando attorno al suo asse di evoluzione, non saprei dirti per quanto, perché il tempo non esisteva, ne sono certo, sembrava un percorso di purificazione. Siamo giunti in una valle stretta per tre lati da monti coperti di alberi a me sconosciuti, fogliami carnosi, verdeggianti, con riflessi d’oro, che infondevano una pace infinita, e là in fondo un mare blu, fulgido, piatto ma con leggerissime increspature argento e delicate onde che carezzavano appena la rena di sabbia finissima, quasi impalpabile, bianca al punto da alterare la vista. Su tutto un cielo pulito, acceso, immenso. Ogni cosa era luce ma non di questo mondo. All’ultimo opercolo l’uscita, una lieve frescura accarezzò il mio viso. Mi fermai un attimo, strabiliato dal senso di appagamento che pervadeva il mio essere poi Namagiri, con gesto elegante della mano, indicò un punto lontano della spiaggia, delimitato a monte da un costone di rocce basaltiche. Mi incamminai sicuro come mai lo sono stato nella mia vita e in lontananza notai oggetti in movimento. Solo quando giunsi più vicino fui in grado di constatare trattarsi di alcuni fogli che, mossi da una leggera brezza, si libravano nell’aria in mulinelli simmetrici, a forma di doppia elica, per ricadere, ondeggiando, fino a posarsi dolcemente sulla riva. Quello che più mi colpì fu l’ordine prestabilito, il fine cui il fluttuare di quelle pagine pareva fosse destinato, come tasselli di un mosaico divino, obbedivano a un preciso ordine oppure sviluppavano un programma concepito oltre. Questo moto non cessava mai e solo la disposizione a terra di ciascun foglio mutava sempre, il loro insieme formava grafemi ogni volta diversi, dapprima ermetici, successivamente più comprensibili, poi si involavano, scendevano a ricollocarsi, di nuovo in alto, e ancora sulla sabbia in un moto perpetuo. Mi resi conto che il loro disporsi formava ogni volta caratteri diversi di varie scritture che in ultimo lasciavano traccia di frasi compiute, in greco antico o aramaico, perfino arabo, anche copto, o egiziano, demotico, ieratico, pure geroglifico da alcune figure che ne scaturivano, di sicuro comunicavano all’umanità in tutte le lingue. Pareva una cosa viva, un segnale. Dopo un po’ che avanzavo incantato verso la “creatura” mi accorsi di essere rimasto solo, Namagiri era svanita. Provai una sensazione mista a disagio, freddo e ansietà, quella che sicuramente avverte il neonato appena venuto alla luce. Quando arrivai tanto vicino da distinguere i caratteri impressi su quelle pergamene, notai alla mia sinistra, dietro un cespuglio di fiori che parevano girasoli, due uomini, uno seduto a lato di una duna sormontata da un ciuffo d’erba, appoggiato al tronco dell’unica palma, tanto inclinata da sfiorare il suolo, era assorto nell’osservare i gabbiani che lontani volavano bassi ad accarezzare il mare, l’altro adagiato sulla rena poco distante con le mani unite a cingere le gambe, il mento poggiato sulle ginocchia. Entrambi parlavano tra loro a bassa voce, sussurravano, senza guardarsi, fissando l’orizzonte, e chissà cos’altro, parevano soddisfatti, appagati, in pace.
– Descrivimi quei due uomini, presto!
Egli non aveva mai usato un tono così perentorio, di comando, tanto più verso l’unico amico che abbia mai avuto ma l’indiano cerca di non farsi condizionare, nega all’altro ogni possibilità di distrarlo da quanto deve riferire.
– Lasciami terminare, è importante ciò che voglio dire, e il tempo sta per scadere.
– Dimmi solo che aspetto avevano, per favore. Cerca di descriverli.
– Uno molto elegante, quello accanto alla palma, aveva un orecchino al lobo sinistro, lunghe basette. Dal berretto da capitano portato con noncuranza sulle ventitré direi che avrebbe potuto essere un comandante di marina, giaccone blu doppiopetto, bottoni dorati, pantaloni bianchi abbondanti, larghi in fondo, cravattino nero, aveva…
– L’altro?
– …teneva tra le labbra un sigaro sottile. L’altro non saprei, piuttosto anonimo, camicia bianca, pantaloni neri, occhi da esaltato ma quieti. Che importanza ha? Hai detto qualcosa…
– Niente! Parlavo a me stesso. Cosa accadde dopo?
– Quando si accorsero della mia presenza uno di loro, il marinaio, andò a raccogliere le pagine, interrompendo il loro ciclo terra aria, le legò insieme con un elastico dopo averle impilate con cura come fossero numerate. Al momento che gli fui di fronte me le diede con delicatezza per consentirmi di osservarle, come se mi stesse aspettando. Disse che in realtà il vero leggìo ha infinite posizioni, come le incomprensioni tra gli uomini, il terzo decimale del quoziente di meno un dodicesimo, che è proprio tre periodico…
– Il tuo teorema! Che ne poteva sapere lui?
– Sapeva, sapeva… tutto. Aveva un sorriso rassicurante. Aggiunse che si sono fermati a nove per concentrare il potere, impedire che si raggiungesse l’apice. Contai quei fogli come si fa con un mazzo di carte, erano 14, in pergamena di capretto, sgualciti dal tempo, scritti fittamente in una lingua sconosciuta, macchiati, e ciascuno di essi riportava disegni, anzi direi simboli, anagrammi, esattamente al centro di ogni facciata, di sicuro non appartenenti alla nostra realtà. Capii subito che erano le pagine mancanti del manoscritto di cui ti ho parlato.
– E cosa c’entra tutto questo con la storiella che mi devi raccontare?
– C’entra, c’entra… la soluzione non è nel contenuto e nelle figure riportati su quei codici, almeno non solo, ma il loro disporsi indica la strada, i segnali che quelle pagine hanno la capacità di concertare, ogni sosta della danza che eseguono è un messaggio e l’insieme una frase comprensibile a chiunque. Credimi, sono astronavi del pensiero unico, programmate per penetrare i nostri dubbi.
– Soluzione di che? Quali segnali?
– È molto più semplice di quanto tu possa immaginare, lasciami finire ti prego, poi capirai se, come penso, fai parte degli illuminati.
– Continua! Che accadde dopo? Perché sei tornato?
– Perché sono tornato? Per te… quel marinaio mi tolse di mano i fogli, garbatamente ma con decisione, dicendomi che preferiva conservarli lui, aggiunse che a loro avevano già parlato, in tutte le lingue, idiomi, dialetti, insomma in ogni forma di comunicazione tra umani, e forse chissà in quali altri gerghi, anche non di questo Mondo, tutto era chiaro, il Mistero svelato, e quando il suo amico ci raggiunse mi riferì ciò che sto per dirti. Poi tutto si dissolse ed eccomi qua.
– La storia?
All’indiano si illuminano gli occhi, è estasiato. Possibile che la soluzione fosse così a portata di mano? Semplice, definitiva, dimostrata, incontestabile. Guarda il cielo e pregusta la gioia di poter soddisfare ogni incubo dell’amico, offrire pure a lui l’armonia con il Creato. È un suo lieve scossone che lo riporta al punto.
– La storia?
– Tu sei uno dei pochi che potrà comprenderne appieno il significato intimo, elementare e proprio per questo celato nei dirupi dell’illimitata presunzione dell’uomo.
– La storia!
– È una parabola. Tu ne sai tante vero? Direi tutte, so anche questo.
L’amico scuote leggermente la testa e risponde con sicurezza.
– Sì! Certo!
– Eh già! Ah… lo sapevo, sicuro.
Era la prima volta che l’indiano sorrideva, forse l’unica in tutta la sua vita.
– Questa non la conosci o almeno non l’hai soppesata, peggio ancora mai presa in considerazione, insomma ti è sfuggita.
– Che hai? Cosa stai guardando? La tua espressione è strana.
– C’era una volta…
[…]

