CINEMA, INFORMAZIONE, DIPLOMAZIA E I DUE MARÒ (il caso Valentine Jalstine e Ajesh Binki)

CINEMA, INFORMAZIONE, DIPLOMAZIA E I DUE MARÒ
(il caso Valentine Jalstine e Ajesh Binki)

Nel film “Le ali della libertà” (The Shawshank Redemption) di Frank Darabont c’è una scena di pochi fotogrammi, durata una manciata di secondi, che ritengo sia la più significativa e commovente di tutta la storia. Complimenti allo sceneggiatore, che è il regista stesso, qualora Stephen King non l’avesse prevista nel racconto da cui è tratta la pellicola. Il giorno dopo la prima notte di espiazione della ingiusta condanna a vita comminatagli, Andy Dufresne (Tim Robbins), seduto nel refettorio del carcere, sta esaminando la brodaglia che ha davanti per cercare di prendere atto della nuova situazione in cui, suo malgrado, si è venuto a trovare. Appartato dagli altri attuali colleghi veterani ascolta i loro compiaciuti commenti circa le percosse cui la sera prima è stato oggetto un altro iniziato, un numero di matricola, ad opera di un sadico agente di custodia. La risposta secca dell’addetto all’infermeria, “È morto!”, alla richiesta buttata lì da un detenuto di come stesse la vittima, fa cadere tutti in un silenzio tombale per lo sconcerto suscitato da tale futile domanda. È Andy Dufresne che interviene per soddisfare, sebbene difficile da elaborare, la più semplice e naturale delle curiosità: “Come si chiamava?”. Forse è questa la chiave di volta su cui regge l’impalcatura del messaggio che l’autore ha voluto dare nell’esporre quei fatti.
Senza dubbio ho perso qualche passaggio nella lettura frettolosa dei vari quotidiani, allora sul caso che vede coinvolti i nostri due fucilieri di marina in India mi sono sfuggiti alcuni particolari. So ad esempio che i connazionali Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, cui auguro di cuore possano dimostrare di essere totalmente estranei ai fatti cui sono chiamati a rispondere, hanno trascorso anche lo scorso Natale presso l’ambasciata italiana a Nuova Delhi con i loro cari, seguo con interesse l’evolversi della trattativa diplomatica tra la Farnesina e il Ministero degli Esteri indiano, ho rimarcato il punto in cui il nostro Presidente della Repubblica li ha citati nel suo discorso di fine anno.
Le due vittime di quel triste episodio so che erano indiani e ne conosco i nomi, Valentine Jalstine e Ajesh Binki, anche se vengono sempre citati per il lavoro che svolgevano. Mi domando: che persone erano? Giovani o anziani? Vivevano solo del pescato? Avevano moglie e figli? Credevano in qualcosa? Coltivavano sogni, speranze?

Mauro Giovanelli – Genova

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Pubblicato su “Il Secolo XIX” del 5 gennaio 2014 pag. 29 con il titolo “Anche quei due pescatori avevano un nome” e su “Il Segno” 1/15 febbraio 2014 pag. 2 con il titolo “I Marò, il cinema, la diplomazia… e tante domande senza risposta” – http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it

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DALLE MAGIE DI ENRICO LETTA A “YES WE CAN” DI MATTEO RENZI

DALLE MAGIE DI ENRICO LETTA A “YES WE CAN” DI MATTEO RENZI

Dalle dichiarazioni prefestive di Enrico Letta abbiamo capito che lui non ha la “bacchetta magica”. In questo semestre lo ha ribadito diverse volte, l’ultima non più tardi di ieri, pertanto dobbiamo dedurne sia una notizia fondata. È monco di poteri paranormali. Peccato! Ci avevamo fatto affidamento, resta la delusione. Poi ha confessato, annuncio fresco fresco, di non essere “Babbo Natale”. Chi l’avrebbe mai immaginato? Eravamo tutti lì ad aspettare, avevamo addobbato gli alberi di plastica, predisposto il presepe, in attesa spasmodica di vederlo apparire carico di pacchi dono e allo stesso tempo poter contemplare il suo bel sorriso stampato in faccia a ricordarci i ghigni del gatto e la volpe del più celebre Pinocchio. E ora? Profonda amarezza! Dimentichiamoci dei regali e aspettiamo le tonnellate di carbone dalla Befana, così tanto per prepararci al nuovo anno. Come non bastasse proprio oggi, e con mia grande meraviglia per la pacatezza che contraddistingue il nostro primo ministro, si è leggermente alterato sbottando in un “tutti vogliono qualcosa”. Non sarà che per caso si riferisse ai milioni di giovani disoccupati? Alla marea di partite IVA che non riescono più a sostenere il peso di un fisco iniquo? O forse la sua era indignazione per i pensionati che non arrivano a metà mese? I cassintegrati? I precari? Non voglio pensare alludesse agli stipendi dei dipendenti del Parlamento, commessi, stenografi, addetti alla buvette, segretarie, assistenti dirigenti e barbieri da 130 mila €uro all’anno. La spiegazione è arrivata stasera e ci ha fatto capire il dramma che sta vivendo quell’uomo. Con commozione ha infatti confessato di non essere in grado di “fare miracoli”. Ha aspettato oggi per siffatta rivelazione, la più grave, non ce l’aspettavamo proprio, ci lascia attoniti, depressi. Personalmente la sensazione che ho provato, superata la delusione iniziale, è di profondo disagio psicofisico e totale disorientamento. Pur non essendo stato eletto confidavo molto nelle sue capacità taumaturgiche. Ma come? Mi sono chiesto. Se fra tutti i capi di governo della politica mondiale lui è quello che “giustamente” percepisce la più alta retribuzione a che titolo tale privilegio? Cosa rimane al nostro Presidente del Consiglio che i suoi omologhi del pianeta non hanno? Elementare miei cari. E che, mica c’ha scritto in fronte Jo Condor!
Tranquillizzatevi però. Adesso abbiamo Matteo Renzi che, agitando il pugno, ci dice: “Yes we can”, (in italiano “Sì noi possiamo).

