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Religio – θρησκεία

Religio – θρησκεία

Qualora Dio esistesse nella concezione che l’uomo se ne è fatta, tralasciando le oltre ottomila “confessioni” esistenti al mondo, non sarebbe onnipotente né immensamente buono poiché nel “donare” il libero arbitrio alla creatura a Sua immagine e somiglianza avrebbe annullato il Male rendendone impossibile il perseguimento. Altresì è inattuabile definire alcunché senza il relativo contrario, finanche ad Egli, ossia il riferimento che caratterizza e differenzia (bene e male, positivo e negativo, materia e antimateria, repulsione e attrazione, ecc.) pertanto un mondo deprivato del Male neppure potrebbe sussistere “buono” essendo questo “stato di cose” una normalità non recepibile (tra l’altro si farebbe a meno di individuare Entità ultraterrene al fine di debellare ciò che si ignora).
Consegue che Dio non si identificherebbe con “puro amore” (determinabile dall’esistenza dell’assoluta cattiveria) dovendo necessariamente contenere il “Male” per giustificare il Suo essere “Bene” superiore. Tanto meno onnipotente, ribadisco, essendo impedito ad estirpare il “Male” stesso che necessariamente porterebbe in Sé. Infatti dando per scontata Verità ciò che ci è pervenuto grazie a pazienti “scribi” che riportarono su papiri e pergamene la tradizione orale tramandataci, i così detti “codici” che compongono il Vecchio Testamento, il primo ineffabile e più grande olocausto della storia dell’umanità sarebbe proprio stato concepito e perpetrato da Dio (Diluvio Universale – Genesi, 7, 8, 9) che, si badi bene, a nulla parrebbe essere servito visto che siamo giunti fin qua nei modi e termini che la storia, ahimè, ci insegna e purtroppo constatiamo ogni giorno. A questo punto mi verrebbe da citare il grande Anacleto Verrecchia “Con la sua onnipotenza Dio ha deciso non solo di non esistere, anche di non essere mai esistito” ed il “Faust” di Goethe “…Dunque tu chi sei?” “Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene”.
Improbo ottenere obiezioni concrete anziché proposizioni riconducibili alla “fede” di cui molti godono per volontà divina (qualora fosse il perché di tale discriminazione mi sfugge) e che autorizza loro a porsi su un gradino di superiorità in quanto “illuminati”. Da qui terreno fertile per i vari “integralismi”.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: FULVIO LEONCINI – In Nomine Domini 2007-2009 – Copertina di Libro d’artista

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I MONOLITI DI FULVIO LEONCINI (cose da folli…)

I MONOLITI DI FULVIO LEONCINI
(cose da folli…)