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web: INTERNET EXPLORER Saved Images ammonite, 1989

RIPRODUZIONE RISERVATA SE NON PER CONDIVISIONE INTEGRALE SU FACEBOOK

IL LEGGÌO A NOVE POSIZIONI di Mauro Giovanelli
(Lo sguardo del topo)

7a edizione – pagg. 180
codice ISBN: 9788892306882

si può acquistare:

• Solo in tutte le librerie Feltrinelli (su ordinazione)
• On-line sul sito: www.ilmiolibro.it
• On-line sul sito: www.lafeltrinelli.it

Presentazione

Yuzaf non è asceso al cielo come ci viene raccontato. In cerca di una risposta impossibile, almeno quanto lo sarebbe stato il dubbio che lo avrebbe colto durante il supplizio, lamentando l’abbandono del Padre, ha invece continuato a vagare tra le dimensioni del reale e del fantastico. Questa la sua missione, la croce alla quale sembra condannato dalla stessa natura di cui è composto, che gli fa incontrare altri “inverosimili” come lui: Corto, Srinivasa, Ramòn, Judex, dando vita a una ratatouille filosofica in salsa spirituale, insaporita con un melting pot delle migliori spezie antropologiche, raccolte dall’Autore ai crocevia della vicenda umana, nella sua mente, lungo le sconfinate praterie dell’investigazione fantastica…
Bene e Male, Divino e Umano, sono le invisibili sbarre della gabbia di Mānī che imprigionano il pensiero di Yuzaf nella speculazione dell’Oltre, lo costringono a surreali dialoghi con personaggi della storia e della fantasia che cucineranno a fuoco lento le convinzioni del lettore fino a dissolverle con la sola spiegazione alla nostra portata. Le molecole letterarie dell’opera sembrano formate da atomi privi di legami, gli elettroni saltano dall’orbita di un nucleo all’altro, collidono, rilasciano quanti di energia che riempono di tracce luminose l’etere della narrazione: preziose indicazioni che, per il lettore attento e motivato dalla ricerca terrena e spirituale, rappresentano la segnaletica del sentiero che conduce a concepire l’inspiegabile.
La ricostruzione storica e filosofica della religione sotto l’aspetto di “urgenza esistenziale” è accurata, onesta, priva d’intenzionalità alcuna di negare o affermarne l’esattezza, lasciandoci liberi di manovrare il leggìo a nostro piacimento per interpretare i manoscritti che su esso via via si alternano e incrociare lo sguardo del topo al fine di rispondere come possiamo a una domanda priva di senso: “qual è la verità?”
Alessandro Arvigo scrittore – Palermo