Mauro Giovanelli – Genova

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Pubblicato su “Il Venerdì di Repubblica” del 10 gennaio 2014 pag. 13 con il titolo “E Letta si tolse i panni di Babbo Natale” e su “Il Segno” nr. 1 del 1-15 gennaio 2014 pag. 2 – http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it – con il titolo “Le magie di Enrico Letta: Chi sono io? Babbo Natale?”.

FATTI E MISFATTI

FATTI E MISFATTI

   Un fatto. Lo stipendio medio annuo dei parlamentari italiani pari ad €uro 144 mila circa è il più alto in Europa. I secondi in graduatoria, gli austriaci, ne percepiscono 106 mila, a seguire gli 86 mila degli olandesi, 84 mila i tedeschi, 82 mila gli inglesi. In coda la Francia con 63 mila €uro e i 35 mila della Spagna per chiudere con 7.370,00 €uro dei poveri polacchi.
Secondo fatto. “L’Economist” ha pubblicato un grafico che in valori assoluti e in rapporto al prodotto interno lordo visualizza la retribuzione dei politici in diversi Stati del pianeta. L’Italia guida ovviamente la classifica dei Paesi occidentali. In buona sostanza, per restare ai fatti, un politico “made in Italy” guadagna più del suo omologo negli Stati Uniti, Russia, Canada e via in giro per il mondo.
Un altro fatto. La Presidenza della Repubblica Italiana (Quirinale) è la più costosa della Terra, pure se confrontata con le monarchie e le repubbliche presidenziali.
Ancora un fatto. Il settore della Politica è quello che in questo Paese, rispetto al resto del globo, offre più posti di lavoro avendo il maggior numero di persone impegnate a coadiuvare coloro che sono impegnati a salvare le sorti della nazione. Un numero imprecisato, ma altissimo, per la sicurezza, addirittura esorbitante tra amministrativi, tecnici, dirigenti, assistenti, fattorini, commessi, uscieri, medici, infermieri, addetti alla buvette, baristi, postini, camerieri, autisti, cuochi, barbieri, elettricisti, giardinieri, idraulici, tappezzieri e via di questo passo fino agli incaricati alla ricarica degli orologi a pendolo. Tutti con contratti e stipendi “atipici”, verso l’alto, rispetto ai loro omologhi lavoratori italiani.
Mercoledì 11 dicembre ’13 Enrico Letta incassa la fiducia alle camere e nel corso del diverbio con il suo collega Riccardo Nuti pronuncia diversi, legittimi e cadenzati “È INACCETTABILE”. Ora abbiamo Matteo Renzi che nella sua “Spending Review” (in italiano “Revisione della Spesa”), se ne è guardato bene solo a immaginare un taglio di tali sprechi.
A lui, il Presidente del Consiglio in carica intendo, pongo un quesito: agli occhi dei suoi concittadini cui vengono chiesti sacrifici ormai insopportabili dovrebbero essere accettabili i fatti di cui sopra oppure potrebbero apparire come misfatti inaccettabili?