La prima parte del capolavoro di uno dei più grandi direttori della cinematografia mondiale(1) immerge lo spettatore nel continente nero di oltre quattro milioni di anni fa dove si assiste alla lotta per la sopravvivenza di un gruppo di pitecantropi. All’alba di un “certo” giorno, ancora più imprecisato il tempo siderale, gli ominidi vengono svegliati dal suono, non di questo mondo, che li attrae verso un gigantesco monolito nero, verticale, potente, irresistibile, misteriosamente materializzatosi in vicinanza della grotta che li ospita. Spaventati, incuriositi, diffidenti, increduli, circospetti essi osservano l’autorevole perfezione della sua forma avvertendo attrazione e timore insieme soggiogati dalla sua altezza, verticalità e stabilità che conferiscono al parallelepipedo indubbia supremazia. Vi si aggirano intorno, allontanandosene d’improvviso per riavvicinarsi sempre più, con cautela, emettendo suoni gutturali spaventevoli per darsi coraggio anziché nel vacuo intento di intimorire questa “creatura”, una specie di danza tribale, rito propiziatorio, fintantoché il più temerario viene sopraffatto dall’irresistibile impulso di toccare con mano poggiando l’intero palmo sopra la superficie, liscia al punto di non poter esistere, del prisma cosmico. Egli, primigenio “Ulisse” joyciano, sarà archetipo dell’omerico “Odisseo” quando alla prima aggressione da parte di competitori annetterà intelligenza alla lunghezza del braccio, precisamente raccogliendo un femore da terra al fine di usarlo come arma per eliminare i nemici.
È nato l’uomo! La gioia di osservare la tribù ostile fuggire dinanzi alla sua superiorità ma ancor più aver preso coscienza della propria natura lo inducono a spostarsi sulla collina dove, battendosi i pugni sul petto in segno di vittoria, urlando al cielo il trionfo dell’evoluzione lancia verso l’alto l’arma impropria che seguiremo nelle sue rotazioni in aria vedendola trasformarsi con eccellente sfumato nell’enorme astronave che sta trasportando il dottor Heywood Floyd su una base lunare dove è stato rinvenuto un grande monolito nero sotterrato da tempi remoti.
In pochi fotogrammi Stanley Kubrik raffigura un salto di oltre quattro milioni di anni così come l’amico e artista Fulvio Leoncini riesce ad imprimere su superfici limitate l’abisso della natura umana forse più profondo ed imperscrutabile del Cosmo. Unico Autore ad avermi dato attraverso le sue opere emozioni tali da raggiungere la commozione e, sotto certi aspetti, attraente angoscia per l’indotta consapevolezza di vedere in ogni suo dipinto le diverse sfaccettature dei tanti che veramente sono, dovrei essere o sarò. Ma non ho finito.
“Ora prendete il telescopio e misurate le distanze e guardate fra me e voi chi è il più pericoloso”.
Vi invito a farlo, munitevi di opportuno strumento come viene suggerito nell’opera posta in evidenza (“Elettroshock” 2010/2012 – Tecnica mista su legno – Dimensioni cm. 100×140) ed avvicinatevi ad essa, o qualunque altra generata da Fulvio, non limitatevi ad osservarla, sicuramente alla vista già avvertirete misterioso fascino, disagio senza conoscerne il motivo, anche paura, attrazione e le domande che vi porrete saranno così tante da impedirvi di formulare la più stupida di esse ossia puntare l’indice su uno dei tanti particolari chiedendo “Cosa è questo?”. Impossibile accada ciò, è testimoniato dalle mie nipotine facendo loro osservare un secondo lavoro scelto per aiutarmi in questo tentativo di descrivere qualcosa di inspiegabilmente arduo ossia “ROTAR – L’amor che move il sole e l’altre stelle” (2) “lavoro” che ho il privilegio di possedere, costituito da venticinque formelle cm. 30×30 ciascuna, incredibile itinerario dell’artista nel conscio, inconscio e in altra parte… Alle mie domande “Vi piace?”, “Cosa ne pensate?” dalle piccole non ho ricevuto alcuna risposta dopo che hanno sostato a lungo, in raccolto silenzio, dinanzi al “quadro”. Non sarà necessario aspettare che un giorno mi possano dare soddisfazione, l’ho già avuta.
Fulvio… beh! Fulvio è innanzi tutto una di quelle rarissime (uniche? Dante e Giordano bruno lo sono state) persone cui non si può evitare di volergli bene non solo ma, da uomo, maschio quale sono, fui e sarò, ho avvertito l’impulso di doverglielo dire, scrivere, pur sapendo della sua consapevolezza nel provare lo stesso virile sentimento nei miei riguardi. Ci siamo conosciuti due anni fa eppure da subito, in quel preciso primo contatto, abbiamo reciprocamente avvertito la netta sensazione di essere da sempre fratelli.
Fulvio è poeta ma ciò dovrebbe risultarvi evidente. Come potrebbe essere diversamente? Ma non rimatore, verseggiatore o quant’altro, egli è Poeta con la “P” maiuscola, il suo modo di essere, porsi, rapportarsi con gli umani, la sua personalità, bellezza, il tono della voce, il vissuto che straripa da ogni poro dell’involucro che a stento lo contiene, la sua calma e umiltà con le quali ti parla, quasi timore di esprimere il suo sapere essendo intellettualmente esagerato, oltre la angusta misura nel colloquiare e il “troppo pieno” del suo riflettere che lo portano a straripare pensieri. “Le abbiamo inventate tutte/ i calendari e le ventiquattrore/ le date sante/ la mano pesante/ i debiti e i crediti/ i migliori e i peggiori/ le spade affilate/ le teste rasate/ i padroni ed i padrini/ le famiglie affiliate/ le connessioni illimitate/ gli eventi mondani per troie e nani/ le arti maggiori e quelle minori/ piramidi e torri./ Corri ragazzo corri/ il cinema muto e quello sordo/ l’amore eterno e quello fuggente/ in quest’attimo/ le abbiamo inventate di tutte./ Assolutamente si/ assolutamente no./ Basterebbe si o no./ E poi gli attimini/ e i signori della Corte/ i venerdì tredici/ e già che ci siamo/ i martedì diciassette/ il morire sani e in forma smagliante/ già che ci siamo/ anche un armadio a due ante./ Dimenticavo il grillo parlante./ Buonanotte./ Dimenticavo comunque vada/ Panta rei/ le ossessioni e le possessioni/ io sopra te./ Io, Io, Io./ L’indifferenza e l’elemosina/ i don Chisciotte e i mulini a vento/ i funerali di stato/ e le fosse comuni./ Tutto tutto tutto./ Abbiamo inventato/ gli archi star e le super star/ i super chef e la nausea/ i creativi e i sensitivi./ Siamo vivi./ Siamo morti./ Siamo ombre./ Per fortuna/ c’è ancora un colle/ e un meriggiare pallido e assorto./ Per fortuna/ per sfortuna/ per caso/ per caos./ E un dio dai mille nomi/ per la forza e per la ragione/ ed io son qui/ povero coglione./ Guardo il soffitto/ e sfioro la corda/ Aspetto in silenzio/ che venga il buio/ gli occhi sono stanchi/ e la gamba fa male./ Quel che è stato non è stato/ niente è accaduto/ non sono mai stato qui./ Un battito di ciglia/ e attraverserò il muro.”(F. L.)
Fulvio vi lancia segnali, sempre, in ogni sua creazione, invenzione, emozione, sotto ogni forma e aspetto, coglieteli per cortesia, potrebbero essere la vostra salvezza, la mia, di tutti noi, la sola arma per uscire da questo immondezzaio in cui ci siamo cacciati, pensate ai figli vostri, nipoti, al domani che ci è stato rubato da una sempre più numerosa banda di cialtroni. “Fra le nuvole/ con le mie favole/ ti porterei.”(F. L.) Lasciatevi catturare, allentate ogni freno inibitore, abbandonatevi, dimenticate e risorgete “Sole estivo d’aprile/ olivi d’argento./ Al di la dell’ argine/ immagino il mare/ chiudo gli occhi/ il cuore batte lento/ volo sempre più in alto/ aquila sola/ senza posa/ ormai indifferente/ il dolore dalla gioia/ un limbo placido/ niente può farmi più male/ che ne sarà di loro/ laggiù in quelle stanze umide/ che fine faranno/ in quale camino troveranno pace/ non importa/ ho vissuto per loro/ ho dato l’anima per loro/ ed ora non hanno più alcuna importanza/ mi alzo ancora/ punto dritto al sole/ con ali d’argento/ come foglie d’olivo.”(F. L.) Non ho idea di quanto abbia visto Fulvio del Pianeta che ci ospita ma certamente ne ha percepito ed assimilato l’essenza al punto da avvertire l’inarrestabile ed incessante necessità di andare oltre.