DA ORIENTE AD OCCIDENTE

DA ORIENTE AD OCCIDENTE

Ciao Noemi,
così preferisco iniziare questa mia, con un saluto breve, secco, confidenziale ma pregno di ogni ricordo, sensazione, direi delirio che porto dentro me, dono inaspettato che hai voluto consegnarmi, l’ultimo fiore raccolto in occidente. Il tempo scompone pure le parole ma non può intaccare ciò che è bello, esso resta immortale, volerà sempre alto, al di sopra di tutto e tutti. Sono rimasto stupefatto della tua lettera, e le foto che hanno fissato l’immagine tua. L’impegno che senza dubbio hai profuso nel cercare dove ho scelto di vivere dimostra che i due giorni trascorsi insieme, causa una forte, immediata quanto improbabile e reciproca attrazione percepita dai nostri sguardi, abbia lasciato profondi segni nel tuo animo. Poche parole quella magica mattina per farti accettare il mio invito a pranzo. Ti osservavo mentre con la disinvoltura di una fanciulla gustavi i piatti che prediligi, grigliata di scampi e gamberi che le tue mani delicate afferravano con dolcezza. Accompagnavano questo rito le tue parole, i racconti di te scivolavano nella tiepida aria di fine maggio andandosi ad incrociare con le luci ed ombre del protettivo pergolato, filtro del sole e delle nuvole passeggere che riflettevano la nostra ansia d’amore. In riva al mare, madre e non padre di ogni cosa, sembravi parte integrante del tutto, l’orizzonte pareva perfino raggiungibile, tu sirena tentatrice di ogni piacevolezza mi facevi sentire Odisseo, talmente incantato dai tuoi sorrisi, il corpo, la pelle liscia come buccia di pesca, le movenze, un’armonia da infondere la forza di liberarsi dai cordami per mezzo dei quali, legato all’albero maestro, avrebbe voluto sottrarsi ad ogni tentazione. Nel momento in cui ti presi per mano eri bagnata, appena uscita dalla spuma che tortura la battigia all’infinito, il contatto trasmetteva il linguaggio della carne e nel dirigerci in quell’ansa delimitata da intimi, calcarei scogli ti abbracciai e fu un tutt’uno avvinghiarci, stringerci al punto che l’energia sprigionata fermò il sole già basso sull’orizzonte. Stesi sotto un cielo rosso fuoco, osservarti incantato, accarezzarti lentamente, soffermarmi sul tuo viso, gli occhi languidi che esprimevano desiderio, il nostro respirare a denunciare impazienza, le tue cosce tornite, il ventre che custodisce il mistero, baciarti ovunque mentre le tue mani frementi si afferrano ai miei capelli, scendono lungo la schiena e lì le unghie lasciano segni del tuo volerti concedere, subito, senza pausa. Scoprire i tuoi seni, sfilarti le mutandine è stata… la luce azzurra dello scoppio finale, segno che i fuochi d’artificio sono terminati, l’avvolgente oscurità della notte assiste, nel silenzio interrotto solo dalla risacca e dalle parole dette, al trionfo del nostro amore. Il giorno dopo una nostalgia incommensurabile ci ha visti ancora insieme ma i colori erano diversi, i volti delle persone, i rumori della città ci parevano ostili e nel momento in cui ci siamo salutati qualcosa è sbocciato nei nostri cuori… per sempre.
Ti voglio bene, ogni volta che da questo ghat osservo il disco rosso dell’astro crescere dalla folta boscaglia della sponda est il mio pensare è tuo.
Con grande amore.
Mauro
Varanasi (वाराणसी – Benares) – India, 25 maggio 2016

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web – Varanasi, volto di fanciulla

RIPRODUZIONE RISERVATA

SENZA SE E SENZA MA

SENZA SE E SENZA MA

Il regista ken Loach, vincitore della palma d’oro a Cannes, ha dedicato tutta la sua opera cinematografica alla descrizione delle condizioni di vita dei ceti meno abbienti. Egli afferma:

Il capitalismo ci sta portando alla catastrofe, un altro mondo è possibile e necessario

Dunque… io ne sono convinto, lo ero di mio intendiamoci, dai tempi in cui tale “sistema” veniva considerato come l’unico possibile per disciplinare la vita in società cosi come il comunismo il male assoluto (con il contributo determinante di un certo Stalin).
Se pure voi avete capito quanto non sia concepibile consegnare il futuro dell’umanità, soprattutto quello di figli e nipoti, nelle mani di 130 persone, il gruppo Bilderberg, sapendo che i cervelli dei componenti (siete pregati di verificarne le generalità) coordinano pure le estremità superiori… Se riuscite a comprendere che a medio e lungo termine sarà azzerata, e varrà per tutti, ogni prospettiva qualora si perseveri nel distribuire al 2 per cento della popolazione adulta oltre la metà di tutta la ricchezza e risorse del Pianeta mentre la parte residua viene suddivisa fra il restante 98 per cento… (*) penso si renda necessario da subito agire di conseguenza, già nel nostro Paese, studiando ed attuando in tempi brevi un nuovo metodo di convivenza civile possibile, sostenibile e imprescindibile.
Evitando però di muoverci “all’italiana”, perdendoci cioè in un coacervo di chiacchiere, bla bla, se e ma, però, forse, ipotesi, contradditori, confronti, discussioni, tavole rotonde, chi, come, quando, ecc. ma “rottamando” l’esistente che sta portandoci in un tunnel senza vie d’uscita. Dopo saremo costretti, con il nostro ingegno e fantasia ritrovati, a ridare vita ad un organismo oggi in avanzato stato di decomposizione. Senza “se e senza ma” come usano dire i nostri governanti.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

(*) “LE SCIENZE – Edizione italiana di “Scientific American” maggio 2016

Immagine in evidenza ricavata dal web: Paolo Pellegrin, Mediterraneo, Desperate, 2015.