Mauro Giovanelli – Genova

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Pubblicato su “Il Venerdì di Repubblica” del 20 dicembre 2013 pag. 21 con il titolo “Letta e gli stipendi dei parlamentari” e su “Il Segno” num. 2 del 16/31 gennaio 2014 pag. 2 con il titolo “Siamo d’accordo con il premier Letta: tutto questo è INACCETTABILE” – http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it

IN ATTESA DI UN ILLUMINATO

IN ATTESA DI UN ILLUMINATO

A questo punto credo sia l’affaticamento dei cittadini il vero male di questo Paese. Ripetitività, finzione, ipocrisia e menzogna passano in secondo piano. È possibile, mi domando, che non ci sia una, dico una sola persona di potere, che abbia accesso ai mezzi di informazione, possa comunicare agevolmente con l’Autorità, un potente che, all’improvviso, per estenuazione, pentimento, anche per dare più senso alla sua vita, abbia uno scatto d’orgoglio e decida di ribellarsi? Un miracolato fornito al limite di un pizzico di senso dell’umorismo, qualche grammo di patriottismo, sia un poco romantico, sazio di ciò che già gli è stato concesso? Insomma un idealista deciso a fare il “bel gesto”, strappare il sipario e scoprire la pagliacciata che si sta consumando sul palcoscenico, e pure dietro le quinte, della politica italiana? E agire prima che si trasformi in tragedia? Un eroe! Ecco chi ci vorrebbe, un valoroso! Come solo se ne vedono al cinema o i nostri nonni ammiravano nei romanzi d’appendice. Qualcuno disposto a rinunciare alla propria rendita di posizione e scelga di entrare nella storia per trasformarsi in un benefattore dell’umanità. Cominciando quindi a smascherare con chiarezza e determinazione l’imbonitore che per più di vent’anni ci ha sfracellato le meningi, agli inizi portava la sciarpa bianca e ora la camicia bruna, forse perché, tramite Verdini & Company, ha passato le consegne a Renzi Matteo. Eh sì… ci vorrebbe un soggetto con gli attributi, come si suol dire, che denunci il nulla di fatto di questo governo e il pressapochismo dei suoi ministri, pure l’inadeguatezza del precedente dicastero, e di quelli ancora prima. Un “cavaliere”! Ma del tipo declamato dall’Ariosto, uso ad audaci imprese, che ridimensioni l’enfatizzazione degli “inamovibili” della politica, dica basta al tirare a campare sulle riforme valide, che si faranno sempre “l’anno prossimo”, e blocchi questo “cerchio magico”, come l’ha definito Eugenio Scalfari, dal commettere l’irreparabile ponendo la fiducia sui temi per loro sensibili, oscurando in tal modo l’opposizione, respingendo ogni critica o contestazione. Ci sarà pure qualcuno che argini l’esondazione di parole dei rappresentanti del PDL, PD, UDC, ALA, Forzaitalioti, Leghisti, Largheintesisti (?), gruppi misti e promuova la rimozione della valanga di “opinionisti ad hoc” che occupano i palinsesti della TV. Un sapiente! Che programmi la riforma della giustizia inserendo altresì la “responsabilità civile” dei parlamentari che non dovessero raggiungere i risultati promessi. Un assennato! Certo. Una persona accorta che dia impulso alla tutela dell’ambiente a salvaguardia di questa nostra incantevole ma, ahimè, stuprata penisola. Un illuminato! Determinato a dare assetto stabile ai rappresentanti dell’unico movimento in grado di bonificare la scatola piena di vermi che si trovano davanti. E l’unico modo per farlo è quello di entrare nel barattolo e combattere ad armi pari dall’interno, impresa non facile. Perdincibacco! Mica c’è bisogno di tanta teoria, basta aver visto quel bellissimo film di Alan Parker, “Mississippi burning”, e si facesse tesoro della tattica scaturita dall’acceso diverbio tra il giovane ispettore e il vecchio agente dell’FBI utile a stanare gli xenofobi del Ku Klux Klan. Mi si potrebbe obiettare che così si profilerebbe una sorta di dittatura. Vero! Verissimo. Non ci avevo pensato. Interrompo subito l’elenco delle “cose da fare”, tantissime, chiedo scusa, forse sono solo stanco… che cavolo sto dicendo? Vado a riposare, con una consolazione però, cioè eroe della politica italiana, alla fin fine, sarà un tizio che ha deciso di raccontare come si vive nelle fogne: Un De Gregorio qualunque.

Mauro Giovanelli – Genova

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RITORNO AL FUTURO… in mutande verdi

