MANCANZA

MANCANZA

Vorrei sapere
se capita pure a voi.
Ci sono momenti
in cui ho contezza
del volume,
non la mole,
neppure la massa,
più corretto dire
cubatura
o tutte le cose insieme.
L’estensione che occupo
nello spazio,
la porzione
infinitesimale,
quel tanto che basta
a definire me.
Per ora.
Lo penso spesso
anche degli altri
quando mi aggiro
tra la folla.
Meglio ancora mentre,
seduto su una panchina,
lascio che defluisca dinnanzi.
Noi siamo ciò
che occupiamo
e
a pensarci bene
non è una situazione
confortante.
Condannati all’instabilità,
in senso strutturale intendo.
Importante no?
E terribile!
Ciò che pensiamo,
sogni, speranze, ambizioni,
non potranno essere
supportati a lungo.
Come il diamante,
forma allotropica
del carbonio
i cui atomi,
disposti in reticoli cristallini,
realizzano un volume
che cattura luce
e la irradia.
Ma attimo dopo attimo
tende all’appiattimento
diventerà grafite,
bidimensionale,
scura, poi…
neppure più quello.
Materia!
Di ogni cosa resterà
materia,
forse,
senza riverberi,
concetti,
ricordi,
brillantezza.
In questi istanti
intuisco il nulla.
Allora devo correre
da te.
Sei a letto, dormi,
mi spoglio,
scivolo con cautela
sotto le coperte,
mi avvicino
al tuo corpo.
Il calore
che avverto
mi dona
l’eternità.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Opera di Jean-Michel Basquiat

RIPRODUZIONE RISERVATA

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