RIPRODUZIONE RISERVATA

IN FONDO NON CHIEDO MOLTO… (Italiano, English language, Español)

IN FONDO NON CHIEDO MOLTO…
(Italiano, English language, Español)

Sono malato! Inguaribile. Non ho rimpianti, rifarei tutto, posso dire che la vita mi abbia dato molto, ciò che volevo almeno ma… soffro di nostalgia, rimorsi, mancanza… al punto da potermi considerare infermo mentale, gravissimo, ultimo stadio. Ciò che peggiora la mia condizione è la consapevolezza di non chiedere poi molto. Desidero solo riavere a disposizione il segmento di tempo che mi era stato concesso, nella stessa, identica quantità originaria, né più né meno. Il peggiore dei vizi? Avarizia.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Athenae Noctua, La vita segreta dei libri, Jonathan Wolstenholme

RIPRODUZIONE RISERVATA 

English language:

BASICALLY I DON’T ASK FOR MUCH…

I am sick! Incurable. I have no regrets, i would do it all over, i can say that life has given me a lot, what i really wanted at least but… i suffer from homesickness, remorse, lack… to the point that i can consider mental ill, very serious, final stage. What aggravates my condition is awareness not to ask too much. I just want to get the time segment that i had been granted, in the same, identical original amount, no more, no less. The worst vices? Avarice.
Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Picture Show: Athenae Noctua, the secret life of books, Jonathan Wolstenholme

ALL RIGHTS RESERVED 

En Español

BÁSICAMENTE NO PIDO MUCHO…

¡Estoy enfermo! Incurables. No me arrepiento, lo haría todo, puedo decir que la vida me ha dado mucho, lo que realmente quería… pero por lo menos sufro de nostalgia, remordimiento, falta… hasta el punto que puedo considerar mental enferma, muy grave y final etapa. Lo que agrava mi condición es la conciencia no hacer demasiado. Solo quiero obtener el segmento de tiempo que me había sido concedida, en el mismo, idéntico importe inicial, no más, no menos. ¿Los peores vicios? Avaricia.
Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Demostración del cuadro: Athenae Noctua, la vida secreta de los libros, Jonathan Wolstenholme

Todos los derechos reservados 

GRAZIE DARIO ROSSI SPERANZA (in italiano, english, spanish)

GRAZIE DARIO ROSSI SPERANZA
(in italiano, inglese e spagnolo – in italian, english and spanish – en italiano, inglés y español)

DARIO ROSSI SPERANZA, amico da sempre, che mi ha dato il coraggio di salutarlo con disinvoltura proferendo le parole più difficili da dire, “ti voglio bene”, tanto più ad un uomo considerando la mia indiscussa virilità e attrazione verso tutto ciò che ha consistenza femminea.
Le parole che seguono, puntualmente riportate così come mi sono pervenute dopo neanche un mese di conoscenza, tra l’altro “virtuale”, desidero condividerle con tutti voi poiché nel leggerle ho provato la sensazione di guardarmi in uno specchio molto particolare, difficilmente reperibile in quanto possiede la peculiarità di riflettere l’immagine senza invertirne gli opposti, la sinistra rimane tale e viceversa. Quindi ritratto perfetto che Dario ha voluto regalarmi. Lascio pure l’appellativo “Prof.” d’esordio, di cui ho titolo sebbene abbia sempre prediletto essere “Mauro”, quale sono e fui. In futuro mi permetterò con orgoglio di inserire questo “profilo” nei miei modesti lavori letterari unitamente alla “biografia” riportata in calce che da sempre li accompagnano.

PROFILO DI MAURO GIOVANELLI di Dario Rossi Speranza

PROF. sei proprio una cara persona, ricca di risorse e di sorprese, come non volerti bene! Il tuo magma intellettuale si auto produce senza pause in gran profusione e così accade che la tua copiosa messe venga giù come un fiume carsico che filtra in ogni dove e che non conosce ostacoli. In questo tuo precipuo tratto ti vedo, se me lo concedi, molto somigliante nell’impeto nel volume nel massivo impatto e nella “follia” al geniale padre di Zarathustra, novello Nietzsche postmoderno, anche alquanto nichilista ed esistenziale, con il quale condividi la gran Virtù di scrivere argomentare e produrre Senso anche “senza pensare” come confessava alla sua rigorosa Coscienza il gran pensatore di Röcken. Ma non sarò di certo io a censurarti nella tua iperattività caro amico mio, perché noi siamo involontari complici nell’aggressione totale ai Saperi ed alla Conoscenza! Siamo troppo simili per non sostenerci a vicenda sino all’ultima strenua parola immagine o pensiero! Anche se il Filosofo asseriva che NESSUNO E’ PERFEZIONE, noi tendiamo sovente a quella, la lambiamo pericolosamente e siamo costantemente molestati dal suo pensiero. Ma non per nutrire scioccamente i nostri rispettivi Ego, giammai potremmo essere vanagloriosi o peggio narcisi, ma solo per rendere più fruibile ed allettante la nostra produzione e per sopravvivere a noi stessi provando a vincere la Caducità dell’Essere, del Vivere e delle Cose tutte attraverso la Ricerca senza tregua della Bellezza, della Verità e della Conoscenza Universale, che da Forma incolore senza consistenza quale oggi noi siamo si traduca in Essenza primigenia di ogni inizio, a dispetto di quel Dio troppo assente nella drammatica Vicenda Umana…
DARIO ROSSI SPERANZA
DUE RIGHE O POCO PIÙ SU ME MEDESIMO