RITORNO AL FUTURO…
in mutande verdi

   Vi ricordate? Il clamore delle primarie PD alla fine del 2013 aveva messo in ombra quelle della Lega Nord avvenute il giorno prima. Oggi non saprei se tale apparente sincronismo possa considerarsi una fortuna, difficile dirlo. A mio avviso sarebbe stato interessante poter valutare quanto spazio i mass media avrebbero dato ai vichinghi, ascoltare le interviste rilasciate dai propugnatori dell’indipendenza della Padania, i nostalgici secessionisti della “Via all’etno-federalismo, cioè quell’unione di più movimenti etno-nazionalisti in un unico strumento capace di vincere andando a costituire un attacco al centralismo dello Stato” (parole del senatùr al 1° Congresso della Lega Lombarda nel 1989). Discorso riassunto nello slogan “Roma ladrona”.
Sull’onda del successo allora conseguito i leghisti furono poi cooptati dal palazzo del potere e oggi devono rendere conto, come altri, della gestione allegra di soldi pubblici. L’attuale segretario ha coniato un motto inedito: “Europa criminale”, però a seconda degli avvenimenti che si susseguono a pieno ritmo adesso il biglietto di presentazione è mutevole, quindi si passa dal “Dagli all’untore”, al “Prendiamo a cannonate i gommoni dei migranti” oppure, geniale, “Solo profughi cristiani”. Domani potrebbe essere “Fuori dalle palle i Testimoni di Geova”, o “Meniamo gli obesi” oppure “Colpa dei biondi”, a seguire “Di quelli alti” e ancora “Alziamo i nani”. A quest’ultima opzione, leggermente fuori tema, impossibile non chiedere: “Perché?”. E Salvini pronto: “Imbrattano i muri delle città”. Seguirebbe la replica fin troppo evidente: “Ma lo fanno in molti! Longilinei, grassi, ecc.”. E il sagace fine dicitore: “Scrivono sempre la stessa frase”. “Quale?”. Risposta rapida: “Abbasso la fica!” (ambasciatore non porta pena n.d.a.). Insomma di questo passo il Matteo celtico potrebbe trovarsi nella condizione di buttare lì un generico “È stato lui! No, lei!” e in molti ad applaudirlo senza saperne il motivo.
Speriamo che alle prossime elezioni politiche non raccolgano voti necessari e sufficienti da consentirgli di rientrare a pieno diritto e rinnovato vigore nella stanza dei bottoni. Lo dico per il loro bene, davvero. Qualora si verificasse ciò, fra qualche anno Pontida dovrà assistere a imponenti raduni di energumeni attrezzati di cornuti elmi normanni, gonfaloni con l’effigie di Alberto da Giussano, bandiere sventolanti al sole delle Alpi. Praticamente un ritorno al futuro però in mutande verdi. “Fornite da chi?”. Ma vi dimenticate tutto? Dall’ex Governatore ora segretario Nazionale della Lega Nord Piemonte Roberto Cota. Ovvio!
“La parola d’ordine?”. Semplice: “Porco Mondo!”.

Mauro Giovanelli – Genova

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CANCELLIERI ovvero UN PILASTRO DELL’EX GOVERNO LETTA

CANCELLIERI
ovvero
UN PILASTRO DELL’EX GOVERNO LETTA

L’ex Presidente del Consiglio, quello cui Renzi promise fedeltà poco prima di esautorarlo, aveva tuonato: “È un pilastro di questo governo”. Il riferimento era al ministro Cancellieri. Mi piacerebbe capire cosa volesse comunicare con questa drastica affermazione e vorrei lo spiegasse a tutti gli italiani come se questi avessero meno di sei anni, allo stesso modo cioè di come vengono considerati. Ad esempio potrebbe dire (così iniziano le fiabe) “c’è adesso” anziché “c’era una volta” e, dopo una breve pausa, “in questo governo una signora”, da rimpiazzare alla classica “in un castello una giovane principessa”. Qui sorgerebbe tuttavia un primo problema in quanto difficilmente una “signora”, incaricata al Ministero della Giustizia, potrebbe definirsi tale essendosi schierata dalla parte di imputati e carcerati. Ergo i bimbi che ancora frequentano l’asilo, anche quelli dei primi anni delle elementari, potrebbero porre domande scomode. E se usasse un generico “donna”? No, azzardato! E lo rilevo con tono di voce rauco, baritonale, sommesso. Emergerebbero dubbi di altra natura che esulano da questo contesto, particolarmente le sagaci bimbette nutrirebbero qualche dubbio e, dopo aver dato una breve occhiata alle loro Barbie, pretenderebbero dal premier chiarimenti esaustivi. Dica allora “una ministra”, dopodiché l’annuncio continuerebbe con… impossibile! Non mi viene in mente alcunché di convincente. Insomma ritengo che il capo del governo possa in effetti trovarsi in difficoltà a dare spiegazioni con tale metodo. Cosa mettere al posto di “bellissima, viso dolce, occhi azzurri e lunghi capelli biondi”? Non saprei! Forse “impetuosa”? Che ne dite? Potrebbe andare? No! Troppo forte, i pargoli non capirebbero lo stesso. L’incipit “c’è adesso in questo governo una ministra impetuosa…” suonerebbe male, non renderebbe l’idea, dunque improba si presenterebbe la traversata per approdare al concetto. Ha ragione Enrico Letta! Meglio continui a diffondere le sue convinzioni con la consapevolezza di rivolgersi a persone adulte, quindi messaggi diretti, impersonali, categorici.
Certezze!!! Come sta facendo il suo successore, la guida scout Renzi Matteo, mica favole per bambini.

