La Memoria

La Memoria

Il canto, che divenne
mio compagno,
giunse da Recanati.
Quando lo udii la prima volta
ero seduto al mio banco,
composto e attento,
grembiule, fiocco azzurro,
colletto rigido e bianco.
Poi sempre e ovunque
in ogni infinita passione
fino ad incontrare te,
e sei soltanto ieri.
Nessuna ha avuto quel nome,
ma lo stesso suono,
e con l’ultimo, recente
grande amore, tutti insieme
sono stupefacente armonia
mista ad immenso dolore.
Vorrei che ogni attimo vissuto,
partendo dal tempo remoto
del primo, sublime,
esaltante toccar con mano,
sentirmi accarezzato,
fino a ripercorrere il dopo,
completo, intimo, carnale,
si riducesse ad un’unica visione
priva di presenza, ricordi, frenesia.
Solo pura contemplazione,
ferita aperta e mai cicatrizzata
anziché questi strappi nell’anima
che lacerano il pensare,
sanguina per rimarginarsi
in un ferino turbinio.
Vagheggiare l’impossibile
ritorno ad ogni mio istante,
riviverlo con la stessa intensità,
follia,
sebbene in conclusione,
alla fine,
sia come avere il senso del
morire…

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: A sinistra la finestra di Silvia dallo studio di Giacomo Leopardi – a destra dipinto di Virginia Palomeque

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PER UN PUGNO DI DOLLARI?

PER UN PUGNO DI DOLLARI?

Clint Eastwood si schiera con Donald Trump anche se la star di Hollywood dichiara essere conscio che il candidato repubblicano alla presidenza USA dica solo corbellerie. Ingiustificabile! A meno che non sia “Per un pugno di dollari” o “Per qualche dollaro in più”. Brutta malattia la vecchiaia ma… democratica.

Mauro Giovanelli – Genova
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L’articolo “PER UN PUGNO DI DOLLARI?” è stato pubblicato il 6 agosto 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it

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LA CIFRA INTELLETTUALE (~ 0)

LA CIFRA INTELLETTUALE (~ 0)

La convinzione di appartenere ad una sorta di “casta”, a Roma direbbero “er mejo”, e l’adorazione del dio denaro, inclinazione servile mascherata quale “giusta” ricompensa alla loro autoproclamata “superiorità”, costituiscono la sola cifra intellettuale delle “destre”.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: Emilia rossa 2016

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INGIUSTIZIA

INGIUSTIZIA

Ingiustizia è la prima sensazione che mi ha suscitato la ragazza “spoglia” appoggiata pudicamente allo stipite della porta, come cercasse protezione. Il braccio a coprire istintivamente il seno o una reazione al leggero brivido che potrebbe averla assalita. Il suo malinconico sguardo si posa sull’abito indossato da una delle tante, troppe “Mannequin” in circolazione il cui termine francesizzato, seguito appunto da “frammenti di una donna” (Puzzle of a Downfall Child), è un film statunitense del 1970 diretto da Jerry Schatzberg.
Il resto nell’articolo omonimo che ho in mente considerato che tale immagine mi era stata “cancellata” da Facebook.
Io credo che tutto quanto sia considerato “pornografico” dai bigotti, moralisti e sedicenti “benpensanti” sia il succo della vita che non hanno avuto.
Al contrario i morti ammazzati ogni giorno, bambini, donne, uomini, anziani per guerre scatenate dalla cupidigia dell’uomo… ebbene questo penso sia pornografico.

Mauro Giovanelli – Genova
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I BACI DI PASOLINI

I BACI DI PASOLINI

Casti baci!
Vorrebbero estirpare dal cuore
affranto la nebulosa che avvolge
e oscura la luce, il brillio delle
immense costellazioni insediatesi
nell’animo da cui è posseduto,
generoso, creativo, nobile.
Svellere la selva intricata
che ne imprigiona una parte
impedendogli di spiccare il volo
dal travagliato percorso del
suo pensare che sta sfiorando
le flesse pareti dell’Universo parallelo
che solo lui conosce.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

LA POESIA “I BACI DI PASOLINI” È STATA PUBBLICATA DA “MEMORIA CONDIVISA” IL 14 AGOSTO 2016

Immagine ricavata dal web – Eretico & Corsaro

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FISCHIA IL VENTO… (Eroi dimenticati?)