Ciò che ho sempre scritto e tutt’ora compongo, di qualsiasi genere, derivazione e argomento, potrebbe definirsi un insieme di riflessioni, tesi, componimenti, favole, articoli, romanzi “ad libitum”. Comunque la necessità di elaborare manoscritti scaturisce da una esigenza che risale all’infanzia e mi risulta difficile spiegarne la ragione. Però tre cause ritengo di individuarle, quanto basta immagino: Esigenza di esprimere ciò che penso, amore per la letteratura e memoria eccellente solo per ciò che trovo interessante. Lo strumento sono i grandi autori, miei fedeli amici che da sempre mi accompagnano ovunque. Il merito è di sicuro l’educazione ricevuta da mamma, papà e la sorella maggiore. Quindi da “Pinocchio”, “Un capitano di quindici anni” o “Il corsaro nero” piuttosto che “Il barone di Munchausen” e “Il tesoro della Sierra Madre” sono precocemente saltato, usando i punti di appoggio dei Cronin, Vicki Baum e l’indimenticabile “Il villaggio sepolto nell’oblio” di Theodor Kròger, ai Melville, Cervantes, “La saga dei Forsyte” poi ancora “L’amante di lady Chatterley” e tanti altri della famosa superba collana Omnibus Mondadori. Quanto ero attratto dalle illustrazioni delle copertine! Approdare poi, in breve tempo, ai Calvino, Cassola, Moravia, Pratolini, Fenoglio, Pavese e… Pasolini… seguire le tracce di Hemingway e Caldwell per passare ai “maledetti americani” del calibro dei Ginsberg, Burroughs e Kerouac è stato facile perché inevitabile. I dissociati da questi ultimi, o “seconda generazione”, quelli del tipo Bukovski, Henry Miller, John Fante tanto per intenderci, hanno avuto un particolare irresistibile fascino, la mia personalità ne è stata influenzata non poco. Sbarcare sui classici russi, i francesi Camus, Malraux e Sartre, i tedeschi tipo Gunter Grass, il portoghese Fernando Pessoa, i latino-americani della statura di Márquez, Borges, gli ebrei americani alla Philip Roth, i Cormac McCarthy, e… continuo? È stato utile per sfociare infine nella filosofia alla ricerca di risposte impossibili. Per quelli della mia generazione Marcuse è stata una tappa obbligata. Se aggiungo che il 27 febbraio 1945 sono nato a Genova dove risiedo, sposato, due figlie, due splendide nipotine. Che nel mio percorso mi sono stati affidati diversi lavori “importanti” che ho ottimamente concluso con afflizione mentale (a me parevano inutili) e nel frattempo scrivevo, leggevo… Mi sono stati assegnati incarichi e mansioni di responsabilità che non avrei voluto avere, ho viaggiato molto e, a parte una certa predisposizione per “L’apparato umano” femminile (ho adottato il titolo dell’unico libro edito da Jep Gambardella ne “La grande Bellezza”) che non è il caso di approfondire… intanto leggevo, scrivevo, scrivo… Ecco completata la mia biografia.
M. G.
▬▬▬
THANK YOU TO DARIO ROSSI SPERANZA

DARIO ROSSI SPERANZA friend always, that gave me the courage to say hi with ease mouthing the words harder to say, “I want to well”, the more a man considering my unquestioned virility and attraction towards anything that has feminine texture.
The following words, invariably described as i received after a month of knowledge, including “virtual”, i would like to share them with you all because in reading them i tried the feeling of looking in a mirror, very special, difficult to find because it has the peculiarity to reflect the image without reversing the opposites, the left remains so and vice versa. So perfect portrait that Dario wanted to give me. I leave as well as “Prof.” debut, i always favoured title although he be “Mauro”, which it was. In the future i’m proudly to enter this “profile” in my modest literary works together with “biography” appearing at that always accompany them.

PROFILE FOR MAURO GIOVANELLI by Dario Rossi Speranza

PROF. you are such a dear person, rich in resources and surprises, how not to love! Your intellectual magma auto manufactures no pauses in great profusion and so it happens that your abundant harvest is down like a Karst River which filters every where and that knows no barriers. In this your principal stretch i see you, i grant, very similar in the heat in massive volume impact and “madness” to the genius father of Zarathustra, Nietzsche also somewhat nihilistic and existential, postmodern novel, with whom share great Virtues of writing to argue and produce sense “without thinking” as confessed to her strict Conscience the great thinker of Röcken. But i won’t be the one to censurarti in your overactive dear friend my involuntary accomplices in aggression, because we’re total knowledge and knowledge! We are too similar not to support each other to the last strong word picture or thought! Although the philosopher asserted that nobody is perfect, we tend often to that, we lap dangerously and we are constantly harassed by his thought. But not to feed foolishly our respective Ego, never boastful or worse might be daffodils, but just to make it more usable and attractive our production and to survive ourselves trying to win the transience of being, of living and of things all through research without respite of beauty, truth and universal knowledge, which Form colorless without consistency which we will translate into primeval Essence every beginning in spite of that God too absent in the dramatic human history…
DARIO ROSSI SPERANZA