Avendo ricevuto tutte le scomuniche, dai cattolici, calvinisti e luterani, Filippo Bruno, al secolo Giordano, aveva girato l’Europa sempre nascondendosi presso illuminati protettori fino a che l’inquisizione della Chiesa Romana riuscì a fermarlo per rinchiuderlo in una putrida cella e bruciarlo vivo il 17 febbraio 1600. Tuttavia non gli impedirono di scrivere “…quindi l’ali sicure all’aria porgo; Né temo intoppo di cristallo o vetro, Ma fendo i cieli e a l’infinito m’ergo. E mentre dal mio globo a gli altri sorgo, E per l’eterio campo oltre penetro: Quel ch’altri lungi vede, lascio al tergo… Così, io sorgo impavido a solcare coll’ali l’immensità dello spazio, senza che il pregiudizio mi faccia arrestare contro le sfere celesti, la cui esistenza fu erroneamente dedotta da un falso principio, affinché fossimo come rinchiusi in un fittizio carcere e il tutto fosse costretto entro adamantine muraglie. Ma per me migliore è quella mente che ha disperso ovunque quelle nubi e ha distrutto l’Olimpo che accomuna gli altri in un’unica prigione dal momento che ne ha dissolto l’immagine, per cui da ogni parte liberamente si espande il sottile aere. Mentre m’incammino sicuro, felicemente innalzato da uno studio appassionato, divengo Guida, Legge, Luce, Vate, Padre, Autore e Via. Mentre mi sollevo da questo mondo verso altri mondi lucenti e percorro da ogni parte l’etereo spazio, lascio dietro le spalle, lontano, lo stupore degli attoniti…”(3) È la prima volta che faccio un accostamento che potrebbe sembrare irriverente verso uno, se non il più grande filosofo di ogni epoca, inviso in patria (ti pareva) ma celebrato ovunque. Bene… allora vi dico che il domenicano entrato in tale confraternita al fine di poter accedere alla conoscenza, i libri allora detenuti dalla Santa Romana Chiesa, sarebbe strafelice del paragone, desidero che Fulvio lo sappia poiché non sono del tutto convinto, unico dubbio su di lui, che sia persuaso della sua grandezza. Se mai il Bruno avrebbe da lamentarsi non poco del fatto che ad un centinaio di metri dal suo monumento in Campo de’ Fiori a Roma ci sia l’urna, terza cappella di destra della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, con la mummia del gesuita Roberto Bellarmino, santo e dottore della Chiesa tre volte seppure sia stato suo aguzzino e colui che fece abiurare Galileo Galilei tre lustri dopo (1616). Per la venerazione dei fedeli ovviamente.
A proposito di Galileo Galilei “Ora prendete il telescopio e…” osservate il femore che il nostro ominide aveva lanciato verso il Cielo, stimatene le evoluzioni, mettete ancora più a fuoco l’immagine mentre sta trasformandosi nell’astronave che porta il dottor Heywood Floyd sulla base lunare dove è stato rinvenuto un grande monolito nero sotterrato da tempi remoti, considerate il comportamento degli uomini evoluti che si muovono intorno a questa “creatura” ponendosi analoghe domande dei pitecantropi e nutrendo gli stessi timori circa l’inquietante presenza fintantoché nel buio della quindicinale notte del nostro satellite, mentre gli astronauti posano davanti al “manufatto” per scattare alcune fotografie, esso viene colpito dai primi raggi di sole dell’alba lunare e inizia ad emettere un forte segnale radio nel cosmo, direzione Giove.
Adesso preparatevi ad un viaggio, ancor meglio lo definirei pellegrinaggio, non limitatevi ad analizzare le fotografie dei “lavori” di Fulvio, esse rappresentano neppure un centomillesimo di ciò che realmente sono e di quanto possano darvi, andate ad ammirarle dal “vivo”, toccatele, accarezzatele con il dorso della mano e vi accorgerete di cosa realmente stiamo parlando, avvertirete richiami positivi così come il segnale radio emesso dal monolito ha indotto conoscenza ai preominidi e successivamente spinto gli occupanti la base lunare di compiere una missione direzione Giove non come semplice esplorazione scientifica bensì all’indagine di fenomeni extraterrestri. Perché le opere di Fulvio non sono semplici “quadri”, “dipinti”, “disegni” che vi inducono a riflettere, stimolare uno massimo due dei cinque sensi, i “lavori” di Fulvio pungolano le vostre sinapsi, di conseguenza accrescono gli stimoli elettrici nei neuroni, il vostro pensare aumenterà di intensità emotiva, perfino i battiti cardiaci varieranno la frequenza e qualcosa di estremamente piacevole afferrerà lo stomaco, la pancia… sentirete di non essere come prima ma migliori, più curiosi, razionalmente predisposti verso l’umanità, coloro che vi circondano li avvertirete come parenti, fratelli, amici da curare se ne abbisognano, comprendere, aiutare. Avvertirete ciò che il grande navigatore genovese provò prima di spingersi verso l’ignoto per scoprire un altro continente, allo stesso modo inseguirete il vostro ego, cercherete in tutti i modi soddisfazione nella vera natura di cui siete composti. “E il mare concederà a ogni uomo nuove speranze, come il sonno porta i sogni” sosteneva Cristoforo colombo ed io dico che Fulvio è un mare di emozioni, le immagini vive delle sue creazioni regalano apprensione, trepidazione, desiderio di superarsi, cambiare, giungere oltre.
In prossimità di Giove unici superstiti dell’equipaggio predisposto dal dottor Heywood Floyd, composto inizialmente da cinque astronauti di cui tre in stato di ibernazione, saranno il comandante David Bowman e, a questo punto, possiamo dire anche il sofisticatissimo computer di bordo HAL 9000 della nave spaziale Discovery One che li trasporta. HAL, dotato di intelligenza artificiale in grado di interloquire e riprodurre ogni attività della mente commette un imperdonabile errore in prossimità dell’orbita del pianeta gigante dove viene avvistato il gigantesco monolito nero. È per questo che, accorgendosi dell’intenzione da parte di David di venire disattivato, “egli” non trova altra soluzione se non l’eliminazione dell’equipaggio facendo in modo che Frank perisca durante un’escursione extraveicolare e interrompendo i sistemi che mantengono attive le funzioni vitali dei tre compagni ibernati. Avete inteso? Il monolito infonde la scintilla dell’ingegno al pitecantropo, indica ai tecnici la base spaziale lunare la via della conoscenza identificata , infonde vita “umana” ad un elaboratore.
Le opere di Fulvio sono il “monolito” di Kubrik, le “cinque vie” di Tommaso d’Aquino attraverso le quali intende individuare Dio come primo motore immobile, prima causa incausata, essere necessario e sapientissimo ordinatore e allo stesso tempo le confutazioni di Gaunilone e le rielaborazioni di Cartesio, Leibniz “se Dio è possibile, necessariamente esiste” o “nulla va considerato come un male assoluto altrimenti Dio non sarebbe sommamente sapiente per afferrarlo con la mente, oppure non sarebbe sommamente potente per eliminarlo”. Oppure, nella sua multiforme ingegnosità Fulvio potrebbe ipotizzare, credo fosse Platone o Aristotele, “…Il primo motore a rappresentare la causa ultima del divenire dell’Universo” se non lo sbalorditivo sillogismo di John Locke con il suo “In ogni effetto non può essere contenuto nulla più di quanto sia implicito nella causa. Al mondo esistono persone dotate di intelligenza, quindi l’origine del mondo deve essere intelligente” e ce ne sarebbe… solo da come imballa i suoi lavori, il nero che lui stesso compone per la cornice, la cura del particolare ti rendi conto che viene “consegnato” un frammento del muro del pianto all’ebreo, l’ostensorio al cristiano, un pugno di polvere dell’antichissima città di Medina al mussulmano.
Concludo: “Ora usate ciò di cui vi ha dotato la Natura, gli occhi, fissate quelli di Fulvio e misurate le distanze e guardate fra lui e voi chi è il più indifeso”.
Credete sia folle? “Giro giro tondo casca il mondo, casca la Terra, tutti giù…” Questa la filastrocca cantata da HAL mentre David disinserisce una ad una le sue unità di memoria, dapprima implorando clemenza per poi iniziare a regredire allo stadio infantile cantilenando con voce sempre più fioca il motivo insegnatogli dal suo primo istruttore. L’agonia ed infine la morte.
Bowman, esploratore superstite, si trova dinanzi al sistema gioviano con i satelliti allineati e, dopo essersi imbarcato su una capsula d’emergenza, viene assorbito con accelerazione sconosciuta da una scia luminosa multicolore che annulla lo spazio. Percorre tracciati metafisici fra stelle, nebulose, ignoti panorami cosmici fino al materializzarsi della navicella in una stanza chiusa, arredata in stile Impero. Qui egli si trova ad esistere contemporaneamente in punti differenti ed a diverse età, vedendo sé stesso invecchiare e seguendo da molteplici punti di vista i disparati stadi della propria vita per rinascere in forma di enorme feto cosmico che scruta la Terra dallo spazio essendosi evoluto in una forma di vita superiore. Il cerchio si chiude.
Cosa ti aspettavi grande Leoncini? Che scrivessi circa i significati di ciò che generi? Dei tuoi tormentati percorsi? “Elettroshock”, “Le spose violate”, “Eroso/Eros”, “Avete lo stomaco al posto del cuore” e quant’altro? Dei “Libri d’Autore” che neppure avrei immaginato esistessero? “Di sole ombre” sarebbe meritevole, da solo, di un poema. O pensavi affrontassi temi sulla stesura del colore, la mano virtuosa, la tecnica mista (come minimo mistica)? Potrei aggiungere che il tuo “Forse è un paesaggio” è mio compagno, mutevole nei suoi innumerevoli toni di grigio, non esiste giorno che non mi ci soffermi perché è infinito, straripa dai confini della cornice, mi fa andare al di là di… Forse ci arriverò.
Un abbraccio amico fraterno e ricorda che mi sono informato su “Il seminatore, con il carro, tiene con cura le ruote”.
Mauro.