FISCHIA IL VENTO… (Eroi dimenticati?)

Mi trovo fra le montagne del cuneese in un paese di villeggiatura che ormai si popola solo a cavallo del ferragosto e nel corso delle feste natalizie. Avverto fortemente la mancanza del mare sebbene l’affetto degli indigeni nei miei riguardi sia tale che, quando sono seduto sotto il pergolato del centrale bar latteria (la mia location), le loro paccate sulle spalle, gli abbracci e le domande che pongono sulla “vita di città” nonché il genuino interesse che dimostrano, supportato dalla saggezza contadina che li contraddistingue, suppliscono alle varie nostalgie (sostanzialmente due).
Così tra un discorso e l’altro venne fuori il nome di un certo Felice Cascione. Già! Un caso perché proprio su “La Stampa” di oggi 7 agosto 2016, a disposizione dei clienti, mi cadde l’occhio su un articolo commemorativo riguardo questo eroe cui dobbiamo molto per la libertà che ancora stiamo godendo. Nacque a Porto Maurizio (ora Imperia) il 2 maggio 1918 da famiglia di antifascisti. Terminato il liceo decise di iscriversi all’Università degli Studi di Genova e successivamente, sospettato di frequentazioni con organizzazioni comuniste, all’Università degli Studi di Bologna e, mentre conseguiva la laurea in Medicina (10 luglio 1942) ivi rimase facendo esperienza nella medesima clinica ostetrico-ginecologica. Lo stesso anno si iscrisse al Partito Comunista d’Italia. Divenne pure campione di pallanuoto essendo amante dello sport e dotato di un fisico esuberante (l’amico Alessandro Natta lo descrisse “bello e vigoroso come un greco antico”). In poche parole futuro assicurato ma… non faceva parte di quella vasta tribù di individui che guardano solo alla propria “nicchia” (oggi numerosissimi come acari in un vecchio materasso). Infatti dopo l’8 settembre del 1943 fece la scelta decisiva aggregandosi ai partigiani al comando di una Brigata operativa nell’imperiese e le colline dell’entroterra ligure. Nome di battaglia, “U Megu”, dal dialetto genovese “Il medico”. La sua dedizione alla causa fu totale e assoluta.
Il 27 gennaio 1944, mentre stava ripiegando con i suoi uomini nei pressi di Alto (Cuneo), si accorse che un compagno era stato catturato dai nazifascisti e sottoposto a tortura affinché rivelasse il nome del comandante. Tornò indietro e senza indugio alcuno, fiero, gridò al gruppo di aguzzini: “Sono io il capo” e cadde al suolo crivellato di colpi. Aveva 26 anni.
Rimasi commosso ma ciò che ancor più mi colpì è quanto venni a sapere. Alla sua brigata era aggregato un reduce dalla Russia, tale “Ivan”, che gli insegnò la melodia popolare “Katyusha”. Felice prese un foglietto del suo ricettario medico e cominciò a comporre i versi di “Fischia il vento…” inno delle Brigate Garibaldi che nel Natale del ’43 venne cantata per la prima volta a Curenna di Vendone (Albenga) sebbene l’esecuzione ufficiale si tenne ad Alto il giorno dell’Epifania 1944.
Pensare che in uno dei capolavori di Beppe Fenoglio, “Il partigiano Johnny”, letto e riletto, sono passato tante volte al punto in cui «…da intorno e sotto aumentarono le insistenze e quello allora intonò: “Fischia il vento e infuria la bufera, scarpe rotte e pur…”»
Grazie di tutto Felice Cascione, nulla ti voglio raccontare su ciò che sta accadendo oggi, però:

«Fischia il vento e infuria la bufera,
scarpe rotte e pur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell’avvenir.
A conquistare…

Ogni contrada è patria del ribelle,
ogni donna a lui dona un sospir,
nella notte lo guidano le stelle,
forte il cuor e il braccio nel colpir.
Nella notte…