Mauro Giovanelli – Genova

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GIORDANO BRUNO

GIORDANO BRUNO

Era l’alba del 17 febbraio 1600 quando il filosofo Giordano Bruno, una delle menti più lucide e ispirate del suo tempo (e anche del nostro), fu bruciato vivo in Campo dei Fiori a Roma a seguito della decisione presa dal Santo Uffizio dell’Inquisizione della Chiesa Cattolica. La sentenza fu preceduta da otto anni di carcere e torture, ufficializzate da “riunioni”, l’ultima delle quali avvenne il 9 settembre del 1599 e fu presieduta dai seguenti “commissari inquisitori”: Ippolito Maria Beccaria, Giulio Montenenzi, Pietro Millini, Anselmo Dandini, Marcello Filonardi e Alberto Tragagliolo. E’ opportuno riportarne i nomi per additare questi mostri all’esecrazione universale. Cinque mesi dopo, più precisamente l’8 febbraio del 1600, venne emessa la sentenza dai cardinali inquisitori Ludovico Madruzzi, Giulio Antonio Santoro, Pietro Deza, Domenico Pinelli, Girolamo Ascolano, Lucio Sasso, Camillo Borghese, Pompeo Arrigoni e Roberto Bellarmino. Il terz’ultimo capoverso del testo della condanna a morte sul rogo è un capolavoro di ipocrisia e così recita: “Invocato dunque il nome di Nostro Signore Gesù Christo… et dover essere rilasciato alla Corte Secolare, sì come ti rilasciamo alla Corte di voi monsignor Governatore di Roma (cardinale Ludovico Madruzzi n.d.a.) qui presente, per punirti delle debite pene, pregandolo però efficacemente che voglia mitigare il rigore delle leggi circa la pena della tua persona, che sia senza pericolo di morte o mutilazione di membro…”. Come se i nove cardinali non sapessero che le “debite pene” sarebbero consistite nel bruciare vivo quel genio indiscusso dell’umanità. Ma era necessario che la colpa del crimine non ricadesse sulla Chiesa, bensì sul potere temporale, sebbene anche questo fosse esercitato dal papa (Clemente VIII al secolo Ippolito Aldobrandini). Al termine della lettura della sentenza Giordano Bruno disse ai suoi aguzzini: “Forse tremate più voi nell’infliggermi questa sentenza che io nell’accoglierla”. Durante il percorso dal carcere di Tor di Nona al luogo dove sarebbe stata eseguita la condanna venne imposta a Giordano Bruno la “mordacchia” con la “lingua in giova” cioè trafitta da un chiodo ricurvo in modo che non potesse parlare, pena inflitta ai bestemmiatori che si rifiutavano di ascoltare “confortatori” e “padri”. Considerando che Roberto Bellarmino (il 25 febbraio 1616 presiedette anche il Sant’Uffizio nel processo a Galileo Galilei) fu uno dei più accaniti accusatori del grande filosofo mi chiedo:

Come mai il 29 giugno 1930 Roberto Francesco Romolo Bellarmino fu proclamato santo da papa Pio XI e il suo corpo è conservato, per la venerazione dei fedeli, in una teca della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio a Roma mentre quello di Giordano Bruno si è disperso in cenere e fumo?
Perché nel 1931 (17 settembre) San Roberto Bellarmino fu proclamato dottore della Chiesa Cattolica dallo stesso papa Pio XI?
Come può spiegarsi il fatto che nella conferenza del 18 febbraio 2011 a Fener di Alano di Piave (BL) organizzata dal Circolo Christus Rex si è giunti alla conclusione che la Santa Inquisizione fu un tribunale giusto e misericordioso?
Per quale motivo in occasione dell’Udienza generale del mercoledì (23 febbraio 2011) l’attuale papa emerito Benedetto XVI (Joseph Alois Ratzinger) decise di dedicare una meditazione sulla figura di san Roberto Bellarmino (nel corso della quale ovviamente non venne in alcun modo citato il caso Giordano Bruno)?
E infine perché nessuno parla più di quel feroce accadimento per il quale sarebbe necessario (a mio modesto avviso) un chiarimento ufficiale da parte della Chiesa Cattolica come fu fatto per il “caso” Galileo Galilei?

Mauro Giovanelli – Genova

Pubblicato su “Il Segno” nr. 8 del 16-30 aprile 2014 pag. 4 – http://ilsegnoroccadipapa.blogspot.it – con il titolo “L’inquisizione ai tempi di Giordano Bruno”.