TWO LINES OR SO FOR MYSELF

What i have always written and still compose, of any kind, and topic, could be called a set of reflections, thesis, essays, stories, articles, novels “ad libitum”. However, the need to develop manuscripts arises from a need that goes back to childhood and i find it hard to explain the reason. However three causes i locate them, enough i guess: the need to express what I think, love of literature and excellent memory only for what i find interesting. The tool are great authors, my loyal friends that always accompany me everywhere. The credit is for sure the education received from mom, dad and older sister. Then from “Pinocchio”, “A captain of fifteen” or “Il corsaro nero” rather than “Baron Munchausen” and “the treasure of the Sierra Madre” are precociously jumped, using the support points of Cronin, Vicki Baum and the unforgettable “Buried into obscurity” from Theodor Kròger, Melville, Cervantes, “The Forsyte saga” then “Lady Chatterley’s lover” and many other famous superb necklace Omnibus Mondadori. How i was attracted by the illustrations of the covers! Come then, in short order, to Calvino, Cassola, Moravia, Pratolini, Fenoglio, bunting and… Pasolini… follow in the footsteps of Hemingway and Caldwell to switch to “damn Americans” such as Ginsberg, Burroughs and Kerouac was easy as inevitable. The dissociated by them, or “second generation”, those of the type Bukovski, Henry Miller, John Fante just to be clear, they have had a particularly irresistible charm, my personality was affected greatly. Disembark on Russian classics, the French Camus, Malraux and Sartre, the Germans type Gunter Grass, the Portuguese Fernando Pessoa, Latin American of the stature of Márquez, Borges, American Jews to Philip Roth, Cormac McCarthy, and keep? Was useful to lead finally in philosophy in search of answers. For those of my generation Marcuse was a must see. If i add that the February 27, 1945 i was born in Genoa, where i reside, married, two daughters, two beautiful granddaughters. That in my career i have been entrusted with several “important” i well concluded with mental distress (to me seemed unnecessary) and in the meantime i wrote, i read… I have been assigned responsibilities and tasks of responsibility that i wouldn’t have wanted to have, i have traveled extensively and, apart from a certain predisposition for human female “apparatus” (I adopted the title of the only book published by Jep Gambardella “The great beauty”) that don’t deepen… Meanwhile i read, i wrote, i write… Here is my complete biography.
M. G.
▬▬▬
GRACIAS DARIO ROSSI SPERANZA

DARIO ROSSI SPERANZA siempre, me dio el coraje de decir hola con facilidad pronunciando las palabras más difíciles de decir, “Te quieres buena”, más un hombre teniendo en cuenta mi virilidad indiscutible y atracción hacia todo lo que tiene textura femenino.
Las siguientes palabras, invariablemente descritas como he recibido después de un mes del conocimiento, incluyendo “virtual”, me gustaría compartirlas con todos vosotros porque en leerlos que he probado la sensación de mirar en un espejo, muy especial, difícil de encontrar porque tiene la particularidad de reflejar la imagen sin inversión de los opuestos, la izquierda sigue tan y viceversa. Tan perfecto retrato que Darío quería darme. Dejo así como el debut de “Profesor”, siempre favoreció a título aunque sea “Mauro”, que era. En el futuro en que yo soy orgullosamente entrar este “perfil” en mi modesta obra literaria junto con la “biografía” que aparece en el siempre les acompaña.

PERFIL DE MAURO GIOVANELLI por Dario Rossi Speranza

PROF. eres una querida persona, rica en recursos y sorpresas, no a amar! No fabrica de su auto de magma intelectual pausas en gran profusión y así sucede que su abundante cosecha es abajo como un río de Karst que no filtra todas y sabe barreras. En este su tramo principal que le veo, concedo, muy similar al calor en el volumen masivo impacto y “locura” con el padre de genio de Zarathustra, Nietzsche también algo nihilista y novela existencial, postmoderna, con quien compartir grandes virtudes de la escritura para argumentar y producir sentido “sin pensar” como le confesó a su estricta conciencia el gran pensador de Röcken. Pero no será el que censurarti en su hiperactivo amigo mis cómplices involuntarios en la agresión, porque tenemos total conocimiento y conocimiento! Somos demasiado similares no para apoyarse mutuamente en la última foto fuerte palabra o pensamiento! Aunque el filósofo afirmó que nadie es perfecto, tendemos a menudo a que, estamos de vuelta peligroso y nosotros estamos constantemente acosados por su pensamiento. Pero no para alimentar tontamente nuestro Ego respectivo, nunca jactancioso o peor podrían ser narcisos, pero para hacerlo más usable y atractiva nuestra producción y sobrevivir nosotros mismos tratando de ganar la transitoriedad del ser, de vivir y de las cosas a lo largo de la investigación sin descanso de belleza, conocimiento de la verdad y la universal, que forma descolorido sin consistencia que se traducirá en esencia primitiva cada principio a pesar de que Dios también ausente en la dramática historia de la humanidad…
DARIO ROSSI SPERANZA

DOS LÍNEAS MÁS O MENOS PARA MÍ

Lo he escrito siempre y todavía componer, de cualquier tipo y tema, que podríamos denominar un conjunto de reflexiones, tesis, ensayos, cuentos, artículos, novelas “ad libitum”. Sin embargo, la necesidad de desarrollar manuscritos surge de una necesidad que se remonta a la infancia y me resulta difícil explicar la razón. Sin embargo tres causas localizarlas, suficiente supongo: la necesidad de expresar lo que pienso, amor de literatura y excelente memoria para lo que me parece interesante. La herramienta son grandes autores, mis leales amigos que siempre me acompañan en todas partes. El crédito es seguro que la educación que recibió de mamá, papá y hermana mayor. Luego de “Pinocchio”, “Un capitán de quince años” o “Il corsaro nero” en lugar de “Barón de Munchausen” y “El tesoro de Sierra Madre” precozmente se saltaban, usando los puntos de apoyo de Cronin, Vicki Baum y el inolvidable “Enterrados en la oscuridad” de Theodor Kròger, Melville, Cervantes, “La saga de Forsyte” entonces “La amante de lady de Chatterley” y muchos otros famosos magnífico collar de ómnibus Mondadori. Cómo me sentí atraído por las ilustraciones de las portadas! Vienen a continuación, en poco tiempo, Calvino, Moravia, Cassola, Pratolini, Fenoglio, empavesado y… Pasolini… seguir los pasos de Hemingway y de Caldwell para cambiar a “malditos a americanos”, como Ginsberg, Burroughs y Kerouac fue fácil como inevitable. Disociado, o “segunda generación”, los de tipo Bukovski, Henry Miller, John Fante para estar claro, han tenido un encanto particularmente irresistible, mi personalidad fue afectado grandemente. Desembarcar en clásicos rusos, el francés Camus, Malraux y Sartre, los alemanes Gunter Grass, el portugués Fernando Pessoa, los de América Latina de la talla de Márquez, Borges, los judíos americanos a Philip Roth, Cormac McCarthy y… ¿mantener el tipo? Fue útil para dirigir finalmente en filosofía en busca de respuestas. Para aquellos de mi generación, Marcuse era imprescindible ver. Si añado que el 27 de febrero de 1945 nací en Génova, donde resido, casado, dos hijas, dos hermosas nietas. Que en mi carrera que he sido confiado con varios “importante” bien concluí con señal de socorro mental (que me parecía innecesario) y mientras tanto que escribí, leí… He sido asignado responsabilidades y tareas de responsabilidad que no hubiera querido tener, he viajado extensivamente y, aparte de una cierta predisposición humana femenina “aparatos” (adoptó el título del único libro publicado por Jep Gambardella de la película “La gran belleza”) que no profundizar… mientras tanto leí, escribí, escribo… Aquí está mi biografía completa.
M. G.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Dario Rossi Speranza (sx) e Mauro Giovanelli (dx)