Se ci coglie la crudele morte,
dura vendetta verrà dal partigian;
ormai sicura è già la dura sorte
del fascista vile e traditor.
Ormai sicura…

Cessa il vento, calma è la bufera,
torna a casa il fiero partigian,
sventolando la rossa sua bandiera;
vittoriosi, al fin liberi siam!
Sventolando…» (1)
R.I.P.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.it

(1)Testo: Felice Cascione
Musica: sul tema russo “Katiuscia”

Immagine in evidenza ricavata dal web: Felice Cascione a Bologna

L’articolo “FISCHIA IL VENTO…” è stato pubblicato il 9 agosto 2016 sul sito www.memoriacondivisa.it

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BRAVI E BRAVACCI

BRAVI E BRAVACCI

Pochi giorni fa Massimo Gramellini ha speso qualche frase di circostanza, discretamente confezionata, in merito al sempre più grave problema del “femminicidio”. Purtroppo egli non è il “massimo” dei giornalisti seppure sarebbe facile diventarlo considerata la mediocrità quale attributo codificato e ormai indispensabile in tale mestiere. Quasi tutti don Abbondio contro i “bravi” (donne e uomini) del Governo capitanato dal don Rodrigo di turno intento a curare solo gli interessi dei Palazzi (Chigi, Madama, Montecitorio, Viminale e Quirinale) ed i costosi numerosissimi bivaccatori che li occupano.
Siamo giunti ad intravedere il fondo. La palude di fango dalla quale la guida scout Renzi Matteo aveva promesso di portar fuori il Paese ci ha condotti in un mare di sterco (umano! Il peggiore) dove lui ed i suoi corifei si trovano a meraviglia come… sciami di mosche. Cosa possono sperare le vittime dei “frustrati sessuali”, maniaci e perversi presenti nella Penisola? Intanto il capo dell’Esecutivo e consorte hanno preso il volo per il Brasile al fine di “rappresentarci” alle Olimpiadi. Ne perdesse una! Tennis, sciabola, calcio, insomma amante dello sport. Non siamo al Medioevo ma alla protostoria della cultura da cui tutto origina. “Lasciate ogni speranza…” care signore la cui dignità e diritti avete affidati nelle mani di costoro.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

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VIVO O DISSOLTO – alive or dissolved

VIVO O DISSOLTO
alive or dissolved

Cercavo l’uscita, fuggire
da quel labirintico ospedale,
città nella città.
Gli spazi esterni imponenti costruzioni,
viali, segnaletica, posteggi, bar, edicole.
Gli interni corridoi lunghissimi, diramazioni,
stanze, uffici, ambulatori, folla, degenti,
volti smarriti nei padiglioni,
sciami di camici bianchi,
infermieri, portantini, becchini,
ascensori, montacarichi fatiscenti,
scrostati, bacheche straripanti di
avvertenze, notifiche, annunci.
Odore insopportabile di premorte,
instabilità del qui ora.
Avanzavo alla cieca, seguivo l’istinto
sempre traditore in queste circostanze.
“mi ritrovai in una selva” di… deserti
cunicoli, cemento a vista, intrico
partorito e realizzato da menti malate
nel modo sbagliato, materia cerebrale
oscura che tutto pervade,
ambigua, nascosta, nociva.
Assenza di indicazioni. Rallentai,
rassegnato procedevo a caso
finché quasi impercettibile distinsi
brusio di voci umane
che mi fece accelerare il passo.
Lo vidi! Gruppetto eterogeneo,
donne e uomini, cipiglio cupo,
mi rivolsi al più appartato,
mano a sostenere la fronte
nel rispondermi seccato
“sempre avanti dritto”,
teneva lo sguardo fisso.
Gettai un’occhiata nella stessa direzione.
Eccolo! Il congiunto, compianto, caro estinto
in bella mostra, alla berlina, tra quattro ceri,
incellofanato come prodotto di ipermercato,
prospettiva perfetta, dai piedi al volto
che tali più non erano ma cose inservibili,
inutili, macabre, rigide,
avviate alla mineralizzazione.
Fiori desolatamente rassegnati, vittime immolate.
Nel leggere “camera mortuaria”
mi diedi alla fuga fino “a riveder le stelle”,
occultate dalla luce del sole,
bella, accogliente, protettiva,
accompagnata da una brezza carezzevole.
Allora corsi da lei invitandola a coricarsi
e allargare le gambe.
In ginocchio mi misi a pregare dinanzi
al solo simbolo religioso che riconosca
fino a rendergli omaggio con baci prolungati
feroci, rabbiosi, accaniti, incontrollabili.
“Vivo o dissolto” risposi alla sua domanda
che, l’inflessione della voce e gli occhi
sorridenti, tradiva piena soddisfazione.
“Voglio così, nessun intermezzo.
Ricordati! È importante”.
In effetti non è solo un fatto etico
ma pure estetico oltre che pratico.
Colore, rigidità,
orrendo oggetto temporaneo
sul quale la forza di gravità
esercitata a lungo
deforma i lineamenti
e ciò che il mio contenitore
ha regalato verrebbe inficiato in due
forse tre giorni.
A che scopo?
Disteso sul letto, nel fissare il soffitto
pensavo non essere problema semplice
da risolvere.
La caffettiera cominciava a brontolare,
Mauro! Detto da lei pura delizia.
Dovrò rifletterci.
Fatelo anche voi.