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Nota: Quasi tutte le notizie della meravigliosa vita di Giordano Bruno le ho attinte dal testo “Giordano Bruno – La falena dello spirito” del nostro grande filoso e germanista Anacleto Verrecchia. Ho l’onore di averne una copia con dedica autografa, cosa non da poco considerando la riservatezza dell’uomo e l’umiltà del genio. Traduttore di Lichtenberg, appassionato studioso di Bruno, Nietzsche e Schopenhauer è stato uno dei più grandi intellettuali che abbiano attraversato il ‘900 e il suo stile è giudicato “la migliore prosa filosofica prodotta oggi in Italia”. È morto il 4 febbraio del 2012 all’età di 86 anni. Quotidiani e televisione gli dedicarono poco più di un trafiletto o annunci di qualche minuto, senza dubbio troppo impegnati a seguire le squallide vicende della politica interna. Comunque è certo che la persona non avrebbe gradito più di tanto sebbene per gli italiani sia stato facile accontentarlo. Diceva spesso “di un filosofo o di uno scrittore ciò che interessa sono gli scritti e non le vicissitudini personali”.

I REPLICANTI

I REPLICANTI

A che livello si colloca il punto di non ritorno della pazienza dei cittadini di questo Paese? Quale potrebbe essere il quid specifico a far scattare la molla dell’orgoglio agonizzante, la classica goccia impossibilitata ad entrare nel vaso stracolmo di umiliazione? Forse l’oltraggio, filigranato nei 14 €uro mensili di aumento in busta paga, poi smentiti, poi confermati in 15 (lordi)? “Neanche parlarne! Mica sono dei pezzenti, ci vuole questo e altro.” Ebbene il fatto che in parlamento bivacchino deputati, indagati, avvocati (dei medesimi), strapagati, senatori, corruttori, delatori, nani e ballerine, servi, ruffiani, mafiosi, lealisti, leghisti, centristi, divisivisti, forzisti, piduisti, liberisti..? “Impossibile! Ormai è la norma e nei secoli si sono abituati ad ogni sorta di “uomini” di potere. Che credete? Questo non è il Nuovo Mondo, bensì la culla della civiltà!” Dunque l’affronto di dover subire ogni giorno le dichiarazioni lunari di pitonesse, falchi, colombe e assimilabili potrebbe scatenare la tracimazione? Essere costretti a dover convivere con un’informazione sottomessa a un sistema in avanzato stato di decomposizione? “No! Da escludere categoricamente, è la consuetudine, e poi si può sempre cambiar canale e gustarsi una miss Italia formato ridotto!” Allora sapere che al parlamento europeo sono rappresentati (i cittadini intendo) da soggetti del calibro di Borghezio e Mastella, e chissà chi fra gli altri 71, potrebbe bastare a provocare una reazione irrefrenabile? “Negativo! Respinta tale ipotesi. Rientra nel costume nazionale e poi di quelli neppure conoscono la faccia quindi non gliene può fregar di meno.” Beh! Il fatto di aver raggiunto un livello di disoccupazione insostenibile, di miseria e sottosviluppo culturale e sociale inammissibili non contano alcunché? “Irrilevante! Del resto il Paese di santi, poeti e navigatori può confidare nella creatività dei suoi figli, la famosa “arte di arrangiarsi” e la criminalità organizzata in tal senso potrebbe dare una mano, “metterci una pezza”. No! L’Italia e i suoi abitanti sono a questo punto vaccinati a tutto ma… c’è un particolare, una minuzia apparentemente trascurabile, un’immagine angosciosa, vista e rivista in questi ultimi due decenni tanto nei telegiornali che nei filmati dei talk show, un vessillo del potere cui sembrerebbe che nessuno dia importanza, sfuggita agli stessi Santoro, Travaglio e Vauro… una scena che questi cittadini non potranno digerire in nessun caso, la scintilla che potrebbe provocare l’incendio!” E che sarà mai? “Quella botta!” Quale botta? “La spallata intravista per pochi secondi, forse due, tre, nel filmato di ”Servizio Pubblico” del 24 ottobre scorso (2013 n.d.a.), violenta, gratuita, inutile, che una guardia del corpo del presidente del consiglio ha dato alla graziosa corrispondente, a Roma, mentre cercava di avvicinare Letta (nipote) per intervistarlo. Quella botta ferina, stavo dicendo, appioppata da uno dei tanti gorilla che circondano chi dovrebbe rappresentarci, stazza enorme, uguale a tutti gli altri suoi colleghi, muti, circospetti, occhiali da sole di prammatica, doppi auricolari, petto in fuori, testa alta, cranio solitamente lucido e untuoso. Ecco! Il colpo gratuito di quel replicante alla nostra bella giornalista, associato all’indifferenza sdegnosa e arrogante di Enrico (nipote di Letta Gianni) che ha continuato a procedere con imperio verso chissà quale compito da svolgere a salvaguardia dei loro interessi (non ai cittadini mi riferisco). Ebbene sì! Questo gli italiani non potranno tollerarlo più a lungo e, come il misterioso ultrasuono emesso da alcuni insetti per indicare allo sciame la giusta direzione, potrebbe essere il segnale del riscatto.