(1) 2001: Odissea nello spazio è un film di fantascienza di Stanley Kubrick del 1968, basato su un soggetto di Arthur C. Clarke il quale ha poi tratto dalla sceneggiatura l’omonimo romanzo.

(2) Paradiso XXXIII, 145 – ultimo verso della Divina Commedia di Dante Alighieri

(3) Così si esprime Giordano Bruno in uno dei tre sonetti premessi al dialogo italiano “De infinito, universo e mondi” del 1584. E con parole simili si esprimerà all’inizio del poema latino “De immenso”, pubblicato sette anni dopo

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagini in evidenza: FULVIO LEONCINI – A sinistra “Elettroshock” 2010/2012 – Tecnica mista su legno – Dimensioni cm. 100×140 – A destra “ROTAS – L’amor che move il sole e l’altre stelle” 2013 – Dimensioni cm. 150×150 (nr. 25 formelle cm 30×30 cad.) – Tecnica mista su legno

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Jalāl al-Dīn Rūmī

Al di là delle idee
di giusto e sbagliato,
vi è un vasto campo.
Come vorrei incontrarvi là!
Quando colui che cerca
raggiunge quel campo,
si stende e si rilassa.
Là non esiste credere
o non credere…

Jalāl al-Dīn Rūmī
(Balkh, settembre 1207 – Konya, 17 dicembre 1273)

Anche conosciuto come Jalāl ad-Dīn Muḥammad Rūmī, Mevlānā in Turchia e Mawlānā nell’Iran e in Afghanistan. Ulema, teologo musulmano sunnita e poeta mistico di origine persiana. Fondatore della confraternita sufi dei “dervisci rotanti” (Mevlevi), è considerato il massimo poeta mistico della letteratura persiana.

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagini in evidenza: A sinistra rappresentazione Jalāl al-Dīn Rūmī – A destra dervisci rotanti dell’omonima confraternita “sufi”

VENTO IDIOTA (IDIOT WIND) – SENZA PERDERE LA TENEREZZA

IL PRESENTE ARTICOLO ERA STATO IVIATO A PAPA FRANCESCO E CIÒ CHE SCRISSI DI LUI IN APERTURA LO PROVAI REALMENTE RITENENDOLO SOLO CONTRO TUTTI – DALLA DICHIARAZIONE DEL VATICANO “Sconfitta per la società” IN MERITO ALL’AMICO (COSÌ LO CONSIDERO) Dj FABO MI RENDO CONTO CHE NULLA È CAMBIATO, ANZI… PER CUI APPREZZO LA SUA RICONOSCENZA, IL SALUTO MA RESPINGO “BENEDICENTE”.