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: FULVIO LEONCINI – Eroso eros 2016 – Tecnica mista – cm. 30 x 40

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***

ALIVE OR DISSOLVED
Vivo o dissolto

I was looking for the exit, escape
by the labyrinthine hospital,
city within a city.
Outdoor spaces imposing buildings,
streets, signs, stands, bars, newsstands.
The long corridors interior, branches,
rooms, offices, clinics, crowd, patients,
bewildered faces in the halls,
swarms of white coats,
nurses, orderlies, gravediggers,
elevators, hoists crumbling,
peeling, overflowing bulletin boards
warnings, notifications, ads.
unbearable smell near death,
instability of here now.
I advanced blindly followed the instinct
always treacherous in these circumstances.
“I found myself in a forest” of… deserts
tunnels, concrete, tangle
given birth and created by sick minds
the wrong way, brain matter
dark all-pervading,
ambiguous, hidden and harmful.
No signal, I slowed down,
I resigned stepped at random,
until almost imperceptible discerned
hum of human voices
that made me pick up the pace.
I saw him! heterogeneous group,
women and men, grim frown,
I turned to the more secluded
hand to support his forehead
in answer annoyed
“Always straight ahead”
He kept his eyes.
I glanced in the same direction.
There it is! The Joint, the late, the deceased
on display, the sedan, including four candles,
shrink-wrapped as hypermarket product,
perfect perspective, from the feet to the face
but that these were not the most useless things,
unnecessary, macabre, rigid,
initiated the mineralization.
Flowers bleakly resigned, immolated victims.
In reading “morgue”
I gave him to flee up “to see the stars”
hidden from the sunlight,
beautiful, friendly, protective,
accompanied by a caressing breeze.
Then I ran to her inviting her to bed
and spread their legs.
I prayed on his knees before
the only religious symbol that knows
up to pay homage to him with prolonged kisses
fierce, angry, fierce, uncontrollable.
“Alive or dissolved” I answered your question
that the inflection of the voice and the eyes
smiling, he betrayed full satisfaction.
“I want so, no intermission.
Remember! It’s important”.
In fact it is not just a matter of ethics
but also the aesthetic as well as practical.
Color, stiffness ,
horrendous temporary object
on which the force of gravity
exercised long
deforms the lineaments
and what my container
has given would be affected in two
maybe three days.
To what end ?
Lying on the bed , staring at the ceiling in
I thought not be simple problem
to solve.
The coffee pot was beginning to grumble ,
Mauro ! She said she is pure delight.
I’ll have to think about it.
Do you too.

Mauro Giovanelli – Genoa Italy
www.icodicidimauro.com

Picture in evidence: FULVIO LEONCINI – EROSO/EROS 2016 – Mixed technique – cm. 30 x 40

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error: Mauro Giovanelli - RIPRODUZIONE RISERVATA