RIPRODUZIONE RISERVATA 

QUALCOSA NON QUADRA

QUALCOSA NON QUADRA

Ascoltate voi due, Boschi e Renzi, poi lo riferirete ad Alfano e Verdini. Per prima cosa anche se da piccoli vi hanno tagliato le orecchie si vede lo stesso che siete asini. La seconda è che a mio parere dovreste darmi alcune spiegazioni, in modo semplice, come se avessi sei anni, perché rispetto alle corbellerie che sparate a raffica mi pare ci siano particolari che non combaciano.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza tratta da Centro Culturale Tina Modotti Caracas – foto Vivian Maier, 1959, New York

RIPRODUZIONE RISERVATA

PIER PAOLO PASOLINI da “PERCORSO TRACCIATO”

PIER PAOLO PASOLINI da “PERCORSO TRACCIATO”

[…] Fu poco prima di attraversare meridiano di sangue,
che separa virtualmente il tropico del cancro dal tropico del capricorno,
che intravidi Miller insieme a McCarthy e Roth, furono gentili,
mi diedero istruzioni, dissero di guardare a Pessoa e Saramago,
Marquez e Borges poi proseguire dritto riprendendo i grandi filosofi,
Filippo Bruno intanto, dei classici, dai presocratici in poi, bastava
ciò che mi è rimasto dentro dagli studi. Svoltare alla prima piazza,
direzione obbligata, Nietzsche, Schopenhauer, Kant, François-Marie Arouet
e… lui! All’unisono con un cenno della testa indicarono, solo e pensoso,
un uomo poco distante, camicia bianca, maniche arrotolate, sorriso triste,
ironico, buono, rispettoso, leale, spontaneo. Inconfondibile: Pasolini!
“Ha necessità di grande aiuto e compagnia” aggiunsero dileguandosi ma…
un attimo prima si voltarono a ricordarmi qualcosa di molto importante:
“Ad egli come a Cirano strapparono tutto ma portò seco, senza piega
né macchia, a Dio, loro malgrado, la sua poesia anziché il pennacchio”
Quando riaprii gli occhi e levai lo sguardo verso il sole mi resi conto
di non essere mai nato, la mia vita era stata quella, il sogno provocato
dal volo di un’ape attorno a una melagrana un secondo prima del risveglio. […]