VENTO IDIOTA (IDIOT WIND)
SENZA PERDERE LA TENEREZZA

Il Pontefice ha lasciato Cuba esortando il popolo, i governanti, e la Nazione tutta alla “rivoluzione della tenerezza”. Bella persona papa Francesco, da agnostico quale sono è la prima volta che provo emozione di fronte al capo della Chiesa Cattolica, e massimo rispetto: la borsa che si porta appresso un po’ logora, modesta, gonfia, la gestualità dell’uomo semplice, le scarpe nere “comode”, pianta larga e suola robusta, la papalina sempre in equilibrio precario che non sopporta. È una persona che “cade”, non teme di mostrare la sua vulnerabilità. Quando ha incespicato mentre saliva la scaletta dell’aereo mi ha strappato dalla mente la considerazione che in quell’istante non c’era alcun Simone di Cirene a raccogliere la croce, neppure una Veronica a detergergli con un panno di lino il volto sporco di sudore e sangue, che ha dentro di sé, nella sua solitudine. Lo vedo un uomo isolato nella battaglia che conduce per cercare di cambiare l’umanità. Si è alzato da solo, senza aiuto alcuno, con orgoglio, naturalezza e volontà incredibili. Soprattutto mi colpisce il suo sguardo sincero, aperto, con un’ombra di malinconia, sconforto, che ti dilania, penetra i tuoi dubbi, vorresti abbracciarlo, sento che ha necessità di aiuto, avverto che vive la sua fede con profonda convinzione, ma ho l’impressione che allo stesso tempo si renda conto quanto potrebbero essere vani l’impegno e la dedizione che profonde nella missione che gli è stata assegnata.
Il Vicario di Cristo si è poi recato negli USA presentandosi dinanzi al Congresso e successivamente al Palazzo dell’ONU, immagino portando alla Nazione più potente della Terra e a tutti i “governanti” lo stesso messaggio, il richiamo alla rivolta dell’amore.
Tenerezza! Deve essere una parola magica. Ha subito indirizzato il mio pensiero a una delle migliori e più complete biografie su Ernesto Che Guevara, giocatore di rugby, appassionato di scacchi, eccellente poeta, ottimo fotografo, medico competente specializzato in allergologia, appassionato lettore che passava con disinvoltura da Jack London, Jules Verne ed Emilio Salgari ai saggi di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung fino ai trattati filosofici di Bertrand Russell, sebbene l’esempio che lo attirasse di più fosse Mohandas Karamchand Gandhi conosciuto come il “Mahatma” ossia “Grande Anima”. Fu anche un provetto motociclista tanto che con la sua Norton, cui venne dato il soprannome di “La Poderosa II”, dopo la laurea viaggiò per tutto il Sudamerica, Bolivia, Ecuador, Panamá, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, El Salvador, Guatemala. A proposito della più importante guida spirituale dell’India, che teorizzava e praticava la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa fino a regalare l’indipendenza al suo Paese, Ernesto Guevara, dopo aver visto la povertà delle popolazioni che incontrava ed essere stato influenzato dalle letture sulle teorie marxiste, concluse che solo la rivoluzione avrebbe potuto risolvere le disuguaglianze sociali ed economiche dell’America Latina coltivando il sogno di vedere un giorno il Sudamerica come un’unica entità. Per arrivare a ciò riteneva quindi necessaria una strategia di ampio respiro che non poteva certamente identificarsi con la “non violenza”. Nell’itinerante momento della sua vita si fermò per prestare attività di volontariato presso il lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni. Quanti sono i legami che ci uniscono tutti! E lavoriamo solo per scioglierli. Basta una semplice parola, un gesto onorevole, per fare collegamenti impensabili, intessere una tela di bei gesti tutti mirati al bene comune, la fratellanza e la solidarietà… e l’amore. Almeno così capita a me. San Francesco! Che nel 1203/4, dopo la sua conversione maturata nel 1154 a seguito dell’esperienza della guerra fra Perugia guelfa e Assisi ghibellina, quest’ultima soccombente dopo la sconfitta nel 1202, e la conseguente prigionia, rimase sconvolto a tal punto da indurlo a un totale ripensamento della sua vita. Da lì iniziò un cammino di mutamento che col tempo lo portò “a vivere nella gioia di poter custodire Gesù Cristo nell’intimità del cuore”. Ciononostante pensò di partecipare alla Crociata, quindi provò a raggiungere a Lecce la corte di Gualtieri III di Brienne, per poi muovere con gli altri cavalieri alla volta di Gerusalemme. Partecipare come cavaliere a questa missione era a quel tempo considerato uno dei massimi onori per i cristiani d’Occidente. Tuttavia, giunto a Spoleto, si ammalò nuovamente ed ebbe un profondo ravvedimento. La malattia potrebbe essere stato un “segno” per far sì che non fossimo privati di questo santo? Il fatto è che Francesco rinunciò al proprio progetto e tornò ad Assisi. Da allora egli non fu più lo stesso uomo. Si ritirava molto spesso in luoghi solitari a pregare ed in lui germogliò un crescente senso di compassione, che gli ispiravano i deboli, i lebbrosi, i reietti, gli ammalati, gli emarginati che si sarebbe trasformato poi in una vera e propria “febbre d’amore” verso il prossimo. In questo senso, e non solo, uno degli uomini più “illuminati” della nostra epoca, Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore e regista, un genio della erudizione mondiale, che mai viene citato dai mass media o dalla TV ed è tenuto pure ai margini della cultura ufficiale, come non fosse esistito, diceva: “Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e in servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui”.
Sta di fatto che Francesco, amante di ogni forma di umiltà, si trasferì dopo pochi mesi presso il lebbrosario di Gubbio, intitolato a “san Lazzaro di Betania”, restando con i lebbrosi e servendoli con estrema cura. Dunque il “Che” nel lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni, san Francesco 750 anni prima a prestare la stessa opera in Toscana, Pasolini a percorrere negli anni ‘60 le polverose periferie di Roma nell’estenuante ricerca di un perché alle ingiustizie di questo Mondo. Ciascuno spinto dalla necessità di tenerezza.
A volte penso che sia tutto inutile e vengo assalito da una profonda afflizione. Mi domando se quanto viene detto negli incontri fra Capi di stato, dai “politicanti”, sui quotidiani o nei dibattiti televisivi, nelle omelie pronunciate nei funerali dei morti ammazzati per i motivi più abietti, seguiti da applausi al passaggio dei feretri, insomma questa marea di bla, bla, bla in fondo non siano altro che parole al vento, un vento idiota, “Idiot wind” come cantava Bob Dylan negli anni ’70, che lasciano il tempo che trovano. L’ultima strofa di questa poesia/canzone dice “…vento idiota che soffia tra i bottoni dei nostri cappotti, che soffia tra le lettere che abbiamo scritto, vento idiota che soffia tra la polvere sui nostri scaffali, siamo degli idioti, bambino, è un miracolo persino che riusciamo a nutrirci da soli”.
Il resto lo conosciamo tutti, o quasi, ma il punto è rispondere alla domanda che di certo vi state ponendo, cioè per quale motivo mi sono infilato in questo discorso. Perché sono convinto che il Santo Padre conosca la vita e le opere del grande talento italiano che trovò la morte nella notte tra il 1º e il 2 novembre 1975, ucciso in maniera brutale, percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, località del Comune di Roma, “crocifisso” da un balordo, uno dei tanti “ragazzi di vita” che voleva salvare. Credo che apprezzi anche il menestrello del Minnesota, il poeta del country e del rock, mica il Vicario di Cristo è uno che porta calzature di vernice rossa griffate Prada. Neppure ho dubbi che il papa non abbia letto la biografia sul braccio destro e consigliere di Fidel Castro, redatta da “Paco Ignacio Taibo II” e che consiglio pure a voi di dare un’occhiata. L’autore scrive: “Ernesto Che Guevara continuerà a farmi visita nei sogni, rimproverandomi come mai non sono in qualche parte del Mondo a costruire una scuola”. Il titolo del libro? Dimenticavo: “Senza perdere la tenerezza”.