Mauro Giovanelli – Genova

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L’articolo “I REPLICANTI” è stato pubblicato il 10 luglio 2015 sul sito www.memoriacondivisa.it

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Evitando di decrittare il segnale emesso da tale sgradevolissimo gesto ormai entrato nella consuetudine, la vittima della spallata ringrazia delle parole “profonde” che avrei proferito a sua difesa. Mi ha fatto piacere, è giovane, brava e deve ancora “rinforzarsi”. Invece sono stato colto di sorpresa dall’opinione di un intellettuale. Anzi, per la considerazione e la stima che ho nutrito nei suoi riguardi, ad essere sincero ho provato grande delusione della sua analisi. Tra l’altro mi è quasi sembrato volesse consolarmi, meglio ancora rabbonirmi. In poche parole ha egli incentrato la sua legittima critica sull’episodio in sé, la spallata alla cronista, dicendo di non condividere le interviste itineranti ai parlamentari poiché, tra le altre cose, le vittime di questi assedi potrebbero dare risposte frettolose.
Sarebbe stato troppo facile prendere spunto da tale lettura per proporre che i nostri governanti siano chiamati a legiferare a cielo aperto visto che, quando stanno seduti sulle loro comode e costosissime (per noi) poltrone, i tempi che impiegano a partorire qualsivoglia decisione diventano biblici. Ironia a parte l’ipotesi non sarebbe da scartare a priori, non male l’idea dei “politici da marciapiede”, insieme a tutti quelli che ci hanno mandato. Insomma sono rimasto deluso. Possibile non abbia capito che il gestaccio di un guardaspalle non c’entrasse un cazzo? O sono stato io ad essermi spiegato male? Questo il problema. Da qui la mia replica:
«Nel messaggio non intendevo focalizzare un punto di vista circa la “spallata”. Le due righe, o poco più, che le ho inviato ambivano a inquadrare un panorama complessivo, diciamo che avrebbero voluto essere una ripresa a campo lunghissimo, così da abbracciare il maggior spazio possibile, confinando le figure quasi all’orizzonte. Il mio proposito non era quindi quello di mettere in primo piano Enrico Letta (che non ho definito maleducato perché non risponde, ma arrogante), né i giornalisti dell’informazione televisiva che lei dipinge alla maniera di sciami fastidiosi (i paparazzi di felliniana memoria, che godere, che dolce vita!), tanto meno i body guards pure se, dobbiamo ammetterlo, in questi ultimi vent’anni si sono moltiplicati a dismisura; da qui il titolo che ho dato, “I replicanti”, che vuole staccarsi dal mero significato fantascientifico di creatura artificiale con fattezze umane (anche se lo sembrano ma questa è un’opinione). Il mio obiettivo era quello di indirizzare l’attenzione al “clima”, l’atmosfera ammorbata in cui ritengo sia precipitato il nostro Paese. Una… sensazione sgradevole che ci fa ricordare come i conflitti della storia, determinati da interessi e rancori profondi e imprescindibili, siano sempre stati attribuiti a cause e pretesti occasionali. Finanche una inutile e gratuita spallata di un gorilla del potente di turno a una brava e bella giornalista.»
Silenzio, nessuna risposta. Ho capito, allora cerco di ricucire lo “strappo” dovuto forse alla mia assertività. E non posso negare la malattia di cui soffro, la necessità del confronto, è la mia droga, quindi sono la parte debole e, come scrisse Cesare Pavese, “la strategia d’amore la sa usare solo chi non è innamorato”. E di questo giornalista mi ero davvero invaghito, dei suoi trafiletti intendo, così sono tornato alla carica:

«Rifuggo dalla piaggeria quindi mi costa fatica dire che gli ultimi vent’anni ho acquistato il giornale per cui scrive quasi esclusivamente per i suoi elzeviri, ottimi compagni. Ne ricordo di eccezionali che ho conservato insieme ad alcuni ritagli del mitico Fortebraccio e l’affilato Montanelli. Qualche tempo fa abbiamo avuto uno scambio di opinioni sul contenuto di una mia lettera che, prendendo spunto dalla spallata che un gorilla di Letta inferse alla graziosa giornalista, voleva arrivare a paventare qualcosa di più inquietante. Ammetto di essere stato assertivo nella mia replica che sta a dimostrare il cattivo umore che lei mi attribuì e io negai. Adesso chiedo venia confessando che, ebbene sì, ultimamente sono piuttosto cupo. Quando poi sento emettere suoni incomprensibili dai politici nostrani il mio stato d’animo si avvicina all’esasperazione. Arrivo al dunque rifacendomi a un mio scritto pubblicato successivamente dalla sua redazione dove cerco di evidenziare l’infamia degli stipendi dei nostri parlamentari, per chiederle: in un contesto così “teso”, confuso, di equilibri precari, in una “situazione sociale di complicata lettura” dove i “fumi dell’ira” nascondono le tracce della strada maestra e, come disse Pier Paolo Pasolini, dilaga “l’unica anarchia possibile, quella del potere”, non sarà che l’impropria spallata di uno dei tanti guardaspalle dell’intoccabile di turno o l’insopportabile ingiustizia dei guadagni astronomici di uomini del “palazzo” (vedere ”FATTI E MISFATTI”) possano scatenare l’uragano?»
Ancora silenzio… è caduto un idolo, mi dispiace. Avrà ragione lui? Penso di sì! In effetti il mio tentativo di scuoterlo non è stato appropriato nel modo, anche se l’intenzione era buona. Ultimamente avevo l’impressione si fosse ammorbidito, “costituzionalizzato”, “sdraiato”. È brutto essere stati innamorati e… traditi. Ci si esprime male.