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web: Pier Paolo Pasolini

RIPRODUZIONE RISERVATA

PERCORSO TRACCIATO

PERCORSO TRACCIATO

Il sentiero dei nidi di ragno ha tagliato la mia vita,
così d’un balzo passai dal basso all’alto cratone
sollevando poi la pelle dell’acqua con precauzione
onde osservare, tutto bagnato, il cane dormiente
all’ombra del mare.
Furono quelle sei parole coniate dal fratello maggiore
di Floriano a destare curiosità, geologo italiano,
mio professore all’Università.
I vocaboli uniti fra loro in modo appropriato
sono magici, aroma del tempo, spalancano visuali
del prima e dopo tra loro in perfetta armonia.
Ma ciò che vidi fu il villaggio sepolto nell’oblio,
solo il burattino in legno vestito da capitano
indicava la direzione, avrà avuto quindici anni,
mi incamminai lungo il viale stretto tra filari
di alberi di caucciù che ancora mostravano incisioni
nella corteccia, elicoidali, a confluire in piccole ciotole
legate al tronco torturato.
Era la strada principale da cui diramavano
arterie trasversali formate da basse costruzioni.
Leggevo “la via del tabacco” nell’insegna in alto,
la targhetta posta accanto la campanella aggrinfiata
alla prima abitazione riportava invece il nome:
“La saga dei Forsyte”, famiglia numerosa.
Superai in fretta la successiva a destra,
“La via di Shannon”, e decisi di seguire il mio istinto
mentre le stelle stanno a guardare da sempre.
Ero negli anni verdi quando ancora rimanevo affascinato,
attratto dal profumo de il corsaro nero,
che giunsi in una caletta proprio nel momento in cui
quel tal barone, da bordo di un vascello alla fonda
venne lanciato a cavalcioni della palla di cannone.
Doveva giungere ad una destinazione
che solo lui conosceva, cercare il tesoro in un’isola
che non c’è. Per questo raggiunse la sierra madre
che custodiva dobloni.
Pure io, come per magia accanto a lui,
stetti ad osservare l’incantevole panorama,
il piatto oceano dinanzi veniva infranto di tanto in tanto
dal soffione sofferente di un gigantesco cetaceo bianco,
sul dorso martoriato un grand’uomo vestito di nero,
sguardo vivo, senza religione, simile a un dio,
stava legato in croce tra un groviglio di arpioni e cordami.
Alle spalle il territorio affascinante che si presentò
già al cominciar de l’erta che saliva fino a formare
altopiano pianeggiante dove imponenti e sinistri mulini
subivano assalti di un picaresco cavaliere
asciutto di corpo e di viso, lancia in resta, scudo, elmo,
in groppa di un magro ronzino, al suo fianco lo scudiero
piccolo e rotondo sopra il suo asino pareva un patriarca,
bisacce e borraccia all’arcione.
Dalla finestrella di uno dei giganti armati di pale urla e strepiti,
si trattava di Lady… appena sedotta dal guardacaccia.
In men che non si dica venne liberata dall’intrepido cavaliere
e ricondotta alla tenuta del marito infermo.
Ma non era in questo modo che doveva finire.
Allora indagai a lungo, mi distesi, avvertii il suono lontano
di un tamburo di latta percosso dall’uomo ad una dimensione,
avevo il sole in faccia ma non mi addormentai,
pareva di essere tra le verdi colline d’Africa.
Mi sentivo in pace con me stesso e sono certo che trascorsi
almeno cent’anni di solitudine beata in cima a quel pianoro,
come se mi trovassi nella valle dell’Eden che perciò
non doveva trattarsi di impervio e occulto canalone.
Decisi di tornare a casa, rammentai d’improvviso
che dovevo risolvere una questione privata,
ordinaria cronaca familiare che i fratelli Karamazov
mi chiesero di decifrare per loro.
In cielo la luna e i falò attorno rischiaravano il cammino.
Mi imbattei nel Maestro e Margherita ma neppure un istante
si fermarono. Quante domande avrei voluto porgli,
sul Procuratore più che altro, l’Egemone,
avvolto nel suo bianco mantello foderato di rosso quando,
seduto sulla scranna formulò la domanda sbagliata;
non “Che cos’è la verità?” ma “Qual è la verità?”
avrebbe dovuto chiederGli.
Mai si presenterà più simile occasione, il Grande Inquisitore
non è distante quindi per tutti meglio accelerare.
Intanto era giunta l’età della ragione, non c’era più tempo
per il rinvio perché con quella conobbi pure la morte nell’anima,
la peste, presi coscienza che la condizione umana
non è ciò che si crede. Incontrai Bube con la sua ragazza,
conobbi la noia e la nausea, un urlo atroce e prolungato
interruppe i monologhi di Molly e Leopold Bloom.
Al momento procedevo sulla strada che prese il nome Route 66.
C’era più movimento, e coloro che incrociavano il mio inseguire,
neppure ricordo più bene cosa, si voltavano verso me pronunciando
il proprio nome come preghiera, supplica di non dimenticarli.
Burroughs! Cassady! Solomon! Corso! Carr! Ferlinghetti! Mailer!
Ginsberg! Kerouac! Snyder! Parevano fantasmi, gioiosi, spensierati,
tutti figli di Fante, quello che esortava dicendo “chiedi alla polvere”,
ciò che eri e ritornerai, anche se qualcuno, leggermente staccato
dagli altri, immusonito, pensasse di avere più titolo
di esserne allievo ed amico. Lo riconobbi subito dalle cicatrici
del grugno, residui dell’acne purulento di cui soffrì in gioventù.
Provai a chiamarlo “ciao Hank!” ma il grande Henry Charles Bukowski
passò dritto e solo poco dopo si voltò verso me urlando
“Fottiti amico! E non mi piace nemmeno Tolstoj!”
Ma questo già lo sapevo.
Fu poco prima di attraversare meridiano di sangue,
che separa virtualmente il tropico del cancro dal tropico del capricorno,
che intravidi Miller insieme a McCarthy e Roth, furono gentili,
mi diedero istruzioni, dissero di guardare a Pessoa e Saramago,
Marquez e Borges poi proseguire dritto riprendendo i grandi filosofi,
Filippo Bruno intanto, dei classici, dai presocratici in poi, bastava
ciò che mi è rimasto dentro dagli studi. Svoltare alla prima piazza,
direzione obbligata, Nietzsche, Schopenhauer, Kant, François-Marie Arouet
e… lui! All’unisono con un cenno della testa indicarono, solo e pensoso,
un uomo poco distante, camicia bianca, maniche arrotolate, sorriso triste,
ironico, buono, rispettoso, leale, spontaneo. Inconfondibile: Pasolini!
“Ha necessità di grande aiuto e compagnia” aggiunsero dileguandosi ma…
un attimo prima si voltarono a ricordarmi qualcosa di molto importante:
“Ad egli come a Cirano strapparono tutto ma portò seco, senza piega
né macchia, a Dio, loro malgrado, la sua poesia anziché il pennacchio”
Quando riaprii gli occhi e levai lo sguardo verso il sole mi resi conto
di non essere mai nato, la mia vita era stata quella, il sogno provocato
dal volo di un’ape attorno a una melagrana un secondo prima del risveglio.
E adesso? Io, costruttore di visioni, dovevo affrontare quest’altra.
Girai lo sguardo intorno, osservai tutto quanto mi circondava,
continuai a scrivere e… vagheggiare.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza ricavata dal web: Salvador Dalí

RIPRODUZIONE RISERVATA