Mauro Giovanelli – Genova
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DJ FABO

RIPOSA IN PACE AMICO FABO, SEI ANDATO IN UN MONDO MIGLIORE, QUALUNQUE ESSO SIA.

Cosa dovrei pensare? Mi viene chiesto ogni volta che accedo alla pagina. Rifletto su un lutto che ha colpito il nostro Paese, le coscienze, o qualsivoglia cosa possano essere, i vili politici che ci “governano”, gli “integralisti” a qualunque confessione appartengano, monoteismi o presunti tali in primis, pure i “fedeli”, i pasciuti vescovi della CEI, gli appartenenti ad ogni congregazione che si richiami a ridicole “verità”, ai tanti servi del Potere…
“Fabo è morto alle 11,40 del 27 febbraio 2017, ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo”.
Vergognatevi Italiani! Tutti. Compreso il sottoscritto. Anche i cittadini dello “Stato del Vaticano”, nessuno escluso.
E chiedo anche il suicidio assistito. Cazzo!
“Quod scripsi, scripsi”

Mauro Giovanelli – Genova
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SiO2 – Biossido di Silicio

SiO2
Biossido di Silicio

Fra quanto raccolto in giro per il mondo, adesso sparso fra sinapsi, neuroni e ovunque nel mio studio, su una delle scrivanie tengo ampolle di sabbia raccolta nei deserti attraversati. Due in particolare mi fanno riflettere molto. La breve pausa, tra una sigaretta e la scelta del vocabolo appropriato allo stato d’animo del momento, viene colmata dall’attenta considerazione di questi mondi. Senza dubbio sono rimasto bambino perché ritorno nel profondo Sahara, l’Akakus, la memoria viene risucchiata dagli anfratti in cui si ascoltano graffiti di civiltà lontane. Per il nostro tempo.
Nel dare notizia che a 39 a.l. (anni luce) di distanza la NASA abbia individuato un “sistema solare” simile al nostro, quindi probabilmente con forme di vita sul Pianeta che, per caratteristiche intrinseche ed estrinseche dovrebbe essere gemello del nostro, la cronista ha sottolineato con enfasi l’eccezionale avvenimento aggiungendo che siamo arrivati in un’altra galassia. Niente di più sbagliato cara signora anzi sono stupito e incredulo dell’intervallo di “spazio” così corto in termini astronomici, direi dietro l’angolo. La galassia in cui ci troviamo, denominata Via Lattea, è del tipo a spirale barrata, fa parte della Costellazione Sagittario, la sua estensione massima è 100 mila a.l. (anni luce) ossia per attraversarla alla velocità dell’onda elettromagnetica, ovvero 299.792.458 m/s che, tradotto ed arrotondato, trattasi di 300 mila Km al secondo, si impiegherebbero 100 mila anni. Perfino lei adesso capirà, cara signora, come tale sistema solare non solo si trovi nella stessa galassia che abitiamo, ma ci è accanto. Per meglio raffigurare la cosa ed al fine di illustrare il palcoscenico in cui ci agitiamo inizio col dire che lei ed io, persone, siamo meno di un solo granello di sabbia rispetto al Sahara. Prendendo a riferimento proprio quest’area desertica, anche il nostro pianeta, la Terra, è meno di un granello di sabbia e, le sembrerà strano, pure il sistema solare in cui ruotiamo, compreso quello di cui stiamo parlando, insieme sono più piccoli di un granello di sabbia nel Sahara. L’Akakus, che ne fa parte, mica si è accorto dell’ampolla di granelli che gli ho sottratto e contarli, sempre quelli che ho di fronte in questo istante ovviamente, già sarebbe impresa ardua, mi creda. Forse impossibile. Rifletta sul fatto, cara signora, che finanche la Galassia a spirale barrata chiamata Via Lattea è meno di un granello di SiO2, biossido di silicio signora, sta alla base della materia inorganica come il carbonio di quella organica, vivente, cioè noi cara signora, lei ed io, il gatto che sta osservandoci con compassione, la pianta che tiene in terrazzo. Così potremmo procedere all’infinito. “Ma… allora?” sono certo stia obiettando. Sì cara signora, siamo nulla, meno di nulla. Ci sono… il nostro pensare, agire, emozionarsi, amare e soffrire che mi portano a… meditare.
Adesso, d’impulso mi domando di che avranno parlato i vescovi della CEI radunatisi poiché scandalizzati che il “Gemelli” di Roma abbia assunto, come giusto e conformemente alla legge, due ginecologi “non” obiettori di coscienza. Chi gli permette di interferire nelle questioni del nostro Paese, Stato laico, multietnico e indipendente? A costoro interessano solo i feti italiani? Romani in particolare? Sapranno che secondo una delle versioni della mitologia greca Zeus (Giove) scelse di generare con la saggia Alcmena (umana) un figlio tanto forte da impedire lo sterminio di uomini e Déi? Dopo la nascita il concepito, Eracle (Ercole), fu abbandonato dalla madre che temeva l’ira di Era (Giunone), legittima moglie del Dio ma Atena (Minerva), su ordine dello stesso Zeus, condusse Era fuori dalle mura di Tebe, dove il bambino fu abbandonato. Era vide il piccolo essere indifeso, piangente, gli si avvicinò, porse il seno per allattarlo e il bambino succhiò così forte il latte da spargerlo ovunque anche per il dolore al capezzolo che la Dea avvertì sottraendosi alla presa e sprizzandone altro. Da allora Eracle divenne immortale e nel cielo fu visibile la Via Lattea.
Stiamo andando fuori tema cara signora ed al sottoscritto capita spesso. Mi perdoni! Concludo. In ultimo… nelle strutture pubbliche non dovrebbe comparire alcun simbolo religioso, di qualsivoglia confessione. Abolirei pure l’ora di religione trasformandola in materia d’esame vera e propria. Visto il guazzabuglio in cui ci troviamo (più di 8 mila confessioni esistenti) forse diverrebbe l’argomento principe: “Teologia e storia delle religioni” (docente assolutamente laico).
Chi dovesse avvertire la necessità di pregare in un Tempio vada in Chiesa, o nelle Sinagoghe, moschee e quant’altro. Cazzo!

Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

Immagine in evidenza: Particolare dello studio dell’Autore. Sabbia del Sahara, Akakus in ampolle – Vecchio cucchiaio con iscrizioni arabe rinvenuto nel deserto – Leggìo di Khiva (Uzbekistan)

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NATALE 2016 – LETTERA DI PAOLO FARINELLA PRETE

NATALE 2016

Come di consueto ricevo la seguente lettera dal caro amico Paola Farinella, prete (come desidera essere chiamato e si firma) giornalista, scrittore, saggista, corsivista de “la Repubblica”, filosofo, teologo, parroco della splendida Chiesa di San Torpete in Genova (la Superba), umanista e tante altre cose.
Quale personale augurio di buon “fine settimana lungo” voglio condividerla tramite Messenger con i “contatti” per i quali ritengo che il termine “amicizia” in uso su questo social possa avere un senso. Se mi dovessi dimenticare di qualcuno si faccia vivo qualora lo desiderasse ritenendo di averne titolo.

P. S.
È sufficiente un “mi piace” per dimostrare gradimento evitando sciami di “auguri” e bla, bla, bla… (ma a chi la invio impossibile possa avvenire ciò. La precisazione riguarda eventuali “clandestini”)
Un saluto affettuoso a tutti.
Mauro Giovanelli – Genova
www.icodicidimauro.com

LETTERA DI PAOLO FARINELLA PRETE

alle Amiche e agli Amici

Genova 22-12-2016

Non c’è niente da fare, a Natale la frenesia è come l’influenza: prende tutti e non risparmia alcuno e ciascuno è rassegnato. Come a Nennillo, figlio di Luca/Eduardo de Filippo: «Il presepio non mi piace!» (Natale in casa Cupiello). Ad essere sincero non mi piace il Natale nel suo complesso con annessi e connessi e se dipendesse da me l’abolirei e chiuderei le chiese che sono complici stupefacenti (nel vero senso della parola e dell’incenso che si brucia a chili) dell’assuefazione a un rito che «si deve fare» perché a Natale si fanno i regali, a Natale bisogna essere buoni, a Natale bisogna mangiare, a Natale bisogna buttare via cibo per un terzo di quanto si è comprato, a Natale bisogna fare quello che non faremmo mai in tempi normali: magari andare a trovare parenti che strozzeresti con le tue stesse mani, ma a Natale si fa una tregua umanitaria e si rimanda il parenticidio a dopo le feste.

Natale è una finzione. I preti dicono le solite cose: Gesù di qua, Gesù bambino di là. I cattocattolici che vanno in chiesa, magari solo quella sera, si mettono a posto la coscienza, pagano dazio e pedaggio una volta l’anno, così anche «dio», se per caso ci fosse – non si sa mai – è messo a posto. Zampogne, zampone, cotechino, lenticchie, salmone, pastori e pastorelli, il bue e l’asinello, oche e ruscelli, fabbro e contadino, che bello! Eppure «A me u presepe nun me piace».

La notte di Natale, molti, moltissimi di quelli che vanno a vedere nascere il Bambino Gesù, non sanno, fanno finta di non sapere o lo sanno e fanno sul serio per apparire coloro che non sanno:

– Natale è un’invenzione del secolo IV per contrastare il culto del dio Mitra, importato a Roma dall’esercito romano e tra di esso molto diffuso, celebrato nel solstizio d’inverno.

– Natale riguarda un bambino che è appena nato ed è un delinquente perché è ricercato dalla polizia per essere ucciso. Per la Legge Bossi/Fini, ancora in vigore in Italia, Gesù sarebbe un clandestino.

– Natale è un bambino, appena nato, profugo, costretto a lasciare il suo Paese e a chiedere asilo in Egitto che lo concede perché non appartiene a una nazione cristiana, rovinata da 21 secoli di Cristianesimo e di politiche di governi popolati da cristiani e protestanti.

– Natale non è certamente nelle chiese scintillanti di luci e nenie strappalacrime che nemmeno Barbara D’Urso o Bruno Vespa riescono a superare, anche con modellino a pronta spiegazione.

Natale, se Dio esiste, e se vuole provare a fare sul serio, quest’anno è morto tra le vittime di Aleppo e delle altre città bombardate da ogni lato perché ormai i civili inermi sono il bersaglio preferito dei militari in guerra in oriente e altrove. Natale, se Dio continua a volere esistere e se ci riesce, è morto in mezzo al mare Mediterrano, tra gli esodati affondati, scomparsi, senza nome e senza più futuro.

Natale, se proprio Dio vuole fare uno sforzo, è in Turchia a vedere come il dittatore Ergogan sta spendendo i sei miliardi che l’Europa gli dà per fare morire di fame e freddo i Gesù bambini che scappano dalle case loro che nemmeno hanno perché oppressi da fame e sete e voglia di vivere.

Natale è tra i poveri, migranti, genovesi e italiani, che accompagniamo come Associazione «Ludovica Robotti-San Torpete» e che sono troppi, sempre più troppi e sempre più poveri e affamati.

Natale è tra i disperati del Monte dei Pacchi di Siena che hanno visto bruciare i loro risparmi di una intera vita, garanzia per il futuro dei propri figli, per colpa di amministratori e politici corrotti che da almeno 20 anni hanno ballato e danzato a spese dei poveri.

Natale è dove c’è un portatore di handicap bloccato perché una macchina di un bene educato e civile individuo si è messo di traverso o ha occupato il posto riservato o usa un contrassegno falso.

Natale è il bambino che porta un giocattolo nuovo per un altro bambino che nemmeno conosce. Natale è la persona, donna o uomo, che fa una dichiarazione d’amore con cuore limpido e senza condizioni, a perdere, solo per amore senza chiedere in cambio nulla.

Natale è ri-nascere, uscendo dal chiuso stantio del proprio egoismo perché «io-io-io» è la negazione di Natale e del suo protagonista che ha detto: Ama il prossimo tuo come se fossi tu stesso.

Natale è RIVOLUZIONE di comportamenti, rispetto dell’ambiente, della condivisione, del pluralismo e della convivenza dei popoli e le singole persone perché tutti hanno diritto di spezzare il pane ed essere riscaldati dal bue e dall’asinello, altrimenti Natale si trasforma in una condanna senza appello. E a Natale Dio, se c’è, o almeno se si sforza di esserci, non può nascere perché è da sempre.