IL CASO ERICH PRIEBKE (Sic transit gloria mundi)

IL CASO ERICH PRIEBKE
(Sic transit gloria mundi)

Adesso che il “problema”
è stato travolto dall’attualità,
e dimenticato,
è forse il momento giusto
per fare una riflessione.
Mi è sfuggito il senso di tutto l’accanimento
concentratosi intorno a una salma,
oramai coacervo di atomi e molecole
fuori controllo,
particelle che hanno smarrito l’equilibrio,
interrotto le comunicazioni fra loro,
orfane della concertazione dello spirito.
Non più persona bensì materia organica
avviata a un rapido processo
di decomposizione
che la riporterà in circolo.
Resta l’orrore
che quel defunto ha rappresentato in vita
e ciò che riverbera da morto:
un simbolo con cui identificarsi
per alcuni ignobili balordi,
l’incolmabile abisso di dolore e angoscia
per tutti gli altri.
Fossi stato chiamato a decidere
mi sarei lasciato guidare dal destino
indecifrabile,
avrei fatto seppellire quelle spoglie
fra le sue vittime.
In tale ottica
quale altra scelta se non la più giusta?
Il nazista assoggettato alla misericordia eterna
dei suoi martiri e questi,
che non ne ricevettero una sola briciola,
a concedergli perdono imperituro.
E poi la regola
sembrerebbe essere proprio questa.
A Roma, nella diocesi Sant’Ignazio di Loyola,
in Campo Marzio,
poco distante da Campo de’ Fiori,
è esposta la mummia di un gesuita,
vescovo e dottore della Chiesa cattolica,
che fu aguzzino di Giordano Bruno
e persecutore di Galileo Galilei.
Per la venerazione dei fedeli.

Mauro Giovanelli – Genova

Immagine in evidenza ricavata dal web – Fotomontaggio eseguito dall’Autore

RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicato su “Il Secolo XIX” del 27 ottobre 2013 pag. 39 con il titolo “Priebke andava sepolto tra le sue vittime”.

IL CASO ERICH PRIEBKE (Sic transit gloria mundi)

IL CASO ERICH PRIEBKE
(Sic transit gloria mundi)

Adesso che il “problema” è stato travolto dall’attualità è forse il momento giusto per fare una riflessione. Mi è sfuggito il senso di tutto l’accanimento concentratosi intorno a una salma, oramai coacervo di atomi e molecole fuori controllo, particelle che hanno smarrito l’equilibrio, interrotto le comunicazioni fra loro, orfane della concertazione dello spirito. Non più persona bensì materia organica avviata a un rapido processo di decomposizione che la riporterà in circolo. Resta l’orrore che quel defunto ha rappresentato in vita e ciò che riverbera da morto: un simbolo con cui identificarsi per alcuni ignobili balordi, l’incolmabile abisso di dolore e angoscia per tutti gli altri. Fossi stato chiamato a decidere mi sarei lasciato guidare dal destino indecifrabile, avrei fatto seppellire quelle spoglie fra le sue vittime. In tale ottica quale altra scelta se non la più giusta? Il nazista assoggettato alla misericordia eterna dei suoi martiri e questi, che non ne ebbero una sola briciola, a concedergli perdono imperituro. E poi la regola sembrerebbe essere proprio questa: a Roma, nella diocesi Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio, poco distante da Campo de’ Fiori, è esposta la mummia di un gesuita, vescovo e dottore della Chiesa cattolica, che fu aguzzino di Giordano Bruno e persecutore di Galileo Galilei. Per la venerazione dei fedeli.

Mauro Giovanelli – Genova

Immagine in evidenza ricavata dal web

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Pubblicato su “Il Secolo XIX” del 27 ottobre 2013 pag. 39 con il titolo “Priebke andava sepolto tra le sue vittime”.

error: Mauro Giovanelli - RIPRODUZIONE RISERVATA