Natale è solo l’occasione per noi di rinascere e diventare adulti, uomini e donne civili, veri e forse anche credenti, persone senza luoghi comuni, democratiche e rispettose della legalità e del diritto per sé e per gli altri, specialmente per i migranti che sono i più indifesi.

Insomma, Natale, se proprio lo voglio, lo devo fare sul serio. Al mio altare porto tutti voi insieme alle persone che amate e che abitano la vostra esistenza. Non chiedo nulla, solo che si compia “il miracolo” di Natale. Etimologicamente parlando, naturalmente!

Paolo Farinella, prete

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza: Frontale della Chiesa di San Torpete in Genova

LETTERA PERSONALE – RIPRODUZIONE RISERVATA

IL BURKA È NEL CERVELLO DEI MASCHI

IL BURKA È NEL CERVELLO DEI MASCHI

IN MEMORIA DI GIULIA BALLESTRI

che secondo le prime, attendibili indiscrezioni
è stata uccisa a bastonate per gelosia
dal marito Matteo Cagnoni, famoso dermatologo. Lunedì 19 Settembre 2016

e di tutte le vittime di questi mostri anche se:

IL BURKA È NEL CERVELLO DEI MASCHI INDOTTRINATI DAI TRE MOMOTEISMI ABRAMITICI (CATTOLICESIMO, ISLAM ED EBRAISMO).

ECCO UN PASSO DELLA PAROLA DI DIO

E Dio disse:
“Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza; e sottometta i pesci del mare ed i volatili del cielo e le bestie di tutta la terra, ed ogni rettile che in terra si muove”. Genesi 1, 26-27

Gli ebrei maschi ringraziavano Dio tre volte al giorno per non averli creati pagani, per non averli creati schiavi e per non averli creati donna:

Benedetto sii tu Signore nostro Dio, per non avermi fatto gentile, per non avermi fatto schiavo, per non avermi fatto donna.”

Questa preghiera, proveniente dalle 18 Benedizioni, viene recitata ancora oggi dagli ebrei ortodossi. Siddur Tehilat Hashem, New York 1982, p. 8.

Formò dunque il Signore Dio l’uomo dal fango della terra, e gli inspirò in faccia lo spirito della vita, e l’uomo divenne persona vivente.
Genesi 2, 7

Disse ancora il Signore Dio:
Non è bene che l’uomo sia solo; facciamogli un aiuto simile a lui

A parte il fatto che la proposizione di Pitigrilli (Dino Segre) a mio avviso non fa una piega:

Aveva cominciato con un gesto magnifico il “buon” Dio. Creare le stelle dalle orbite immense, il sole dalla luce eterna, le “innumerevoli specie di piante e di animali”. Non aveva badato a spese. Ma per “confezionare la donna”, fa la spilorceria di sottrarre una costola ad Adamo.

Il passo che segue è davvero interessante:

Formati che ebbe il Signore Dio dalla terra tutti i volatili del cielo, li condusse ad Adamo, acciò vedesse come chiamarli; il nome infatti col quale Adamo chiamò ogni essere vivente, è il suo vero nome. E Adamo chiamò coi loro nomi tutti gli animali, e tutti i volatili del cielo, e tutte le bestie della terra. Ma per Adamo non si trovava un aiuto simile a lui. Mandò dunque il Signore Dio ad Adamo un sonno profondo; ed essendosi egli addormentato, gli tolse una delle coste, e ne riempì il luogo con della carne. E con la costa che aveva tolta ad Adamo, formò il Signore Dio una donna, e gliela presentò. E disse Adamo:

Ecco, questo è un osso delle mie ossa, e carne della mia carne; questa sarà chiamata donna, perché è stata tratta dall’uomo. Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre, e si stringerà a sua moglie, e saranno due in un corpo solo”.
Genesi 2, 18-24

Punizione per il peccato originale. Alla donna, Dio dice:

Moltiplicherò i tuoi travagli ed i tuoi parti; partorirai tra i dolori i tuoi figli; sarai sotto la potestà del marito, ed egli ti dominerà
Genesi 3,1-24

QUINDI NE DEDUCO:

È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.”
Albert Einstein

QUANDO LA PROSSIMA VITTIMA?

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza scattate dall’Autore nel corso del 26.mo Congresso eucaristico nazionale tenutosi a Genova e presieduto dall’arcivescovo, cardinale e cappellano militare in pensione (circa 4.000,00 €uro al mese) Angelo Bagnasco

RIPRODUZIONE RISERVATA NELLA FORMA ESPOSTA

CHI DI PREGHIERA CAMPA DEL LAVORO ALTRUI PROSPERA…

CHI DI PREGHIERA CAMPA DEL LAVORO ALTRUI PROSPERA…

Al telegiornale di RAI2 dell’8 settembre 2016 ore 20 e 30 inizia a scorrere la consueta striscia in sovraimpressione dove, fra le altre notizie che mai riguardano gli stipendi cosmici dei nostri Parlamentari, compare il mirabolante comunicato che segue. «Segretario di Stato Vaticano cardinale arcivescovo Pietro Parolin: “Mi auguro che la Giunta di Roma si metta a lavorare”».
Intanto viene da domandarsi perché simili esortazioni non siano mai rivolte… che so, alla Giunta di Berlino piuttosto che Madrid o Arequipa in Perù, Varanasi in India, Lisbona, Khiva in Uzbekistan, ecc. Poi sorge spontaneo sottolineare che anche buona parte degli italiani auspicano che cardinali, arcivescovi, vescovi, monsignori, presbiteri, diaconi e via a scendere nella gerarchia ecclesiale comincino a rimboccarsi le maniche per dedicarsi ad un mestiere utile al proprio sostentamento, magari allo stesso tempo pregando, ed inoltre si presentino abbigliati in modo consono al Cristianesimo che professano, un semplice chitone e un paio di sandali, soggiornino in abitazioni quantomeno non di lusso pagate con il frutto delle loro fatiche, si nutrano di cibi semplici… non come, per citarne uno a caso, Tarcisio Pietro Evasio Bertone pure lui cardinale e arcivescovo. E tanti, tanti, tanti altri!

Mauro Giovanelli – Genova
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Immagine in evidenza ricavata dal web: Cardinale arcivescovo Pietro Parolin

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